Archivi giornalieri: 10 dicembre 2015

Patronati

Tagli ai Patronati – Inps regionale Abruzzo, appello al Parlamento

In un appello al Parlamento il Comitato Regionale  INPS d’Abruzzo “esprime una forte preoccupazione verso una serie di decisioni annunciate dal Governo che tagliano le risorse all’INPS, per le sue spese di funzionalità, agli ENTI  di PATRONATO  e al loro Fondo Patronati , art.33 COMMA 11  della legge di Stabilità”.

“Tali decisioni  – prosegue – rischiano di inficiare irreparabilmente l’assetto organizzativo e produttivo su cui poggia  gran parte della funzionalità del sistema previdenziale e assistenziale del Paese”.

Infatti, il  Comitato Regionale  rileva che “i Governi precedenti a quello attuale hanno ridotto di 2/3 le risorse destinate al funzionamento dell’Istituto, decisioni che, combinate con il blocco delle assunzioni del personale dell’INPS, stanno determinando una notevole riduzione dei servizi verso i pensionati, le imprese e i cittadini, nonostante gli ammirevoli sforzi del personale”.

Inoltre, prosegue l’appello “se dovessero essere confermati, oltre questi tagli, anche quelli previsti per la riduzione del fondo Patronati, si creerebbe un corto circuito in un modello organizzativo al quale l’INPS, oggi autonomamente,  non sarebbe in grado di sopperire e che, inevitabilmente, determinerebbe  ricadute importanti sui costi e sui disservizi di cui  gli utenti, in prevalenza cittadini poveri e anziani, dovrebbero farsi carico”.

Al riguardo sottolinea il documento del Comitato regionale Inps “si vuole ricordare e lasciare immaginare cosa accadrebbe in una realtà come quella abruzzese che consta di ben 305 comunità locali,  sparse su tutto il territorio regionale, senza l’indispensabile poco costoso professionale nonché attrezzato sul piano informatico, apporto collaborativo e decentrato, di oltre 300 dipendenti degli Enti di Patronato”.   

Pertanto, l’appello conclude chiedendo “che vengano soppresse le norme riguardanti la riduzione delle spese di funzionamento dell’INPS e di quelle di cui al comma 11 dell’art.33 della Legge di Stabilità dei tagli al Fondo dei Patronati, al fine di evitare che un sistema produttivo ancora efficiente  assunto a modello organizzativo fuori dai confini nazionali, venga irreparabilmente danneggiato”.

Amianto – Fillea, tra assicurati Inail deceduti circa 18.000 lavoratori

 

Un dramma trasversale, quello dell’amianto, che non guarda in faccia nessuno. La conferma viene dal convegno in corso a Torino, organizzato da Fillea e Cgil proprio su questa piaga che in Italia continua a mietere vittime, nonostante l’uso di amianto sia proibito dal 1992. “L’Inail -ha detto il segretario nazionale Fillea Cgil Ermira Behri, riferendosi ai dati del V Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi (novembre 2015) – ha confermato tutti i nostri timori: 17.428 le persone decedute tra i lavoratori esposti che hanno una posizione assicurativa con Inail con l’esame di oltre 21mila casi di mesotelioma tra il 1993 e il 2012”.

“Il Quinto Rapporto Renam, che esce a tre anni dal precedente, riporta i dati -ha spiegato Behri- relativi ai casi di mesoteliomi diagnosticati in Italia fino al 31 dicembre 2012 con informazioni relative a 21.463 casi di mesotelioma maligno: il 69,5% presenta un’esposizione professionale (certa, probabile, possibile); il 4,8% un’esposizione familiare; il 4,2% un’esposizione ambientale; l’1,6% un’esposizione per attività extralavorativa di svago o hobby; per il 20% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota”.

“Piemonte, Veneto e Liguria coprono circa due terzi della casistica e i settori di attività sono quelli con una esposizione massiva (cantieri navali e industria del cemento-amianto) ma anche quello emergente dell’edilizia. La Lombardia è la regione più colpita con 4.215 casi, 19,6% del totale, seguita da Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna”, ha sottolineato. 

“L’industria del cemento-amianto – ha affermato Behri – è responsabile di gran parte dei casi con esposizione ambientale. Le situazioni di contaminazione ambientale note di Casale Monferrato, Broni e Bari sono confermate come le più rilevanti”.

Considerando l’intera finestra di osservazione 1993-2012 e i soli soggetti colpiti dalla malattia per motivi professionali, i settori di attività maggiormente coinvolti, ha precisato Behri, sono “l’edilizia con 2.277 occasioni di esposizione pari al 15,2% del totale della casistica; seguita dall’industria pesante metalmeccanica, i cantieri navali, l’industria tessile, il settore della difesa militare, l’industria del cemento-amianto”.

Ma mentre il peso percentuale dei settori tradizionali, come quelli dei cantieri navali e dell’industria di produzione dei manufatti in cemento-amianto, “va riducendosi progressivamente”, cresce la “quota di soggetti con esposizione nell’edilizia, settore che produce oggi il maggior numero di casi e che desta preoccupazione per la possibilità di esposizioni in attualità e per la grande frantumazione dei settori con possibilità di esposizione che deve essere considerata quando si discute di casi di mesoteliomi per i quali non esistono evidenze di attività ”a rischio” svolte in precedenza”.

No ai tagli ai Patronati

No ai tagli ai Patronati – Un atto di rispetto nei confronti di milioni di cittadini

Gli operatori di Patronato Acli, Inas, Inca e Ital si sono riuniti ieri, 9 dicembre 2015, a Roma per protestare contro le misure di Stabilità 2016 che prevedono tagli pesantissimi per gli Istituti di Patronato.

Oltre cinquecento persone si sono date appuntamento ieri pomeriggio in piazza Monte Citorio – per dire “NO ai tagli ai Patronati” – in rappresentanza degli oltre cinquemila operatori dipendenti che continuano, giorno dopo giorno, a far sentire la propria voce dall’Italia e dall’estero, con presidi e manifestazioni, e sul web, sostenendo la Campagna Ce.Pa “#xidiritti #iocimettolafaccia” che sta ricevendo, quotidianamente, centinaia di adesioni e attestati di solidarietà.

Una lavoro essenziale, di sostegno e assistenza, quello svolto dai Patronati e riconosciuto dagli stessi cittadini, come evidenzia anche l’ultimo Rapporto Censis che ha rilevato come: almeno due italiani su tre conoscano i Patronati (73,7%), che più della metà (56,1%) si è rivolto a uno di essi esprimendo – nella quasi totalità dei casi (92,2%) – un giudizio positivo sulle loro attività.

Durante la manifestazione una delegazione dei Patronati Ce.Pa – guidata dai rispettivi Presidenti: Benvignati (Acli), Sorgi (Inas), Piccinini (Inca), De Santis (Ital) – è stata ricevuta da Carlo Leoni, Capo di Gabinetto della Presidenza della Camera e ha avuto modo di illustrare i rischi e le gravi conseguenze che un taglio di 28 milioni di euro, la riduzione dell’aliquota che finanzia il Fondo e dell’acconto sull’attività già realizzata, avrebbero sul “sistema patronati”.

Dopo aver ringraziato la presidenza della Camera per aver accolto la richiesta di incontro, il Ce.Pa. ha definito l’appuntamento di ieri a Montecitorio un atto importante di rispetto non soltanto verso i Patronati, ma nei riguardi dei milioni di cittadini assistiti ogni anno che, con le misure contenute nella legge di stabilità, vedono minacciato il loro diritto alla gratuità dell’assistenza previdenziale e socio assistenziale.

