Archivi giornalieri: 2 luglio 2020

Riscatto Laurea

Forfettari, riscatto della laurea senza deduzione e detrazione dei contributi

Nessuna deduzione o detrazione dei contributi versati per il riscatto della laurea per coloro che hanno scelto il regime forfettario
 

In caso di riscatto della laurea i contribuenti forfettari, ossia che abbiano optato per il regime forfettario non potranno accedere a deduzioni (e detrazioni) della somma spesa per il riscatto in sede di dichiarazione dei redditi.

Gli oneri contributivi versati per riscattare gli anni di studio non potranno dunque essere dedotti dal reddito imponibile. Lo stesso vale per i contributi volontari e le ricongiunzioni le quali non sono ammessi alla deducibilità dei redditi. È quanto chiarito dal sottosegretario al MEF durante l’interrogazione del 25 giugno 2020 in Commissione Finanze della Camera.

Unica possibilità per poter beneficiare delle deduzioni (e detrazioni) fruibili invece in caso di regime ordinario di tassazione è che il contribuente risulti titolare di altri redditi Irpef. Ecco cosa c’è da sapere.

Riscatto della laurea: di cosa si tratta

Brutte notizie per coloro che hanno sostenuto oneri contributivi facoltativi per riscattare il corso di laurea se sono in regime forfettario. Non sarà possibile fruire delle agevolazioni fiscali, a meno che il contribuente, oltre all’attività lavorativa per la quale si applica il regime agevolato, non sia titolare di altri redditi Irpef.

Vediamo per prima cosa in cosa consiste il cosiddetto riscatto della laurea.

È il meccanismo che consente di trasformare in anzianità contributiva, ai fini pensionistici, gli anni in cui si sono frequentati i corsi universitari. La norma di riferimento è il Decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019 con il quale il Governo ha introdotto la possibilità di riscattare i periodi non coperti da contribuzione che siano anteriori alla data dell’entrata in vigore del provvedimento.

Leggi anche: Riscatto della laurea, quanto costa? Linee guida INPS sul calcolo

Il periodo passato a studiare può dunque essere valorizzato, in quanto è possibile tradurre in anzianità contributiva un tempo nel quale, per il mancato svolgimento di un’attività lavorativa, non sono stati versati dei contributi.

Si tratta di un’operazione a titolo oneroso, poiché per il lavoratore (dipendente o autonomo) comporta dei costi.

Per ogni anno che il soggetto interessato intende riscattare si deve versare un contributo.

Il contributo da corrispondere è pari al livello minimo imponibile annuo moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori che siano dipendenti e che siano vigenti alla data in cui viene presentata la domanda.

Quali sono i titoli di studio che è possibile riscattare?

Quattro sono le tipologie di corsi di studio per le quali è consentito il riscatto:

  • il diploma universitario di 2-3 anni
  • la laurea (esclusi gli anni fuori corso) per una durata massima di 5 anni;
  • il diploma post laurea di specializzazione
  • il dottorato di ricerca.

Si precisa che il riscatto può essere conseguito se il titolo di studio viene effettivamente conseguito.

Agevolazioni fiscali e riscatto della laurea

Qualora si versino dei contributi per effettuare il riscatto della laurea la legge prevede delle agevolazioni fiscali.

Il primo vantaggio che ne deriva, da un punto di vista fiscale, è che gli oneri versati possono essere dedotti dal reddito complessivo del contribuente, fino a concorrenza dello stesso, ai sensi dell’articolo 10 del Tuir. Una parte della spesa sostenuta dal contribuente viene pertanto recuperata attraverso la riduzione delle imposte da pagare.

Leggi anche: Regime forfettario 2020: chiarimenti dell’Agenzia Entrate sui nuovi requisiti

Per deducibilità si intende infatti la possibilità di abbattere il reddito imponibile riducendolo dell’ammontare pari ai contributi versati. Mentre per i contributi previdenziali si prescinde dal regime fiscale applicato dal contribuente, non lo stesso si può dire, come vedremo meglio più avanti, per quanto concerne gli oneri contributivi dovuti per il riscatto della laurea. Il contribuente in regime forfettario non potrà beneficiare di alcuna deduzione o detrazione dell’onere sostenuto.

