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La marea delle consulenze per le riforme dei Pnrr europei

La marea delle consulenze per le riforme dei Pnrr europei

#RecoveryFiles

 
 
La Commissione europea stipula contratti con le grandi società di consulenza a cui appalta il suo supporto agli Stati membri. Il conflitto d’interesse è dietro l’angolo
 
18 Ottobre 2022
 

Francesca Cicculli
Carlotta Indiano

Amarzo 2021, il premier Mario Draghi ingaggia la società di consulenza McKinsey nell’ambito della redazione del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) nazionale stipulando un contratto da 25.000 euro. Lo stesso giorno, il Ministero delle finanze italiano pubblica una dichiarazione per chiarire che McKinsey «non è coinvolta nella definizione dei progetti del Pnrr», ma che questi sono saldamente in mano alle amministrazioni pubbliche competenti. Due giorni dopo però, Domani svelava che il contratto con McKinsey era da 30.000 euro e che «prevedeva l’attività di confronto con gli altri piani europei e anche di project management e di monitoraggio sull’avanzamento dei progetti».

Si tratta di una piccola voce di spesa, praticamente una nota a margine a confronto dell’enorme budget del più grande piano di investimenti pubblici in Europa dai tempi del Piano Marshall, eppure il coinvolgimento di società come McKinsey è significativo, e problematico.

Il ricorso alle grandi società di consulenza internazionali che offrono assistenza ad aziende e pubbliche amministrazioni, come McKinsey, è infatti una pratica sempre più diffusa sia in Italia sia in Europa. A queste vengono appaltati continuamente servizi che le amministrazioni pubbliche sarebbero in grado di svolgere da sole con le proprie competenze interne.

 

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L’attività di confronto tra i piani europei che McKinsey ha fatto per l’Italia infatti, poteva essere svolta gratuitamente dalla Commissione. Il regolamento sul Recovery and Resilience Fund (RRF) prevede infatti che: «Nel preparare i loro piani di ripresa e di resilienza, gli Stati membri possono chiedere alla Commissione di organizzare uno scambio di buone pratiche per consentire agli Stati membri richiedenti di beneficiare dell’esperienza di altri Stati membri». In altre parole: se il governo italiano era interessato a sapere cosa stavano facendo gli altri Paesi, avrebbe potuto inviare una richiesta gratuita a Bruxelles.

Come sottolinea la Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (Epsu), nel suo ultimo report pubblicato il 5 ottobre, a partire dagli anni ‘70 le funzioni della pubblica amministrazione sono state sempre più esternalizzate al settore privato. In particolare, nell’ultimo ventennio la delega di funzioni governative è aumentata notevolmente, allargandosi a nuovi settori come la sanità e il welfare, nella convinzione che le aziende e le istituzioni pubbliche debbano dedicarsi solo alle loro attività principali e delegare gli altri compiti a società “specializzate” del settore privato, inclusa la stesura di testi di legge e di contratti pubblici, l’elaborazione di politiche e la dislocazione di dipendenti pubblici.

Società come McKinsey, sottolinea il report dell’Epsu, non solo sono fortemente coinvolte nelle funzioni di base della pubblica amministrazione, ma spingono anche per ristrutturazioni del settore pubblico tramite tagli al personale che crea ancora più domanda per consulenti esterni.

 
 

Il Segretario generale dell’Epsu Jan Willem Goudriaan parla di una vera e propria «cultura della consulenza», dove il ricorso ai consulenti esterni si autoalimenta. Tra il 2017 e il 2020 la Commissione europea, per esempio, avrebbe stipulato 8.009 contratti con consulenti esterni – non solo con società di consulenza – per un valore complessivo di 2,7 miliardi di euro, di cui 462 milioni di euro solo per le grandi società di consulenza.

Il rischio è che la Commissione sempre secondo Goudriaan stia finanziando «la sua stessa distruzione», con un impatto negativo «sulla [sua] capacità di prendere decisioni nell’interesse pubblico».

 
 
Recovery Files

Questa è la quinta uscita di Recovery Files, un progetto di ricerca paneuropeo che indaga le spese dei fondi di ripresa e resilienza nei mesi a venire. Il progetto è coordinato da Follow the Money, piattaforma di giornalismo olandese.