L’ Onorevole Leoni, nell’assumersi l’impegno di riferire alla Presidente della Camera, Laura Boldrini, le preoccupazioni espresse ha sottolineato come la stessa Presidente sia molto vicina alle tematiche sociali.

L’ Onorevole Leoni, inoltre, ha precisato che la presidenza della Camera, pur non avendo il potere di modificare alcuna legge, si impegnerà a sensibilizzare i parlamentari, a cominciare dal presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, per una eventuale revisione delle misure contenute nella legge di stabilità, sulla cui approvazione – ha aggiunto – evidentemente pesa il voto di fiducia che il governo porrà in aula. 

Patronati

L.Stabilità: Inca, con Presidenza Camera incontro utile su taglio Patronati

“L’incontro con Carlo Leoni, capo gabinetto della presidenza della Camera, è stato utile per dare un quadro d’insieme delle nostre richieste”. Così Morena Piccinini, la presidente dell’Inca, il patronato della Cgil, fa il punto con Labitalia sull’incontro avuto oggi con il rappresentante parlamentare, insieme ai presidenti dei patronati Acli, Inas, Ital Uil e appunto Inca, in occasione del presidio nazionale tenuto a Montecitorio.

“Abbiamo illustrato l’essenziale azione -spiega- svolta dai patronati a sostegno dei cittadini e della pubblica amministrazione e gli effetti che tale realtà subirebbe se venissero approvate le misure, un taglio di 28 milioni di euro, la riduzione dell’aliquota che finanzia il fondo e dell’acconto sull’attività realizzata, previste nella legge di stabilità”.

“Siamo stati ascoltati con attenzione e pensiamo che -ammette- le nostre richieste vengano rappresentate ai parlamentari e al governo e che, dunque, il maxi emendamento su cui pesa il voto di fiducia tenga presente quello che ci siamo detti”.

“Certamente, la presidente della Camera Boldrini e Carlo Leoni -fa notare Morena Piccinini- conoscono bene la situazione. Noi auspichiamo che i diritti dei cittadini non vengano negati, anche se ci è stato fatto capire che molto dipenderà da quanto il governo vorrà recepire le nostre richieste”.

“Noi chiediamo -ricorda- di eliminare totalmente qualsiasi ipotesi di riduzione e di dare tempo ai patronati di organizzarsi coerentemente con gli impegni assunti nel 2015. Peraltro, il taglio dei 28 milioni di euro si prefigurerebbe per il 2016 come taglio di cassa, ovvero andrebbe a incidere su un’attività già svolta, sul lavoro già fatto, con effetto retroattivo, e contemporaneamente andrebbe a finanziare i tagli che il ministero del Lavoro è tenuto a fare in nome della spending review, appropriandosi, a quel punto, di soldi non suoi, ma dei patronati”.

“Un intervento inaccettabile perciò -denuncia la presidente dell’Inca – che potrebbe rivelare addirittura qualche dubbio di incostituzionalità delle misure adottate”.

Patronati

Tagli ai Patronati – Veneto, i Patronati in campo!

L’11 dicembre 2015 le sedi dei Patronati ACLI INAS INCA E ITAL saranno chiuse in tutto il Veneto. Una protesta per garantire l’attività futura!
Per tutta la giornata gli operatori dei Patronati informeranno i cittadini circa la loro iniziativa di protesta con iniziative in tutti i capoluoghi di provincia e a Venezia.  “I PATRONATI IN CAMPO”, sarà la parola d’ordine utilizzata nei presidi che con gazebo allestiti saranno presenti a Campo San Geremia e a Campo Santo Stefano.

L’11 dicembre i Patronati resteranno “chiusi ma per essere aperti in futuro”. Questo slogan, affisso davanti a tutte le 167 sedi venete dei patronati di Cgil Cisl Uil e delle Acli, riassumerà il senso della giornata di protesta contro il nuovo taglio di 28 milioni di euro inserito dal Governo nella legge di stabilità che, se attuato, metterebbe in gioco la possibilità di continuare ad assicurare i servizi oggi resi gratuitamente ai cittadini.

Si tratta di quasi 700.000 lavoratori pensionati e loro famiglie che ogni anno in Veneto si rivolgono a Inca Cgil, Inas Cisl, Ital Uil ed Acli per chiedere consulenza su pensioni, prestazioni di sostegno al reddito (assegni familiari disoccupazioni maternità), invalidità civile, infortuni e malattie professionali, rinnovo permessi di soggiorno, e per molte altre prestazioni che li aiutano ad orientarsi in materie spesso complesse per esercitare diritti di cui a volte non sono nemmeno a conoscenza.

La giornata di chiusura delle sedi sarà tutt’altro che tacita e priva di contatti con gli utenti. Davanti al luogo sede di presidio organizzato in ogni capoluogo di provincia ci saranno, infatti, tutti gli operatori dei quattro Patronati della singola provincia con la propria pettorina (la stessa esibita il 9 dicembre davanti a Montecitorio in concomitanza col dibattito parlamentare) che spiegheranno, a coloro che si avvicineranno, i motivi della campagna di mobilitazione, invitando a dichiarare il proprio sostegno a favore dei patronati con un selfie da postare in rete (sito internet: www.tituteliamo.it; facebook: facebook.com/tituteliamo; twitter: @tituteliamo).

A livello regionale si aggiunge a Venezia un momento di particolare visibilità denominato “i patronati in campo” con gazebo allestiti davanti alla sede della RAI a Campo San Geremia e a Campo Santo Stefano.
Non è certo la mancanza di iniziativa che manca agli operatori dei patronati, abituati a lavorare con le persone nelle città e nelle località più sperdute e con modalità del tutto opposte a quelle del burocrate che compila acriticamente carte.

I lavoratori, i cui contributi alimentano il fondo patronati su cui il Governo vuole ora mettere le mani, conoscono bene queste peculiarità e sanno anche che i patronati sono un elemento essenziale per far funzionare la stessa amministrazione pubblica che altrimenti, per garantire le stesse prestazioni (e non con la stessa “qualità umana”), dovrebbe spendere quasi il doppio delle risorse. Per questo la campagna sta riscuotendo tantissime adesioni, rinnovando la stessa attenzione ricevuta l’anno scorso in occasione del pesantissimo taglio prospettato (poi ridotto a 35 milioni di euro) che vide 1.200.000 cittadini (di cui oltre 100.000 nel Veneto) sottoscrivere la petizione a sostegno dei Patronati.

Ciò che oggi indigna molti è il fatto che, dopo la decurtazione del 2015, si torni nuovamente a tagliare visto che, essendo rimasti immutati i protagonisti e le motivazioni, le decisioni già assunte l’anno scorso dal Parlamento avrebbero dovuto rimanere valide per tutta la legislatura. Non a caso lo stesso Servizio Tecnico di Camera e Senato sulla Legge di Stabilità sostiene che “andrebbe attentamente ponderata la effettiva praticabilità di ulteriori riduzioni degli stanziamenti alla luce dei ripetuti interventi già operati in precedenza.”

