Archivi giornalieri: 28 novembre 2013

Cig in deroga

Cassa in deroga – I nuovi limiti

In questi anni di recessione la cassa integrazione in deroga è stata fondamentale per affrontare molte situazioni di crisi, ma è costata anche molto con le continue proroghe decise dalle Regioni. Un decreto interministeriale il cui testo sarà presentato oggi alla Conferenza delle regioni dal sottosegretario al lavoro Carlo Dell’Aringa, prevede che dal 2014 il limite massimo di durata sarà di 8 mesi in un anno e di 12 mesi in un “biennio mobile”, periodo che scenderà a 8 mesi nel 2014, a 6 nel 2015 e nel 2016. Successivamente l’istituto della cassa in deroga sparirà.

La bozza messa a punto dal ministero del Lavoro e dell’Economia prevede una complessa griglia di criteri ma ha l’obiettivo di omogeneizzare i criteri a livello nazionale, visto che attualmente tra le Regioni ci sono molte differenze nei limiti temporali di concessione del sussidio.

Da gennaio 2014 partiranno i fondi di solidarietà che prevedono il pagamento di contributi da parte di aziende e lavoratori per i settori che non hanno la cassa ordinaria e straordinaria. Nel decreto, infine, si istituirà un fondo residuale di solidarietà gestito dall’Inps al quale dovranno contribuire le aziende dei settori per i quali non saranno stati fatti accordi (ad esclusione di quelle con meno di 15 dipendenti).

Infine, per il 2014 dovrebbero essere stanziati 1,6 miliardi di euro per gli ammortizzatori in deroga, mentre per chiudere il 2013 si è ancora in attesa del rifinanziamento di 330 milioni che andrebbero ad aggiungersi ai 2,5 miliardi già messi a disposizione in quest’anno.

Malattie professionali

Malattie professionali. Inca Cgil Umbria: alla Tatry di Corciano i lavoratori costretti a fare causa all’Inail

“Mentre l’Inail si accinge a presentare anche in Umbria il suo rapporto sull’andamento degli infortuni sul lavoro, che saranno in calo, anche e soprattutto a causa della grave crisi economica ed occupazionale, come patronato Inca Cgil siamo costretti a denunciare l’ennesimo episodio di mancata tutela dei lavoratori che sono colpiti da malattia professionale”. 

La denuncia arriva da Franca Gasparri, coordinatrice regionale del patronato Inca Cgil dell’Umbria, che porta ad esempio il caso della Tatry Black&Decker di Corciano (Pg). “Proprio ieri – spiega Gasparri – l’Inca Cgil ha incontrato i lavoratori della Tatry che avevano denunciato diversi casi di malattia professionale, legata al tipo di lavorazioni che si effettuano in azienda. 

Le denunce avevano portato ad una ispezione della Contarp (Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione) che aveva accertato la sussistenza dei rischi denunciati dai lavoratori. Poi però – prosegue Gasparri -all’atto concreto, solo un lavoratore si è visto riconoscere il danno professionale, mentre un’altra decina di operai, che svolgevano le stesse mansioni e avevano subito gli stessi danni alla salute, sono stati costretti a fare causa all’Inail, assistiti dal nostro patronato, per vedersi riconoscere un diritto sacrosanto”. 

Il problema, secondo l’Inca Cgil, è che “troppo spesso l’Istituto si limita a prendere come punto di riferimento i documenti aziendali, che sono quasi sempre lacunosi”, e anche quando, come in questo caso, svolge dei controlli diretti su situazioni segnalate dal patronato, “poi non ne consegue un coerente riconoscimento dei diritti dei lavoratori”. 

“Abbiamo voluto denunciare pubblicamente il caso della Tatry – conclude Franca Gasparri – perché è emblematico rispetto ad una situazione generale che vede i lavoratori sempre costretti a fare i salti mortali per vedersi riconoscere i diritti legati alle malattie professionali. Quindi, a fronte dei toni talvolta francamente troppo trionfalistici con i quali si analizza lo stato di salute del mondo del lavoro, invitiamo tutti, a partire dall’Inail, a rispondere quotidianamente ai casi concreti e alle esigenze di tutela che vengono sempre più spesso dai luoghi di lavoro”.   

