Archivi giornalieri: 8 novembre 2013

Indici di Leggi

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In questa sezione sono indicati i siti dove è possibile effettuare una ricerca sulle norme giuridiche vigenti in Italia e all’estero (leggi nazionali e regionali, contratti collettivi di lavoro, normativa internazionale ed europea, decreti, regolamenti, etc.)

 

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IN EVIDENZA

 

6 NOVEMBRE 2013 – “RAZIONALIZZAZIONE NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI”

 

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125.

 

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6 NOVEMBRE 2013 – “SALVA-ROMA, EXPO 2015 ED ENTI LOCALI”

 

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 31 ottobre 2013, n. 126.

 

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31 OTTOBRE 2013 – “DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI IMU”

 

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 31 agosto 2013, n. 102 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013, n. 124.

 

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17 OTTOBRE 2013 – “CONTRASTO DELLA VIOLENZA DI GENERE”

 

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 ottobre 2013, n. 119.

 

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16 OTTOBRE 2013 – “IMMIGRAZIONE, MISURE URGENTI”

 

La Banca Dati è aggiornata in multivigenza con le modifiche apportate dal Decreto-Legge 15 ottobre 2013, n. 120.

Cagliari 11-11-2013: Francesco Casula presenta

 

Cagliari 11-11-2013: Francesco Casula presenta SCURIGAT silloge poetica di Rosanna Podda.

Scurigatla silloge di Rosanna Podda  raccoglie un corpus poetico di 73 liriche in lingua sarda-campidanese con traduzione in italiano a fronte. Scritte fra il 2004 e il 2012, pur con notevoli fili rossi che tengono insieme in un continuum tutta la raccolta e dove tutto è armoniosamente compaginato, credo di poter individuare dei percorsi tematici differenti, anche se preponderanti risultano quelli più intensamente lirici: l’amore: il terriccio nel quale germoglia la vita; l’intricata trama degli affetti che ci avvolge e che plasma la nostra identità; i sogni reiterati; la magia del paesaggio sardo, la dimensione della memoria e del ricordo, la musica della vita (su sonu de sa vida).

Così vi sono le poesie di forte impegno sociale, di intensa passione etica-politica, con un messaggio però mai insistito né predicatorio. In esse l’anima della poetessa vibra e si innalza, cantando valori alti come la libertà, la fratellanza, la pace, la giustizia, la solidarietà. Per intraprendere rotte nei mari diversi/e difficili…/dell’uguaglianza[me in maris diversus/e traballosus…/de s’uguagliantzia].

 

Penso in modo particolare a Pratza de Majucon il ricordo delle madri dei desaparecidos che “cercano ancora i figli/mostrando ritratti/di giovani né morti né vivi/”desaparecidos”/da troppo tempo/mamme che insieme condividono/il dolore e la speranza/di poter ridar voce e memoria/o in estremo che abbiano/una tomba dove mettere un fiore/dove piangere i figli perduti/che hanno lasciato un lutto/senza fine; [circant ancora is fillus/amostendi ritratus/de giovunus ni mortus ni bìus/sparèssius de tropu tempus,/mamas ch’impari prètzint/unu disprexeri e una spera/de podi torrai boxi e memoria/i-a magadeba chi tengant/una losa anca ponni unu frori/anca prangi is fillus stramancaus/chi anti lassau unu lutu/chen’e acabu… ]  

Penso Scideus is bisus (Svegliamo i sogni) in cui Rosanna Podda, in modo accorato invoca, per sé, “Non legate la libertà/delle mie mani/con falsi lacci di seta/che imbavagliano/la verità del cuore ; [Non m’accappieis/sa libertadi de is manus/cun falsu allongius de seda/chi ammutint sa veridade de su coru] .

E per il mondo intero: Non leghiamo noi, il mondo/con corde insanguinate di guerra/e catene roventi di ingiustizia./Salpiamo onde di pace/stendendo vele di distensione[Non accappiaus su mundu/cun funis insanguentadas/de gherra e cadenas/abbrigadas de ingiustitzia/Pigheus su mari/asub’ ‘e undas de cuncordia/spraxendi velas de apaxiu].

O penso a In custu tempus (In questo tempo), dolente ma deciso e sdegnato canto contro la discriminazione, l’emarginazione e  l’intolleranza nei confronti dei “dannati della terra”, degli “ultimi”, dei più poveri, degli infelici, in qualsiasi modo… [ de is prus poburus/de is desdiciaus/a calisisiat manera…].L’Autrice si pone un interrogativo inquietante e drammatico: chi sono quelli/che durante la notte/hanno di benzina intriso/e dato fuoco a un Cristo/mentre dormiva/coperto di cartoni?[Chini funt cussus/chi, aintr’ ‘e noti/ant de benzina abangiau/e postu fogu a unu Cristu/in s’interis chi dromiat/imbussau de cartocius? ]

Mentre in un’altra poesia S’arrisu intzetau  (Il sorriso intuito) celebra, con tono commosso, la solidarietà, con la volontaria che cura un lebbroso e gli restituisce il sorriso e la vista.

