Istat lavoro

Istat: quasi sette milioni di senza lavoro

“Nel 2014 aumentano le persone interessate a lavorare, pur con un diverso grado di disponibilità e di intensità nella ricerca del lavoro. I disoccupati sono 3,2 milioni (+5,5% rispetto al 2013) e le forze di lavoro potenziali sfiorano i tre milioni e mezzo (+8,9%)”. Così l’Istat nel Rapporto annuale. Nel complesso quindi lo scorso anno si registravano quasi sette milioni di persone senza lavoro.

Per raggiungere la percentuale di occupazione denunciata dall’Ue, l’Italia dovrebbe occupare 3,5 milioni di lavoratori in più. E’ l’Istat a quantificare la distanza che ci separa dall’Europa. Nel 2014, infatti, il tasso di occupazione Ue sale al 64,9% mentre in Italia si ferma al 55,7%. “Per raggiungere la percentuale Ue gli occupati dovrebbero aumentare di circa 3,5 milioni”.

”L’unica forma di lavoro che continua a crescere quasi ininterrottamente dall’inizio della crisi è il part time” che raggiunge 4 milioni di lavoratori nel 2014 (il 18% del totale e 784 mila in più che nel 2008).  Nel 63,3% dei casi è part time involontario, un livello molto superiore alla media Ue (24,4%).

Mentre la ”fuga dei cervelli” che l’Istat definisce ”mobilità intellettuale”, rappresenta un fenomeno in
crescita. “Tre mila dottori di ricerca del 2008 e 2010 (il 12,9%) vivono abitualmente all’estero” e sottolinea che “La mobilità verso l’estero è superiore di quasi sei punti a quella della precedente indagine (7% dei dottori di ricerca delle coorti 2004 e 2006)”. Guardando alle specializzazioni, la spinta ad andare fuori confine risulta più forte per fisici, matematici e informatici.

Per quanto riguarda il ”tetto di cristallo” che impedisce alle donne l’accesso alle posizioni di vertice nelle aziende è ancora là, intatto. Il 2014, dice l’Istat nel suo Rapporto, non ha portato nessun cambio di passo nella parità di genere nelle carriere manageriali. L”’altra metà del cielo” continua ad essere esclusa dalle stanze dei bottoni e da quelle particolari e sostanziali forme di bonus retributivi che caratterizzano le posizioni al top. “Il livello di istruzione, la durata dell’esperienza nel mercato del lavoro e la cittadinanza del lavoratore determinano un effetto sui differenziali retributivi che è superiore per gli uomini rispetto alle donne e varia a livello territoriale” per “diventare particolarmente accentuato per i livelli retributivi più alti”.

Ma il divario di genere non è appannaggio delle posizioni di vertice. Il fenomeno è diffuso per tutti i livelli. “Mentre una cittadina straniera al Nord è remunerata in media l’8,5% in meno di una italiana, la differenza sale al 12,3% per gli uomini. Per il livello di istruzione, alla differenza di genere si accompagna una elevata variabilità territoriale: al Centro le donne in possesso di laurea sono remunerate, in media, fino al 29% in più delle lavoratrici con diploma di istruzione secondaria; per gli uomini il vantaggio sale fino al 68% in più. Più contenuti i differenziali nel Mezzogiorno, dove i posti di lavoro coperti dalle laureate assicurano in media un vantaggio di circa il 20%, contro il 51% dei laureati”

Tra il 2011 ed il 2014 l’occupazione è scesa di 319 mila unità ma ci sono alcune professioni “vincenti”, si legge nel Rapporto, passate quasi indenni attraverso la crisi: tra queste le badanti, gli operatori socio-sanitari ma anche gli addetti alla pulizia in uffici e abitazioni. Professioni che hanno fatto registrare un incremento di 1,4mln di occupati in totale controtendenza con il mercato del lavoro nazionale.

Istat lavoroultima modifica: 2015-05-20T17:39:12+02:00da vitegabry
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