Il progetto d’inchiesta è importante non solo in termini di quantità di investimenti pubblici – circa 725 miliardi di euro – ma anche per il modo in cui questa enorme quantità di denaro verrà spesa.

IrpiMedia lavora al progetto insieme al resto del team di Recovery Files:

Ada Homolova, Follow the Money, Olanda
Adrien Senecat, Le Monde, Francia
Ante Pavić, Oštro, Croazia
Attila Biro, Context Investigative Reporting Project Romania, Romania
Beatriz Jimenez, Grupo Merca2, Spagna
Carlotta Indiano, IrpiMedia, Italia
Francesca Cicculli, IrpiMedia, Italia
Emilia Garcia Morales, Grupo Merca2, Spagna
Giulio Rubino, IrpiMedia, Italia
Hans-Martin Tillack, Die Welt, Germania
Janine Louloudi, Reporters United, Grecia
Karin Kőváry Sólymos, Investigatívne centrum Ján Kuciak, Slovacchia
Lars Bové, De Tijd, Belgio
Lise Witteman, Follow the Money, Olanda
Marcos Garcia Rey, Grupo Merca2, Spagna
Matej Zwitter, Oštro, Slovenia
Roberta Spiteri, Daphne Foundation, Malta
Steven Vanden Bussche, Apache, Belgio

 
 

La cultura della consulenza nel post pandemia

Tra i principali consulenti della Commissione europea ci sono le “Big Four”: Deloitte, Ernst & Young, KPMG, e PricewaterhouseCoopers (PwC). Queste quattro società di revisione e consulenza finanziaria si spartiscono il mercato mondiale. I loro nomi appaiono frequentemente in inchieste come Open Lux, dove sono accusate di aver aiutato alcune multinazionali a ottenere regimi fiscali agevolati grazie ad accordi con le autorità del Lussemburgo. In questo modo, hanno fatto perdere miliardi di entrate di tasse dovute ai governi nazionali dei Paesi dove le multinazionali in questione operano.

Il ruolo delle “Big Four” nei processi politici fondamentali dell’Ue solleva importanti preoccupazioni su potenziali conflitti di interessi. Un’indagine del 2018 dell’Osservatorio Corporate Europe ha mostrato come le grandi società di consulenza siano attive in potenti gruppi di lobby che cercano di influenzare la politica dell’Ue in materia di evasione fiscale, tra cui l’European Business Initiative on Taxation (EBIT) e l’European Contact Group (ECG). Le stesse spingono inoltre per l’approvazione di accordi di pianificazione fiscale che, secondo il Tax Justice Network non sono altro che «sistemi di evasione fiscale su larga scala» a favore delle multinazionali. Eppure, PwC, Deloitte e KPMG hanno ottenuto dalla Commissione più di 10 milioni di euro per consulenze in tema fiscale e doganale.

Nonostante l’aumento dei fondi destinati alle società di consulenza, un report del 2022 della Corte dei conti segnala che «la Commissione non dispone di informazioni accurate sul volume e sul tipo di servizi dei consulenti esterni di cui si avvale (…) e non gestisce il ricorso a consulenti esterni in modo da assicurare pienamente un rapporto costi-benefici ottimale». La Corte aggiunge che: «Il ricorso a consulenti ha inoltre comportato potenziali rischi di eccessiva dipendenza, di vantaggio competitivo, di concentrazione dei prestatori e di conflitti di interesse». Durante le sue indagini, la Corte ha inoltre rilevato quattro casi in cui «sebbene fossero state organizzate regolarmente procedure di appalto aperte, i medesimi prestatori si sono aggiudicati appalti consecutivi per diversi anni» riscontrando una specie di dipendenza, da parte della Commissione, dai consulenti esterni.