Sarà il contribuente a stabilire quanti oneri versare all’Inps e quanti anni trascorsi all’Università trasformare in anni lavorativi.

Ad un minor ammontare di contributi vi sarà una pensione più bassa ma si potrà pur sempre anticipare il momento della pensione, tenuto conto della durata del corso di studi effettuato.

Qualora gli oneri contributivi siano versati da un familiare di cui il soggetto interessato sia fiscalmente a carico, è prevista una detrazione del 19%.

Riscatto di laurea in caso di regime forfettario

Per coloro che applicano il regime forfettario le agevolazioni fiscali (deduzioni e detrazioni) previste in caso di riscatto del corso di laurea non sono ammesse.

Unica eccezione è che il soggetto che ha effettuato i versamenti abbia altri redditi Irpef su cui applicare le deduzioni o detrazioni.

In base a quanto previsto dalla legge n. 190 del 2004 possono essere dedotti dal reddito forfettario unicamente i contributi previdenziali in conformità alla specifica normativa, con esclusione dei contributi versati in via facoltativa tra i quali rientrano i contributi per riscattare gli anni del corso di laurea (si veda la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 29/2001 sull’argomento).

Quarantena covid-19

Quarantena covid-19: gli aspetti previdenziali dell’indennità di malattia

Il lavoratore in quarantena da covid-19, ai fini del riconoscimento dell’indennità di malattia, deve produrre il certificato di malattia
 

Il lavoratore in quarantena da covid-19, ai fini del riconoscimento dell’indennità di malattia, deve produrre il certificato di malattia attestante il periodo di fermo. Tale certificato, che dovrà indicare gli estremi del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica, deve essere redatto sin dal primo giorno di quarantena in modalità telematica.

Nei casi residuali di certificato emesso in modalità cartacea, lo stesso dovrà essere trasmesso all’INPS nel termine dei due giorni previsti dalla normativa di riferimento.

Per tale motivo, qualora al momento del rilascio del certificato, il medico non disponga delle informazioni relative al provvedimento, queste verranno acquisite direttamente dal lavoratore. Sarà quest’ultimo, quindi, a comunicare:

  • gli estremi del provvedimento (numero di protocollo, dati della Struttura di sanità pubblica che ha emesso il provvedimento, data di redazione e periodo di sorveglianza prescritto);
  • il PUC del certificato al quale si riferiscono, allegando, ove possibile, il provvedimento medesimo.

A specificarlo è l’INPS con il Messaggio n. 2584 del 24 giugno 2020. Ne documento di prassi vengono fornite le prime istruzioni operative per la gestione delle certificazioni prodotte dai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia.

Quarantena covid malattia INPS: cosa dice la norma

L’art. 26 del “Decreto Cura Italia” ha previsto l’equiparazione della quarantena alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento.

In particolare, il periodo al quale si fa riferimento è quello della quarantena con:

  • sorveglianza attiva o permanenza domiciliare fiduciaria;
  • sorveglianza attiva e della quarantena precauzionale.

Pertanto, la tutela viene riconosciuta a fronte di un procedimento di natura sanitaria dal quale non è possibile prescindere, stante:

  • sia l’equiparazione della stessa alla malattia;
  • sia l’obbligo per il lavoratore di produrre idonea certificazione sanitaria.

Pertanto, ai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia a carico dell’Istituto, è da riconoscere l’indennità economica previdenziale (con correlata contribuzione figurativa), sulla base del settore aziendale e della qualifica del lavoratore.

A ciò si aggiunge l’eventuale integrazione retributiva, dovuta dal datore di lavoro, secondo gli specifici contratti di riferimento.

Leggi anche: Certificato medico di malattia INPS: cos’è e come funziona l’invio telematico

Lavoratore con patologie gravi: equiparazione a degenza ospedaliera

Per i lavoratori dei settori privato e pubblico in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, l’intero periodo di assenza dal servizio debitamente certificato, fino al termine del 31 luglio 2020, è equiparato a degenza ospedaliera.

