Archivi giornalieri: 26 luglio 2020

Pensione invalidità, assegno triplicato: ecco cosa cambia e chi ne ha diritto

Thursday 23 July 2020

 
Pensione di invalidità, assegno triplicato: ecco cosa cambia e chi ne ha diritto

Gli invalidi civili totali (e, sicuramente, non soltanto loro) non possono vivere con l’attuale pensione di inabilità da 286,60 euro. Per questo, occorre rivedere l’assegno e triplicarlo, riconoscendo il cosiddetto «incremento al milione di lire» e portandolo a 651,51 euro. Lo ha deciso la Corte costituzionale in una sentenza anticipata a suo tempo da laleggepertutti.it e di cui, ora, sono state depositate le motivazioni.

Secondo la Consulta, l’importo riconosciuto oggi come pensione di inabilità «è innegabilmente, e manifestamente, insufficiente» per garantire il minimo vitale. Per questo motivo, gli invalidi civili totali hanno diritto all’incremento al milione già a partire dai 18 anni, senza dover attendere – come succede oggi – il compimento dei 60 anni.

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Il Corte motiva proprio questo requisito di età, sostenendo che «le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i 18 anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i 59, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento».

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In un altro passaggio della sentenza, osserva laleggepertutti.it, la Consulta riconosce all’assegno di accompagnamento, che si aggiunge alla pensione di inabilità, una funzione «compensativa», il che renderà necessaria una misura correttiva. Un costo per lo Stato che può variare da un minimo di 200 milioni fino a un massimo di 1,5 miliardi, a seconda di quello che sarà il reddito di riferimento del nucleo familiare o del beneficiario. Ad ogni modo, molto di più rispetto a quanto previsto dal decreto Rilancio, vale a dire 47 milioni di euro.

Tuttavia, la Corte costituzionale sottolinea che questa maggiore spesa è giustificata dal rispetto dei «diritti incomprimibili della persona». I vincoli di bilancio, dunque, non possono prevalere. Gli effetti della sentenza decorrono dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