Home » Cultura » Una Storia del marxismo in tre volumi

Una Storia del marxismo in tre volumi

Una Storia del marxismo in tre volumi

Pubblicato il 10 dic 2015

di Stefano Petrucciani

Una teoria che non fa scuola

Dopo anni di ricerca ai margini dell’industria culturale e in piena egemonia neoliberale, «Una storia del marxismo» è l’importante iniziativa editoriale in tre volumi della Carocci. Pubblichiamo un brano dell’introduzione del curatore

L’impatto che Karl Marx ha avuto sulla storia del XIX e del XX secolo è stato così forte da non poter essere paragonato a quello di nessun altro pensatore. Solo i fondatori delle grandi religioni hanno lasciato alla storia del mondo una eredità più grande, influente e persistente di quella che si deve al pensatore di Treviri. Ma per capire che tipo di influenza ha avuto la figura di Marx sulla storia del suo tempo e di quello successivo, bisogna mettere a fuoco un aspetto che concorre con altri a determinarne la singolarità: l’attività di Marx si è caratterizzata per il fatto che Marx è stato al tempo stesso un pensatore e un organizzatore/leader politico, e di statura straordinaria in entrambi i campi. Notevolissima è stata la ricaduta che le sue teorie hanno avuto sul pensiero sociale, filosofico e storico, ma ancor più grande, anche se non immediato, è stato l’impatto che la sua attività di dirigente politico (dalla stesura del Manifesto del Partito Comunista alla fondazione della Prima Internazionale) ha lasciato alla storia successiva.
 
Certo, una duplice dimensione di questo tipo non appartiene solo a Marx: la si può anche ritrovare in grandi leader che furono suoi antagonisti, da Proudhon a Mazzini a Bakunin. Ma in Marx entrambe le dimensioni, quella della costruzione teorica e quella della visione politica, attingono una potenza che manca a questi suoi pur importanti antagonisti. Sul piano della organizzazione politica dall’attività di Marx sono infatti derivati, nel tempo e attraverso complesse mediazioni, i partiti socialdemocratici e poi quelli comunisti che hanno inciso così largamente nella storia del Novecento. Sul piano teorico, invece, Marx ha influenzato, e continua a segnare ancora oggi, una parte non trascurabile della cultura che dopo di lui si è sviluppata.
 
La forza degli inediti
 
Un aspetto di questa duplice eredità di Marx è stato proprio quello che si suole definire «marxismo». Anche la realtà politico-culturale che si designa con questo termine è stata qualcosa di assai singolare perché ha avuto una duplice natura: da un lato è stata una corrente culturale presente in modo più o meno intenso nei vari ambiti disciplinari, dall’altro è stata anche il riferimento «statutario» di partiti e organizzazioni politiche (socialiste o comuniste): cosicché le discussioni sul marxismo per un verso si sono dipanate come un libero dibattito culturale, per altro verso sono state un elemento della lotta politica tra frazioni e gruppi all’interno del movimento operaio e dei suoi partiti.
Ma che rapporto c’è tra il pensiero Marx e il «marxismo»? Un primo aspetto che deve essere messo a fuoco, se si vuole ragionare su questo punto, è che la conoscenza e la diffusione dell’opera di Marx è stata, durante la sua vita e nel tempo immediatamente successivo, decisamente molto limitata. Anzi si potrebbe dire che, su questo tema, viene alla luce una sorta di contraddizione. Colui che è divenuto la fonte ispiratrice di un «ismo», e cioè di qualcosa che comporta inevitabilmente una certa dogmatizzazione, aveva con la propria opera un rapporto decisamente molto critico e problematico.
Molti dei suoi scritti, Marx li lasciò semplicemente inediti, per la gioia di coloro che li scoprirono o li pubblicarono quaranta o cinquant’anni dopo la sua morte. E agli inediti appartengono, questo può essere interessante da ricordare, la gran parte dei testi sui quali si è affaticato il dibattito marxista a partire dagli anni Venti del Novecento: vivente, Marx non pubblicò né laCritica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (scritta nel 1843, a 25 anni), né i cosiddetti Manoscritti economico-filosofici del 1844.
Non solo, abbandonò in soffitta, alla critica distruttiva dei topi, (seppure dopo alcuni tentativi di pubblicazione non andati a buon fine) anche quello che era un vero e proprio libro scritto con la collaborazione dell’amico Engels, L’ideologia tedesca; un testo non certo trascurabile, dato che vi si trova la prima e la più ampia delineazione di quella «concezione materialistica della storia» che costituisce uno degli apporti più significativi di Marx alla vicenda del pensiero moderno. Di una enorme quantità di manoscritti concernenti la critica dell’economia politica Marx pubblicò pochissimo; in sostanza, solo il primo libro del Capitale (1867, e successive edizioni rimaneggiate) e quella anticipazione delle prime parti di esso che è Per la critica dell’economia politica (1859). I Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica (noti anche come Grundrisse), così importanti per la discussione marxista degli ultimi decenni del Novecento, furono conosciuti in pratica solo dopo l’edizione che uscì in Germania orientale nel 1953.
Come Engels giustamente osservava commemorando l’amico, però, non si può parlare di Marx tralasciando l’altro aspetto della sua personalità, quello di militante e dirigente politico. «Lo scienziato non era neppure la metà di Marx. Per lui la scienza era una forza motrice della storia, una forza rivoluzionaria. Perché Marx era prima di tutto un rivoluzionario. La lotta era il suo elemento. E ha combattuto con una passione, con una tenacia e con un successo come pochi hanno combattuto».
Una visione politica

In tutta la sua vita, anche se con alcune interruzioni, Marx è stato un militante e un dirigente politico ma soprattutto, come scriveva Engels, un combattente, che ha lottato per affermare i suoi punti di vista sia verso l’esterno sia all’interno delle organizzazioni di cui era parte. Come politico, dunque, Marx ha sviluppato una ben precisa visione della lotta e della emancipazione della classe operaia, che contrastava nettamente con quelle che venivano proposte dai molti leader con i quali egli si confrontò in quarant’anni di lotta politica: da Proudhon a Lassalle, da Mazzini a Bakunin.
La più netta delle opzioni politiche di Marx è la tesi secondo la quale non vi è salvezza attraverso il miglioramento del sistema sociale dato, ma solo attraverso il suo rovesciamento, cioè attraverso la negazione dei pilastri su cui si basa la sua economia, la proprietà privata delle risorse produttive e la mercificazione dei beni e del lavoro. Sull’opzione antiriformista e rivoluzionaria Marx non avrà mai dubbi, e questo lo divide sia da altri socialisti del suo tempo, sia da quelli che, pur partendo dalle sue acquisizioni, le curveranno in una direzione gradualista o migliorista.
Al testamento spirituale di Marx appartengono organicamente le polemiche che, negli ultimi anni della sua vita, egli indirizza contro l’ala moderata della socialdemocrazia tedesca (vedi ad esempio l’importante lettera ai leader Bebel, Liebknecht e altri, inviata da Londra nel settembre del 1879), il grande partito che, fortemente influenzato dalla sua dottrina, si avviava però, in alcune sue componenti, a darne una lettura riformista o «revisionista».
Ma torniamo al processo di formazione del «marxismo»: gli storici ci informano che l’aggettivo «marxista» viene dapprima utilizzato con un significato dispregiativo: all’interno della Prima Internazionale (fondata nel 1864) i nemici della corrente che fa capo a Marx, e primi fra tutti i seguaci di Bakunin, indicano come «marxidi», «marxiani» (termine modellato forse su quello di «mazziniani») e più tardi come «marxisti» coloro che si rifanno alle tesi del pensatore di Treviri.
Le accuse di settarismo