Al riguardo, il medico curante è tenuto a precisare, nelle note di diagnosi, l’indicazione dettagliata della situazione clinica del suo paziente, tale da far emergere chiaramente la situazione di rischio in soggetto con anamnesi personale critica. Inoltre, occorre riportare anche i riferimenti:

  • del verbale di riconoscimento dello stato di handicap;
  • della certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali delle Autorità sanitarie locali.

Leggi anche: Infortunio sul lavoro da Covid-19: circolare INAIL sulle responsabilità penali

Malattia per Covid-19

In caso, invece, di malattia conclamata da COVID-19 il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico curante.

Ciò avviene senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica. Tale fattispecie rientra nella consueta gestione della malattia comune; quindi è da riconoscere, ovviamente, anche ai lavoratori iscritti alla Gestione separata, sulla base della specifica normativa di riferimento.

Leggi anche: Contagio da Coronavirus sul lavoro: infortunio con modulo INPS

Quarantena covid-19: periodo transitorio

Infine, per tutelare i lavoratori nel periodo precedente al 17 marzo 2020, la norma stabilisce che vengono si considerano validi, per il riconoscimento dell’indennità, i certificati medici prodotti anche in assenza del predetto provvedimento dell’operatore di sanità pubblica.

Ugualmente, sono da considerarsi accoglibili, sempre fino alla suddetta data, i provvedimenti emessi dall’operatore di sanità pubblica presentati dai lavoratori anche in assenza dei certificati di malattia redatti dai medici curanti.

Bonus vacanze

Bonus vacanze al via: come fare domanda con l’app IO e come usarlo

Al via dal 1° luglio le domande di bonus vacanze tramite app IO dell’Agenzia delle Entrate; ecco la nostra guida alla domanda e all’uso.
 

Come fare domanda di Bonus Vacanze con l’app IO? Come si usa il bonus? Quali sono le strutture che accettano il buono vacanza? Dal 1° luglio è possibile richiedere il voucher vacanze fino a 500 euro da spendere presso le strutture ricettive italiane convenzionate, ovvero che accettano il buono.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente rilasciato l’atteso provvedimento attuativo contenente le istruzioni operative per ottenere e usare il Bonus per le vacanze in Italia, una delle misure economiche previste dal Decreto Rilancio (Dl n. 34/2020) per il rilancio del settore turistico in Italia.

Si tratta di una agevolazione per i nuclei familiari con ISEE fino a 40.000 euro e serve sostanzialmente al pagamento, a partire dal 1° luglio e fino al 31 dicembre, di servizi forniti da imprese turistico-ricettive, agriturismi e bed&breakfast in Italia.

Vediamo quindi cos’è, quanto vale, come chiederlo, a chi spetta, quali strutture lo accettano e come funziona la procedura per i beneficiari e le strutture ricettive.

Bonus vacanze al via dal 1° luglio: a chi spetta

Il bonus vacanze 2020 spetta ai nuclei familiari con ISEE fino a 40.000 euro, non vi sono quindi ulteriori requisiti da rispettare, se non quello economico.

L’importante è sapere che per il calcolo dell’ISEE bisogna necessariamente richiedere la DSU ovvero la Dichiarazione sostitutiva unica.

La DSU si richiede direttamente dal sito INPS e contiene i dati anagrafici, reddituali e patrimoniali del nucleo familiare e vale da quando viene presentata al 31 dicembre successivo. In fase di compilazione della domanda di bonus vacanza il sistema saprà automaticamente se la DSU è già presente, altrimenti bisognerà interrompere la procedura e richiederla.

Leggi anche: Come compilare la DSU e richiedere l’ISEE per bonus e agevolazioni

Quanto spetta

L’importo del bonus varia a seconda della composizione del nucleo familiare del richiedente. Gli importi sono i seguenti:

  • 500 euro per nucleo composto da tre o più persone;
  • 300 euro per nucleo familiare composto da due persone;
  • 150 euro per nucleo di una persona.

