Archivi giornalieri: 13 luglio 2020

Soldi e Diritti

Assegno unico 2021: in arrivo da gennaio il nuovo sostegno alle famiglie

Analizziamo nel dettaglio cos’è e come dovrebbe funzionare l’assegno universale unico per famiglie con figli a carico o Assegno Unico
 

Cos’è e come dovrebbe funzionare il nuovo assegno unico per figli a carico? Il Consiglio dei Ministri, nella riunione dell’11 giugno scorso, passata un po’ sotto banco per via dei problemi legati al covid, ha approvato il disegno di legge delega “recante misure per il sostegno e la valorizzazione delle famiglie”, ribattezzato “Family act”.

Utilizzando la forma della legge delega si incarica il Governo ad adottare entro determinate tempistiche e nel rispetto di una serie di paletti, più decreti legislativi per attuare in concreto le seguenti misure:

  • istituzione di un assegno universale per le famiglie con figli a carico (assegno unico);
  • sostegno all’educazione dei figli;
  • disciplina dei congedi parentali e di paternità;
  • incentivare il lavoro delle madri e l’armonizzazione dei tempi;
  • incentivare l’autonomia e il protagonismo giovanile.

Attualmente il testo del Family Act è in discussione a Montecitorio in attesa dell’approvazione definitiva e il passaggio al Senato. Tra le principali novità del testo, la delega all’esecutivo (articolo 2) ad adottare entro il 30 novembre 2020 un decreto sull’istituzione di un assegno universale unico per il riordino delle misure di sostegno economico alle famiglie con figli a carico.

Iniziamo a conoscere i nuovi assegni familiari.

Assegno unico 2021: cos’è e come funziona

La volontà del “Family act” è quella di “fare ordine” nella molteplicità di misure di aiuto economico alle famiglie (assegni familiari, bonus bebè, bonus baby sitter ecc.) , raccogliendole in un’unica prestazione, denominata appunto “assegno universale”.

La misura è stata accompagnata dalle parole della Ministra per le pari opportunità Elena Bonetti, la quale ha affermato che, all’esecutivo, stanno lavorando “affinché l’assegno universale unico per i figli fino a 21 anni arrivi dal prossimo anno”.

L’articolo 2 del ddl incarica il Governo ad adottare entro il 30 novembre 2020, su proposta del Ministro con delega alla famiglia e dei ministri lavoro ed economia, un decreto legislativo che istituisca, si legge nel testo, un “assegno universale recante il riordino delle misure di sostegno economico per le figlie e i figli a carico”.

Assegno universale per le famiglie: età dei figli

Stando alle parole della Ministra Bonetti, l’assegno riguarderebbe i genitori di figli fiscalmente a carico fino al compimento del ventunesimo anno di età.

Assegno unico figli: quanto spetta

Il ddl non fornisce cifre sull’importo dell’assegno unico, posto che la definizione delle somme necessita di un’attenta valutazione da parte dei tecnici dei ministeri coinvolti, considerata la platea di prestazioni e agevolazioni che l’assegno unico dovrà andare a sostituire.

Il testo contiene tuttavia alcune importanti indicazioni. Innanzitutto l’importo dell’assegno sarà variabile in funzione del numero di figli a carico (il ddl riporta “diciotto anni di età” nonostante le successive dichiarazioni del Ministro Bonetti).

In aggiunta all’importo “base”, è prevista una quota variabile in funzione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (il cosiddetto “ISEE”). Il valore sarà definito in base allo scaglione in cui si colloca l’ISEE dell’interessato. Ad esempio, 50 euro di quota variabile per chi ha un ISEE compreso tra 15.000 e 20.000 euro (si precisa che sono valori puramente ipotetici con solo fine di far comprendere la filosofia della norma).

Sono previste infine maggiorazioni per:

  • Ogni figlio / a successivi al secondo (maggiorazione del 20%);
  • In presenza di figli portatori di handicap.

Da ultimo, l’importo dell’assegno sarà variabile anche in funzione dell’età del figlio.

Le somme percepite a titolo di assegno unico non sono imponibili ai fini INPS e IRPEF; non concorrono pertanto alla formazione del reddito complessivo fiscale del beneficiario. Le stesse saranno compatibili con lo svolgimento di attività di lavoro dipendente, autonomo o parasubordinato.

Clausola di salvaguardia

Nel caso in cui l’importo dell’assegno sia inferiore rispetto alle prestazioni riconosciute al nucleo familiare prima dell’entrata in vigore del “Family act”, viene riconosciuta un’apposita integrazione a titolo di clausola di salvaguardia che, si presume, porterà l’ammontare dell’assegno in linea con quanto percepito in precedenza.