 

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Una spinta al ricorso a consulenze esterne si è registrata soprattutto dopo l’istituzione del Structural Reform Support Programme (SRSP), fondo creato nel 2017 per offrire assistenza tecnica agli Stati membri per ideare e implementare le riforme strutturali, quelle riforme che modificano il quadro normativo, economico e istituzionale di un Paese, le cosiddette “regole del gioco”. Le riforme strutturali sono fondamentali per incoraggiare gli investimenti, stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro, anche attraverso l’assistenza nell’uso dei fondi dell’Unione. Il sostegno nell’ambito del programma SRSP è fornito dalla Commissione, su richiesta di uno Stato membro, e può riguardare un’ampia gamma di settori.

Il budget dedicato alle consulenze esterne è aumentato con l’istituzione nel 2021 del Tecnical Support Instrument (SST), fondo nato per mitigare le conseguenze sociali ed economiche nate dalla pandemia e utilizzato per la gran parte per sostenere le riforme interne che gli Stati membri devono implementare per spendere i soldi del Recovery Fund. Nel 2021 i soldi spesi dalla Commissione per le consulenze esterne ammonta a 51,5 milioni di euro.

«Il Fondo per la ripresa e la resilienza offre un sostegno senza precedenti alle riforme e agli investimenti degli Stati membri, ma rappresenterà una sfida amministrativa enorme, una sfida che richiede forti capacità di gestione dei progetti e una solida capacità amministrativa», ha dichiarato al Parlamento europeo Mariya Gabriel, commissaria europea per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù nel gennaio 2021, per presentare l’SST, creato appunto per «sfruttare al meglio il Fondo di ripresa e resilienza».

Lo Stato europeo che vuole richiedere assistenza tecnica deve fare richiesta alla Commissione che poi approva, tramite la Direzione generale per il sostegno alle riforme strutturali (DG REFORM), il ricorso alla consulenza esterna.

 
 

Secondo la Commissione europea interrogata dal team di Recovery Files in merito all’attività di questo strumento, circa il 60% delle richieste approvate nell’ambito della prima fase del programma erano legate all’attuazione di piani nazionali di ripresa e resilienza.

Le riforme per l’Italia firmate dalla società accusata di cattiva condotta

Il caso della consulenza appaltata a McKinsey è sicuramente il più noto, ma non è l’unico in Italia attorno al Pnrr.

Deloitte Consulting and Advisory e KPMG Advisory Spa continuano tutt’oggi a offrire assistenza al nostro Paese sull’applicazione del piano europeo.

KPMG Advisory Spa, società di consulenza con sede a Milano, ha stipulato infatti undici contratti con la Commissione europea per fornire supporto tecnico alle pubbliche amministrazioni italiane su altrettante riforme comprese nel Pnrr. Lo ha verificato IrpiMedia, assieme al team di Recovery Files, consultando il Financial Transparency System europeo, una sorta di registro finanziario dell’Unione europea, dove risulta che KPMG ha firmato contratti dal valore di 3,24 milioni di euro per le consulenze fornite all’Italia.

Il dato, però, non trova corrispondenze sul sito del Technical Support Instrument, dove è riportato solo uno degli undici contratti in questione, solo quello per la riforma “Data drive approaches to tax evasion risk analysis”.

I conti non tornano quindi e su diversi siti che la Commissione dedica alla trasparenza delle sue spese appaiono dati molto diversi. Recovery Files ha chiesto alla Commissione di spiegare come mai il sito dell’SST non riportasse gli stessi dati del Financial Transparency System, ma non ha risposto sulla questione.

I contratti con KPMG sono stati stipulati tra gennaio e giugno del 2021, eppure solo un mese dopo la percezione della Commissione nei confronti della società sembra essere cambiata. Il 13 luglio 2021, infatti, KPMG viene inserita nella black list delle società che non possono ricevere fondi europei fino al 14 gennaio 2023. Il motivo della sanzione è uno: «Grave scorrettezza professionale», che secondo l’articolo 136 del regolamento finanziario dell’Unione europea, potrebbe essere una «violazione dei diritti di proprietà intellettuale» o addirittura il «tentativo di ottenere informazioni riservate che possano conferire vantaggi indebiti nella procedura di aggiudicazione».

