Archivi giornalieri: 14 novembre 2021

Cessione del credito e sconto in fattura bonus edilizi: novità nel testo del Dl Frodi

 

Cessione del credito e sconto in fattura bonus edilizi: novità nel testo del Dl Frodi

Il Dl 157/2021 (Dl Frodi) prevede visto di conformità e controlli preventivi su cessione credito e sconto in fattura su tutti i bonus edilizi

Cessione del credito e sconto in fattura con visto di conformità per tutti i bonus edilizi e possibile applicazione di controlli preventivi. In sintesi sono queste le misure introdotte dal Dl 157/2021  (cosiddetto Dl Frodi), decreto con il quale il Governo cerca di porre un freno alle frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche. Soprattutto in riferimento alle opzioni di cessione e sconto ammessi per i vari bonus di cui sopra.

L’Agenzia delle Entrate, può sospendere fino a 30 giorni l’efficacia delle comunicazioni su cessioni del credito o su sconti in fattura inviate alla stessa Agenzia che presentano particolari profili di rischio, ai fini del relativo controllo preventivo.

Atteso a breve, un provvedimento ad hoc con cui l’Agenzia delle entrate disciplinerà le nuove procedure. Ecco i dettagli.

Cessione del credito e sconto in fattura bonus edilizi: visto di conformità per tutti i bonus

Per contrastare le continue frodi perpetrate ai danni dello Stato da parte di imprese e privati nelle operazioni di cessione o sconto in fattura dei vari bonus edilizi, il Governo ha introdotto un pacchetto di misure piuttosto articolato. Se fino ad oggi l’apposizione del visto di conformità sulla documentazione attestante la detrazione era richiesta solo per la cessione o per lo sconto in fattura superbonus 110, ora non sarà più così. Innanzitutto l’apposizione del visto di conformità non riguarderà più solo il superbonus 110 ma tutti gli altri bonus edilizi oggetto di cessione o sconto in fattura. Dunque ecobonus ordinario, sismabonus, bonus ristrutturazione ecc.

Nello specifico, il visto di conformità sarà richiesto anche nei seguenti casi:

  • detrazione riportata in dichiarazione dei redditi, tranne nei casi in cui la stessa sia presentata direttamente dal contribuente o tramite il sostituto d’imposta;
  • cessione del credito o sconto in fattura anche relativi agli altri bonus edilizi.

Attenzione, i tecnici abilitati sono  tenuti ad asseverare la congruità delle spese sostenute per tutti i bonus edilizi. Dunque non solo per il superbonus.

Le nuove regole anche per i bonus in proroga

Tali regole sui applicano anche in riferimento alle spese/lavori effettuati dal prossimo anno in avanti.

Infatti, i vari bonus casa sono stati prorogati. O meglio saranno prorogati. Come da testo attuale del DDL di bilancio.

Nello specifico, è utile ricordare che sono prorogati fino al 31 dicembre 2024, i seguenti bonus casa:

  • recupero del patrimonio edilizio o bonus ristrutturazione di cui all’art. 16-bis del Tuir, con aliquota al 50% anziché quella ordinaria del 36;
  • l’ecobonus, art. 14 del D.L. n. 63/2013, detrazioni al 50-65-70-75% e il bonus edifici condominiali 80-85% per gli interventi su parti comuni di edifici condominiali ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica;
  • il sismabonus (compreso il sismabonus acquisti) al 50-70-75-80-85%, ex art. 16, D.L. n. 63/2013.

La proroga riguarda anche il bonus verde. Bonus non interessato dalle opzioni di sconto in fattura o cessione del credito pari alla detrazione spettante.

Per il bonus facciate, la proroga opera fino al 31 dicembre 2022. Inoltre, la detrazione scende dal 90% al 60%.

Cessione del credito e sconto in fattura bonus edilizi: controlli preventivi dell’Agenzia delle entrate

L’estensione dell’obbligo di visto di conformità non è l’unica novità introdotta dal D.L. 157/2021.