Ocse

Ocse, pensioni e future generazioni …

Il nuovo rapporto Ocse, Pensions at a Glance 2013, esamina l’impatto ridistributivo delle recenti riforme in materia di pensioni e analizza in quale modo l’abitazione, il patrimonio finanziario e i servizi pubblici incidono sul tenore di vita delle persone anziane. Il rapporto contiene una ricca serie d’indicatori sulle politiche pubbliche, riguardanti ad esempio la concezione dei regimi pensionistici, i futuri diritti alla pensione di uomini e donne con diversi livelli di reddito, le caratteristiche dei sistemi di finanziamento delle pensioni , il contesto demografico ed economico nel quale operano i sistemi, la situazione delle pensioni private e dei fondi di riserva dei regimi pensionistici pubblici.

Secondo l’Ocse, anche se la povertà si sta progressivamente riducendo tra la popolazione anziana, in futuro i diritti alla pensione saranno generalmente minori e non tutti i paesi hanno introdotto un sistema speciale di protezione per i redditi più bassi. Le persone che non hanno maturato i contributi avranno difficoltà per raggiungere adeguati livelli di reddito da pensione nei regimi pubblici e incontreranno maggiori difficoltà nei regimi di pensione privati, che generalmente non prevedono alcuna ridistribuzione a favore dei pensionati meno abbienti. Inoltre, per timore di essere stigmatizzate o per mancanza d’informazione, non tutte le persone anziane che avrebbero bisogno di prestazioni, come ultima risorsa possibile, chiedono un aiuto. Di conseguenza, esiste un certo grado di povertà nascosta tra le persone anziane. I servizi pubblici migliorano la situazione finanziaria dei pensionati, soprattutto di quelli più poveri, e il sostegno pubblico è destinato a svolgere un ruolo sempre più importante nella prevenzione della povertà durante la vecchiaia, per le persone che hanno bisogno di cure sanitarie e di servizi di assistenza di lunga durata.

La pubblicazione contiene inoltre schede analitiche dei sistemi di pensione di tutti i Paesi Ocse e G20. Per quanto riguarda l’Italia, da un lato l’Ocse tesse le lodi della la riforma globale del sistema pensionistico adottata nel 2011, per aver “realizzato un passo importante per garantirne la sostenibilità finanziaria”. Dall’altro sottolinea come “l’adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema per le future coorti di pensionati”. In primo luogo, con il metodo contributivo, le prestazioni pensionistiche sono legate strettamente ai contributi. “I lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti saranno più vulnerabili al rischio di povertà durante la vecchiaia”. In secondo luogo, “oltre all’assegno sociale, l’Italia non prevede alcuna prestazione per attenuare il rischio di povertà per gli anziani”. Inoltre, rispetto ad altri Paesi dell’Ocse l’Italia spende molto meno per i servizi in natura, che possono contribuire invece in modo sostanziale al miglioramento dei redditi degli anziani.

Il rapporto mostra anche come l’Italia abbia i tassi di contributi previdenziali più alti (33% contro una media Ocse del 19,6%) e salari nettamente al di sotto della media: in media, 38.100 dolari, pari a 28.900 euro, contro 42.700 dollari della media Ocse, 94.900 dollari della Svizzera, 91 mila dollari della Norvegia, 76.400 dell’Australia, 59 mila della Germania, 58.000 del Regno Unito, 47.600 degli USA.

Per saperne di più: www.osservatorioinca.org

Istat

Istat: nascite in calo in Italia, diminuzione di 12mila rispetto al 2011

Secondo i dati del bilancio demografico della popolazione residente, sono stati 534.186 gli iscritti in anagrafe per nascita nel 2012, oltre 12 mila in meno rispetto al 2011. Il dato, rileva l’Istat, “conferma la tendenza alla diminuzione delle nascite avviatasi dal 2009: oltre 42 mila unità nati in meno in quattro anni”. Il calo delle nascite “è da attribuirsi per lo più alla diminuzione dei nati da genitori entrambi italiani, quasi 54 mila in meno rispetto al 2008”.