O penso ancora a S’umbra de Cainu (L’ombra di Caino) con la denuncia e la condanna netta e inappellabile della pena di morte (e della guerra) da parte dello Stato, come fatto di civiltà e di alto umanesimo, “de umanidade noa”: che nessuno tocchi Caino [Chi nemus/tocchit a Cainu], esordisce. E continua lo stato…padrone/che a morte/può condannare/anche lui/torna in un giro/senza fine; [Su stadu…meri/chi a morti//podit cundennai/issu e totu torrat/in d’unu giru…/chen’ e acabu]

 

Ma, dicevo, i territori più amati dalla poetessa, senza però alcuna concessione all’autocommiserazione lamentosa e al sentimentalismo languido e svenevole, sono i lidi dolceamari dei sogni e dei tremori, dei turbamenti, dei palpiti (tocus) e degli smarrimenti esistenziali, della rassegnazione (s’acunnotu)e della malinconia, del rimpianto (surrungiu) e della nostalgia, particolarmente intensa in Si fessit ariseru, in cui ricorda, in modo tenero e smagato, la sua fanciullezza con i giochi e i racconti confusi al fuoco del cammino [cun is giogus e is contus cunfundius in su fogu de sa ziminera].

O in Torrantdedicata al suo paese natale, Serramanna,:Tornano a galla/dal profondo, d’un tratto, qui/afferrate al cuore…oggi,/rimasuglie di pensieri,,,/col via vai dei carri/a trasportare grano e cereali/e tini odorosi di vendemmia[Torrant a pillu di a fundu/de pinnicas di amentus/de suncunas innoi/afracadas a coru…oi/rimasullas de pensus…/cun su manici de is carrus/a tragai trigu i atrus loris/e cubidinas fragosas/de binnenna]

 O quelli più angoscianti e dolenti, dell’affanno e della sofferenza, della tristezza, del vuoto vivere (su bivi buidu), che spesso si accompagnano soprattutto alla solitudine, causata dalla condizione di mortale fragilità.

Scrive in Ita at a essiCosa sarà…/adesso, questo pianto/di solitudine…/questo stupore che scuote/e riempie di tristezza/cuore e sentimento./Cosa sarà…/questo vivere vuoto/da sola…/di amarezza e rimpianto/per un delirio sconosciuto/e perso per via[Ita at a essi’…/immoi custu prantu/de soledadi …/custu prantu chi scutullat/e prenit de tristura/coru e sentidu/Ita at a essi?/custu bivi buidu/a sa sola…/de amargura e surrungiu/po unu schissiu inconnotu/e perdiu pe-i bia]

Il sogno è uno dei protagonisti assoluti nella poesia di Rosanna Podda: come nella lirica Bisu (Sogno):Sogno di boschi/oscuri, fogliosi/alla riva di sabbie/a confini orlati/di azzurri lucenti/sotto l’ultimo tramonto[Bisu…de padentis/oscurus follosus/a s’oru de arenas brundas/a lacanas bordadas/di axulus lucenti/asuta ‘e s’urtima/calada de soli]

E con il sogno la dimensione della memoria di giorni perduti/e di notti…/che giocano incerte/trafitte da un domani/che audace si affaccia/sapido di stupori nuovi,[de diis perdias/e de notis…/chi giogant intzertas/infrissias de unu cras/chi atrivìu s’incarat/ sabìdu de spantus nous]

Memoria che è ripercorsa dall’autrice non soltanto con disposizione elegiaca e d’incanto, … ed è volato il tempo…che oggi torna…e ieri m’incantava [e s’est bolau su tempus/chi oi torrat…i ariseru/m’amajàda],ma con sottile consapevolezza culturale, sì che la vicenda narrativa ci si offre insieme nel suo ritmarsi lirico e in un delicato controcanto più che critico coscienziale, che la storicizza nell’istante stesso in cui le si abbandona.

E con la memoria i ricordi (is arremonius) con il ritorno geloso alle immagini di emozioni d’amore (ecisaus de amoris) e di affetti amicali, entro il quale il sentimento si colma e si consuma all’infinito tra sempre nuove nostalgie e sempre nuove rivelazioni e aspettative, come in Neas de abisai (Albe da inventare).

Una poesia, quella di Podda che  oscilla continuamente tra la solitudine infinita e muta (sa soledadi estremada e muda), le ansie (apretus), il dolore e lo sconforto (su dolu e su disisperu), i tormenti (is turmentus), il patire antico (su patiri antigu), il singhiozzo muto ((su sungutu mudu), lo stordimento (su scimingiu), la tristezza (sa tristura), il pianto dolce e lento (su prantu lentu e druci), lo straniamento e il buio denso (su scuriu callau), l’amarezza e il rimpianto (s’amargura e su surrungiu), la paura e il buio (sa timoria e su scuriu)da una parte. Dall’altra una luce che sa di tenerezza e di vita, acchetata in cerca di lidi più tranquilli (calas de riposu) e meno tempestosi, di porti protetti (portus riparaus) dove le stelle in cielo brillano preziose ((is stellus in celu luxint pretziosus). In cerca di un sollievo lento (unu discantzu sullenu) e di serenità (asseliu), verso la porta del sole (conca a s’enna ‘e su soli), in giardini di gioie (in giardinus de gosus), in piena luce (in luxi prena),) per poter gridare: “ci vedo, ci vedo!” (nci biu, nci biu)!