I «marxisti» sono visti dai loro nemici anarchici come una frazione settaria e autoritaria che cerca di egemonizzare l’Associazione internazionale dei lavoratori. Quanto al sostantivo «marxismo», si può affermare per certo che esso (sempre con un significato polemico) compare nel 1882 nel titolo di un pamphlet di Paul Brousse (ex anarchico francese): Le marxisme dans l’Internationale. Il contesto in cui si inserisce il libello è quello del confronto interno al socialismo francese tra un’ala riformista e una rivoluzionaria ispirata a Marx e facente capo a Jules Guesde; e fu proprio in riferimento a questa contesa che Marx ebbe occasione di osservare, conversando con Paul Lafargue: «Una cosa è certa, che io non sono marxista». Ciò non vuol dire che Marx non fosse d’accordo con se stesso o che fosse contrario al «marxismo». La questione è tutt’altra: se Jules Guesde veniva accusato, dai suoi nemici, di obbedire agli ordini di un «prussiano» che viveva a Londra e che pretendeva di dare indicazioni al socialismo francese, Marx invece non si sentiva così vicino al leader in questione, e dunque ci teneva a sottolineare che non vi era una netta identificazione tra lui e la corrente francese che al suo nome veniva accostata.
Sta di fatto, comunque, che il termine «marxista», dapprima usato in senso critico e polemico soprattutto dagli anarchici, venne positivamente fatto proprio, negli anni Ottanta, dall’ala più radicale dei socialisti francesi: «A poco a poco, i discepoli di Marx in Francia presero l’abitudine di accettare una denominazione che non avevano creato loro e che, destinata fin dall’inizio a distinguerli dalle altre frazioni socialiste, si trasformò alla fine in una etichetta politica e ideologica» (Maximilien Rubel, Marx critico del marxismo, Cappelli).
Fu così che anche Engels, che dapprima non aveva visto con favore l’uso di un termine che, come «marxismo», personalizzava eccessivamente la linea del movimento socialista rivoluzionario, finì per accettarlo e legittimarne l’uso, ovvero per convertire in positivo una parola che era nata con un senso tutto diverso. Come ha ricordato Maximilien Rubel, la cui attitudine nei confronti del compagno di Marx è peraltro, va ricordato, duramente polemica, in una interessante lettera dell’11 giugno 1889 a Laura Lafargue, Engels osservava con soddisfazione che gli anarchici si sarebbero mangiati le mani per avere creato questa denominazione destinata a divenire nel tempo la bandiera di chi la pensava in modo opposto a loro. E, anche con l’imprimatur di Engels, il termine marxismo cominciò ad affermarsi pure nella socialdemocrazia tedesca, della quale sarebbe divenuto il riferimento costante e talvolta anche ossessivo.
Il rischio del fideismo

Ma il punto più importante che deve essere sottolineato è che il ruolo di Engels andò ben oltre quello di legittimare la parola «marxismo». Ciò che molti (tra cui Rubel) hanno sostenuto, infatti, è che Engels fu il vero padre del marxismo nel senso che fu colui al quale si deve non tanto la parola ma proprio la cosa; ovvero fu colui che trasformò il pensiero di Marx in un «ismo», cioè in un sistema di pensiero catafratto e onnicomprensivo, da prendersi in blocco con rischi di dogmatismo e di fideismo.
Si annida qui un problema, o se volgiamo un paradosso, sul quale vale la pena di fermarsi per un momento a riflettere.La storia degli effetti del pensiero di Marx è segnata allo stesso tempo, verrebbe voglia di dire, da una vittoria e da una sconfitta: l’eccezionale risultato che il pensiero di Marx conseguì, e che ne fa qualcosa di unico e di difficilmente paragonabile ad altri percorsi teorici, fu quello di riuscire effettivamente a realizzare l’obiettivo che il giovane Marx si era posto fin dal 1845: superare la scissione tra la teoria e la prassi, ovvero dare vita a una teoria che potesse anche diventare una operativa forza di trasformazione del mondo. Proprio questo accadde nel momento in cui nacquero e si svilupparono partiti e organizzazioni politiche che assumevano questa teoria come loro punto di riferimento ideale. 

Questo processo comportò però una conseguenza non altrettanto positiva: divenendo il riferimento «statutario» di partiti e organizzazioni il pensiero di Marx non poté più essere considerato come l’approdo di una ricerca teorica per tanti aspetti anche problematica e incompiuta, da svolgersi e magari da superarsi criticamente, ma fu esposto alla conseguenza di irrigidirsi in una «dottrina», di subire un processo di ossificazione poco compatibile con l’idea di una ininterrotta ricerca critica.
 
fonte: Il manifesto, 8 dicembre 2015
 

NEWSLETTER LAVORO n. 707 del 10 dicembre 2015

 
 

Versione web

 
 
 

 

      Inoltra

 

 
 
 
 
 

 

NEWSLETTER LAVORO

n. 707 del 10 dicembre 2015

 
 
     
seguici su twitter
 

 

 
Jobs Act
 

 

09-12   Min.Lavoro: maxisanzione e sospensione dell’attività imprenditoriale – codice 79AT
Il Ministero del Lavoro ha emanato la nota n. 21476 del 7 dicembre 2015 con la quale, con riferimento alla maxisanzione ed al provvedimento di sospensione recentemente modificati per mezzo del D.L.vo n. 151/2015, rammenta che nulla è cambiato in merito ai codici tributo da utilizzare.
 

 

09-12   Formazione

WKI: Le Semplificazioni in materia di Lavoro per cittadini e imprese

Si tratta del III incontro dei Percorsi di aggiornamento lavoro 2015/2016. L’appuntamento è dedicato all’aggiornamento sulle principali novità normative e all’approfondimento, attraverso il confronto con relatori di prestigio e grazie al ricco materiale editoriale messo a disposizione dei partecipanti.
I programmi sono puntualmente aggiornati con tutte le novità introdotte dai decreti attuativi al Jobs Act.

Programma
• Le nuove procedure a carico di cittadini e imprese in materia di rapporto di lavoro
• Le novità sul collocamento dei disabili
• Razionalizzazione e semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro
• Razionalizzazione e semplificazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro
• Revisione delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale

Gli utenti del sito possono iscriversi con lo sconto del 5 % su tutte le quote di partecipazione.
Listino + Sconto 5%:  € 123.5 + IVA
Sconto 30% + 5%:  € 85.5 + IVA riservato a Iscritti a tutti gli ordini professionali
Il codice sconto da utilizzare è:  000721-708034.

Per consultare il programma ed iscriverti online >> clicca qui

 

 

04-12   Min.Lavoro: maxisanzione per lavoro irregolare e diffida obbligatoria
Il Ministero del Lavoro ha emanato la nota n. 20549 del 26 novembre 2015 con la quale, in risposta ad un quesito dell’ANCL, ribadisce che “la diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima che, in qualche misura, bilancia gli oneri sostenuti dal datore di lavoro per il mantenimento del rapporto di lavoro”.
 

 

 
Novità in materia di Lavoro
 

 

09-12   INAIL: cir. 81 – nuove modalità di accesso ai servizi online riservati alle aziende
L’Inail informa che al fine di elevare il livello di sicurezza delle operazioni di identificazione e di autenticazione informatica degli utenti dell’Inail, sono state pertanto modificate le procedure per il rilascio delle credenziali di accesso ad alcuni servizi e le modalità di registrazione per alcune categorie di utenti.
 

 

09-12   INPS: cir. 196 – accordo bilaterale tra la Repubblica italiana e lo Stato d’Israele sulla previdenza sociale
L’Inps, con la circolare n. 196 del 2 dicembre 2015, informa che dal 1° dicembre 2015 è entrato in vigore il nuovo Accordo bilaterale sulla previdenza sociale tra Italia e Israele.
 

 

09-12   MISE: modalità per la presentazione delle istanze di accesso alle agevolazioni in favore delle microimprese dell’Emilia
Il Ministero dello Sviluppo Economico avvia l’attuazione dell’intervento per la concessione di agevolazioni fiscali a favore delle microimprese localizzate nella zona franca dell’Emilia colpite dall’alluvione del 17 gennaio 2014 e nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012.
 