Decorrenza

L’assegno viene riconosciuto a partire dal settimo mese di gravidanza, fino al compimento del diciottesimo / ventunesimo anno di vita del figlio. Ricordiamo che come previsto dal ddl, l’ammontare del contributo sarà proporzionato all’età del figlio.

Assegno unico figli a carico: chi paga

In merito alle modalità di corresponsione dell’assegno, il ddl lascia aperte due possibilità:

  • erogazione diretta in denaro;
  • compensazione a titolo di credito d’imposta.

Nel primo caso l’iter sarà probabilmente:

  • domanda all’INPS;
  • accredito mensile delle somme con il metodo di pagamento scelto dal beneficiario in sede di inoltro della richiesta.

Nel secondo caso invece il riconoscimento dell’assegno avverrebbe in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi; portando l’ammontare in riduzione delle tasse da pagare o già pagate all’Erario.

In questo frangente la gestione operativa passerebbe in capo all’Agenzia delle entrate, ente deputato alla ricezione e al controllo delle denunce fiscali.

Assegno unico, quando arriva?

Dalle parole della Ministra Bonetti oltre che dalla scelta di emendare un provvedimento già alla Camera per velocizzare l’approvazione della norma, traspare la volontà dell’esecutivo di rendere l’assegno operativo già da gennaio 2021.

In caso di erogazione diretta si dovrà attendere l’implementazione delle piattaforme per l’inoltro delle richieste.

Qualora invece dovesse passare invece l’idea della compensazione come credito d’imposta, le somme saranno oggetto di recupero in sede di dichiarazione fiscale 2022 riguardante i redditi anno 2021.

Fisco e Tasse

Colonnine di ricarica auto elettriche: come funziona la detrazione fiscale

Cos’è e come funziona la detrazione fiscale delle spese sostenute per l’istallazione di colonnine di ricarica di auto e veicoli elettrici.
 

Con la circolare 19/2020, l’Agenzia delle Entrate ha fatto il punto della situazione sulle varie spese detraibili e deducibili da indicare in dichiarazione dei redditi. Tra le novità spicca la detrazione per l’installazione delle colonnine di ricarica per le auto elettriche.

Ecco a quali condizioni la spetta la detrazione e in che misura può essere richiesta dallo stesso nucleo familiare.

Detrazione fiscale per le colonnine di ricarica auto elettriche

Per le spese sostenute dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica spetta una detrazione del cinquanta per cento. Si possono scaricare anche i costi legati all’aumento di potenza impegnata del contatore dell’energia elettrica, fino ad un massimo di 7 kW.

Difatti, si deve deve trattare di un punto di ricarica (colonnina):

  • di potenza standard che consente il trasferimento di elettricità a un veicolo elettrico di potenza pari o inferiore a 22 kW,
  • esclusi i dispositivi di potenza pari o inferiore a 3,7 kW  installati in abitazioni private o il cui scopo principale non è ricaricare veicoli elettrici e che non sono accessibili al pubblico.

In particolare , si deve trattare di colonnine  non accessibili al pubblico.  Ciò vale a dire, installate in un edificio residenziale privato o in una sua pertinenza, riservato esclusivamente ai residenti. Oppure destinato esclusivamente alla ricarica di veicoli in servizio all’interno di una stessa entità, installato all’interno di una recinzione dipendente da tale entità. Difatti la spesa è agevolabile anche per le colonnine installate in un’officina di manutenzione o di riparazione, non accessibile liberamente  al pubblico.

Questo perché la detrazione spetta non solo alle persone fisiche ma anche alle imprese che possiedono o detengono l’immobile o l’area in base ad un titolo idoneo. Imprese operanti anche in forma societaria.  La detrazione si applica anche alle spese documentate rimaste a carico del contribuente per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica su parti comuni degli edifici condominiali.

Limiti di spesa detraibile

La detrazione è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 3.000 euro . Limite da ripartire, tra gli aventi diritto, in dieci quote annuali di pari importo.

Il limite di spesa detraibile, pari a 3.000 euro, è annuale ed è riferito a ciascun intervento di acquisto e posa in opera delle infrastrutture di ricarica. Nel caso in cui la spesa sia sostenuta da più contribuenti la stessa:

  • nel limite massimo previsto,
  • va ripartita tra gli aventi diritto in base al costo sostenuto da ciascuno.

Difatti, il limite citato  è riferito a ciascun contribuente. Ciò sta a significare che l’acquisto e la posa in opera di più infrastrutture di ricarica, per il medesimo anno, non beneficia di alcun effetto premiale rispetto alle installazioni successive alla prima. Ammenochè non si superi il limite di spesa detraibile pari a 3.000 €.

Come da circolare, Agenzia delle entrate, n° 19/2020, ad esempio  laddove  il contribuente sostiene spese per l’installazione di due infrastrutture di ricarica:

  • di cui uno per l’abitazione privata e
  • un’altra  su parti comuni degli edifici,

potrà calcolare la detrazione su un ammontare massimo di spese non superiore a 3.000 euro.