Perché è vero che il buio tarda a dileguarsi (su scuriu trigat a svanessi) ma prima o poi il ritmo seducente e magico del suono e del rumore dolce della vita ritorna (sa cadentza amajadora e fadada de su sonu e de s’arremoriu druci de sa vida torrat…) con attimi di sorrisi (greis de arrisus) e segni e luci (sinnius e luxis) che ci indicano l’aria di rosa che albeggia a nuovo giorno (s’airi…di arrosa/chi obrescit a dì noa) e dunque sentieri d’amore e infinità di cielo (moris di amori e téntas de xelu). E distese azzurre senza confini (tentas de asulu chen’ ‘e lacanas). Per giungere salvo in porto col cuore più leggero (po  giungi salvu in portu, a coru discantzau). Per andare verso il sole (po movi’ faci a soli…)

Per tessere giorno per giorno/ con filo d’oro lucente/trama a trama…/la tela preziosa della vita (po tessi’ dì po dì, a fil’e oru luxenti /trama a trama…/sa tela pretziosa de sa vida). perché rifioriscano nel mondo,  sogni e primavere nuove… (po chi torrint a frorì ’n su mundu/bisus e beranus nous…). Quando ritornerà, dolce e carezzevole, l’alito amato (druci e carinniosu, su sùlidu amau).

   Non si addice infatti il pianto dirotto e tanto meno la disperazione a chi comunque crede nei valori della vita e non dimette la speranza di un diverso avvenire quando troveremo cale tranquille/inventando porti protetti,/dove gente saggia/in tempi avari di pace/possa alleggerire…/ali di speranza[Eus agatai calas de reposu/abbisendi portus iparaus/anca genti assentada,/in tempus asurius de paxi,/potzat alliggerai…/alas de sperantzia].

L’antinomia però non è superata, il conflitto non è risolto e il mistero non è disvelato, almeno totalmente: nelle liriche della poetessa infatti non vi è alcuna risposta totale alla drammatica condizione di inettitudine, di limitazione, di anomia, di inidentità della condizione umana, che continua a pascersi di ricordi illusioni e sogni, di brividi antichi (strioris antigas), di silenzi attese e speranze di sollievo (abetus e speras de discantzu). Per aspettare che la notte, nel silenzio nascosto, confonda la notte  che brama l’oblio [po abetai chi sa noti/in su mudori cuadinu/mi scimingit su sentidu/chi bramat di olvidai]

Ma tutto rimane senza un perché definitivo e definitorio. Non credo comunque che ciò sia un limite: il poeta scrive anche se nulla è certoIl grande poeta italiano Franco Fortini ha persino scritto che la poesia non cambia nulla.

 

Ma è proprio così? Io credo di no. Io credo che la poesia – come la letteratura in genere – segnatamente quella in cui è forte e intensa la dimensione etico-sociale, dell’engagement, – direbbe il filosofo francese, Emmanuel Mounier, teorico del personalismo cristiano –sia una  una difesa contro le offese della vita (Cesare Pavese); faccia  l’uomo libero (Ludwig Andreas Feuerbach) ma soprattutto miri a vendicare i vinti(Shakespeare), ma non convinti aggiungerebbe il nostro più grande poeta etnico, Cicitu Masala, vinti che sono i simboli dell’umana liberazione ha scritto Elio Vittorini. E comunque rappresenti una catarsi e una liberazione: soprattutto per chi la scrive, ma anche per chi la legge e ne fruisce.

 

A questo punto il lettore potrebbe chiedersi: si tratta di poesie autobiografiche? Puntare semplicemente sulla biografia e sul vissuto storico del poeta significa, a mio parere, ignorare lafictio presente in ogni discorso letterario: ciò non significa non tenerli in debito conto.

Ma la poesia di Rosanna Podda, pur non staccata dall’attrito della storia e pur nutrendosi di dati personali, pur intridendosi delle sue esperienze di vita, anzi, di attimi…roventi di vita (de greis …abrigaus de vida), pur esprimendo la storia dell’anima(s’istoria de s’anima) non si limita però a rappresentarle e per così dire a filmarle, le esperienze:  ma le vela e le fascia. Travestendole allegoricamente e assegnando loro i segni di una condizione umana più universale, trasformando sentimenti ed emozioni in una occasione di epifania rispetto alla pura realtà, scarnificando e ottundendo la condizione storica precisa ed evaporando la dimensione temporale e spaziale.

Così gli stessi paesaggi e la stessa natura, indubitabilmente sarda, con i graniti roventi (is granidus arridaus): con i castagni e le antiche quercie(is castangius e ilixis antigus); con boschi oscuri e fogliosi (is padentis oscurus e follosus): con cale erose, bianche/lambite da preziose/acque di cristallo(cun  calas smenguadas/biancas,sciustas/de acuas cristallinas/pretziosas ); vengono sfumati. E comunque la poetessa non slitta nel compiacimento idillico fine a se stesso, di una troppo realistica felicità di “quadretti alla fiamminga”.

 

E l’Isola … odorosa/di mirto ginepro e cisto/gialla di fiori d’oro e di ginestre (s’Isula…fragosa de murta/tzinnibiri e murdegu/groga ‘e oru de tiria e caragànzu/arrubia ‘e bababois de seda); l’Isola, questa terra circondata di mare/fasciata e domata dai venti/che scuotono foglie e sentimenti (custa terra ingiriada de mari/fascada i amasedada de bentus/chi scutullant follas e sentidus); come i cangianti nitori atmosferici, con gli arcobaleni (circhiollas in colori) o con il vento che accarezza a spire leggere e dolci (su bentu chi caritziat a speras ligeras e druci ); o ancora con il sole/ che incrina e screpola/con raggi di fuoco/l’anima…inaridendo/ogni dolcezza (su soli/chi scannit e tzacat/cun rajus de fogu/s’anima…arridendi/donnia druciori…), sono momenti di un paesaggio e di una geografia, nel loro valore simbolico universale e intensamente allusivo.