 

09-12   Editoria

WKI: Manuale “IL CONSULENTE DEL LAVORO”

Il nuovo manuale Ipsoa offre il quadro organico della normativa che disciplina l’amministrazione del personale e la consulenza del lavoro sia per quanto riguarda gli aspetti contrattuali, che per quelli connessi agli adempimenti contributivi e fiscali.
Riporta i dati tabellari inerenti le retribuzioni contrattuali dei principali settori e le tabelle delle aliquote contributive.

Per i lettori del sito c’è lo sconto del 10+15%. Basta inserire il codice 000718-773110 nel carrello.

Per approfittare dell’offerta >> clicca qui.

 

 

09-12   Fondazione Studi Consulenti del Lavoro: i nuovi ammortizzatori in costanza di rapporto – La Cassa Integrazione Ordinaria
La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro analizza la circolare INPS n.197/2015 che ha fornito le istruzioni operative in ambito previdenziale per una corretta applicazione dei trattamenti di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria e Cassa Integrazione Straordinaria.
 

 

04-12   Min.Lavoro: cir. 31/2015 – indennità riconosciuta in favore dei lavoratori del settore dei call-center
Il Ministero del Lavoro fornisce indicazioni e chiarimenti operativi in merito all’indennità riconosciuta dal decreto interministeriale n. 22736 del 12 novembre 2015 ai lavoratori delle aziende del settore dei call center non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale.
 

 

03-12   Fondazione Studi Consulenti del Lavoro: e-mail aziendale da disattivare se il rapporto di lavoro cessa
La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro analizza, con il parere n. 4 del 2 dicembre 2015, la posizione assunta dal Garante della Privacy in materia di gestione e controllo dell’email aziendale.
 

 

03-12   Editoria

WKI: FINANZIAMENTI EUROPEI ANCHE PER I PROFESSIONISTI

di A. Bonifazi e A. Giannetti

Il maxi-emendamento alla Legge di stabilità 2016 equipara i liberi professionisti alle PMI aprendo così l’accesso ai fondi europei anche ai professionisti a prescindere dalla forma giuridica rivestita.
La guida offre una panoramica completa delle opportunità di finanziamento europeo e fornisce consigli ed esempi su come presentare una domanda o partecipare a un bando.

Per i lettori del sito c’è lo sconto del 10+15%. Basta inserire il codice 000718-773110 nel carrello.

Per approfittare dell’offerta >> clicca qui

 

 

 
Approfondimenti
 

 

09-12   ConfprofessioniLavoro: Le Ferie (focus sul Ccnl)
approfondimento di ConfprofessioniLavoro
 

 

09-12   Articolo: La riforma dell’integrazione salariale ordinaria e straordinaria
approfondimento di Eufranio Massi
 

 

04-12   Articolo: Integrazione salariale: quanto mi costi?
approfondimento di Eufranio Massi
 

 

 
Sentenze di Cassazione
 

 

04-12   Cassazione: licenziamenti collettivi e anzianità come unico criterio
sentenza n. 22914/2015
 
 

Quirinale

Mattarella: «Isis, l’Italia è in prima linea»

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato un’intervista al Direttore de “Il Messaggero”, Virman Cusenza.

Il Presidente Sergio Mattarella incontra il direttore del giornale "Il Messaggero" Virman CusenzaPresidente Mattarella, lei sedeva in prima fila a San Pietro per l’apertura della Porta Santa. Quali pensieri ha fatto in quei momenti sulle ipotesi di attentati terroristici in Italia con l’inizio del Giubileo? 
«In questo periodo, ormai da anni, il pericolo è, purtroppo, presente come abbiamo visto a Parigi e, prima ancora, a New York, a Londra, a Madrid, a Tunisi e in tanti altri luoghi di continenti diversi. Tutti eventi tragici che hanno ricondotto alla nostra memoria Piazza Fontana o la Stazione di Bologna e che manifestano la non prevedibilità dei bersagli degli assalti omicidi del terrorismo. Una sala concerti o un bistrot non sono collegabili ad alcun significato religioso»
«Non è possibile, peraltro, chiudersi in casa o rinunziare a vivere con pienezza: sarebbe anche un errore e un successo dei terroristi. Inoltre costoro, vedendo che riescono a condizionare i nostri comportamenti, potrebbero sentirsi indotti a moltiplicare gli attentati. Le nostre Forze di Polizia e i nostri servizi di intelligence stanno svolgendo un buon lavoro, serio e accurato, per garantire la sicurezza dei nostri concittadini e dei turisti e dei pellegrini che vengono in Italia. Dobbiamo aiutarli evitando che si creino tensioni o sacche di emarginazione che potrebbero aumentare i rischi».

In quanto comandante supremo delle Forze Armate, qual è la sua opinione sull’ intervento militare anti Isis in corso in Siria e in Iraq?
«L’ azione per sconfiggere Daesh, il cosiddetto Isis, va condotta su più piani. E’ importante quello culturale. Non dimentichiamo che il reclutamento, nelle città d’ Europa, avviene mediante la predicazione, diretta e soprattutto via web: dobbiamo contrapporre a questa predicazione argomenti e indicazioni che facciano comprendere a giovani che ne sono destinatari quanto sia preferibile vivere nella tolleranza, nel rispetto degli altri, nella convivenza in pace. Naturalmente è necessaria un’ azione di polizia che garantisca, in maniera efficace, prevenzione e repressione: di fronte alla gravità del pericolo occorre disporre di strumenti adeguati, e sia in Italia che nell’ Unione Europea ne sono stati apprestati. Quel che andrebbe assicurato in misura molto maggiore è una piena collaborazione dei servizi di intelligence dei vari Paesi: la tentazione di tenere le informazioni per sé è tradizionalmente molto forte ma il vantaggio che ciascun paese otterrebbe dal conoscere le informazioni di tutti gli altri sul terrorismo sarebbe di gran lunga più conveniente ed efficace. Infine, ma non per ultima, è certamente necessaria una risposta militare per annullare le basi di leadership e organizzative del terrorismo. L’ Italia lo sta facendo da tempo, in tanti teatri di operazione».