In realtà, alcuni  passaggi sui limiti di detraibili non sono del tutto chiari. E’ opportuno che l’Agenzia intervenga con ulteriori chiarimenti.

Posso pagare le spese in contanti fino a 2.000 €?

Al di là del nuovo limite di utilizzo del contanti, in vigore dal 1° luglio, ai fini della detrazione le spese devono essere pagate con strumenti tracciabili. Vale a dire, bonifico bancario, postale, carta di credito, prepagata, assegni bancari e circolari ecc.

Documentazione da conservare

E’ importante conservare la documentazione attestante la spesa sostenuta.

A tal proposito, la prova dell’effettivo pagamento è rappresentato dalla fattura o dalla ricevuta fiscale. Documenti dai quali devono risultare:

  • la natura dell’intervento e
  • il codice fiscale del soggetto che ha sostenuto la spesa.

E’ valida altresì la  ricevuta del versamento bancario o postale. In caso di pagamento con carta di credito, carta di debito o carta prepagata, è sufficiente l’estratto conto della banca o della società che gestisce tali carte.

Se pago con assegno bancario o circolare, è necessario essere in possesso della ricevuta rilasciata dal beneficiario dalla quale risulti, inoltre, la modalità di pagamento utilizzata. Simili indicazioni valgono laddove dalla ricevuta del versamento bancario o postale o dall’estratto conto della società che gestisce la carta di credito( la carta di debito o la carta prepagata) non sia possibile individuare il soggetto beneficiario del pagamento.

Se non sono in possesso di tali dati per le spese 2019?

Per le spese 2019, i dati mancanti possono essere annotati sul documento di spesa ai fini della detrazione.

Detrazione colonnine auto elettriche ed Ecobonus al 110%

Nel Dl 34/2020 (decreto rilancio), prossimo alla conversione definitiva in legge, c’è una previsione ad hoc che riguarda proprio la detrazione in esame.

In particolare, per l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, la detrazione spetta al 100% anziché nella misura ordinaria del 50%. Ripartibile in 5 quote annuali di pari importo.

A tal fine, è necessario che l’installazione sia eseguita congiuntamente ad un intervento rientrante nell’eco bonus al 110%.

Si pensi all’intervento di cappotto termico.

Quota 100

Pensioni ultime notizie: anticipata a 62 anni per tutti dopo Quota 100

Pubblicato il 13 Luglio 2020 alle 08:09 Autore: Daniele Sforza
 

Pensioni ultime notizie: dopo Quota 100 potrebbe esserci una nuova uscita anticipata con 62 anni di età per tutti. Gli aggiornamenti.

Pensioni ultime notizie uscita 62 anni
 
 
Pensioni ultime notizie: anticipata a 62 anni per tutti dopo Quota 100

Pensioni ultime notizie: Quota 100 terminerà la sua breve e temporanea vita il 31 dicembre 2021. Questo significa che se non dovesse cambiare alcunché, a partire dal 1° gennaio 2022 bisognerebbe attendere 5 anni per accedere alla pensione (sia anticipata sia di vecchiaia). L’obiettivo del governo sul fronte previdenziale sarà proprio quello di evitare questo scalino di 5 anni. Per farlo, prima dell’emergenza sanitaria, era stato avviato un confronto con i sindacati per dare vita a una riforma generale del sistema pensionistico basato su alcuni aspetti chiave. Il coronavirus ha poi interrotto tutto e fatto scendere il tema in basso alla lista delle priorità. Tuttavia l’intenzione è di riprendere quel dialogo e di trovare una misura sostitutiva di Quota 100. Stando alle ultime indiscrezioni, dopo Quota 100 ci sarà un’altra soluzione che permetterà l’uscita a 62 anni.

 

Pensioni ultime notizie: uscita anticipata a 62 anni dal 2022, ma con penalizzazioni

Tra le proposte dei sindacati spicca una Quota 41 per tutti (e non più solo per lavoratori precoci in possesso di certi requisiti) ma anche un’uscita a 62 anni per tutti. Misure che però sarebbero insostenibili sotto l’aspetto dei costi, a meno che non siano introdotte particolari condizioni. Così, chi maturerà i requisiti di Quota 100 a partire dal 1° gennaio 2022, potrà comunque uscire a 62 anni, ma con penalizzazione. Da un lato la possibilità che l’assegno sia totalmente ricalcolato tramite il metodo contributivo. Dall’altro l’ipotesi di un taglio per ogni anno di uscita anticipata sull’assegno, fino ad arrivare a un massimo del 10%-15%. Questo significa in breve che dal 2022, chi vorrà uscire prima dal mondo del lavoro, maturati 62 anni di età, potrà farlo a proprie spese, non gravando dunque sulla spesa pubblica.

