Archivi giornalieri: 26 novembre 2013

Osservatorio Inca Cgil per le politiche sociali in Europa


 


Ocse, le pensioni saranno un problema per future generazioni

Il rapporto Ocse 2013 esamina l’impatto delle riforme pensionistiche e analizza come l’abitazione, il patrimonio finanziario e i servizi pubblici incidono sul tenore di vita degli anziani. Per l’Italia, l’Ocse tesse le lodi della la riforma del 2011, ma sottolinea come l’adeguatezza delle pensioni sarà un problema per le future generazioni, per i lavoratori con carriere intermittenti, precari e mal retribuiti. Il rapporto mostra anche come l’Italia abbia contributi previdenziali più alti e salari al di sotto della media.


Libera circolazione delle persone. L’UE dice stop agli abusi?

La Commissione europea cerca di mediare tra le preoccupazioni di alcuni Stati membri in relazione a paventati “casi di abuso del diritto alla libera circolazione” e il diritto dei cittadini dell’UE a fruire delle prestazioni sociali cui si ha normalmente diritto nel quadro delle stesse regole UE sulla libera circolazione. La mediazione appare però poco riuscita, e le misure proposte quanto meno squilibrate.


Spesa sociale, Italia sempre agli ultimi posti

I paesi dell’Unione europea investono nelle politiche sociali, in media, il 29% del loro PIL. Il confronto tra Italia e resto dell’Europa continua ad essere desolante: siamo al 23° posto (insieme all’Estonia) per le spese a sostegno della disoccupazione, al 26° per quelle riguardanti malattia e invalidità, e siamo gli ultimi d’Europa (28° posto) per la famiglia, l’infanzia, l’edilizia sociale e la lotta all’esclusione.


L’Osservatorio per le politiche sociali in Europa è un’iniziativa di Inca Cgil e Inca Belgio

Carlo Caldarini

Osservatorio Inca Cgil per le politiche sociali in Europa

Rue de la Loi, 26/20 – 1040 Bruxelles

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c.caldarini@osservatorioinca.org

Ocse

Ocse: l’adeguatezza redditi pensionistici sarà un problema per le future generazioni

”Con la riforma globale del sistema pensionistico adottata nel dicembre 2011″ dall’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, l’Italia ha fatto un passo importante per garantirne la sostenibilità finanziaria”, e in particolare ha ”stabilizzato la spesa sul medio periodo”  (2010-2050). Lo afferma l’Ocse nel suo rapporto sulle pensioni.

Secondo i calcoli dell’organizzazione, la spesa pensionistica in Italia era al 15,3% del Pil nel 2010, la più onerosa fra tutti i Paesi membri, principalmente per effetto di ”un’eredità del passato”. Ma grazie alle modifiche apportate dal 2008 in avanti, e in particolare alla riforma del 2011 che ha aumentato l’età pensionabile, scenderà al 14,5% nel 2015 e al 14,4% nel 2020. Nei decenni successivi tornerà a salire, ma sempre restando compresa tra il 15% e il 15,9%.

Nonostante l’aumento dell’età pensionabile sancito dalla riforma di fine 2011 – sempre secondo l’Ocse – ”l’età effettiva alla quale uomini e donne lasciano il lavoro è ancora relativamente bassa in Italia: 61,1 anni per gli uomini e 60,5 per le donne”. 

”Le politiche per promuovere l’occupazione e l’occupabilità e per migliorare la capacità degli individui ad avere carriere più lunghe sono essenziali”, sottolinea l’organizzazione, ricordando che ”l’aumento dell’età pensionabile non è sufficiente per garantire che le persone rimangano sul mercato del lavoro, soprattutto se esistono meccanismi che consentono ai lavoratori di lasciare il mercato del lavoro in anticipo”. In Italia, la partecipazione al mondo del lavoro degli over 55 resta ”relativamente bassa”, al 40,5%, anche se dal 2000 è aumentata di quasi 13 punti percentuali.

In Italia, “l’adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema” per le generazioni future, e “i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà” durante la vecchiaia”. Lo scrive l’Ocse  rilevando come il metodo di calcolo del sistema contributivo sia  “legato strettamente” all’ammontare dei contributi, e lamenta il fatto che “l’Italia non preveda alcuna pensione sociale per attenuare il rischio di povertà degli anziani”.