Il premier Renzi ha ripetutamente affermato che il nostro Paese non parteciperà direttamente ai raid: non c’ è il rischio che l’ Italia con questa posizione si autoemargini sulla scena internazionale?
«Non ne vedo le condizioni.
Nelle due riunioni di quest’ anno del Consiglio Supremo di Difesa abbiamo attentamente esaminato le situazioni di crisi e la linea espressa dal governo è pienamente in linea con quanto valutato in quella sede. Ma credo che sia utile ricordare alcuni dati di fatto. L’ Italia è presente con quasi settecento militari in Iraq, secondo contingente dopo quello Usa, nel teatro anti Daesh: quattrocento sono dell’ Aeronautica e fanno, da oltre un anno, con quattro tornado ricognitori e un aereo rifornitore, quel che la Germania, nei giorni scorsi, ha opportunamente deciso di iniziare a fare. Altri duecento militari sono impegnati a Erbil come addestratori di peshmerga curdi e ottanta addestrano forze di polizia irachene. Siamo, inoltre, presenti in Afghanistan, dove pure si fronteggiano fondamentalisti legati ad Al Qaeda, con ottocentocinquanta militari: anche qui il secondo contingente dopo quello USA. Siamo presenti in Libano, con oltre millecento militari che, sotto bandiera ONU e con comando italiano, contribuiscono, in prima fila, a evitare che un Paese amico come il Libano, che già subisce gravi sofferenze e tensioni, divenga come la Siria o l’ Iraq. Siamo presenti in Kossovo, con comando affidato all’ Italia, con settecento militari, per evitare che le tensioni che vi permangono possano riesplodere e si tratta di un Paese dove, come è noto, affiorano da tempo venature di fondamentalismo e da dove sono partiti numerosi combattenti di Daesh verso Siria e Iraq.
Abbiamo un contingente di un centinaio di addestratori in Somalia per aiutare il governo di quel Paese, tradizionalmente legato all’ Italia, a controllare il suo territorio in cui è presente un pericoloso movimento di terrorismo fondamentalista. La nostra Marina militare sta svolgendo un prezioso lavoro, apprezzato dalla comunità internazionale, nei mari del Corno d’ Africa, nella missione contro la pirateria che, sotto comando italiano, sta debellando quel fenomeno che ha allarmato per anni. È appena il caso di ricordare quel che la Marina sta facendo nel Mediterraneo da alcuni anni per salvare vite e contrastare i trafficanti di esseri umani, che potrebbero verosimilmente avere collegamenti almeno in parte a movimenti terroristici. Tutto si può dire tranne che l’ Italia sia chiusa in se stessa, che non collabori o che si emargini: va detto, piuttosto, con soddisfazione, che alcuni Paesi hanno opportunamente deciso, oggi, di intensificare o addirittura di avviare la loro azione. Ma l’ Italia lo fa, con grande sforzo, da anni: non è un caso che ben quattro missioni internazionali siano sotto comando italiano».

L’ Italia potrebbe invece giocare un ruolo-chiave nella pacificazione della Libia, vista anche la Conferenza internazionale che si apre a Roma domenica 13 dicembre?
«L’ iniziativa di svolgere a Roma una conferenza internazionale sulla Libia è quanto mai opportuna. Si tratta di un Paese cui siamo legati da molte ragioni e che è nostro vicino, dirimpettaio nel Mediterraneo. Da tempo siamo impegnati per contribuire a una buona soluzione pacifica delle divisioni e delle contrapposizioni armate in Libia. Abbiamo collaborato fino in fondo con l’ inviato dell’ Onu Léon e collaboriamo con il suo successore. Sappiamo, naturalmente, che la soluzione è soprattutto nelle mani dei libici, cui non può essere né assegnata né, tanto meno, imposta da alcuno. Una volta che, speriamo molto presto, si sia formato un governo libico di unità nazionale e questo ne faccia richiesta, la comunità internazionale avrà il dovere di aiutarlo e l’ Italia, in quell’ ambito, sarà la prima ad essere disponibile. Non sappiamo con quali modalità e in che misura. Si tratterà, comunque, di impegnarsi per aiutare quel popolo, nostro vicino e amico, a riprendere una vita più serena e in sicurezza, di crescita civile ed economica dopo anni di sofferenze. Dal ripristino di uno stato libico efficiente conseguirà la cancellazione di ogni tentativo di insediamento di Daesh nel suo territorio».

Presidente, come vive da cattolico il Giubileo della misericordia che si è appena aperto?
«Anzitutto, come Presidente della nostra Repubblica, guardo con grande rispetto a un evento che, con sede principale a Roma, riguarda centinaia di milioni di fedeli di ogni parte del mondo.
Un evento che è stato indetto e viene guidato da una personalità cui si guarda, in tutto il pianeta, con stima e attento ascolto molto grandi. Trovo di grande significato che Papa Francesco abbia voluto anticipare l’ apertura del Giubileo nella cattedrale di Bangui, da lui definita “capitale spirituale del mondo” perché quella città riassume in sé tutte le sofferenze del mondo. Per queste ragioni sono stato ieri sul Sagrato di San Pietro e sono molto lieto di esservi andato. Come credente mi rendo conto, tra gli altri aspetti, di quanto il mondo attuale abbia bisogno, senza rendersene conto, di quella misericordia che Francesco proclama e invoca.
Questo sentimento lo avvertirei, peraltro, anche se non fossi credente».

Qual è il ricordo del suo primo incontro con Papa Francesco?
«Papa Francesco ha grande carisma. I suoi messaggi e le sue argomentazioni coinvolgono. Il colloquio con lui è stato, per me, un momento di grande importanza. Sono stato davvero lieto che, dopo, in pubblico, tra il suo discorso e il mio vi sia stata ampia sintonia sia quanto ai temi trattati sia quanto alle considerazioni svolte».

L’ Expo è stato un grande evento organizzato con anni di anticipo ed ha avuto successo. Il Giubileo è stato deciso da Papa Francesco pochi mesi fa: Roma, l’ Italia, sapranno lo stesso fare la loro parte adeguatamente? O ci dobbiamo rassegnare ad un evento meno forte rispetto ad altri Giubilei?
«L’ Expo è stato un incontro internazionale tra governi, istituzioni, imprese e studiosi, basato su padiglioni di diversi stati di tanti continenti. Il Giubileo è un evento di carattere religioso, indetto dal Papa perché sia realizzato e vissuto non soltanto a Roma ma in tutte le diocesi del mondo. Non tutti i pellegrini sono quindi chiamati a Roma che, peraltro, certamente ne sarà al centro. Sono convinto che la Città e l’ Italia faranno bene la loro parte: la giornata di martedì è stata una dimostrazione di organizzazione e di vigilanza all’ altezza del compito».

In Italia vivono numerosi immigrati di religione islamica: c’ è il rischio che la recrudescenza della violenza terroristica possa pregiudicare una serena convivenza riaccendendo intolleranza e diffidenza verso il “diverso”. Come evitare tutto questo dopo il 13 novembre?
«Nel nostro Paese vi sono ormai numerose comunità straniere, con culture o con religioni diverse: la grandissima parte delle persone di queste comunità – anche di quella islamica – ha comportamenti irreprensibili quanto a rispetto delle nostre leggi, a lavoro, a legame anche affettivo con l’ Italia. Spesso contribuiscono alla conoscenza e alla simpatia nei confronti del modello di vita italiano nei rispettivi Paesi di provenienza. Escludo che possa formarsi un sentimento collettivo di diffidenza o addirittura di intolleranza nei confronti di nostri concittadini o di immigrati di fede islamica: sarebbe estraneo al carattere e alla cultura degli italiani. Va ricordato, comunque, che questo è uno dei desideri dei terroristi del fondamentalismo: provocare l’ isolamento e l’ emarginazione delle comunità islamiche d’ Europa perché queste si sentano assediate e sia più facile per la predicazione di odio e di violenza trovare terreno fertile e qualcuno che si faccia reclutare. Anche per questo sono state importanti le iniziative assunte dai rappresentanti religiosi delle comunità islamiche italiane contro il terrorismo. Naturalmente è necessario che i predicatori di violenza vengano isolati e denunciati dalla stesse comunità. Inoltre vi è bisogno, da parte delle istituzioni, di una lungimirante e concreta politica di integrazione che realizzi una convivenza serena ed eviti la formazione di ambienti separati e diffidenti».

Come valuta la decisione di alcune scuole di non celebrare quest’ anno il Natale proprio per timore di “scontentare” le famiglie non cristiane?
«A me sembra che sia stata regalata una eccessiva risonanza a un paio di episodi sporadici e tutt’ altro che rappresentativi del nostro Paese, dove la quasi totalità di persone, famiglie, scuole pensa che mantenere le tradizioni storiche e culturali italiane rivesta valore positivo e non costituisca affatto un’ emarginazione di italiani o immigrati di altre culture o di altre fedi religiose. Le nostre tradizioni storiche e culturali, senza forzature e senza imposizioni di alcun genere, possono, al contrario, contribuire a far comprendere loro meglio il Paese in cui hanno scelto di vivere».

