Archivi giornalieri: 10 dicembre 2015
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Maduro
Maduro: «Il Venezuela non s’arrende»
Intervista. Il presidente chavista dopo la dura sconfitta elettorale del governo: «Per difendere le nostre conquiste metto in gioco la mia vita. Certo abbiamo commesso degli errori, ma noi siamo da una parte sola: nella trincea comune di tutto il continente latinamericano»
Abbiamo incontrato il presidente venzuelano Nicolas Maduro per rivolgergli alcune domande dopo la sconfitta elettorale del governo.
Presidente, tanti gli interrogativi dopo il tracollo del voto e 17 anni di governo di sinistra. Questo è l’unico paese del sud del mondo in cui l’esercito — qui nella formula politica di “unione civico-militare” — è andato oltre il nazionalismo, coniugandosi al socialismo umanista. Nel nuovo quadro, che faranno le Forze armate? Torneranno a sparare sulla folla che protesta come nella IV Repubblica?
L’unione civico-militare si rafforza ogni volta che si presenta una difficoltà. È stato così durante il colpo di stato contro Chavez, nel 2002 e durante la serrata petrolifera padronale che ha cercato di mettere in ginocchio la rivoluzione bolivariana. E molta gente del popolo, che aveva marciato contro Chavez senza capire che la stavano portando verso un golpe, ha poi manifestato per riportare al governo il suo presidente, il 13 febbraio. Qui ci sono i protagonisti, Vladimir Padrino Lopez, attuale ministro della Difesa che nel 2002 era comandante del Batallon Bolívar, qui ci sono i ragazzi di quell’11,12 e 13 di aprile. Siamo quelli del 4 febbraio ’92, del Caracazo del febbraio ’89, e del 13 febbraio del 2002. Ad ogni 11, segue il 13. Siamo un 13 febbraio permanente, una unione civico-militare per la Patria, figli di Chavez, eredi di Bolivar… e di Lenin. Anche di Trosky, perché no? Non aggiungo Stalin altrimenti qualche compagno mi strozza… Il tempo in cui determinati corpi armati della Repubblica erano al servizio di interessi esterni, dei piani dell’Fmi, della privatizzazione, del saccheggio delle nostre risorse non hanno più legittimità storica.
Che ne sarà ora delle alleanze strategiche solidali a cui il Venezuela ha dato impulso in America latina? Si distruggerà l’Alba e Petrocaribe?
Dobbiamo prepararci a un terremoto di proporzioni devastanti, già annunciato dall’imprenditore Mauricio Macri in Argentina. La destra venezuelana è governata da Washington e dal Fondo monetario internazionale, che vedremo purtroppo tornare. Vuole distruggere tutti gli accordi di cooperazione con Petrocaribe, provocando una catastrofe umanitaria. Vuole azzerare le relazioni con la Cina, con la Russia e con il resto dell’America latina e dei Caraibi per cancellare la nuova indipendenza del continente. Vogliono snaturare il Mercosur, la Unasur, distruggere l’Alba. Ma saremo qui ad affrontarla. Siamo il partito della difficoltà. Siamo in una trincea comune tutto il continente. Il Comando Sud nordamericano ha già annunciato i suoi progetti. Ogni cinquant’anni, i documenti desecratati di Washington mostrano le strategie destabilizzanti messe in campo in altre situazioni storiche: in Guatemala, in Brasile, in Cile, le giovani generazioni vedranno confermato quanto stiamo denunciando sulla guerra economica e sui centri che costruiscono la guerra mediatica. John Kerry si crede il governatore del Venezuela, interviene a ogni piè sospinto nella politica interna e sovrana del nostro paese. Come ha fatto in queste elezioni, anche contro gli interessi del suo stesso popolo, le cui relazioni con il Venezuela bolivariano non sono mai state così strette.
In tutto il mondo, movimenti e sinistre hanno espresso solidarietà al socialismo bolivariano e ora s’interrogano sul destino del processo rivoluzionario ma anche sugli errori commessi.Dove concentrare l’analisi critica e quindi la solidarietà?
Sono infinitamente grato per le manifestazioni di affetto ricevute. Gli obiettivi della rivoluzione bolivariana sono quelli di tutti i popoli in lotta per la libertà e la pace con giustizia sociale. Interroghiamoci insieme con maggior determinazione. Abbiamo perso una battaglia. Un’elezione, per quanto importante, è solo una battaglia in un progetto più generale di trasformazione. Continueremo insieme al nostro popolo, cercheremo il dialogo anche e ora soprattutto con quella parte che si è lasciata convincere dalle menzogne della destra e che ora capirà sulla propria pelle di che natura sia quel «cambio» richiesto a gran voce dall’opposizione. Molti di quelli che non hanno conosciuto il vero volto di queste destre nella IV Repubblica, credono che i diritti conquistati con la rivoluzione bolivariana siano intoccabili. Ma non sarà così e sarà presto evidente. La solidarietà internazionale troverà sempre al suo fianco la rivoluzione bolivariana sui temi che ci accomunano: la libertà delle donne e delle diversità, la libertà di espressione, l’opposizione alla guerra e per l’indipendenza dei popoli. Siamo qui, non siamo disposti ad arrenderci. Per questo, metto la mia vita in gioco.