Infatti, il Governo introduce anche dei controlli preventivi. Sulle opzioni di sconto in fattura e cessione de credito.

Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate, inoltre, potrà sospendere fino a 30 giorni l’efficacia delle comunicazioni delle opzioni di cessioni del credito o sconto in fattura inviate alla stessa Agenzia che presentano particolari profili di rischio, ai fini del relativo controllo preventivo.

I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri relativi alla diversa tipologia dei crediti ceduti e riferiti:

  • alla coerenza e alla regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni di cui al presente comma con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso
    dell’Amministrazione finanziaria;
  • ai dati afferenti ai crediti oggetto di cessione e ai soggetti che intervengono nelle operazioni cui detti crediti sono correlati, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe
    tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
  • ad analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni qui in esame.

Decreto-Legge 157/2021 – Dl Frodi in Gazzetta Ufficiale

Di seguito il testo del DECRETO-LEGGE n. 157 del 11 novembre 2021 pubblicato in Gazzetta Ufficiale (Misure urgenti per il contrasto alle frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche)

dl-157-2021-testo-GU

Infortunio durante la pausa caffè: nessun indennizzo INAIL. La sentenza della Cassazione

Infortunio durante la pausa caffè: nessun indennizzo INAIL. La sentenza della Cassazione

In caso di infortunio del lavoratore verificatosi durante la pausa caffè, non scatta alcuna tutela Inail. Lo ha affermato la Cassazione.

Non di rado le sentenze della Cassazione hanno una immediata risonanza a livello sociale, perché hanno a che fare con elementi e temi in grado di coinvolgere una pluralità di persone. Ecco perché capita con una certa frequenza di trovare notizie in prima pagina che si riferiscono a qualche fresca pronuncia della Suprema Corte.

In questi ultimi giorni, sta facendo discutere il provvedimento con il quale è stato stabilito che non sussiste alcun indennizzo; né assegnazione di una qualche invalidità per i lavoratori dipendenti, che patiscono le conseguenze di un infortunio, verificatosi nell’ambito della cd. pausa caffè in orario di servizio. E ciò anche se hanno ottenuto il permesso dei superiori per andare al bar all’esterno dell’ufficio, che non ha un punto ristoro.

Vediamo allora qualche dettaglio su questa rilevante sentenza, che sta alimentando vivaci dibattiti e che sicuramente dividerà tra favorevoli e contrari.

Pausa caffè, no all’indennizzo in ipotesi di infortunio: il caso concreto

Come accennato, la sentenza della Cassazione ha un rilievo sostanziale, in quanto la Corte è in Italia al vertice della giurisdizione ordinaria. In particolare, con la sentenza 32473/2021 (testo a fondo pagina), i giudici della Suprema Corte hanno accolto il ricorso dell’Inail contro l’indennizzo e l’invalidità pari al 10% in favore di una impiegata della Procura di Firenze che si era rotta il polso cadendo per strada, durante un’uscita per la pausa caffè, nell’ambito della giornata lavorativa.

I fatti delineati nella causa indicano che la lavoratrice era stata autorizzata dal proprio datore di lavoro a recarsi al bar, all’esterno dell’ufficio. Ciò in quanto lo stabile non ha un punto ristoro interno. Secondo quanto rilevato dalla Cassazione, la pausa caffè – pur essendo un momento tipico della giornata di molti lavoratori – non rappresenta, in alcun caso, una esigenza impellente e correlata allo svolgimento della prestazione lavorativa. E’ bensì una mera “scelta arbitraria“, e che dunque non si ricollega in nessun caso allo svolgimento della prestazione lavorativa di cui al contratto di lavoro.

Da notare che la sentenza è significativa anche sotto un altro punto di vista. Infatti, negli anteriori gradi di giudizio l’Inail aveva perso. Il Tribunale prima e la Corte d’Appello di Firenze poi avevano considerato che il rischio assunto dall’impiegata non era di natura generica, “permanendo un nesso eziologico con l’attività lavorativa“. I giudici dei precedenti gradi di giudizio avevano altresì sottolineato che c’era stato il consenso del capo e l’ufficio non includeva un bar nella struttura.