Eternit

Amianto: in Liguria incidenza mesotelioma quattro volte media

In Liguria l’incidenza da mesotelioma pleurico – patologia tipica da esposizione all’amianto – è quadrupla rispetto alla media nazionale. E’ quanto emerge da una relazione che il Centro operativo regionale del Registro nazionale mesoteliomi ha consegnato a Comune di Genova e Regione Liguria.

Complessivamente dal 1994 al 2010 sono stati rilevati circa 250 casi, di cui 135 tra lavoratori ed ex lavoratori dell’Ansaldo (con picchi per chi ha prestato servizio nel reparto di caldareria). Poi si registrano un centinaio di casi all’Ilva di Cornigliano e una decina alla Stoppani di Cogoleto.

Il mesotelioma da amianto è una malattia incurabile, che si manifesta a lunga distanza (tra i 15 e i 45 anni) e colpisce soprattutto nella fascia d’età compresa tra 50 e 70 anni. Solo nella città di Casale Monferrato ci sono stati quasi 2.000 morti dagli anni ’60 ad oggi provocati dall’amianto lavorato all’Eternit. 

Lavoro

Lavoro, la stabilità non penalizzi la prevenzione la riabilitazione

Nel quotidiano “L’Unità” di oggi, nella rubrica “Cara Unità”, è pubblicata una lettera di Francesco Rampi, presidente Civ Inail che pubblichiamo integralmente:

“Recentemente il presidente della Repubblica ha evidenziato la prioritaria esigenza di sviluppare la cultura e le prassi della prevenzione, al fine di ridurre gli infortuni e le malattie professionali, richiamando l’attenzione sul valore supremo della vita umana e della dignità di uomini  e donne nei percorsi di crescita della competitività. Nel fare nostre queste autorevoili valutazioni, constatiamo che il recente disegno di legge n. 1120 (Legge di stabilità) prevede un riduzione significativa delle risorse  disponibili per lo svolgimento delle missioni affidate dal legislatore all’Inail.

A fronte di tale circostanza è concreto il pericolo che l’Inail in futuro, a fronte delle risorse disponibili, possa garantire ai propri assistiti esclusivamente le prestazioni economiche, con significativa contrazione delle attività di ricerca e innovazione tecnologica a supporto delle politiche di prevenzione, del sostegno economico alle imprese che investono in sicurezza, delle prestazioni di carattere sanitario, finalizzate alla riabilitazione e al reinserimento sociale lavorativo. Com’è noto, l’Istituto – consapevole della grave contingenza che affligge il Paese – non intende in alcun modo sottrarsi dal fornire un congruo contributo alle politiche economiche del governo. Con le risorse di un miliardo di euro (disponibili in via sperimentale per il biennio 2014-2015 dal bilancio Inail) si può garantire una più consistente premialità a favore delle imprese concretamente impegnate nel miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, e risolvere storiche, gravi criticità tra cui si evidenziano l’iniquo valore delle prestazioni economiche per i familiari dei caduti sul lavoro e la necessità di recupero del valore d’acquisto delle rendite erogate ai lavoratori infortunati e tecnopatici, prive di un adeguato sistema di rivalutazione.

Chiediamo quindi al governo e al Parlamento di voler valutare le criticità che dal 2014 peseranno sulle politiche di ricerca, prevenzione, riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo, qualora fosse approvato l’attuale disegno di legge n. 1120″.

Francesco Rampi, presidente Consiglio Indirizzo e Vigilanza Inail

Badanti

Badanti: cresce il sommerso

“Deregulation casa per casa”, “factotum”, salari inadeguati e competenze specialistiche: sono questi alcuni nodi cruciali della trasformazione del lavoro di cura osservata da Acli Colf, che presenterà i primi risultati della sua indagine sul tema “Il lavoro di cura nel welfare che cambia. Antiche sapienze e nuova professione”.