Pensioni

ECONOMIA Lo studio Baby pensioni, Cgia: “Costano 7 miliardi all’anno, quanto il reddito di cittadinanza” L’importo è addirittura superiore di quasi 2 miliardi della spesa 2020 per pagare gli assegni pensionistici per quota 100. Per quasi 562 mila persone l’abbandono definitivo del posto di lavoro è avvenuto con 20 anni di età in meno Tweet 25 luglio 2020 Molti esperti sostengono che le pensioni baby costano alle casse dello Stato circa 7 miliardi di euro all’anno (0,4% Pil nazionale). Praticamente lo stesso importo previsto quest’anno per il reddito/pensione di cittadinanza e addirittura superiore di quasi 2 miliardi della spesa 2020 per pagare gli assegni pensionistici per quota 100. Lo rileva la Cgia che ha confrontato i dati Inps dei pensionati baby con la dimensione economica del reddito di cittadinanza e di quota 100, misure entrambi nel mirino dell’Ue. “Sono quasi 562 mila – rileva Paolo Zabeo – le persone che non timbrano più il cartellino da almeno 40 anni. Di queste, oltre 386 mila sono in massima parte invalidi o ex dipendenti delle grandi aziende.Se i primi hanno beneficiato di una legislazione che definiva i requisiti in misura molto permissiva, i secondi, a seguito della ristrutturazione industriale avviata nella seconda metà degli anni ’70, hanno usufruito di trattamenti in uscita dal mercato del lavoro molto generosi. Poi ci sono altri 104 mila ex lavoratori autonomi, oltre la metà proveniente dall’agricoltura, e solo una piccola parte, meno di 60 mila, il 10,6%, di ex dipendenti pubblici”. Tra i pensionati baby sono questi ultimi ad aver lasciato il posto di lavoro in età più giovane (41,9 anni), mentre nella gestione privata l’età media è scattata dopo (42,7 anni). In entrambi i casi, comunque, l’abbandono definitivo del posto di lavoro è avvenuto praticamente con 20 anni di età in meno rispetto a chi, oggi, usufruisce di quota 100. Attualmente, le persone che sono andate in quiescenza prima del 31 dicembre 1980 hanno un’età media di 87,6 anni. Se il confronto invece è fatto tra maschi e femmine, sono queste ultime sono in netta maggioranza. Tra i 562 mila pensionati baby presenti in Italia, 446 mila sono donne (79,4%) e “solo” 115.840 sono uomini (20,6%). Ma sono gli uomini ad aver lasciato prima il lavoro con una media di 40,6 anni contro i 43,2 anni delle donne. Sia per i maschi sia per lefemmine l’età media in cui hanno percepito il primo assegnopensionistico è stata più bassa tra gli occupati nel pubblicoche nel privato: mediamente di 6 mesi in entrambi i casi.Ancorché siano una piccola minoranza rispetto al numero totaleall’1 gennaio 2020, quando si parla di pensionati baby si pensaagli ex dipendenti del pubblico impiego che hanno potutobeneficiare di norme estremamente favorevoli per andare inpensione prima. La possibilità ebbe inizio a partire dal 1973fino ai primi anni novanta: in questo ventennio, nel pieno delregime retributivo, sono stati riconosciuti i requisiti per ilpensionamento alle impiegate pubbliche con figli dopo 14 anni, 6mesi e un giorno. Mentre per gli statali era possibile lasciareil servizio dopo 19 anni e mezzo e per i lavoratori degli entilocali dopo 25 anni. La spesa previdenziale in Italia èparticolarmente alta, anche perché registriamo un’età media trale più elevate al mondo. Facciamo pochi figli, ma viviamo meglioe di più di un tempo, quindi la popolazione tende adinvecchiare. Nel 1981 il numero degli over 80 in Italia superavadi poco il milione. Nel giro di 40 anni gli ultra ottantennisono quasi quadruplicati: all’inizio del 2020 avevano superatoquota 3.900.000. Per Renato Mason, segretario Cgia “lepensioni baby sono uno degli esempi più clamorosi di comel’Italia, dopo la crescita registrata nei primi decenni delsecondo dopoguerra, abbia successivamente abbandonato l’idea difondare il proprio futuro sulla solidarietà intergenerazionale”. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Baby-pensioni-Cgia-dice-costano-7-miliardi-all-anno-ac2caee8-dbae-4292-9bc9-8a020ca0d992.html

PENSIONI

RIFORMA PENSIONI/ Cazzola: “Quota 100 ha fallito, ora riordino col Recovery Fund”

Pubblicazione: 26.07.2020 Ultimo aggiornamento: 14:02 – Lorenzo Torrisi

Secondo Giuliano Cazzola la riforma pensioni di Quota 100 è stata un fallimento: “ora serve riordino col Recovery Fund”

Conte e Rutte
Giuseppe Conte e il Primo Ministro d’Olanda Mark Rutte al Consiglio Europeo (LaPresse, 2020)
 

CAZZOLA BOCCIA QUOTA 100

Secondo Giuliano Cazzola il fallimento della riforma pensioni Quota 100 deve essere il punto di partenza, e di ammissione, per concentrarsi sulla prossima riforma quanto mai necessaria vista la crisi Covid e gli aspetti tutt’altro che risolti negli ultimi anni sul piano previdenziale: con un fondo sull’Huffington Post l’economista riflette sulle “richieste” fatte dal Consiglio Ue all’Italia durante gli ultimi negoziati. «È stata indicata come la prova provata della inaffidabilità del nostro Paese nel seguire un percorso di riforme generosamente finanziato dalla Ue, a carico dei partner più virtuosi», spiega Cazzola riportando l’esatto passaggio delle Raccomandazioni indirizzate al Governo Conte in merito alle pensioni «attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni nella spesa pubblica». Con ogni probabilità la condizionalità sulla riforma pensioni rinnovata verrà imposta tra i punti principali per il via libera del Recovery Plan italiano, con Cazzola che sostiene «la norma – che avrebbe dovuto liberare le masse oppresse, impedite di andare in pensione se non da vecchi ormai decrepiti e contemporaneamente aprire ai giovani le porte del lavoro – è risultata, al dunque, un (almeno mezzo) fallimento rispetto agli obiettivi contrabbandati dai suoi promotori». Serve ora una cambio di passo e un riordino dell’intero sistema pensioni secondo Cazzola, altrimenti – conclude su HuffPost – il rischio è che davvero dovrà essere l’Europa ad imporci una specifica riforma assai simile alla “passata” Fornero. (agg. di Niccolò Magnani)