L’impiegata, nei precedenti gradi di giudizio, aveva ottenuto dall’Inail l’indennità di “malattia assoluta temporanea”; oltre all’indennizzo per danno permanente del 10% dopo la citata caduta per strada, risalente a luglio del 2010. Ma come detto, la tesi del Tribunale e della Corte d’Appello è stata ribaltata dalla Cassazione.

Infortunio durante la pausa caffè: la posizione della Cassazione è netta

La Corte di Cassazione ha ragionato in termini completamente opposti. Affermando anzi che quanto rilevato dai giudici dei gradi anteriori fa riferimento ad elementi irrilevanti per esprimere il giudizio finale sul caso.

E’ ininfluente la tolleranza espressa dal soggetto datore di lavoro in ordine a tali consuetudini dei dipendenti. Non potendo una mera prassi o comunque una qualsiasi forma di accordo tra le parti del rapporto di lavoro, allargare l’area oggettiva di operatività della nozione di occasione di lavoro“.

La donna contro cui aveva fatto ricorso l’Inail, si mosse per una volontà meramente di natura personale. E, per soddisfare esigenze sue proprie, aveva volutamente dato luogo ad “una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa“. In base al ragionamento della Cassazione, dunque, il nesso di causalità tra incidente e lavoro non ricorre. Ne consegue in sintesi che non c’è alcun valido presupposto per domandare – e ottenere – l’indennità per malattia o inabilità temporanea.

Inoltre, la pausa caffè non risponde a un bisogno fisiologico di chi la mette in atto; ma è definita dalla Corte di Cassazione come un momento di

soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente“.

Piuttosto ciò che se mai rileva, è che l’infortunio si sia verificato nello svolgimento di un’attività legata a quella lavorativa, anche se all’esterno del luogo di lavoro.

Quando si verifica al di fuori, dal punto di vista spazio-temporale, della materiale attività di lavoro e delle vere e proprie prestazioni lavorative (cioè prima o dopo lo svolgimento di queste o durante una “pausa”), la ravvisabilità dell’occasione di lavoro è rigorosamente condizionata alla esistenza di circostanze che non ne facciano venire meno la riconducibilità eziologica al lavoro e viceversa la facciano rientrare nell’ ambito dell’ attività lavorativa“,

sono le parole tecniche usate dalla Corte per dettagliare il ragionamento usato per addivenire alla sentenza in oggetto.

Pausa caffè: la consuetudine non giustifica la tutela Inail in caso di infortunio

Vero è che la tazza di caffè rappresenta pur sempre una delle tipiche consuetudini, ossia una delle regole “non scritte” per centinaia di migliaia di lavoratori italiani. Ma ciò non basta ad ottenere tutela in caso di infortunio.

Infatti, in virtù della sentenza della Cassazione, non scatta l’indennizzo per malattia né il riconoscimento di invalidità per i dipendenti che rimangono vittima di incidenti anche banali, durante il rito della pausa caffè in orario di servizio.

In sintesi per la Suprema Corte, la “tazzina” non è mai da intendersi una esigenza impellente e legata al lavoro; ma una libera scelta del lavoratore, che non può collegarsi in alcun modo alla prestazione lavorativa in sé.

Sentenza Cassazione Civile, Sez. Lav., 08 novembre 2021, n. 32473

Di seguito il testo completo della Sentenza in oggetto.