Come richiedere il bonus vacanze 2020

Il credit tax vacanze potrà essere richiesto a partire dal 1° luglio e sarà erogato esclusivamente in forma digitale. Quindi si tratta di un voucher dematerializzato e per ottenerlo bisogna presentare una domanda online tramite l’apposita App denominata “IO, l’app dei servizi pubblici” disponibile per iOS e Android.

L’app IO è già disponibile su PlayStore di Android e AppStore di iOS oppure è reperibile dal sito https://io.italia.it

E’ importante sapere che per accedere all’App e poi alla domanda è necessario che almeno un componente del nucleo familiare sia in possesso di SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) o CIE 3.0 (Carta d’Identita Elettonica).

Leggi anche: SPID: cos’è, costo e registrazione

Come usare il bonus vacanze (beneficiari e strutture ricettive)

Il bonus vacanze ottenuto sarà disponibile sul proprio smartphone tramite codice QR oppure tramite Codice Fiscale e numero identificativo.

Quindi al momento del pagamento del servizio, a patto che la struttura abbia aderito all’iniziativa, il beneficiario dovrà mostrare il codice QR o comunicare i propri dati; a questo punto si otterrà uno sconto pari all’80% del buono vacanza direttamente in fattura e il restante 20% potrà essere usato in detrazione nella dichiarazione dei redditi del prossimo anno.

La struttura dal canto suo invece scomputerà questo credito in F24 oppure potrà cederlo a terzi (Istituti di credito, Banche ecc.).

Come fare domanda di Bonus Vacanze con l’app IO e usarlo in 7 passi

Vediamo in breve qual è la procedura da seguire per ottenere e usare il bonus vacanze fino al 31 dicembre 2020:

  1. se già non se ne possiede una, richiedere la DSU online sul sito dell’INPS o tramite CAF e patronati (entro il 30 giugno o prima della richiesta del bonus);
  2. scaricare l’App “IO, l’app dei servizi pubblici” (tramite AppStore iOS, PlayStore Android o il sito https://io.italia.it)
  3. registrarsi ai servizi tramite SPID o CIE 3.0;
  4. dal 1° luglio accedere all’App IO e poi cliccare sul servizio bonus Vacanze disponibile nella sezione “Pagamenti”;
  5. inoltrare la richiesta di Bonus seguendo la procedura guidata;
  6. ottenuto il voucher digitale, bisogna accertarsi che la struttura ricettiva aderisca all’iniziativa e allo sconto in fattura;
  7. in ultimo si dovrà presentare il voucher (codice QR o codice identificativo) direttamente alla struttura al momento del pagamento della fattura (fino al 31/12/2020);
    1. lo sconto in fattura è pari all’80% del voucher vacanza,
    2. il restante 20% potrà essere fruito sotto forma di detrazione fiscale nella prossima dichiarazione dei redditi nel 2021.

Quali strutture accettano il bonus vacanze

Non tutte le strutture ricettive accettano il voucher vacanze fino a 500 euro. La norma infatti stabilisce che è facoltà della struttura accettarlo oppure no. Anche perchè, nonostante ci sia un ritorno economico per le aziende, si tratta pur sempre di un esborso indiretto per le aziende, le quali devono anticipare lo sconto (con lo sconto in fattura), procedere con lo scomputo tramite i canali telematici e poi scontare questi soldi dalle tasse e le imposte da pagare tramite modello F24, oppure cedere il credito d’imposta alle banche.

Ma non tutte le imprese turistiche possono permetterselo, un po’ perchè le imposte non arrivano a coprire il bonus concesso, un po’ perchè portando il credito in sconto alle banche queste chiederanno la commissione in percentuale. E poi comunque chi ha già ricevuto tutte le prenotazioni dovrebbe fare uno sconto e anticipare ingenti somme di denaro senza nessun ritorno immediato.

In rete comunque si trovano portali specializzati dove è possibile trovare gli elenchi delle strutture che lo accettano. In ogni caso è sempre bene chiedere un riscontro direttamente alla struttura.