 

Tutte le poesie di questa silloge, sono state ultra premiate in numerosissimi Concorsi letterari: una, Scurigat, proprio recentemente, il 29 settembre scorso, ha ottenuto il premio speciale “Tonino Ledda” nel più prestigioso Premio di Letteratura sarda, quello di Ozieri. A dimostrazione che ci troviamo di fronte a una poetessa di gran vaglia. Di fronte a delle liriche di qualità; frutto certo di personale valentia poetica ma anche di un lungo tirocinio tecnico- stilistico e di esercitazione scrittoria in cui ha sottoposto la sua poesia a un processo di affinamento e di alleggerimento, per così dire a un duro sforzo ascensionale.

 

A dominare, nella poesia di Rosanna Podda è la parola, cui dedica persino due singole liriche: Is fueddus e Paraulas. E non a caso. Mentre infatti nella prosa devi possedere bene ciò di cui vuoi parlare e poi troverai le parole adatte: rem tene verba sequentur; per la poesia accade tutto l’opposto, prima t’innamori delle parole, e il resto verrà da sé: verba tene res sequentur: due apoftegmi che ben esprimono l’antica saggezza dei latini..

 

Ma ogni parola, ogni vocabolo contiene un deposito di storie. Non si tratta infatti di flatus vocis, di pura forma, ridotta a orpello o decorazione, a musica o immagine ridondante, semplice prodotto estetico o luccicore sontuoso. E’ invece lingua e forma come strumento alto per cantare – spesso in modo dolente – la storia, propria e degli altri.

Le parole sono infatti conchiglie: che sembrano vuote ma dentro ci puoi sentire il mare. E con le parole fanno ressa nel circuito compositivo, silenzi e pause, cromatismi, ossimori e sinestesie, contrazioni sintattiche, brachilogie e metafore: queste ultime, abbondantissime. Ma soprattutto a dominare è la musicalità: con l’uso sorvegliato dei suoni e dei ritmi, delle onomatopee e delle assonanze. Con una naturale attitudine al verso, che sembra carezzare e coccolare e che nelle liriche più belle, l’Autrice tesse abilmente, tanto che la sua scrittura si risolve spesso nel terso nitore della parola, nel giro musicale della frase, nella misura metrica di ritmi sapientemente scanditi e guidati da un attento orecchio musicale. Che riesce a ordire, con acuta selezione di lessemi, aggettivi e fonemi, fini ricami di immagini potenti e di metafore ardite. Eccone alcune, proprio nella lirica Is Fueddus (le parole): sono da tener d’occhio/le parole…/a laccio corto/senza spreco/per non fare danni…/e a fune lunga/per confortare/e carezzare cuori/trovando sentieri…/mettendo toppe/e rammendi…dolci/a sentimenti bucati [Funti ‘e tenni di ogu/is fueddus…trobius/a corrìa crutza/chen’ ‘e sperditziu/po no fai arroris…/i-a funi longa/po cunfortai/e caritziai corus/agatendu moris…/ponendo tzàpulus/i aconcius…drucis/a sentidus trapaus].

 

Le poesie sono scritte in lingua sarda (con le traduzioni in italiano a fronte, alcune veramente eccellenti): la nostra lingua materna o ancestrale ((nel senso internazionale della parola:langues des ancêtres). Il dantesco “parlar materno”. Quella lingua che è soprattutto senso, suoni, musica. Lingua di vocali. Dunque corporale e fisica e insieme aerea, leggera e impalpabile. E le vocali sono per il poeta l’anima della lingua, sono il nesso fra la lingua e il canto; fra la poesia, i numeri della musica, il ritmo e il ballo.

Tanto che, storicamente, i confini fra poesia e musica e danza, sono sempre stati labili e sfumati a tal punto che gli antichi poeti – gli aedi greci per esempio – non scrivevano poesie ma le cantavano, accompagnandosi con la lira: non a caso nasce il termine “lirica” e aoidòs in greco significa “cantore”.

Ma “cantano” anche Dante e Petrarca, Ariosto e Tasso e Leopardi. E i “cantadores” sardi, soprattutto gli improvvisatori.  

Essi – come Rossana Podda – cantano con quella lingua materna che nel contempo con la sua magia evoca e penetra, il mistero dell’anima e riassume la fisionomia, il timbro, l’energia inventiva, la cultura, la civiltà peculiare del nostro popolo. Una lingua – il Sardo – che è insieme memoria e universo di saperi e di suoni. Che sottende – talvolta in modo nascosto e subliminale – senso e insieme oltresenso, musica, ritmo e ballo. Segnatamente il ballo tondo: momento magico in cui l’intera comunità, tot’umpare, si pesat a ballare, si muove in cerchio. E con questo esprime una molteplicità di segni, significati, simboli e riti.

 

Quella lingua che è soprattutto espressione della nostra civiltà e della nostra storia dunque ma nel contempo, strumento per difendere e sviluppare la nostra identità e la nostra coscienza di popolo e di nazione. Una lingua, i cui lemmi che la compongono, infatti, prima di essere un suono sono stati oggetti, oggetti che hanno creato una civiltà, oggetti che hanno creato storia, lavoro, tradizioni, letteratura, cultura. E la cultura è data dal battesimo dell’oggetto.

Quella lingua che è ancora libera, vera, indipendente, ricca: istinto e fantasia, passione e sentimento. A fronte delle lingue imperiali, vieppiù fredde, commerciali e burocratiche, vieppiù liquide e gergali,invertebrate e povere, al limite dell’afasia: certo indossano cravatta e livrea ma rischiano di essere solo dei manichini.

Quella lingua che è soprattutto valore simbolico di autocoscienza storica e di forza unificante, il segno più evidente dell’appartenenza e delle radici che dominatori di ogni risma e zenia hanno cercato di recidere.