Diritto .it
NEWSLETTER LAVORO n. 707 del 10 dicembre 2015
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Rassegna sindacale
del 10/12/2015 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Cgil, una grande vertenza sulle pensioni
In Italia si va in pensione tardi e male, e si andrà in pensione sempre più tardi e sempre peggio. La stessa Inps nei giorni scorsi ha restituito un quadro desolante fatto di pensionati poveri e di giovani destinati a un futuro di indigenza. Per questo dai sindacati confederali arriva forte una richiesta di riforme.
“Nel nostro paese i giovani vivono male, siamo di fronte a una generazione quasi totalmente precarizzata, disoccupata, con salari molto bassi, con carriere discontinue, con enormi buchi contributivi. E’ evidente che una condizione del mercato del lavoro di tal fatta proporrà anche in futuro una situazione di povertà per queste generazioni”.
A dirlo è stata ieri Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil, nel corso di una intervista a RadioArticolo1 (http://www.radioarticolo1.it/audio/2015/12/09/26498/pensioni-cambiamole-adesso-interviene-vera-lamonica-cgil).
“II primo problema – spiega Lamonica – è che bisognerebbe avere politiche che creino lavoro per i giovani, che ne stabilizzino il lavoro e che garantiscano salari e condizioni dignitose. Perché la previdenza è sempre lo specchio del mercato del lavoro. Poi c’è il tema dell’ordinamento previdenziale che si è costruito nel nostro paese. E’ un ordinamento fatto in nome dei giovani, e che in realtà, con un sistema contributivo puro porterà i giovani in pensione oltre 70 anni, con tassi di sostituzione assolutamente bassi. Così sarà impossibile avere una società coesa”.
“Sul versante più strettamente previdenziale – afferma ancora Lamonica – bisogna correggere a fondo un sistema contributivo così rigido da sembrare puramente assicurativo. In realtà, il nostro è sistema previdenziale, di welfare, che deve quindi garantire dei tassi di solidarietà e di redistribuzione. Cioè bisogna costruire meccanismi che coprano tutti coloro che sono entrati molto tardi e in condizioni precarie nel mercato del lavoro. Dobbiamo immaginare un meccanismo che valorizzi le carriere costruite in questo modo e fin da subito immaginare percorsi di solidarietà generale che coprano, ad esempio, i buchi contributivi”.
Tutto questo, però, dicono che ha un costo molto alto. “Ma non è vero. Ogni volta che si è messo in atto un taglio sui diritti delle persone, in questo caso sul sistema previdenziale, si è tirato in ballo il tema della sostenibilità economica. In realtà, e lo confermano i più seri istituti di studio italiani ed europei, il sistema previdenziale in Italia non costa più che negli altri paesi europei, ed è più che sostenibile dal punto di vista finanziario. Adesso, e in prospettiva, il tema è che non regge dal punto di vista sociale. Quindi noi, Cgil, Cisl, e Uil, con la nostra piattaforma indichiamo l’obiettivo di restituire una parte delle risorse sottratte al sistema previdenziale per intervenire in maniera strutturale sull’ordinamento che abbiamo ora, e per modificarlo in direzione di una maggiore equità”.
Patronati
Tagli ai Patronati – Salerno, sit in per dire no alla riduzione dei Fondo
Un sit in pacifico per dire no ai tagli al Fondo patronati previsto nella nuova legge di stabilità, nell’ambito della campagna nazionale #IoCiMettoLaFaccia.
I rappresentanti dei patronati Inas, Inca, Ital e Acli hanno presidiato gli ingressi dell’Inps di Salerno per dire no all’ulteriore riduzione di circa 28 milioni di euro che mette a rischio non soltanto i servizi a tutela dei cittadini, ma anche il posto di lavoro di dipendenti di patronati e Caf che operano in modo gratuito.
Un risparmio inesistente e anticostituzionale – secondo i sindacati – perché si tratta di un fondo creato dai contribuenti lavoratori.
A scendere in campo a fianco dei patronati anche le Rsu dell’ente previdenziale che senza i patronati rischierebbero il sovraccarico a carico del blocco del turn over.