Immigrazione

Immigrazione: Osce a Italia, abolire reato clandestinità

“Il reato di clandestinità deve essere abolito perché dà ai trafficanti la possibilità di ricattare le vittime e ostacola l’emergere delle denunce” da parte di chi subisce lo sfruttamento. E’ quanto ha sottolineato il rappresentante speciale dell’Osce per la lotta al traffico di esseri  umani, Maria Grazia Giammarinaro, intervenendo a un convegno alla Camera al termine della sua “Country visit” in Italia.

Dal rappresentante speciale è giunto anche un appello “accorato” a “rifinanziare i programmi di assistenza e integrazione” per le vittime della tratta: “si tratta di investimenti non esorbitanti, ma i bandi non sono ancora usciti. Se i programmi non saranno rifinanziati, a dicembre avremo migliaia di persone che si troveranno sulla strada”. 

Al suo invito, già durante il convegno, è arrivata la risposta del viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Cecilia Guerra, che ha assicurato come i bandi usciranno, anche se “i finanziamenti sono piuttosto esigui e occorre valutare se far confluire i programmi in un unico bando”. 

Il viceministro ha poi rimarcato un “aspetto qualitativo” del traffico di esseri umani odierno, che presenta uno “spostamento rilevante” verso lo sfruttamento lavorativo, con un crescente coinvolgimento dei minori. “Il 28% dei casi, infatti, riguarda lo sfruttamento lavorativo e quello legato alle attività illegali”, ha spiegato Guerra.

Sul mercato del lavoro degli stranieri in Italia, il Cnel proprio oggi ha diffuso i dati di un rapporto che traccia un quadro reso ancora più difficile dalla crisi dal quale emerge un peggioramento del proceso di 

”Il massimo potenziale di integrazione che l’Italia è capace di esprimere” si è ”ridotto rispetto ai picchi del 2009”, con ”un generale indebolimento delle condizioni socio-occupazionali”; motivo per cui le condizioni di inserimento sociale e lavorativo degli immigrati (ma anche degli italiani) hanno conosciuto un generale e diffuso peggioramento”. Queste sono le conclusioni del Cnel nel IX Rapporto sugli indici di integrazione degli immigrati, che analizza, attraverso diversi indicatori socio-demografici ed economici, l'”attrattività” dei territori, l’inserimento sociale e quello occupazionale della popolazione di origine straniera, attribuendo un punteggio fino a un massimo di 100 punti. 

Secondo il rapporto, al primo posto della graduatoria dell’integrazione c’è il Piemonte, il cui indice è 62,8, inferiore di 8 punti ai 70,6 che facevano del Friuli Venezia Giulia la prima regione nel 2009, passata al quarto posto. Tra le regioni del centro-sud spicca l’Abruzzo, quinto, con 60,8; mentre il Lazio è solo 14/mo, con 48,6 punti, seguito dalla Campania (45,1).

Dallo studio emerge un sostanziale, quanto notevole indebolimento del Nord Est (nel complesso a 62 punti, contro i 59,4 del Centro), con il Veneto che scende dal quarto al 13/mo posto; mentre Trieste, che nella classifica di tre anni fa primeggiava tra le città, ora è sceso al 30/mo posto, avvicendata da Macerata che detiene il potenziale di integrazione più alto.

”Il Nord Est – si legge nel rapporto – ha sofferto in maniera quanto mai intensa gli effetti della crisi economica” con le piccole e medie imprese che ”hanno pagato il prezzo più alto alla crisi” sul piano occupazionale.

La Lombardia, e in particolare la provincia di Brescia, si attesta come il territorio più ”attrattivo”, in base ad un indice parziale che tiene conto di fattori come percentuale di immigrati sul complesso, dei minori stranieri, della natalità tra gli immigrati, ma è solo 11/ma con 54,8 punti nella graduatoria generale che considera i livelli dell’integrazione sociale e occupazionale. 

L’Emilia-Romagna, invece, è  prima per inserimento occupazionale, tenendo conto della percentuale dei nati all’estero tra i lavoratori, della continuità del lavoro e della percentuale di imprenditori di origine straniera.

Il quadro generale conferma la debolezza del Sud anche sul piano dell’integrazione, con Calabria, Basilicata e Puglia agli ultimi posti della classifica.

In conclusione, rileva il Cnel, si conferma come ”tratto caratterizzante del “modello italiano di integrazione” il ”piccolo”: le condizioni di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati ”sono migliori in contesti più ristretti e a bassa complessità sociale”. 

La forbice tra grandi e piccole città si va accentuando. Milano precipita dal 44/mo all’87/mo posto e Roma dal 48/mo all’83/mo, mentre Napoli è 90/ma. 

Immigrazioneultima modifica: 2013-07-18T20:01:20+02:00da vitegabry
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