Leggi anche: Bonus vacanze 500 euro: come, quando e in quali strutture spenderlo

Provvedimento Agenzia delle Entrate Bonus vacanze

Modalità di applicazione delle disposizioni in materia di tax credit vacanze di cui all’articolo 176 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.

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Bonus Vacanze, Guida e vademecum Agenzia delle Entrate

Istruzioni semplificate su quanto vale il bonus vacanze, come chiederlo e a chi spetta in una guida e in una guida e un vademecum predisposti dall’Agenzia.

Detrazioni fiscali dei lavori condominiali: 730 e attestazione spese

Quali sono le spese detraibili per lavori condominiali e come funzionano le detrazioni fiscali nel modello 730 ordinario e precompilato.
 

Come funzionano le detrazioni fiscali dei lavori condominiali? Cosa si può scaricare dalle e come fare? L’amministratore di condominio comunica all’Agenzia delle entrate le spese sostenute dai condòmini per l’effettuazione di lavori sulle parti comuni condominiali di lavori finalizzati alla ristrutturazione e al risparmio energetico.

I dati comunicati sono inseriti nel 730 ordinario e precompilato tra gli oneri scaricabili dalle tasse. Affinché sia possibile beneficiare delle detrazioni fiscali, il contribuente e l’amministratore devono rispettare però precisi adempimenti.

Ecco in chiaro come beneficare della detrazione in dichiarazione e la documentazione necessaria affinché la stessa sia legittima.

Detrazioni per lavori in condominio: comunicazione all’Agenzia delle entrate

Gli  amministratori di condominio comunicano all’Anagrafe tributaria i dati relativi alle spese sostenute nell’anno precedente dal condominio con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali. La comunicazione riguarda altresì l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo delle parti comuni dell’immobile oggetto di ristrutturazione (c.d bonus mobili).

Di regola, la comunicazione andava effettuata entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di sostenimento della spesa. Il termine era fissato al 31 marzo per le spese 2020, mentre  dal 2021, passerà al 16 marzo.

Leggi anche: Modello 730/2020: quali sono i documenti da consegnare e conservare

Il contenuto della comunicazione

Nella comunicazione inviata all’Agenzia delle entrate vanno indicati:

  • la tipologia di intervento effettuato (ristrutturazione, risparmio energetico, bonus mobili);
  • il soggetto che ha sostenuto la spesa (proprietario, usufruttuario, familiare convivente ecc);
  • la spesa effettivamente  imputata al singolo condòmino sulla base della tabella millesimale;
  • se la stessa è stata effettivamente pagata o meno entro il 31 dicembre dell’anno al quale si riferisce la dichiarazione;
  • l’eventuale cessione della detrazione al fornitore dei lavori.

Difatti, in assenza di indicazione del soggetto che ha sostenuto la spesa, l’amministratore la imputa direttamente al proprietario dell’immobile condominiale.

Se la spese è stata sostenuta dal soggetto che è in affitto, è opportuno appurare la correttezza della comunicazione effettuata dall’amministratore di condominio. In tal modo si evita che la stessa venga erroneamente imputata al proprietario dell’appartamento.

L’attestazione rilasciata dall’Amministratore

Sostenuta la spesa, l’amministratore di condominio deve rilasciare ai singoli condòmini specifica attestazione.

In particolare, l’amministratore rilascia, in caso di effettivo pagamento delle spese da parte del condomino, una certificazione dalla quale risultano:

  • le sue generalità ed il suo codice fiscale;
  • gli elementi identificativi del condominio;
  • l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento;
  • la quota parte millesimale imputabile al condomino.

L’amministratore deve, inoltre, conservare tutta la documentazione originale, al fine di  dare riscontro ad eventuali controlli posti in essere dall’Agenzia delle entrate.