Recovery Files ha chiesto alla Commissione di spiegare quale sia stata la grave scorrettezza e che conseguenze abbia avuto la procedura di esclusione della società sui contratti in corso. Alla prima domanda non abbiamo ricevuto risposta, ma l’ente europeo ha commentato che «considerati i rischi rispetto alla protezione degli interessi finanziari, l’Unione ha deciso di portare avanti i contratti in corso per garantire la business continuity. La Commissione ha inoltre chiarito che dopo luglio 2021 non ha stipulato nessun altro contratto con la società, che comunque continuerà a lavorare sui progetti fino al 2023, anno di scadenza dei contratti già firmati, perché l’inserimento di una società nella lista nera non ha effetti retroattivi».

A settembre 2021 la società milanese ha presentato un ricorso contro l’istituzione europea chiedendo di annullare la decisione perché illegittima secondo i regolamenti finanziari dell’Unione.

 
 

Sulla questione abbiamo interrogato le istituzioni italiane che hanno ricevuto una consulenza da KPMG. Di queste, solo l’Agenzia delle entrate, che ha avuto assistenza per la riforma “Data drive approaches to tax evasion risk analysis”, ha risposto che «non ha avuto alcun ruolo nella procedura di selezione e contrattualizzazione del support provider né è intervenuta nelle procedure di controllo successivamente svolte».

Anche il Dipartimento italiano per le politiche di coesione, il punto di contatto nazionale con il Dg Reform per il Sostegno alle riforme strutturali, nega qualsiasi responsabilità del governo italiano e delle varie amministrazioni nella scelta del consulente e nelle fasi di controllo. Alla nostra richiesta di visionare i contratti firmati da KPMG per la consulenza all’Italia il Dipartimento per la Coesione ha interrogato la DG Reform, che però ha risposto negativamente.

KPMG ha risposto che preferisce non commentare l’intera vicenda. Nel frattempo sul suo sito è possibile scaricare gratuitamente «la nuova guida al Pnrr» stilata in partnership con la sorella Wolters Kluwer e messa a disposizione per aiutare pubbliche amministrazioni e aziende «a orientarsi tra i provvedimenti in attuazione del Pnrr e le numerose Riforme e Missioni in cui si articola». La società, quindi, offre consulenza anche alle imprese italiane che vogliono accedere ai fondi del Pnrr.

Conflitti di interesse: il caso spagnolo

Il ricorso a società di consulenza esterne ha aperto la porta a potenziali conflitti di interesse in alcuni Paesi, come hanno dimostrato le ricerche della squadra di Recovery Files.

A gennaio 2021, l’Istituto per la diversificazione e il risparmio energetico (Idae), filiale del Ministero per la transizione ecologica spagnolo, ha assegnato a Deloitte España SL un contratto del valore di 280.000 euro per «tutti i compiti relativi alla preparazione e alla giustificazione delle proposte energetiche del Piano di recupero, trasformazione e resilienza», il Piano di ripresa spagnolo.

L’appalto è stato assegnato senza rispettare l’obbligo di pubblicità, possibilità prevista dalle semplificazioni derivate dalla pandemia. Ma il governo spagnolo non è stato l’unico cliente di Deloitte in quel periodo. La compagnia petrolifera spagnola Cepsa ha assunto infatti la società di consulenza per aiutarla ad acquisire sovvenzioni dal fondo di ripresa.

Deloitte, inoltre, è coinvolta nella preparazione annuale dello Studio macroeconomico dell’impatto del settore eolico. Il suo cliente per questo lavoro è l’Associazione delle imprese dell’energia eolica, che riunisce le principali aziende del settore, comprese le grandi società elettriche. Inoltre, ha un chiaro impegno commerciale nella consulenza in settori come l’idrogeno verde, che è uno dei progetti strategici del Piano nazionale spagnolo.

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L’agenzia governativa spagnola ha quindi assunto Deloitte per contribuire alla stesura del capitolo sull’energia del suo piano di rilancio, mentre questa faceva da consulente a numerose aziende energetiche.