Presidente, al centro degli aspetti cruciali che stiamo trattando ci sono Roma e il suo ruolo. Come ha vissuto questi mesi di difficoltà tra scandali e scontri politici? E soprattutto: pensa che la città abbia nel suo dna le energie per ripartire? E come?
«Conosco bene Roma, vi ho abitato da giovane durante gli anni della scuola e dell’ università, e negli ultimi trent’ anni ho vissuto tra Roma e Palermo. Da gennaio scorso sono stabilmente romano. Come tutti coloro che vi vivono o vi lavorano provo grande apprensione di fronte alle difficoltà della città. Roma è ben più di una capitale. E’ un punto di riferimento nel mondo intero non solo dal punto di vista religioso, ma anche da quello storico, da quello culturale, da quello artistico. Roma ha sempre avvertito un orizzonte universale. Chi sarà scelto dagli elettori per amministrare Roma, dopo il lavoro svolto dal Commissario, dovrà continuare nell’ impegno di colmare il divario esistente tra questo ruolo mondiale dell’ Urbe e la sua struttura amministrativa. I grandi eventi sono certamente occasioni preziose per fare il punto sullo stato di una città e per programmare interventi. Ma credo che quel che è più importante sia il lavoro di tutti i giorni, quello svolto fuori dai riflettori dei grandi avvenimenti, il rafforzamento di un tessuto sociale in difficoltà, l’ ordinaria manutenzione, l’ efficienza degli uffici, l’ impegno delle energie più vive presenti nella città.
Questa opera quotidiana, decisa e paziente, potrà restituire a Roma la condizione adeguata per svolgere il suo ruolo».

Il Parlamento non riesce da oltre un anno e mezzo ad eleggere i giudici della Corte Costituzionale. L’ accordo politico tra i gruppi viene sistematicamente disatteso nel segreto delle urne. Qual è la sua valutazione, si è impoverito il ruolo del Parlamento?
«In passato si è verificato qualche caso di lungo ritardo nell’ elezione di giudici della Corte ma si trattava di sostituire un solo giudice. Questa volta ne vanno eletti tre e il problema è molto più serio; e più grave. La mancanza di tre giudici incide molto sulla funzionalità della Corte Costituzionale e questo vuoto non può continuare. Inoltre, la Costituzione prevede una composizione articolata ed equilibrata della Corte: cinque scelti dal Parlamento, cinque dal Presidente della Repubblica, cinque dalle magistrature. La mancanza di oltre la metà dei giudici di una componente altera l’ equilibrio voluto dai Costituenti e questa condizione aggiunge un ulteriore aspetto di gravità allo stallo che si registra. Non si tratta di impoverimento del Parlamento ma ogni passaggio a vuoto incide negativamente sulla sua autorevolezza e sulla valutazione della sua capacità di funzionamento».

Dal giorno della sua elezione al Quirinale è stato subito chiaro il modo diverso di intendere il suo ruolo rispetto al suo predecessore: pochi interventi su temi specifici. È corretto dire che dopo anni di emergenza politico-istituzionale è finita la supplenza del presidente della Repubblica?
«Ciascuna persona ha, naturalmente, il proprio carattere, il proprio modo di esprimersi, le proprie sensibilità. Io non ho mai pensato di dovermi distinguere dall’ interpretazione del ruolo espressa da Giorgio Napolitano, la cui presidenza merita grande riconoscenza da parte degli italiani. Va detto, piuttosto, che mutano le condizioni che attraversano i periodi dei mandati presidenziali, che sono sempre volti ad assicurare il corretto funzionamento del sistema costituzionale evitando che questo possa incepparsi. Cambiano soprattutto le esigenze del Paese nelle stagioni che si susseguono: la priorità, oggi, a me appare quella di far riacquisire ai nostri concittadini un pieno ritrovamento del senso del vivere insieme, del sentirsi parte di un comune percorso sociale, di una comune prospettiva di sviluppo».

Jobs Act

»Cassa Integrazione Ordinaria dopo il Jobs Act, la guida dei CdL

Cassa Integrazione Ordinaria dopo il Jobs Act, la guida dei CdL

 0

DI  IN 9 DICEMBRE 2015CASSA INTEGRAZIONE
Operai a riposo

Operai a riposo
La guida della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro sulla Cassa Integrazione Ordinaria dopo il Jobs Act

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato la circolare n. 24/2015, con la quale analizza il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 recante disposizioni di riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n.183 (cd Jobs Act) e la circolare n.197 INPS del 2 dicembre 2015 che ha fornito le istruzioni operative in ambito previdenziale per una corretta applicazione dei trattamenti di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria e Cassa Integrazione Straordinaria.

Con la circolare n.24/2015, la Fondazione Studi ha inoltre evidenziato le criticità rimaste ancora irrisolte, ad oltre due mesi dell’entrata in vigore della norma, auspicando urgenti chiarimenti.

I NUOVI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO: LA CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA

Analisi del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 recante disposizioni di riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n.183

Premessa

La riforma degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro è stata attuata con il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2015 ed entrato in vigore il giorno successivo.

Il decreto disegna un nuovo sistema di ammortizzatori sociali, introduce un unico testo normativo di 47 articoli, elimina di fatto la cassa in deroga (aumentando per contro il raggio d’azione e l’operatività dei fondi di solidarietà bilaterali), ridefinisce i contratti di solidarietà (che perdono la loro autonomia diventando una delle causali di intervento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) e concentra tutte le possibili richieste su 2 tipologie di interventi:

  • le integrazioni salariali (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria e Straordinaria, che come anticipato comprende il Contratto di Solidarietà);
  • i fondi di solidarietà bilaterali già previsti dalla Legge Fornero, che oggi vengono completamente ridisciplinati assorbendo, tra gli altri, i contratti di solidarietà di tipo B.

 

 

Continua a leggere la Circolare: www.consulentidellavoro.it

  Circolare INPS numero 197 del 02-12-2015 (292,0 KiB, 35 download)

L.Stabilità

L.Stabilità: Inca, Con Presidenza Camera incontro utile su taglio Patronati

“L’incontro con Carlo Leoni, capo gabinetto della presidenza della Camera, è stato utile per dare un quadro d’insieme delle nostre richieste”. Così Morena Piccinini, la presidente dell’Inca, il patronato della Cgil, fa il punto con Labitalia sull’incontro avuto oggi con il rappresentante parlamentare, insieme ai presidenti dei patronati Acli, Inas, Ital Uil e appunto Inca, in occasione del presidio nazionale tenuto a Montecitorio.

“Abbiamo illustrato l’essenziale azione -spiega- svolta dai patronati a sostegno dei cittadini e della pubblica amministrazione e gli effetti che tale realtà subirebbe se venissero approvate le misure, un taglio di 28 milioni di euro, la riduzione dell’aliquota che finanzia il fondo e dell’acconto sull’attività realizzata, previste nella legge di stabilità”.

“Siamo stati ascoltati con attenzione e pensiamo che -ammette- le nostre richieste vengano rappresentate ai parlamentari e al governo e che, dunque, il maxi emendamento su cui pesa il voto di fiducia tenga presente quello che ci siamo detti”.

“Certamente, la presidente della Camera Boldrini e Carlo Leoni -fa notare Morena Piccinini- conoscono bene la situazione. Noi auspichiamo che i diritti dei cittadini non vengano negati, anche se ci è stato fatto capire che molto dipenderà da quanto il governo vorrà recepire le nostre richieste”.