Cassazione_Civile_Sez._Lav._08_novembre_2021_n._32473

San Lorenzo O’Toole

 

San Lorenzo O’Toole


Nome: San Lorenzo O’Toole
Titolo: Arcivescovo di Dublino
Nascita: 1128, Kildare, Irlanda
Morte: 14 novembre 1180, EU, Francia
Ricorrenza: 14 novembre
Tipologia: Commemorazione

Lorenzo (Lorcan), figlio di Murtagh Ua Tuathail, nacque nella contea di Kildare, probabilmente vicino Casteldermot, nel 1128, da genitori imparentati con le famiglie O’Toole e O’Byrne. Nel 1138, il re di Leinster, Dermot MacMurrough, saccheggiò il territorio di Murtagh, prendendo in ostaggio Lorenzo, che all’epoca aveva solo dieci anni e che trascorse i due anni successivi prigioniero in una zona isolata e deserta vicino a Ferns, finché suo padre, appresi i maltrattamenti inflitti al figlio, obbligò Dermot, minacciandolo di rappresaglia, a consegnarlo al vescovo di Glendalough; quando Murtagh andò a prenderlo, Lorenzo disse al padre di voler diventare monaco, perciò rimase sotto le cure del vescovo.

A venticinque anni fu nominato abate di Glendalough e rifiutò di diventare vescovo, affermando che, in base al diritto canonico, un vescovo avrebbe dovuto avere almeno trent’anni; durante i primi quattro mesi dovette affrontare molte questioni che non facevano parte dei doveri consueti di un abate (sebbene compisse ogni incarico con saggezza e imparzialità), dato che una grave carestia imperversava nelle campagne circostanti e il popolo implorava il suo aiuto. Al termine di questa carestia, coloro che avevano beneficiato della sua assistenza lo acclamarono come “il salvatore delle campagne”, anche se non tutti erano entusiasti di lui; infatti, al di fuori dell’abbazia, dovette affrontare i banditi e i malviventi che infestavano le colline di Wicklow, mentre all’interno della congregazione era accusato continuamente da quelli che desideravano distruggere la sua reputazione, infastiditi dalla severità e dal fervore con cui li rimproverava per il loro comportamento rilassato.

I tentativi dei monaci fallirono, a quanto pare, nel 1161, alla morte di Gregorio, primo arcivescovo di Dublino, quando Lorenzo divenne suo successore; fu consacrato arcivescovo di Armagh nella cattedrale della S. Trinità (oggi Christ Church), da Gelasio. Innanzitutto il nuovo arcivescovo riformò il clero diocesano, imponendo ai canonici della cattedrale la Regola dei Canonici Regolari di Arrouaise, abbazia fondata nel 1090, nella diocesi di Arras, e diventata un modello per molte altre; Lorenzo stesso entrò nella congregazione, diventando famoso per la disponibilità, l’eccezionale generosità verso i poveri, la preghiera incessante e l’interesse per la dignità del culto. Dopo aver ripristinato la disciplina nella chiesa di Glendalough, grazie a suo nipote Thomas, che fu eletto canonico dopo l’espulsione di un indegno pupillo di Dermot, Lorenzo era solito ritirarsi di volta in volta nella cella di S. Kevin (3 giu.), una grotta sul lago Superiore. Dal 1170 in poi, Lorenzo fu coinvolto nelle politiche angloirlandesi; Dermot MacMurrough, esiliato dall’Irlanda per i suoi eccessi, era deciso a ritornarvi e chiese aiuto al re inglese Enrico II, felice di fornirgli dei volontari, capeggiati da Strongbow (Richard de Clare, conte di Pembroke), che sbarcarono a Waterford nel 1170, invadendo parte di Leinster e marciarono su Dublino. Lorenzo fu inviato come mediatore, ma gli alleati anglo-normanni di Dermot saccheggiarono la città, mentre la trattativa era ancora in corso. Lorenzo poi si dedicò al conforto delle persone i cui famigliari erano stati uccisi, rapiti o mutilati, in generale sostenendo e rassicurando il popolo in quella situazione di pericolo. Dermot aveva quasi raggiunto il suo scopo, quando morì improvvisamente e Strongbow rivendicò il suo diritto su Leinster in quanto erede di Dermot e marito di sua figlia (nipote di Lorenzo). L’Irlanda si unì sotto la guida del re Rory O’Conor, mentre Strongbow si rifugiò a Dublino; ancora una volta Lorenzo agì da negoziatore, ma questa volta fallì e Strongbow, in un ultimo tentativo disperato, inaspettatamente riuscì a cacciare l’esercito irlandese.

