Sicurezza lavoro, in Commissione Ue prevalgono “altri” interessi
Pubblichiamo una sintesi dell’intervento di Silvana Cappuccio, del Dipartimento Politiche globali Cgil, rappresentante italiana nel Consiglio di amministrazione Oil, tenuto il 28 aprile 2015 a Ginevra, presso l’Organizzazione internazionale del lavoro, nel corso del convegno in occasione della Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro).
Quest’anno, la Giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro è dedicata al tema di come costruire una cultura di prevenzione. Si tratta di una questione importante e necessaria, dato che gli ultimi anni hanno visto un peggioramento delle condizioni di lavoro in molti paesi, specialmente in quelli colpiti da una crisi economica e sociale globale iniziata nel 2008. Molti rapporti evidenziano come la crisi sia correlata con la polarizzazione sociale, con la popolazione più povera e più colpita rispetto all’intera società. ….Per affrontare questa emergenza è necessaria una risposta forte e appropriata, in primo luogo dal lato della politica.
Al contrario, vediamo da diversi lati alcuni segnali di sottovalutazione politica, se non di cinismo. Prendiamo ad esempio ciò che sta accadendo a livello europeo. Ogni anno 100 mila persone muoiono nell’Unione a causa di tumori professionali. Questi rappresentano il 53 per cento delle morti della popolazione, rispetto al solo 2 per cento degli infortuni sul lavoro. Nei paesi sviluppati il tumore è la causa principale di morte per uomini e donne dopo le malattie cardiovascolari. Inoltre, la sua incidenza sta aumentando in modo netto nelle economie emergenti. Quando parliamo di prevenzione, dovremmo riconoscere che quei tumori sono prevenibili, come tutte le morti sul lavoro. Lo loro graduale eliminazione potrebbe diventare possibile, in primo luogo, applicando e rafforzando il quadro legislativo e aumentando l’impegno con gli enti pubblici responsabili del controllo, così come dell’ispettorato del lavoro.
Esattamente l’opposto di quello che sta accadendo nella maggior parte dei paesi. La presenza di Barroso per dieci anni alla presidenza della Commissione ha paralizzato la politica europea in materia di salute sul lavoro. Molte aziende continuano a subappaltare il lavoro e a esternalizzare i costi e i rischi del lavoro, senza assumersi le responsabilità, dato che possono intercorrere più di vent’anni tra l’esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni e l’insorgenza della malattia professionale. Sono davvero pochi i casi di tumore riconosciuti come malattia professionale. L’eventualità che il responsabile aziendale incorra in un procedimento giudiziario è bassa. Basti pensare all’assoluzione del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny da parte della Corte di Cassazione italiana il 19 novembre 2014: i giudici riconoscono che la multinazionale Eternit ha sacrificato deliberatamente le vite di oltre 3 mila persone in Italia, ma l’imputato è stato alla fine assolto perché l’accusa del reato è caduta in prescrizione.
I ministri del Lavoro di Germania, Austria, Belgio e Paesi Bassi hanno inviato il 4 marzo 2014 una lettera congiunta alla Commissione europea, chiedendo una revisione urgente della direttiva in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. I ministri hanno formulato proposte specifiche, ma finora non c’è stato alcun seguito. Tuttavia, l’attuale normativa europea contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni si basa su prove scientifiche che risalgono a quarant’anni fa. Essa si è rivelata insufficiente a garantire una prevenzione efficace: i valori limite dell’esposizione comprendono meno del 20 per cento delle attuali situazioni di esposizione ad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro; ignora il ruolo della silice cristallina, e di decine di altri agenti che causano il tumore tra i lavoratori; non comprende le sostanze tossiche per la riproduzione. Ma le prove mostrano che per la Commissione europea sono prevalsi altri interessi rispetto a quelli della salute dei cittadini e dei lavoratori.
La costruzione di una cultura di prevenzione efficace richiede una strategia globale che interessi il mercato interno ed esterno, la tutela dell’ambiente, la tutela dei lavoratori, della sanità pubblica, della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. Come lavoratori siamo molto preoccupati per il potenziale impatto che gli accordi di Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip) avranno sulla salute e sulla sicurezza del lavoro, finora passati inosservati per le loro implicazioni che comprometterebbero i principi fondamentali in materia di prevenzione. La precarietà, lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, l’aumento di situazioni di lavoro in subappalto che rendono più difficili l’applicazione delle norme, come anche i controlli pubblici, le politiche di indebolimento dell’ispettorato pubblico e più in generale i tagli ai servizi pubblici, hanno sottolineato una “nuova divisione” nella popolazione, come è stata definita da un rapporto della Commissione europea.
Molti degli attacchi attuali alla sicurezza sociale in Europa trovano la scusa dell’invecchiamento della popolazione. Ma vivere più a lungo non significa necessariamente vivere più a lungo in buona salute. La realtà è che, se non miglioreranno le condizioni di lavoro, l’innalzamento dell’età pensionabile comporterà soltanto un’impensabile esclusione di categorie di lavoratori esposti ai rischi. Inoltre, c’è da considerare che le disuguaglianze tra uomini e donne derivano non solo dalla segregazione del lavoro, ma anche dalla disuguale ripartizione dei compiti giornalieri.
La promozione della sicurezza e della salute sul lavoro richiede l’attuazione di misure che proteggano la sicurezza e la salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Per conseguire quest’obiettivo, i diritti e i doveri dei lavoratori, come le responsabilità dei datori di lavoro, devono essere affrontati in termini di informazione, educazione e formazione. La tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori comprende anche l’istituzione di comitati per la sicurezza e la salute o le elezioni dei rappresentanti dei lavoratori, al fine di raggiungere un ambiente di lavoro più sicuro e più sano con mezzi che prevengano l’esposizione al pericolo.
Oggi chiediamo dunque un resoconto approfondito. Perché la revisione della direttiva sui tumori professionali è stata bloccata? Perché la direttiva sui disordini muscolo-scheletrici non è mai apparsa? Perché gli ispettorati per la salute e per la sicurezza scarseggiano in molti paesi nel mondo e si sono indeboliti nell’Unione Europea? Perché le forme più gravi di sfruttamento sono concentrate nei processi di subappalto e nelle catene del valore a diversi livelli, e perché stanno aumentando? Perché così pochi lavoratori nel mondo godono di quel poco di democrazia per nominare un rappresentante per la salute e la sicurezza? Senza affrontare questi problemi, la prevenzione rimarrà solo una parola.