I nati da genitori entrambi stranieri, invece, “sono ancora aumentati, anche se in misura più contenuta rispetto agli anni precedenti (2.800 nati in più negli ultimi tre anni) e ammontano a poco meno di 80 mila nel 2012 (il 15,0% del totale dei nati). Se a questi si sommano anche i nati da coppie miste si ottengono poco più di 107 mila nati da almeno un genitore straniero (il 20,1% del totale delle nascite)”.

Considerando la composizione per cittadinanza delle madri straniere, “ai primi posti per numero di figli si confermano le rumene (19.415 nati nel 2012), al secondo le marocchine (12.829), al terzo le albanesi (9.843) e al quarto le cinesi (5.593). Da notare che queste quattro comunità raccolgono da sole quasi il 50% delle madri straniere in Italia”.

“Oltre il 7% dei nati nel 2012 ha una madre di almeno 40 anni, mentre la proporzione dei nati da madri di età inferiore a 25 anni si attesta all’11,1% del totale. La posticipazione della maternità -aggiunge l’Istat- è ancora più accentuata per le italiane: la proporzione di nascite da madri con meno di 25 anni e con più di 40 anni è analoga e si colloca sopra l’8%”.

Sono 132 mila i nati da genitori non coniugati nel 2012, valore in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. “Tuttavia, a causa della forte diminuzione dei nati da coppie coniugate il loro peso relativo è salito ancora: un nato su quattro nasce all”interno di una coppia non sposata. Al Centro-nord, in particolare, i nati da genitori non coniugati supera il 30% con picchi del 44% nella Provincia Autonoma di Bolzano, 36% in Valle d”Aosta, 33% in Emilia-Romagna e Liguria, 31% in Toscana e in Piemonte. La fecondità è in lieve diminuzione, nel 2012 il numero medio di figli per donna si attesta a 1,42 (1,29 figli per le cittadine italiane e 2,37 le straniere)”.

Mafia

Mafia: minacce di morte a sindacalista

Nuova intimidazione al sindacalista della Cgil, Vincenzo Liarda, e alla sua famiglia. Una lettera minatoria è stata recapitata oggi all’ufficio del Comune di Petralia Sottana (Palermo), in cui lavora la moglie del dirigente sindacale. La missiva conteneva minacce di morte e le foto di Liarda e della sua famiglia con sopra delle croci. Si tratta del 24esimo atto intimidatorio rivolto al sindacalista, che arriva a distanza di qualche settimana dalle ultime minacce.

Liarda è da tempo impegnato in prima linea nella battaglia per il riuso sociale del feudo di Verbumcaudo a Polizzi Generosa, bene confiscato al boss mafioso Michele Greco. “Le nuove minacce a Vincenzo Liarda e alla sua famiglia sono un fatto inquietante e per certi versi incredibile – dice Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia -. Su queste e sulle altre deve essere fatta luce, per mettere fine a una catena di intimidazioni che va avanti a ritmo sostenuto ormai da troppo tempo e che esige una lettura chiara con l’individuazione dei responsabili”.

Solidarietà a Liarda arriva anche da Maurizio Calà, segretario della Cgil di Palermo, secondo il quale “lo stillicidio insopportabile di queste continue minacce confermano ciò che sapevamo e, cioè, che in quel territorio la mafia continua ad agire per avere il controllo totale delle attività pubbliche e private. Per questa ragione pensiamo sia importante che, da un lato, gli inquirenti procedano l’egregio lavoro che stanno facendo e che, dall’altra, anche le forze sociali assieme ai sindaci di quei comuni procedano con un’azione di sviluppo della legalità”.