Circa quindici anni prima, Enrico II aveva ottenuto da papa Adriano IV (Nicholas Breakspear, l’unico papa inglese della storia, 1154-1159) una bolla che lo autorizzava a recarsi in Irlanda per «sottomettere il popolo alla legge ed estirpare le radici del peccato». Nel 1171 si recò a Dublino, dove ottenne la completa sottomissione di tutti i capi irlandesi, eccetto quelli di Connaught, Tyrconnel e Tyrone. Nel 1172 convocò un sinodo a Cashel durante il quale, i vescovi irlandesi, a cui fu presentata per la prima volta la bolla papale, accettarono l’imposizione del celibato ecclesiastico e il rito di Sarum (forma inglese del culto romano); da allora, Lorenzo agì spesso come mediatore tra Enrico e i principi irlandesi. Nel 1175, dopo essere stato a Windsor per negoziare un trattato tra il re inglese e Rory O’Connor, alla fine felicemente concluso, ne approfittò per visitare Canterbury, ospitato dai monaci della Christ Church, dove trascorse la notte in preghiera davanti alle reliquie di S. Tommaso Becket (29 dic.).

Il giorno successivo, mentre si preparava a celebrare la Messa, un pazzo lo colpì alla testa, facendogli perdere coscienza temporaneamente; nonostante ciò riuscì a celebrare la Messa e, in seguito, implorò il perdono per quell’uomo quando Enrico ordinò di impiccarlo.

Nel 1179 Lorenzo partecipò al terzo concilio Laterano con altri cinque vescovi irlandesi; prima di partire dall’Inghilterra, Enrico fece loro promettere che non avrebbero fatto nulla per compromettere la sua posizione in Irlanda; tuttavia questo accordo non impedì a Lorenzo di presentare a papa Alessandro III un panorama dettagliato della situazione della Chiesa irlandese e di offrirgli dei suggerimenti su come risolvere i problemi che l’affliggevano. Il papa, lieto delle notizie apprese, confermò tutti i diritti della sede di Dublino, affidando a Lorenzo la giurisdizione su cinque diocesi suffraganee e nominandolo suo legato in Irlanda. Più tardi nello stesso anno si discussero alcuni problemi della Chiesa irlandese, nel concilio di Clonfert: sette vescovi “laici” furono destituiti, ai figli dei sacerdoti e dei vescovi fu impedito di accedere al sacerdozio, e ai laici «di interferire nelle questioni ecclesiastiche di ogni tipo» (tutto ciò ci suggerisce che niente era cambiato da quando S. Malachia, 3 nov., aveva affrontato le stesse problematiche mezzo secolo prima).

Lorenzo iniziò a esercitare i suoi nuovi poteri, appena tornato in Irlanda, in particolare nominando un vescovo di Connacht alla sede di Armagh e sfruttando la bolla papale per risolvere alcune dispute territoriali con i conquistatori normanni nelle vicinanze di Dublino. Enrico, accorgendosi di avere a che fare con un altro Becket, s’infuriò e rifiutò di riceverlo quando quest’ultimo ritornò in Inghilterra per negoziare ancora una volta un trattato a favore di Rory O’Connor, e lo fece aspettare tre settimane ad Abingdon. Nel frattempo Enrico si recò in Normandia, ma Lorenzo lo raggiunse e ottenne il permesso di tornare a Dublino, tuttavia si ammalò durante il viaggio e, mentre si avvicinava all’abbazia dei Canonici Regolari, a Eu, disse: Haec requies mea in saeculum saeculi. Sorrise quando l’abate gli chiese se avesse fatto testamento (rispose: «Dio sa che non possiedo nulla») e l’unica cosa che desiderò sino alla fine fu il benessere del suo popolo.

