70anni INCA

I 70 anni dell’Inca – Camusso, ripensare le politiche dell’assistenza

Arriviamo ai 70 anni dell’Inca in buona salute, ma anche con tanti nemici. Tuttavia l’idea per cui è nato il patronato è collegata a quella che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e che i lavoratori debbano avere diritti e prestazioni che siano fruibili. Così Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, nel suo intervento per il 70° anniversario della nascita dell’Inca a Roma, presso l’Acquario Romano.

“Settant’anni – ha aggiunto – non sono stati però sufficienti a convincere tutta la Cgil che i servizi non sono altra cosa dall’attività politica dell’organizzazione. Su questo abbiamo ancora un pezzo di strada da fare, sull’idea che non solo la contrattazione collettiva ma anche la tutela individuale è fondamentale e presupposto per altra contrattazione”.

Il patronato, per Camusso, è importante anche come luogo di ascolto: “Ci sono milioni di persone che passano dai nostri sportelli perché non sanno cosa fare, perché sono disperate. Quando si dice che non c’è stata rivolta sociale nella crisi nel nostro paese, bisogna riconoscere che questo è accaduto perché c’erano luoghi dove le persone ascoltavano, davano risposte, e non ti lasciavano nella solitudine del non sapere cosa fare”.

Quanto alla recente sentenza della Consulta sul mancato adeguamento delle pensioni, per il leader della Cgil, “che quella legge generasse ingiustizie, Inca e Cgil lo hanno detto da subito. Così come in quei giorni dicemmo che avremmo costruito una terra di nessuno per cui le persone non avrebbero più avuto certezza del proprio diritto: quello che poi è diventato il tema esodati. Quando metteremo mano, allora, a una legge che produce così tante ingiustizie”.

“Quando parliamo di previdenza – ha continuato la leader Cgil –, parliamo anche di un sistema che ha in sè un modello di ricostruzione della solidarietà. C’è un mondo che non ce la fa più, penso agli edili, che chiede di andare in pensione prima dei 67 anni, ma poi c’è il mondo dei giovani precari e discontinui, che neanche sanno cosa rappresenti per loro la previdenza. Perciò dobbiamo ricostruire un elemento di solidarietà interno al sistema previdenziale. Con la Monti-Fornero il sistema pensionistico è diventato di tipo individuale, e si è perso il fondamento mutualistico che storicamente ha il modello previdenziale. Si può decidere un tetto agli aumenti di pensione, ma è giusto il tetto a 3.200 euro? E quelle risorse a chi vanno? In realtà, quelle risorse il governo le ha gettate nel calderone generale e al mondo dei privilegiati non ha chiesto niente. Il mondo dei pensionati non si può discriminare in questo modo, perché anche sopra i 3.200 euro ci sono lavoratori che hanno avuto una normale carriera lavorativa e hanno versato i relativi contributi. Ma se metti un’asticella, perché a quelli che stanno sotto i 3.200 euro restituisci solo una parte degli aumenti dovuti”?

“È una modalità che meriterebbe di essere discussa – ha aggiunto –, compreso il fatto di poter discutere per intero il modello previdenziale. Rideterminare il sistema, va bene, ma vorremmo capire come viene fatto: noi pensiamo che vada difeso il potere d’acquisto delle pensioni, ma va fatto sulla base dei bisogni delle persone, e non sulla base di quanto sgancia ogni volta la Ragioneria dello Stato. Così non si costruisce un sistema di certezza delle persone. Bisogna dirlo al presidente dell’Inps: va bene mettere tutto in trasparenza con le buste arancioni, non va bene per nessuno ricalcolare il sistema, perché i principi sono delle cose importanti. Non va messo in discussione il ricalcolo solo per alcuni in alto. È iniquo, anche perché un effetto ricalcolo avrebbe effetti peggiori in basso, piuttosto che in alto. Inoltre, avverto una contrapposizione tra pubblici e privati, una sorta di guerra tra poveri, perché in quel caso il problema più grosso ce l’hanno artigiani e commercianti. Dunque, è meglio dire con nettezza che non c’è ricalcolo. Se si deve ricostruire un meccanismo di ricalcolo di solidarietà interno al sistema, va fatto per tutti”.

“Le tante forme di precarietà presenti oggi nel mondo del lavoro sono un danno non solo per il singolo lavoratore, ma anche per il sistema previdenziale di assistenza”. Con queste parole Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, ha concluso il suo intervento per il 70° anniversario della nascita dell’Inca Cgil. Nell’ultima parte della sua relazione, Camusso ha ricordato che la precarietà, che oggi “assume sembianze diverse, dal lavoro precario vero e proprio alle forme di lavoro autonomo ma in realtà subordinato, fino all’enorme estensione dei voucher, è anche lo strumento che ha permesso il dilagare dell’evasione e dell’illegalità”.

rassegna.it

70anni INCAultima modifica: 2015-05-20T11:26:51+02:00da vitegabry
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