Secondo il sindacalista occorre soprattutto costituire “subito, come chiediamo da anni, il consorzio sviluppo e legalità delle Madonie da parte dei sindaci. Sappiamo che il prefetto Cannizzo sta dando un’accelerazione a questo processo e che domani ci sarà un’altra riunione in Prefettura. Crediamo che questo ennesimo atto intimidatorio debba servire ad accelerare il processo di costituzione del consorzio” conclude.

ansa

Cassazione

Sì all’indennità di accompagnamento allo straniero senza carta di soggiorno

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26380 del 26 novembre 2013, ha respinto il ricorso dell’Inps contro la decisione della Corte d’appello dell’Aquila che ha riconosciuto la pensione di inabilità e dell’indennità di accompagno all’extra comunitario senza il permesso di soggiorno, con la seguente motivazione: “Il suddetto assegno (…) costituisce una provvidenza destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la sopravvivenza”.

E ancora: la Suprema Corte ha osservato che, “secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in tema di provvidenza destinata a far fronte al sostentamento della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive finirebbe per risultare  in contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, la norma de qua, che interviene direttamente e restrittivamente sui presupposti di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali, viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali imposto dall’evocato parametro costituzionale, poiché discrimina irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello stato nel godimento di diritti fondamentali della persona riconosciuti ai cittadini”.

da Cassazione.net

Migranti agricoltura

Migranti in agricoltura, “c’è un contratto nazionale dello sfruttamento”

Che i lavoratori migranti impiegati nel settore agricolo nel Sud Italia non se la passino bene,  dai tempi di Pummarò (film di Michele Placido del 1990) in avanti, è cosa nota. L’elemento di novità portato dalla ricerca “Immigrazione e diritti violati: i lavoratori immigrati nella cultura del Mezzogiorno”, coordinata dal prof. Enrico Pugliese, e raccolta in volume da Ediesse, sta nel fatto che dalla sua analisi emergono  alcuni meccanismi che stanno alla base dello sfruttamento, mai descritti in precedenza, con questa precisione: il fatto che esista una sorta di “contratto nazionale del sottosalario”; la profonda contraddizione tra agricoltura ricca e manodopera povera, che porta alla luce il fatto che lo sfruttamento del lavoro sia un fenomeno strutturale, e non un’emergenza; la figura del caporale smitizzata dal mero ruolo di kapò agricolo dell’immaginario collettivo, ma resa in tutte le sue sfumature e in tutta la sua complessità; il fatto che molti lavoratori migranti si ritrovino nei campi da “regolari”, dopo aver perso il lavoro in fabbrica a causa della crisi.

“In  Campania, Puglia e Calabria  abbiamo riscontrato – dice Pugliese – che i livelli di retribuzione, al lordo del taglieggiamento operato dal caporale, stanno tra i 2,5-3 euro l’ora quando va bene, e i 20-25 euro al giorno. Non ci sarebbe di per sé originalità nella nostra scoperta, ma abbiamo riscontrato che, siccome questa paga è identica ovunque, è come se ci fosse una specie di “accordo nazionale sul sottosalario”, come se ci fosse un meccanismo di equilibrio, di omogeneità, che fa riflettere …. In apparenza, pare che se ne occupi solo il caporale, in realtà chi dà lavoro a questa gente e realizza profitti colossali sulle loro spalle attraverso quello che definiamo “grave sfruttamento lavorativo” è l’impresa”.

“Nella ricerca – continua Pugliese – sono emerse connessioni tra le condizioni del regime agrario e fondiario, il fenomeno del caporalato, e le condizioni di vita dei lavoratori. C’è un sistema determinato dall’intreccio tra prepotenza dell’impresa, tra violazione delle leggi per un verso, e legislazione favorevole alle imprese per un altro, tra presenza del caporale -che comunque fornisce dei servizi- e  la miseria dei lavoratori”.