Ma nessun ripiegamento nostalgico o risentito verso il passato: ma il passato sepolto, nascosto, rimosso, censurato e falsificato, si tratta prima di tutto di ricostruirlo, di dissotterrarlo, di conoscerlo e in qualche modo, anche di inverarlo, perché diventi fatto nuovo che interroga l’esperienza del tempo attuale, per affrontare il presente nella sua drammatica attualità, per definire un orizzonte di senso, per situarci e per abitare, aperti al suo respiro, il mondo, lottando contro il tempo della dimenticanza e della smemoratezza.

 

L’uomo contemporaneo, soprattutto nell’epoca della globalizzazione economica, della comunicazione planetaria in tempo reale e di Internet non può vivere senza una sua dimensione specifica, senza “radici”, sia per ragioni psico-pedagogiche (un punto di riferimento certo dà sicurezza, consapevolezza di sé e fiducia nel proprio futuro) sia per motivi di ordine culturale. La comprensione del nuovo è sempre legata alla conoscenza critica della storia della società in cui si vive, alle tecniche di produzione, al senso comune, alle tradizioni, alla propria lingua.

E’ questo l’antidoto più efficace contro la sub-cultura televisiva e à la page, circuitata ad arte da certa comunicazione mass-mediale, che riduce la tradizione a folclore e spettacolo, a merce, ad uso e consumo dei turisti. Altrimenti prevalgono solo processi di acculturazione imposti dal “centro”, dalle grandi metropoli, dai poteri forti, arroganti ed egemonici che riducono le peculiarità etniche e linguistiche a espressione retorica, pura mastrucca, flatus vocis. Occorre però concepire e tutelare lo “specifico individuale e collettivo” non come dicotomia ma in connessione con il generale, vivendo l’identità sarda con dignità e orgoglio ma senza attribuirgli un significato ideologico o di mito; identità non come dato statico e definitivo ma relativo, fluido e dinamico, da conquistare-riconquistare, costruire-ricostruire, dialetticamente, adattandolo e  

sviluppandolo, quasi giorno per giorno.

Occorre infatti leggere e interpretare l’Identità non con le lenti logore di un’ideologia passatista, ma con un restylingconcettuale nuovo e complesso che rifiuta e oltrepassa una improbabile visione museale. Ovvero un’impostazione che riproponga un cliché che la riduce a semplice recupero acritico del passato e delle sue tradizioni o del suo folclore; o a un attributo eterno e immutabile. Provocatoriamente sosterrei anzi che la visione puramente etnografica dell’identità, certifica la morte dell’identità stessa.

L’attaccamento alla civiltà “primigenia”, in quanto realizza un continuum fra passato e presente, dà maggiore apertura almondo grande e terribile (di cui parlava Gramsci) e sicurezza per il futuro. In questa continuità- simbiosi fra antico- moderno e post- industriale post- moderno, in cui la positività della Sardegna s’innesta nella positività mediterranea ed europea, consiste il significato profondo dell’Identità e dell’Etnia che da un lato ci libera dalle frustrazioni, dalla chiusura mentale e dal complesso dell’insularità; dall’altro ci salvaguarda dai processi imperialistici di acculturazione, distruttivi dell’autenticità delle minoranze e dal soffocamento operato dalla camicia di nesso degli interessi economico- finanziari.

Soprattutto i giovani devono sapere di appartenere a una peculiare storia e a una peculiare civiltà e di ereditare un patrimonio culturale, linguistico artistico e musicale, ricco di risorse da elaborare e confrontare con esperienze e proposte di un mondo più vasto e complesso. In cui, partendo da radici sicure e dotati di robuste ali, possano volare alti, i giovani e non solo.

 

 

Conclusione

La poesia di Rosanna Podda è introspezione psicologica, respiro e voce dell’anima, che amalgama parole piene di sentimento (boxi de s’anima,chi cumpossat fueddus, prenos de sentudu)). E’ fatta di momenti sofferti e altri goduti (momentus sunfrius i atrus gosaus), con cui punta dritto al cuore delle cose, delle passioni umane e dei drammi coscienziali e planetari. E’ esperienza segreta e segregata, spesso difficile da leggere e da capire, che esige uno scuotimento di tutto il proprio sapere, un farsi esile e inerme, un ridursi alla nervatura della foglia. Per questo è sempre da leggere e rileggere. Soffermandosi. Non si tratta di “aguzzare la vista”, ma di lasciarla vivere, la sua poesia intendo, nel proprio sguardo. D’altronde la poesia è uno specchio ustorio e, prima di fissarla negli occhi, bisogna pensarci due volte. Bisogna fermarsi su ogni singola parola, immagine, metafora. Frequentarla a lungo, farsela amica, riempirla di domande, attenderla con trepidazione. Abitarla. Vivere emozioni. Per poterla godere. Oltre che capirla.

Francesco Casula

Informazioni

 

Nov 7 alle 9:59 PM

 

Ho ricevuto, come molti altri, il seguente messaggio dall’On. Marialuisa Gnecchi e ritengo utile farvelo conoscere:

Allego la risoluzione approvata ieri alla unanimità dalla commissione lavoro del senato, con parere favorevole del Governo, che ci auguriamo adesso costringerà l’Inps a modificare la famigerata circolare. Insomma andiamo avanti.