Il team spagnolo di Recovery Files ha chiesto un commento sia all’agenzia governativa Idae sia a Deloitte, che ha risposto: «In relazione alla vostra richiesta, noi di Deloitte non rilasciamo mai dichiarazioni sui contratti, i potenziali clienti o altre organizzazioni». Da parte sua, l’Idae ha invece dichiarato che il piano spagnolo è stato «redatto interamente dal personale del Segretario di Stato per l’energia, in particolare dal personale dell’Idae». Un portavoce ha aggiunto: «Questa società [Deloitte] non ha partecipato alla stesura del Prtr ma ha fornito assistenza tecnica nella compilazione delle informazioni» poi inserite nel Piano spagnolo.

Sui rischi di conflitti di interesse nei contratti di consulenza stipulati dalla Commissione, la Corte dei conti europea ha confermato che la Commissione non fa abbastanza per evitarli. In particolare: non viene analizzato se l’attività dei consulenti esterni sia in conflitto con i contratti conclusi con la Commissione, né se i servizi dei consulenti esterni entrino in conflitto tra loro e nemmeno se i consulenti esterni che forniscono servizi a diversi clienti (all’interno o all’esterno della Commissione) abbiano interessi contrastanti relativi a incarichi strettamente correlati.

Per la Corte, i conflitti di interesse possono inoltre insorgere dal fenomeno delle “porte girevoli”, ovvero quando un funzionario europeo lascia l’incarico pubblico per assumere incarichi esterni (ad esempio nel settore privato) o, al contrario, se una persona impiegata nel privato viene assunto dalla Commissione. Tali conflitti di interesse potrebbero comportare un uso improprio dell’accesso a informazioni riservate, ad esempio, quando ex funzionari della Commissione utilizzano le proprie conoscenze e i propri contatti per svolgere attività di lobbying nell’interesse dei datori di lavoro o dei clienti esterni.

È il caso della Grecia e dell’ingegnere Paris Bayias. Ex membro del team di redazione del Piano di ripresa e resilienza greco, Bayias dal settembre 2022 è direttore della società di consulenza PwC Grecia, come dichiarato sul suo profilo LinkedIn. Lo stesso, dall’aprile 2018 all’ottobre 2020, ha lavorato come «esperto chiave IT/Senior Project Manager» presso la direzione generale della Commissione europea per il sostegno alle riforme strutturali (Dg Reform), il dipartimento che, come già spiegato, firma i contratti con le società come PwC per realizzare il sostegno alle riforme nell’ambito del programma STI.

 
 

Sempre su LinkedIn, Bayias ha dichiarato di essere stato, tra l’ottobre 2020 e l’agosto 2022, il «team leader di PwC Grecia per la formulazione dei progetti di trasformazione digitale del piano greco di ripresa e resilienza e membro del team di redazione del Piano (2020-2021)».

Follow the Money ha chiesto alla Commissione come abbia gestito il rischio di conflitto di interessi in questo caso. «In base alle condizioni generali che regolano i contratti di servizio, i contraenti hanno la responsabilità di garantire la riservatezza delle informazioni», ha risposto un portavoce. Bayias invece ha affermato che non è «assolutamente» vero che il passaggio a PwC subito dopo la sua consulenza per la Dg Reform costituisca un conflitto di interessi, perché mentre lavorava per la Dg Reform non ha avuto alcun coinvolgimento nei contratti firmati tra questa e PwC.

Intervistato da Follow The Money, Kenneth Haar, campaigner per il Corporate Europe Observatory, centro di ricerca sul ruolo delle lobby e delle corporation in Europa, ha commentato dicendo che «il caso greco mostra un’esternalizzazione di grandi decisioni politiche che lascia a bocca aperta, ma con un programma così vasto come il Piano di ripresa è inevitabile il coinvolgimento delle quattro più grandi società di consulenza». Allo stesso tempo, per il ricercatore «è oltraggioso vedere come la Commissione si affidi a poche grandi società di consulenza per fornire supporto ai programmi di ripresa». Il coinvolgimento di queste società crea una «marea di conflitti di interesse», la maggior parte dei quali a favore dei loro clienti e non dell’interesse pubblico.

 

CREDITI

Autori

Francesca Cicculli
Carlotta Indiano

Editing

Giulio Rubino

Foto di copertina

Il marchio McKinsey e, sullo sfondo, il Palazzo dell’Eliseo, residenza ufficiale del Presidente della repubblica francese
(Lionel Bonaventure/Getty)