“Le condizioni peggiori si riscontrano nelle zone in cui l’agricoltura è più ricca: ad esempio, Rosarno è nota alle cronache per la grave situazione, – prosegue – ma è comunque meno grave che in Capitanata (zone che corrisponde, all’incirca, alla provincia di Foggia). Questo perché ci sono grandi aziende, che usano molta manodopera per brevi periodi dell’anno, quindi i lavoratori devono arrivare da fuori, insediandosi fuori dai centri abitati perché le estensioni di terreno sono molto grandi e le aziende non forniscono ciò che dovrebbero per legge, l’acqua potabile innanzitutto che, peraltro,  il caporale può vendere in bottigliette a due euro l’una …”.

“Le possibili soluzioni dopo aver individuato le aree di sfruttamento – secondo Pugliese – partono dall’applicazione della legge che persegue severamente il caporalato  solo teoricamente perché  viene lasciata scoperta tutta la parte riguardante il controllo diretto da parte dello stato e la necessità che sia presente, fornendo servizi di informazione e trasporto in contrasto ai caporali”.

“Esistono alcuni esempi di buone pratiche – conclude Pugliese -: in Puglia, ad esempio, con  gli “alberghi diffusi”, esperimento per ora simbolico ma importante perché i lavoratori abitano in alloggi non forniti dal caporale e nel cosentino, grazie all’interessamento sindacale, è stato raggiunto un accordo sul trasporto, con un contributo alla spesa, per avvicinare i lavoratori all’impresa.

Da Redattore sociale

Migranti

Tunisia, uno sportello per l’informazione corretta ai lavoratori migranti

A Tunisi, nella sede confederale del sindacato Ugtt si è tenuta la Conferenza Stampa di presentazione del progetto Flai Cgil e Fga UGTT, i sindacati di categoria dell’agricoltura delle principali organizzazioni sindacali dei due paesi.

Alla conferenza stampa ha partecipato per la segreteria Ugtt Kacem Afaya che ha sottolineato “l’importanza del progetto e il rapporto di collaborazione attiva tra sindacato Cgil e Ugtt. Un rapporto che è cresciuto fino a mettere in atto politiche attive di tutela nei confronti dei lavoratori migranti”.

Stefania Crogi, segretario generale della Flai Cgil, ha sottolineato “l’importanza di garantire una informazione corretta ai lavoratori migranti intenzionati a lavorare in Italia. Sono troppo frequenti, purtroppo, le situazioni di sfruttamento e clandestinità generate da mercanti senza scrupoli che falsificando le offerte di lavoro attirano i lavoratori tunisini in Italia per poi sfruttarne con il ricatto il loro lavoro. Situazioni che rendono invisibili questi lavoratori e difficili da tutelare e far emergere dal lavoro irregolare”.

“Una informazione corretta sui metodi regolari per accedere al nostro paese, per essere consapevoli dei diritti nel nostro mercato del lavoro e allo stesso tempo essere coscienti delle trappole da evitare per non cadere nel tunnel dell’irregolarità”. Questo ha sottolineato Franco Tavella nel ricordare “l’impegno che la Cgil Campania mette nella rete di assistenza nelle provincie della regione per i lavoratori migranti tunisini compresi”.

Unico paese del nord Africa a poter vantare una convenzione bilaterale in tema di sicurezza sociale con l’Italia la Tunisia è terra di emigrazione ma è anche terra di immigrazione per molti italiani già pensionati e per persone che, rientrate nel paese di origine accedono al pensionamento in virtù dei contributi versati in Europa.

“Da sei anni siamo presenti a Tunisi fornendo assistenza e tutela ai cittadini italiani e tunisini. In questo accordo – sostiene Morena Piccinini Presidente del Patronato della Cgil – l’Inca offre ospitalità allo sportello attivato dai sindacati dell’agricoltura considerandolo una naturale integrazione al processo informativo nei confronti dei lavoratori migranti”.

L’incontro di Tunisi è stata anche l’occasione per la stipula di un accordo di collaborazione e scambio tra Spi cgil e Fgr ugtt, sindacati dei pensionati dei rispettivi paesi. Tramite questo accordo le due organizzazioni hanno gettato le basi per un lavoro comune sui temi della sicurezza sociale e tutela nei confronti dei pensionati italiani e tunisini.