 

Legislatura 17ª – 11 ª Commissione permanente – Resoconto sommario n. 37 del 06/11/2013

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SULL’AFFARE ASSEGNATO N. 149 (Doc. XXIV, n. 12)

La Commissione Lavoro, previdenza sociale,

premesso che:

– il comma 9 dell’articolo 1 della legge n. 243 del 2004 (cosiddetta riforma Maroni) ha confermato, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015 la possibilità di conseguire il diritto all’accesso al trattamento pensionistico di anzianità – in presenza di un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni o di un’età pari o superiore a 57 anni, per le lavoratrici dipendenti, e a 58, per le autonome – nei confronti di quelle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del metodo contributivo;

– l’articolo 24, comma 14, del decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «decreto salva-Italia» (legge n. 214 del 2011), ha previsto che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo continuino ad applicarsi, tra l’altro, alle lavoratrici contemplate dal sopracitato articolo 1 della cosiddetta riforma Maroni;

– l’INPS, con la circolare n. 35 del 14 marzo 2012, ha interpretato la disposizione del citato articolo 24 nel senso che le lavoratrici possono esercitare l’opzione in esame, a condizione che il termine del 31 dicembre 2015 venga computato facendo riferimento alla decorrenza del trattamento pensionistico e non alla semplice maturazione dei requisiti; la disposizione in esame è stata interpretata come una deroga al regime generale introdotto dalla riforma pensionistica, in modo restrittivo e nell’ottica di un principio della minor spesa e del risparmio;

– osservato che il decreto-legge n. 201 del 2011 non novella il comma 9 dell’articolo 1 della legge n. 243 e che pertanto le disposizioni in esso contenute rimangono valide, non costituiscono una deroga al nuovo regime pensionistico, casomai è da considerare illegittima l’introduzione della decorrenza temporale;

– reputa il contenuto della circolare n. 35 nella parte concernente le lavoratrici in regime sperimentale contra legem;

– ricordato che, anche nel corso di un’audizione lo scorso 6 novembre 2012, l’allora ministro del lavoro Fornero, di fronte alla Commissione lavoro del Senato, rispondendo ad alcuni quesiti sull’interpretazione contenuta nella circolare n. 35, aveva espresso dubbi in merito ai contenuti della circolare medesima, impegnandosi ad approfondire la questione presso i competenti uffici dell’INPS;

impegna il Governo

a sollecitare l’INPS, anche allo scopo di evitare contenziosi già avviati e futuri, a rivedere il punto 7.2 della circolare n. 35 concernente la liquidazione del trattamento pensionistico per le lavoratrici in regime sperimentale, nel senso che per tali lavoratrici non devono essere applicate la finestra mobile per la decorrenza del trattamento pensionistico né le aspettative di vita, ma resta valida la semplice maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015, come peraltro chiaramente definito nella citata disposizione di cui all’articolo 24, comma 14.

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Per coloro che sono in attesa del Decreto previsto dal comma 5-bis dell’articolo 12 del DL n. 78/2010, riporto di seguito il testo del messaggio ricevuto da Graziella Boscarol (Amministratore di ESODATI GRUPPO INTESASANPAOLO)

Venerdì 11 ottobre nella Seduta n. 95 nella risposta alla interpellanza urgente n.2-00236 alla Camera (Intendimenti del Governo in merito all’adozione del decreto per il prolungamento dell’intervento di tutela del reddito a favore dei lavoratori cosiddetti esodati – n. 2-00236) CARLO DELL’ARINGA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali dichiarava: “Il decreto volto a riconoscere per il 2013 il reddito ai primi esodati, creati dalla riforma del lavoro del 2010 è stato già firmato dal ministro del Lavoro ed è alla controfirma del ministro dell’Economia”.. C’è stata – ha detto Dell’Aringa – un’istruttoria particolarmente articolata. Ritengo comunque che la firma sia solo questione di tempo, considerato che tutti i problemi dovrebbero essere stati risolti. Il ministero del Lavoro comunque si farà parte attiva affinché il decreto venga emanato nel più breve tempo possibile”. In effetti la controfirma del ministro delle Finanze è intervenuta pochi giorni dopo in data 15 ma dopo tale data del provvedimento si sono perse le tracce! Le formali assicurazioni volte a giustificare in qualche modo l’incredibile ritardo nella firma per il terzo anno consecutivo di un provvedimento che dovrebbe garantire la continuità reddituale a quanti pur salvaguardati dalla l. Fornero (una volta raggiunti i requisiti pensionistici) si trovano per molti mesi in una situazione di vuoto economico per effetto del differimento della decorrenza dell’assegno di pensione previsto dalla cd. finestra mobile della riforma Sacconi, sono rimaste a livello di dichiarazioni di intenti e il decreto si è perso nei meandri della burocrazia. Del provvedimento non sanno nulla al Centro di Contatto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e nemmeno all’Ufficio Relazioni Pubbliche del Ministero Economia e Finanze, e non è nemmeno pervenuto alla Corte dei Conti. L’unica ipotesi è che sia dopo alcune settimane fermo ancora all’Ufficio Centrale di Bilancio, struttura decentrata della Ragioneria Generale dello Stato che è distaccata presso ogni Ministero che – una volta svolti gli adempimenti di competenza – dovrebbe trasmetterlo finalmente alla Corte dei Conti. L’iter prevede poi la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la relativa circolare Inps per disporre la liquidazione agli aventi diritto. E nel frattempo oltre 5mila lavoratori cd. “salvaguardati” e le loro famiglie attendono senza reddito da molti mesi.