 

PENSIONI, LE RICHIESTE DI ANAP CONFARTIGIANATO

Dal Dl Rilancio al prossimo Decreto Agosto, arrivando fino al Recovery Plan di settembre: il Governo è chiamato a lanciare anche il tema pensioni tra i tanti punti da affrontare per evitare una crisi economica ancora più grave. La richiesta di Anap Confartigianato al Governo Conte-2 si basa però su tre punti cardini per ribaltare quanto fatto poco o male in questi ultimi mesi: «Difendere potere d’acquisto, garantire un fisco più equo e affrontare adeguatamente il problema della non autosufficienza», sono questi i tre punti evidenziati dal vicepresidente vicario nazionale Anap Adriano Sonzini in una nota pubblica. «Auspichiamo che l’impegno del Governo per la ripresa del Paese, favorita ora dagli ingenti stanziamenti messi a nostra disposizione dall’Unione Europea, consideri anche la necessità di affrontare e risolvere i problemi sociali, che non sono disgiunti da quelli economici», spiega l’Anap con particolare accento alla riforma pensioni sempre più necessaria «il potere d’acquisto delle pensioni è calato e di molto in questi ultimi anni arrivando, secondo alcuni studi, anche al 10%. E molti pensionati vivono oggi in una condizione assai disagiata, con il rischio, per quelli che sono al limite più basso, di scivolare verso una condizione di povertà relativa se non assoluta». Da ultimo, sottolinea Sonzini, «si impone una più equa imposizione fiscale in favore dei pensionati che sono stati sinora ignorati dai vari provvedimenti presi nei confronti dei lavoratori dipendenti. E l’attuale imposizione fiscale è una delle cause della perdita del potere d’acquisto delle pensioni». (agg. di Niccolò Magnani)

RIFORMA PENSIONI, I DATI DELLA CGIA DI MESTRE

In un comunicato dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre si legge che “molti esperti sostengono che le cosiddette pensioni baby costano alle casse dello Stato circa 7 miliardi di euro all’anno (pari allo 0,4 per cento del Pil nazionale). Praticamente lo stesso importo previsto quest’anno per il reddito/pensione di cittadinanza e addirittura superiore di quasi 2 miliardi della spesa necessaria nel 2020 per pagare gli assegni pensionistici a coloro che beneficeranno di quota 100”. “Abbiamo deciso di racchiudere in questa categoria coloro che hanno lasciato il lavoro prima della fine del 1980. In totale sono quasi 562 mila le persone che non timbrano più il cartellino da almeno 40 anni. Di queste, oltre 386 mila sono costituite in massima parte da invalidi o ex dipendenti delle grandi aziende”, spiega il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo specificando quindi a chi si faccia riferimento in questo caso parlando di baby pensionati.

IL CONFRONTO CON QUOTA 100

Tra di essi, “sono i dipendenti pubblici ad aver lasciato il posto di lavoro in età più giovane (41,9 anni), mentre nella gestione privata l’età media della decorrenza della pensione è scattata dopo (42,7 anni). In entrambi i casi, comunque, l’abbandono definitivo del posto di lavoro è avvenuto praticamente con 20 anni di età in meno rispetto a chi, oggi, usufruisce di quota 100”, aggiunge la Cgia di Mestre, evidenziando che “non c’è nulla da stupirsi, dunque, se nello scacchiere europeo l’Italia, anche al netto delle uscite assistenziali, sia da anni tra i paesi che spendono di più per la previdenza”.