Leggi anche: Modifica 730 precompilato già inviato: come e quando procedere

Spese per lavori condominiali comunicate: inserimento nella dichiarazione precompilata

Le spese sostenute comunicate dall’amministratore sono inserite nella dichiarazione precompilata di ognuno dei condòmini. Se gli stessi hanno pagato effettivamente la loro quota entro il 31 dicembre dell’anno oggetto di dichiarazione. Nella dichiarazione dei redditi, i singoli condomini devono limitarsi ad indicare il codice fiscale del condominio.

Difatti, l’attestazione dell’amministratore,  deve essere rilasciata in tempo utile per:  permettere a colui che ha sostenuto la spesa di verificare i dati inseriti nella dichiarazione precompilata; in caso di 730 ordinario, per compilare correttamente il dichiarativo.

L’eventuale inadempimento da parte dell’amministratore potrebbe comportare anche la revoca dall’incarico.

In alcuni casi può accadere che la spesa non è presente nella precompilata ma solo nel foglio informativo. Il mancato inserimento si può verificare quando:

  • l’importo dei bonifici pagati dal condominio nel 2019 è inferiore a quello indicato dall’amministratore nella comunicazione all’Agenzia delle Entrate;
  • l’amministratore non ha indicato i dati catastali relativi all’appartamento oggetto d’intervento (non è stato, pertanto, possibile verificare il limite massimo di detraibilità della spesa);
  • dalla comunicazione dell’amministratore risulta che le spese non sono state sostenute entro il 31 dicembre dell’anno precedente;
  • dalla comunicazione dell’amministratore risulta che gli interventi effettuati nell’anno di riferimento sono una prosecuzione di quelli iniziati in anni precedenti.

Al verificarsi delle precedenti situazioni, è necessario verificare il rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa di cui alla detrazione spettante. In caso di esito positivo si procedere ad inseire i  dati nel Quadro E del 730.

Spese detraibili per lavori condominiali sostenute dopo il 31 dicembre

Di regola, per i lavori condominiali, l’amministratore, con il conto corrente condominiale  effettua il pagamento dei lavori alla ditta che li ha effettuati. Successivamente, i singoli condòmini versano la loro quota. A tal proposito:

  • se tale quota è versata entro il 31 dicembre dell’anno oggetto di dichiarazione (vedi pr. precedente), la stessa sarà inserita nella dichiarazione precompilata;
  • in caso contrario sarà riportato solo nel foglio informativo allegato.

Cosa succede se non pago la mia quota condominiale entro il 31 dicembre? Posso comunque detrarre la spesa?

Ebbene, la riposta è positiva.  In termini pratici, la detrazione spetta in riferimento all’anno di  effettuazione del bonifico parlante  da parte dell’amministratore e nel limite delle rispettive quote dello stesso imputate ai singoli condomini. Quote da questi ultimi effettivamente versate al condominio al momento della presentazione della dichiarazione, anche  posticipatamente rispetto alla data di effettuazione del bonifico da parte dell’amministratore.

Dunque, se  effettuo il pagamento entro il termine di presentazione della dichiarazione posso beneficare della detrazione.

Indicazioni operative prese dalla  circolare, Agenzia delle entrate, n°121/1999.

Le regole per i condomini minimi

La comunicazione all’Agenzia delle entrate non è obbligatoria  per i “condomini minimi” ossia che hanno fino a 8 condòmini. Difatti, in tali casi,  non è obbligatorio nominare un amministratore. Tuttavia, la comunicazione diventa obbligatoria laddove uno dei condòmini abbia optato per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante. Pena l’inefficacia della cessione.

In caso di condomini minimi, il pagamento dei lavori è effettuato tramite bonifico parlante da uno dei condòmini. In dichiarazione, ciascuno di loro indicherà il codice fiscale di colui che ha effettuato il pagamento.

San Bernardino Realino

 

San Bernardino Realino


San Bernardino Realino

Nome: San Bernardino Realino
Titolo: Sacerdote
Nascita: 1 dicembre 1530, Lecce
Morte: 2 luglio 1616, Carpi
Ricorrenza: 2 luglio
Tipologia: Commemorazione

Nacque a Carpi, ridente cittadina del Modenese, nel 1530 da Francesco Realino e da Elisabetta Bellentoni.