Sicurezza

Sicurezza semplificata per i lavoratori a domicilio

Nei giorni scorsi la Commissione per gli interpelli presso il ministero del Lavoro, rispondendo ad uno dei quesiti ricevuti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ha chiarito che ai lavoratori a domicilio si applicano in materia di formazione le disposizioni del DLgs 81/08 – nonché quella prevista dagli accordi Stato/Regioni – mentre il domicilio da loro eletto non si considera luogo di lavoro e come tale non è oggetto di valutazione dei rischi.

Amianto

Amianto: Cgil, Inca, Fiom, consulenze per lavoratori Olivetti

L’indagine complessa, avviata un anno e mezzo fa sulla scia delle segnalazioni dell’Ausl di Torino 4, quando sè cominciato a registrare diversi casi di mesotelioma di lavoratori e lavoratrici della Olivetti, ha visto come idagati nomi eccellenti come quello di Carlo de Benedetti e Corrado Passera. Gli ammalati di mesotelioma, una malattia terribile che si associa all’esposizione ad amianto come nella vicenda Eternit, lavoravano tutti negli stabilimenti di Scarmagno, Agliè, S. Bernardo tra la fine degli anni ’70 e ’90.
“Nessun sistema di aspirazione delle polveri, niente maschere, guanti e nessuna informazione per la tutela della salute – questo è quanto ha affermato Laura D’Amico, consulente legale dell’Inca Cgil che segue due casi di questa inchiesta collettiva. 
“Un lavoro davvero encomiabile, di altissimo livello professionale, portato avanti fra mille difficoltà legate alla carenza di organico e alla penuria di mezzi”: così l’avvocato D’Amico descrive l’indagine della procura di Ivrea sull’amianto negli stabilimenti Olivetti.

E per aiutare a capire quali fossero le condizioni all’interno della Olivetti si è creato un gruppo di lavoro, formato dai delegati sindacali all’interno dell’azienda, anche per garantire aiuto e consulenza ai malati di amianto. All’iniziativa aderiscono Fiom, Cgil e Inca, il patronato della Cgil. “Grazie a questo gruppo di lavoro chi ne avesse bisogno – ha spiegato Rita Castronuovo, della Cgil d’Ivrea e Canavese – può rivolgersi a noi anche solo per le pratiche di richiesta all’Inail”.

ilo

Lavoro: Ilo, sempre più norme in accordi bilaterali libero scambio

Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad un moltiplicarsi di accordi di libero scambio contenenti disposizioni sul tema del lavoro. A dirlo il nuovo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) ”La dimensione sociale degli accordi di libero scambio”. Il rapporto afferma che a partire dalla metà degli anni ”90 si è registrata una crescita significativa del numero di accordi contenenti misure relative al lavoro, tra questi molti gli accordi Sud-Sud tra paesi in via di sviluppo.

In totale, nel giugno 2013 erano 58 gli accordi contenenti misure sul lavoro, ovvero quasi un quarto del totale dei 248 accordi di libero scambio attualmente in vigore. Essi comprendevano disposizioni sulle condizioni minime di lavoro, rafforzamento della legislazione nazionale del lavoro, monitoraggio e applicazione delle norme del lavoro.

“Il crescente numero -ha affermato Raymond Torres, direttore del dipartimento Ricerca dell’Ilo- di accordi commerciali che includono previsioni relative alle norme del lavoro indicano una maggiore consapevolezza che la liberalizzazione del commercio, per quanto sia importante, deve andare di pari passo con i progressi sociali e sul fronte dell”occupazione”.

In alcuni casi, si legge nel rapporto Ilo, il miglioramento delle norme del lavoro è stato posto come condizione per l”entrata in vigore degli accordi tra paesi. In sei accordi commerciali su sette recentemente conclusi dagli Stati Uniti, sono stati compiuti miglioramenti in materia di norme del lavoro prima della loro entrata in vigore. In quasi il 60% dei casi, gli accordi promuovono la conformità alle norme del lavoro, senza che questo implichi alcuna conseguenza commerciale o finanziaria diretta. Questo presuppone spesso la cooperazione tra paesi partner per migliorare le condizioni di lavoro e l’impegno al rispetto delle norme.

Secondo il rapporto nessuno degli accordi presi in esame presenta segnali di protezionismo da parte dei governi interessati. In tutti i casi in cui è stata sollevata una presunta non conformità aduna determinata norma del lavoro, sono stati fatti sforzi significativi per risolvere la questione senza ricorrere a sanzioni.

In effetti, nessuna disputa su questioni di lavoro è finora sfociata in sanzioni.       La grande varietà di clausole in materia di lavoro con differenti implicazioni istituzionali e legali, rende difficile fare delle generalizzazioni sugli effetti. Sempre secondo il rapporto Ilo, quando le condizioni vengono applicate nella fase precedente alla ratifica, esse portano ad importanti cambiamenti della legislazione sul lavoro, come ad esempio miglioramenti in materia di ispezione sul lavoro o l’adozione di nuove forme di protezione giuridica, in particolare nell’ambito della libertà di sindacale. Quando queste condizioni vengono introdotte a seguito della firma dell’accordo, i meccanismi di denuncia aiutano talvolta a garantire il rispetto delle norme del lavoro esistenti. Spesso, ci sono state molte attività di cooperazione tra parti firmatarie dopo la ratifica. Il rapporto propone diversi percorsi per migliorare l”efficacia dei dispositivi in materia di lavoro negli accordi commerciali, tra questi: realizzare specifici obiettivi di sviluppo sul lavoro in un asso temporale determinato e collegarli ad incentivi economici; rafforzare le sinergie tra le disposizioni in materia di lavoro dei diversi accordi commerciali bilaterali; rafforzare la consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e con i sindacati nella negoziazione e attuazione delle disposizioni in materia di lavoro; migliorare la coerenza tra disposizioni in materia di lavoro negli accordi commerciali e strumenti dell’Ilo pertinenti.