Santi Anna e Gioacchino

 

Santi Anna e Gioacchino


Santi Anna e Gioacchino

autore Giovanni Carnovali anno 1826 titolo Educazione della Vergine
Nome: Santi Anna e Gioacchino
Titolo: Genitori della Vergine Maria
Ricorrenza: 26 luglio
Tipologia: Commemorazione

S. Anna nacque a Betlemme in umile dimora, e fu predestinata da Dio ad andare sposa a Gioachino. Entrambi erano della stirpe di David. I due sposi scelti dal Cielo a darci l’Immacolata da tanti anni sospiravano un figlio e pregavano con lacrime l’Onnipotente affinché esaudisse i loro desideri. Come l’antica Anna, madre di Samuele, effondeva presso il Signore le sue preci e faceva voto di consacrargli interamente il figlio che le avrebbe mandato, così la madre di Maria prometteva di consacrare a Dio la prole che le avrebbe concesso… continua

Avanzata ormai d’età e sterile, il suo stato era allora considerato come un castigo del cielo, come un’esclusione dal partecipare alla nascita del Messia. Anna però seppe pazientare e soffrire la ignominia e il compatimento delle donne nazaretane e Iddio le preparò la più grande consolazione, eleggendola a genitrice della Madre del Salvatore.

I due si ritirarono in disparte per pregare e ottenere da Dio la grazia che arrivò con l’annuncio di un angelo: « Anna, il Signore ha ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo »

« Veramente beata, e mille volte beata sei tu, o Anna, esclama il Damasceno, che hai messo al mondo quella bambina che Dio ricolmò di beatitudine, Maria, che il suo nome stesso rende singolarmente veneranda; la quale ha prodotto Cristo, il fiore di vita: la Vergine, la cui nascita fu gloriosa, e il suo parto sarà ancor più sublime. Noi pure, o beatissima donna, ci felicitiamo con te d’aver avuto il privilegio di darci la speranza di tutti i cuori, la prole cioè della promessa. Sì, sei beata, e beato è il frutto del tuo seno. Le anime pie glorificano il tuo germe, ed ogni lingua celebra con gioia la tua maternità. E certo, è degno, sommamente degno, lodare colei che Dio favorì di un oracolo e diede a noi il meraviglioso frutto, donde è uscito il grazioso Gesù ».

La santità di Anna fu certamente in rapporto con la sua dignità. La fede, l’amore vivissimo a Dio, l’intima unione con Lui, l’esattissima osservanza della legge divina, la purità, la carità, la prudenza, la fortezza, tutte le virtù si intrecciarono in lei. La santità eccelsa della figlia doveva pure esser per lei un continuo stimolo per crescere ogni giorno nella virtù. E se la Vergine, col visitare S. Elisabetta e col trattenersi con lei per tre mesi, riempì di benedizioni quella casa, chi può mai dire quanto abbondantemente fosse ricolma di grazia Anna, che per più anni visse con la Vergine e l’ebbe soggetta ed ubbidiente?

Maria contava tre anni ed allora Anna con Gioachino, suo santo sposo, condusse la figliuola al Tempio e l’abbandonò nelle mani di Dio.

Fu grande dolore per lei, ma lo seppe sopportare con la serenità dei giusti che vedono in tutti gli eventi un disegno della Provvidenza per il bene delle anime.

La missione a lei assegnata era ormai compiuta ed ella spirava in Gerusalemme tra le braccia della figlia benedetta. Pare che morisse all’età di 69 anni.

PREGHIERA — Doloroso fu per Anna il distacco dall’eletta figliuola, ma seppe compierlo prontamente. Sappiamo anche noi lasciar liberi i figli di seguire la via per cui Dio li chiama.

PREGHIERA. Dio, che ti sei degnato di conferire alla beata Anna la grazia di diventare madre della Genitrice dell’Unigenito Figlio tuo, concedici propizio, che mentre ne celebriamo la festa, siamo soccorsi dal suo patrocinio.

MARTIROLOGIO ROMANO Memoria dei santi Gioacchino e Anna, genitori dell’immacolata Vergine Maria Madre di Dio, i cui nomi sono conservati da antica tradizione cristiana.