La madre si premurò di dare al suo Bernardino una buona educazione. Gli insegnò a recitare il Rosario quand’era ancora piccolo.

Si rivelò un giovane di vivo ingegno e di cuore caritatevole. Studente a Modena fece la prima triste esperienza della corruttela dell’ambiente studentesco. Corse pericolo di livellarsi alla condotta dei più, ma s’accorse in tempo e seppe vincere. Più tardi da Modena passò alla facoltà di medicina nell’università di Bologna. Per assecondare il desiderio di Cloride, la donna da lui amata, interruppe gli studi di medicina per dedicarsi alla giurisprudenza. Alla fine di questo periodo di studi si deve collocare un triste episodio che il Santo non dimenticherà mai. Incontratosi un giorno con un certo Galli, che aveva commesso una ingiustizia troppo aperta a danno dei Realino, ne nacque una discussione animata. Bernardino si sentì bollire il sangue nelle vene e tratta la spada lo colpì alla fronte, senza però ucciderlo.

Nel mondo dei dotti già fin da giovane era salutato come un umanista di gusto e di gran sapere, da meritarsi l’elogio di « raro ingegno in giovanile etade ». Fu un uomo superiore alle cose umane: ben più alti ideali albergavano nella sua mente. Compiuti gli studi e laureatosi in giurisprudenza, fu podestà prima a Felizzano, poi a Cassine e in seguito a Castelleone, dovunque facendosi amare per la sua onestà e carità, amministrando con equanime e paterna giustizia. Negli anni del breve governo a Cassine, a contatto con le strettezze economiche e miserie morali del popolo, ne fu talmente impressionato che giunse a non mangiare e non dormire, fuggendo gli amici, disgustato della vita. Fu allora che maturò in lui la vocazione religiosa. Gli eterni destini dell’uomo si affacciavano insistentemente alla sua considerazione.

A Napoli, la predica di uno zelante gesuita lo colpì profondamente e gli rivelò chiaramente la divina chiamata. Fu la decisione. Chiese di divenire gesuita. L’amor filiale per il vecchio babbo gli fece passare momenti di penosa esitazione. Salì l’altare il 24 maggio del 1567.

Divenuto sacerdote, la fama di santo che andava acquistando a Napoli gli procurava richieste incessanti del ministero sacerdotale che lo teneva occupatissimo. Trasferito a Lecce fu presto riconosciuto dal popolo come sacerdote zelantissimo e pieno di inesauribile carità. Preferiva le classi umili e sofferenti, e si occupò con una estrema pazienza persino degli schiavi turchi addetti alle galere.

Negli anni maturi e nella vecchiaia Bernardino, che fu sempre devotissimo della Madre Divina, conservò nell’amore alla Madonna quell’ingenuità infantile che spiccava come nota particolare della sua pietà. Con Maria e per Maria guadagnò le anime a Dio. Tra i tanti efficaci insegnamenti che dava sulla devozione mariana, diceva che era una vergogna che una donna per bene non trovasse tempo a dire la corona tre volte la settimana ad onore della Madonna. I magistrati di Lecce si recarono un giorno alla Casa dei Gesuiti, per pregare il Santo, ormai vecchio e quasi paralizzato, di accettare l’incarico e l’onore di essere il patrono della loro città in Paradiso. Morì il 2 luglio 1616 alla veneranda età di 86 anni.

PRATICA. – Impariamo a passare per le vicende di questo mondo senza essere vittime del suo spirito.

PHECHIERA. – Concedici, o Dio onnipotente, che dopo aver ammirato i santi esempi di carità, amore e pietà di S. Bernardino, per la sua intercessione siamo vivificati da quella carità, amore e pietà che innalza i cuori fino al cielo, ove speriamo di giungere per la tua misericordia.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Lecce, san Bernardino Realino, sacerdote della Compagnia di Gesù, che rifulse per carità e bontà e, rigettati gli onori mondani, si dedicò alla cura pastorale dei prigionieri e degli infermi e al ministero della parola e della penitenza.