Legge stabilità

Legge stabilità: Civ Inail, non penalizzi politiche prevenzione e riabilitazione

“La riduzione delle disponibilità economiche dell”Inail prevista dal testo della legge di stabilità all’esame del Parlamento rischia di avere gravi ripercussioni sullo svolgimento generale delle attività dell’Istituto”. A lanciare l’allarme è il presidente del Civ Inail, Francesco Rampi, che sollecita una valutazione delle criticità che dal 2014, qualora fosse approvato l’attuale testo del ddl numero 1120, peseranno sulle attività di ricerca, prevenzione, riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo.

“Possibile garantire -avverte- solo le prestazioni economiche per gli assistiti. Solo pochi giorni fa il Presidente della Repubblica ha ribadito il suo autorevole pensiero in merito al tema della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, evidenziando la prioritaria esigenza di sviluppare la cultura e le prassi della prevenzione, al fine di ridurre gli infortuni e le malattie professionali”.

“Proprio -sostiene- alla luce di questo auspicio, che condividiamo in modo pieno e convinto, dobbiamo constatare quanto sia concreto il pericolo che l’Istituto in futuro, a fronte della considerevole riduzione delle risorse disponibili prevista dalla legge di stabilità, possa garantire ai propri assistiti esclusivamente le prestazioni economiche. Tutto questo comporterà una significativa contrazione delle attività di ricerca e innovazione tecnologica a supporto delle politiche di prevenzione, del sostegno economico alle imprese che investono in sicurezza e delle prestazioni di carattere sanitario, finalizzate alla riabilitazione e al reinserimento sociale lavorativo”.

Il presidente del Civ non vuole in alcun modo che “l”Istituto si sottragga dal fornire il proprio contributo alle politiche economiche del governo”, soprattutto nell’attuale e grave contingenza che affligge il Paese. “Valutando -fa notare-congiuntamente agli altri organi dell’Istituto le risultanze economico-finanziarie desumibili dal bilancio consuntivo 2012 e quelle prevedibili del bilancio 2013 e tenuto conto della graduale attuazione dei nuovi compiti attribuiti all’Istituto dal decreto legislativo 106 del 2009, si ritiene possibile mettere a disposizione, in via sperimentale e per il biennio 2014-2015, complessivamente circa un miliardo di euro da destinare alle politiche per il contenimento del costo del lavoro e per l’equità sociale”.

“Con tali risorse -sostiene Francesco Rampi- si può garantire una più consistente premialità a favore delle imprese concretamente impegnate nel miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e risolvere storiche, gravi, criticità. Tra queste, evidenziamo l’iniquo valore delle prestazioni economiche per i familiari dei caduti sul lavoro e la necessità di recupero del valore d’acquisto delle rendite erogate ai lavoratori infortunati e tecnopatici, prive di un adeguato sistema di rivalutazione”.

Welfare

Il welfare? Per gli italiani non è un costo ma un investimento

Migliora la percezione del Welfare nell’opinione pubblica: per il 70 per cento degli italiani il Welfare è un investimento e non è un costo. Solo per il 25 per cento degli intervistati l’Italia non può più permettersi un sistema welfare come questo. Ma per la maggioranza si tratta di uno strumento di crescita. A dirlo è l’indagine realizzata da Swg per Legacoopsociali e presentata in occasione dell’apertura del terzo congresso nazionale.
Dove trovare i soldi per investire nel sociale? Per 46 per cento degli italiani lo Stato deve recuperare le risorse  dall’evasione fiscale, per il 14 per cento dalle fondazioni bancarie. Tre, invece, sono le principali paure degli  italiani: disoccupazione, pressione fiscale e precarietà lavoro. Oltre il 60 per cento delle famiglie chiede servizi di orientamento al lavoro, mentre il 56 per cento indica come bisogno prioritario i servizi di cura domilciliare per le persone anziane.
Sempre secondo l’indagine, dal 2010 a oggi sono raddoppiati gli italiani che si sentono poveri (passando dal 6 al 12 per cento). Uno su quattro arriva a fine mese “con molte difficoltà”, il 68 per cento ha paura di perdere il lavoro e solo il 39 per cento pensa di appartenere al ceto medio, un dato che nel 2002 sfiorava il 70 per cento.

Per il 61 per cento degli intervistati le cooperative sociali suppliscono alle mancanze dello Stato rispetto ai temi dell’assistenza, mentre un altro 57 per cento (il questionario permette di dare più risposte) ritiene che nei prossimi anni l’importanza delle cooperative sociali aumenterà perché diminuiranno sempre più i servizi pubblici gestiti dallo Stato e dalle amministrazioni locali.
Negli anni della crisi nera, che ha inciso con “tagli pesantissimi” sui servizi alla persona, la cooperazione sociale ha retto, facendo registrare un +30 per cento di cooperative e lavoratori dal 2007 a oggi. La presidente di Legacoopsociali ha ricordato che rispetto alle 85.800 cooperative presenti in Italia nel 2007, oggi si è arrivati a oltre 115 mila. E di fronte alla crisi, il loro ruolo appare fondamentale: “Molte famiglie non sono più in grado di pagare i servizi, perché la crisi è reale e tangibile per le persone , ma le nostre cooperative hanno fatto un grande sforzo per supplire a queste difficoltà”.

da Redattore sociale