Lorenzo morì il 14 novembre 1180 e fu sepolto nella cripta della chiesa della Madonna a Eu; canonizzato nel 1225, la sua festa è commemorata in Irlanda, nella diocesi di Rouen e dai Canonici Regolari del Laterano.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Eu nella Normandia, in Francia, transito di san Lorenzo O’Toole (Lorcan Ua Tuathail), vescovo di Dublino, che, nonostante le difficoltà del suo tempo, promosse strenuamente l’osservanza della disciplina della Chiesa e, impegnato a riportare la concordia tra i príncipi, passò alla gioia della pace eterna mentre si recava da Enrico re d’Inghilterra.

Pensione di vecchiaia

PENSIONE DI VECCHIAIA CON 20 ANNI DI CONTRIBUTI, QUANDO I 67 ANNI BASTANO

4 Novembre 2021

La pensione di vecchiaia è quell’istituto che permette a tutti ai lavoratori, sia dipendenti che autonomi, di raggiungere la pensione con almeno 20 anni di contributi e 67 anni di età anagrafica, confermati anche per l’anno 2021. Questi sono i due requisiti richiesti, ma solo per chi ricade nel sistema retributivo o in quello misto.

Tale normativa varia per quei lavoratori che hanno iniziato a versare contributi solo dal 1 gennaio 1996 e mai prima: lavoratori con la contribuzione versata solo nel sistema contributivo.

Infatti per questi lavoratori, il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, è possibile ottenere la pensione al perfezionamento degli stessi requisiti anagrafici e contributivi previsti per i lavoratori nel sistema retributivo o misto.

Tuttavia, a differenza di questi ultimi, per conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, oltre alla presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico di 67 anni, devono soddisfare un altro requisito:  avere un importo della pensione superiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Per il 2021 devono superare la cifra lorda di 690,42 euro.

In caso contrario

PENSIONE DI VECCHIAIA CON 20 ANNI DI CONTRIBUTI, QUANDO I 67 ANNI BASTANO

4 Novembre 2021

La pensione di vecchiaia è quell’istituto che permette a tutti ai lavoratori, sia dipendenti che autonomi, di raggiungere la pensione con almeno 20 anni di contributi e 67 anni di età anagrafica, confermati anche per l’anno 2021. Questi sono i due requisiti richiesti, ma solo per chi ricade nel sistema retributivo o in quello misto.

Tale normativa varia per quei lavoratori che hanno iniziato a versare contributi solo dal 1 gennaio 1996 e mai prima: lavoratori con la contribuzione versata solo nel sistema contributivo.

Infatti per questi lavoratori, il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, è possibile ottenere la pensione al perfezionamento degli stessi requisiti anagrafici e contributivi previsti per i lavoratori nel sistema retributivo o misto.

Tuttavia, a differenza di questi ultimi, per conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, oltre alla presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico di 67 anni, devono soddisfare un altro requisito:  avere un importo della pensione superiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Per il 2021 devono superare la cifra lorda di 690,42 euro.

In caso contrario possono accedere al trattamento di vecchiaia al compimento di 70 anni di età con almeno 5 anni di contribuzione “effettiva” (cioè obbligatoria, volontaria e da riscatto), con esclusione della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo, a prescindere dall’importo della pensione. Anche il requisito anagrafico di 70 anni è soggetto agli adeguamenti in materia di stima di vita (nel 2021 sono quindi necessari 71 anni).

Prenota un appuntamento

Gli operatori del Patronato Acli sono a disposizione per una consulenza personalizzata e per inviare la tua domanda di pensione di vecchiaia in via telematica. Per trovare la sede più vicina a te, clicca qui. Ti aspettiamo!

Katia Marazzina

accedere al trattamento di vecchiaia al compimento di 70 anni di età con almeno 5 anni di contribuzione “effettiva” (cioè obbligatoria, volontaria e da riscatto), con esclusione della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo, a prescindere dall’importo della pensione. Anche il requisito anagrafico di 70 anni è soggetto agli adeguamenti in materia di stima di vita (nel 2021 sono quindi necessari 71 anni).

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