Pensioni, Quota 100 scade nel 2021 e non sarà prorogata

Pensioni, Quota 100 scade nel 2021 e non sarà prorogata

A ricordarlo è Antonio Misiani, viceministro all’Economia in risposta alla richiesta del premier olandese Mark Rutte di abolire l’anticipo pensionistico.

Addio Quota 100: cosa succederà dopo la scadenza
La riforma per le pensioni quota 100 è prossima alla scadenza, ma viste le critiche ricevute, probabilmente non verrà rinnovata
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L’anticipo pensionistico con Quota 100 è sperimentale, scade nel 2021 e non verrà prorogata.
A ricordarlo è Antonio Misiani, viceministro all’Economia, in un’intervista a Repubblica, in risposta alla richiesta del premier olandese Mark Rutte di abolire l’anticipo pensionistico.

E aggiunge: “Non è questo il momento di polemiche inutili o discussioni ideologiche su Quota 100, quanto di scrivere il Recovery Plan italiano. I governi dei Paesi frugali devono liberarsi dal condizionamento dei populisti come Wilders che è amico di Salvini, ma nemico dell’Italia. E in Italia dobbiamo andare oltre l’idea sbagliata che le riforme siano imposizioni esterne da rifiutare anziché necessità assoluta per la ripresa”.

“Siamo pronti a riavviare il confronto con le parti sociali e le opposizioni” spiega Misiani, nell’ottica di arrivare antro dicembre 2021 a un superamento di Quota 100. “Le scelte strategiche sul futuro del Paese – aggiunge – vanno condivise. Discutiamo tanto di numeri e risorse in arrivo – oltre 260 miliardi tra Sure, Recovery Fund e altri programmi europei – e pochissimo di come vogliamo spenderli. Io credo ad esempio che per gestire i nuovi fondi Ue dovremmo istituire un’Agenzia ad hoc. Temi da affrontare subito per non cadere in discussioni politiciste e non perdere un’occasione storica offerta dall’Europa all’Italia”.

Uil: Quota 100 non si tocca

“Ci saremmo aspettati che il Premier olandese rassicurasse Conte che il suo Paese non sarebbe più stato un paradiso fiscale che sottrae all’Italia qualche miliardo di tasse all’anno. Invece ha avuto l’ardire di chiedere l’abolizione di Quota 100. Quota 100 non si tocca. Anzi, occorre una flessibilità d’accesso alla pensione più diffusa. In Italia si va in pensione quattro anni dopo la media europea: noi proponiamo di riallineare il nostro sistema a quanto avviene in Europa”. Ad affermarlo in una nota è Domenico Proietti, il segretario confederale della Uil.

 

Addio a Quota 100, quali ipotesi per il dopo

Quota 100 arriverà al suo termine naturale, ovvero al 31 dicembre 2021 quando termineranno i tre anni di sperimentazione, mentre tante sono le ipotersi per il “dopo”.  Anche il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha ribadito che Quota 100 terminerà “alla fine del 2021”, ma non c’è “alcuna intenzione di confermarla”; c’è invece la volontà di mettere in campo “interventi sostitutivi, confrontandoci con le parti sociali”. Questi interventi dovranno essere “all’insegna della massima flessibilità di scelta del lavoratore”. Tale flessibilità è consentita perché “ormai stiamo andando rapidamente verso un sistema dove le pensioni vengono liquidate prevalentemente col metodo contributivo, nel senso che tanto hai versato e tanto prendi”.

Il ministro per la Pa Dadone ha chiarito che il Governo è al lavoro per limitare lo scalone che si è creato tra chi è potuto andare in pensione a 62 anni con Quota 100 e chi è ancora costretto ad aspettare i 67 anni, come previsto dalla Legge Fornero.
L’idea sarebbe quella di introdurre Quota 101, che innalzerebbe la somma dell’età del pensionato e dei contributi accumulati nel corso della carriera lavorativa, così da modificare le modalità di accesso e, allo stesso tempo, evitare disparità tra lavoratori.

Il leader della Lega, Salvini, difende Quota 10: “Ha offerto la libertà a 300mila italiani e italiane di andare in pensione dopo 38 anni di lavoro, quindi non ha regalato niente a nessuno, ed il pubblico impiego è una parte minimale. Io sono orgoglioso di avere smontato la legge Fornero, che era infame, ingiusta, iniqua, tanto che persino il Governo ha detto che per tutto il 2021 verrà confermata, perchè non ci fosse stata quota 100 il virus avrebbe fatto i disastri”. E rilancia Quota 41: “Dopo 41 anni di lavoro uno si merita di godersi i propri figli e i propri nipoti”, ha dichiarato di recente. Con tale sistema, infatti, qualsiasi lavoratore andrebbe in pensione una volta raggiunti i 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.