“Noi chiediamo -ricorda- di eliminare totalmente qualsiasi ipotesi di riduzione e di dare tempo ai patronati di organizzarsi coerentemente con gli impegni assunti nel 2015. Peraltro, il taglio dei 28 milioni di euro si prefigurerebbe per il 2016 come taglio di cassa, ovvero andrebbe a incidere su un’attività già svolta, sul lavoro già fatto, con effetto retroattivo, e contemporaneamente andrebbe a finanziare i tagli che il ministero del Lavoro è tenuto a fare in nome della spending review, appropriandosi, a quel punto, di soldi non suoi, ma dei patronati”.

“Un intervento inaccettabile perciò -denuncia la presidente dell’Inca – che potrebbe rivelare addirittura qualche dubbio di incostituzionalità delle misure adottate”.

Tagli ai Patronati

Tagli ai Patronati – Veneto, i Patronati in campo!

L’11 dicembre 2015 le sedi dei Patronati ACLI INAS INCA E ITAL saranno chiuse in tutto il Veneto. Una protesta per garantire l’attività futura!
Per tutta la giornata gli operatori dei Patronati informeranno i cittadini circa la loro iniziativa di protesta con iniziative in tutti i capoluoghi di provincia e a Venezia.  “I PATRONATI IN CAMPO”, sarà la parola d’ordine utilizzata nei presidi che con gazebo allestiti saranno presenti a Campo San Geremia e a Campo Santo Stefano.

L’11 dicembre i Patronati resteranno “chiusi ma per essere aperti in futuro”. Questo slogan, affisso davanti a tutte le 167 sedi venete dei patronati di Cgil Cisl Uil e delle Acli, riassumerà il senso della giornata di protesta contro il nuovo taglio di 28 milioni di euro inserito dal Governo nella legge di stabilità che, se attuato, metterebbe in gioco la possibilità di continuare ad assicurare i servizi oggi resi gratuitamente ai cittadini.

Si tratta di quasi 700.000 lavoratori pensionati e loro famiglie che ogni anno in Veneto si rivolgono a Inca Cgil, Inas Cisl, Ital Uil ed Acli per chiedere consulenza su pensioni, prestazioni di sostegno al reddito (assegni familiari disoccupazioni maternità), invalidità civile, infortuni e malattie professionali, rinnovo permessi di soggiorno, e per molte altre prestazioni che li aiutano ad orientarsi in materie spesso complesse per esercitare diritti di cui a volte non sono nemmeno a conoscenza.

La giornata di chiusura delle sedi sarà tutt’altro che tacita e priva di contatti con gli utenti. Davanti al luogo sede di presidio organizzato in ogni capoluogo di provincia ci saranno, infatti, tutti gli operatori dei quattro Patronati della singola provincia con la propria pettorina (la stessa esibita il 9 dicembre davanti a Montecitorio in concomitanza col dibattito parlamentare) che spiegheranno, a coloro che si avvicineranno, i motivi della campagna di mobilitazione, invitando a dichiarare il proprio sostegno a favore dei patronati con un selfie da postare in rete (sito internet: www.tituteliamo.it; facebook: facebook.com/tituteliamo; twitter: @tituteliamo).

A livello regionale si aggiunge a Venezia un momento di particolare visibilità denominato “i patronati in campo” con gazebo allestiti davanti alla sede della RAI a Campo San Geremia e a Campo Santo Stefano.
Non è certo la mancanza di iniziativa che manca agli operatori dei patronati, abituati a lavorare con le persone nelle città e nelle località più sperdute e con modalità del tutto opposte a quelle del burocrate che compila acriticamente carte.

I lavoratori, i cui contributi alimentano il fondo patronati su cui il Governo vuole ora mettere le mani, conoscono bene queste peculiarità e sanno anche che i patronati sono un elemento essenziale per far funzionare la stessa amministrazione pubblica che altrimenti, per garantire le stesse prestazioni (e non con la stessa “qualità umana”), dovrebbe spendere quasi il doppio delle risorse. Per questo la campagna sta riscuotendo tantissime adesioni, rinnovando la stessa attenzione ricevuta l’anno scorso in occasione del pesantissimo taglio prospettato (poi ridotto a 35 milioni di euro) che vide 1.200.000 cittadini (di cui oltre 100.000 nel Veneto) sottoscrivere la petizione a sostegno dei Patronati.

Ciò che oggi indigna molti è il fatto che, dopo la decurtazione del 2015, si torni nuovamente a tagliare visto che, essendo rimasti immutati i protagonisti e le motivazioni, le decisioni già assunte l’anno scorso dal Parlamento avrebbero dovuto rimanere valide per tutta la legislatura. Non a caso lo stesso Servizio Tecnico di Camera e Senato sulla Legge di Stabilità sostiene che “andrebbe attentamente ponderata la effettiva praticabilità di ulteriori riduzioni degli stanziamenti alla luce dei ripetuti interventi già operati in precedenza.”

UE

Agree – Lotta allo sfruttamento dei lavoratori migranti in Italia e in Ue

Favorire la creazione di una nuova cultura del lavoro agricolo contro lo sfruttamento, il caporalato e l’illegalità è l’obiettivo di fondo che negli ultimi due anni ha portato avanti il progetto Agree, che giunge a conclusione con la conferenza finale del 14 dicembre a partire dalle ore 9, presso la sede della Cgil nazionale (Corso d’Italia 25 – Sala Santi).

Il progetto, co-finanziato dalla Direzione Affari Interni della Commissione europea, ha visto la realizzazione di studi e percorsi formativi ad opera di sindacati e centri di ricerca in Italia, Spagna e Romania. La Fondazione Giuseppe Di Vittorio (capofila del progetto) e Cittalia-Anci Ricerche hanno studiato gli effetti dello sfruttamento lavorativo dei migranti sulla coesione sociale dei territori, con particolare riferimento alla zona dell’Agro-Pontino al centro di un’azione di networking, formazione e sensibilizzazione degli operatori locale.

Le azioni locali e l’analisi comparativa tra politiche e esperienze condotte nei tre paesi del progetto sono state l’elemento di partenza per la definizione di proposte di policy sui temi del contrasto allo sfruttamento dei lavoratori migranti, che saranno ufficialmente presentate nel corso della conferenza finale alle istituzioni europee e ai diversi stakeholder coinvolti nel fenomeno.

All’incontro parteciperanno, tra gli altri, il capo del Segretariato europeo della Cgil Fausto Durante, il segretario generale della Flai-Cgil Stefania Crogi, il presidente di Cittalia-Anci Ricerche Leonardo Domenici, il presidente della Fondazione Di Vittorio Fulvio Fammoni, il presidente dell’Asgi Lorenzo Trucco e Albin Dearing dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea.

Il rafforzamento delle reti locali degli attori sociali coinvolti nel settore e l’armonizzazione di politiche e interventi in favore degli immigrati e di contrasto al caporalato sono alcuni degli obiettivi realizzati dal progetto Agree attraverso una serie di azioni innovative di formazione degli operatori e di sensibilizzazione dei consumatori verso produzioni agricole realizzate in maniera etica e socialmente sostenibile. Creare consapevolezza tra l’opinione pubblica su tutte le forme di sfruttamento e illegalità nel settore agricolo rappresenta, secondo i partner del progetto europeo, il primo passo per favorire un reale contrasto del fenomeno dal basso, da unire alla necessaria riforma di normative europee e nazionali sulle modalità di organizzazione della produzione e sulle forme di intermediazione del lavoro.