Il primo elemento emerso è “un mutato funzionamento di questo settore del mercato del lavoro. Dalla grande sanatoria degli anni 2000 fino all’inizio della crisi, è avvenuto tutto un lavoro di regolamentazione di un settore basato fino a quel momento accordi informali. Ora, questa tendenza inizia a venir meno, mentre prende via una ‘deregulation casa per casa’: tutto viene negoziato con il datore di lavoro e le condizioni sono spesso molto penalizzanti per le lavoratrici”. Tornano insomma gli accordi informali, mentre il contratto non è più una priorità.

Un’assistente familiare a tempo pieno, in coabitazione, secondo il contratto collettivo nazionale di riferimento, dovrebbe lavorare 54 ore a settimana e guadagnare circa mille euro la mese. In realtà dall’indagine emerge che queste donne lavorano praticamente sempre, rinunciando spesso al proprio tempo libero e guadagnando molto meno di quanto previsto: circa 700 euro a Treviso, appena 500 a Foggia. Ma alcune non arrivano neanche a 400 euro al mese. Il fatto è che lo stesso assistito, in molti casi, vive nell’indigenza: si crea così una condizione di povertà condivisa, dove il primo e comune problema è in alcuni casi l’alimentazione.

E a favorire il “ribasso” dei prezzi c’è una “doppia concorrenza.Da un lato le lavoratrici italiane, che si riavvicinano a questo mestiere, dall’altro le neoimmigrate, generalmente disposte ad accontentarsi di salari più bassi, pur di avere vitto e alloggio.

In questo mutato contesto economico e sociale, si arricchiscono le competenze delle assistenti familiari infatti emerge chiaramente dalle interviste fatte che la distinzione tra assistente familiare, colf e baby-sitter non c’è più: sono vere e proprie ‘factotum’, si occupano di tutto, spesso anche in un’ottica di famiglia allargata: alcune raccontano di fare su e giù per le scale della palazzina, per accudire l’anziano, stirare le camicie al figlio, badare ai nipoti ecc.. Molte assistenti familiari vantano ormai competenze infermieristiche, “o acquisite con un corso, oppure direttamente sul campo”. E una novità anche questa, che va in parallelo con la riduzione dei servizi…

da Redattore sociale

Giovani

Giovani, risarcimenti Inail più equi

Una mini riforma dei risarcimenti Inail ai parenti dei morti su lavoro per rendere più equi in particolare quelli delle vittime più giovani. E’ la proposta del presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inail stesso, Francesco Rampi, che ha suggerito al governo e al Parlamento un emendamento all’art. 6 della legge di stabilità.

La modifica della norma consentirebbe infatti all’Inail di applicare un criterio più favorevole di quello attualmente prescritto per calcolare le rendite ai superstiti. Oggi, infatti, il valore delle prestazioni deve essere calcolato in rapporto alle retribuzioni percepite dal lavoratore nell’anno precedente all’infortunio; per evitare eccessive sperequazioni sono previsti un livello minimo e uno massimo.

“Nel caso di lavoratori giovani o precari, e quindi con retribuzioni basse, però, le prestazioni vengono inevitabilmente calcolate sui livelli minimi – spiega Rampi -. L’emendamento proposto, la cui copertura economica sarebbe interamente a carico dell’Inail, prevede invece che, negli infortuni mortali, le prestazioni vengano calcolate in ogni caso sui valori massimi”. “La vita umana, è un valore impagabile e va innanzitutto tutelata; ma, al verificarsi di un infortunio mortale, l’Inail dovrebbe comunque poter rispondere più adeguatamente senza offendere la memoria del lavoratore scomparso e senza aggiungere indignazione al dolore dei familiari”, conclude Rampi.

da Avvenire

Femminicidio

Femminicidio: striscione Cgil a Porta San Paolo a Roma

”Vive nella lotta”  e ”Stop femminicidio”, sono questi i messaggi che giovani lavoratrici e lavoratori della Cgil della Capitale hanno affidato ad uno striscione appeso, nelle prime ore della mattina, a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza, in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”.

“Un gesto che, dopo i volantinaggi dei giorni precedenti nei centri commerciali e nelle strade del divertimento notturno, –
spiegano in una nota – vuole ribadire quanto sia necessario sradicare dalla nostra cultura la violenza come gesto di
sopraffazione, una questione che riguarda tutti indipendentemente dal genere e dall’età. Le azioni di prevenzione, contrasto e punizione intraprese dai governi finora sono state insufficienti. La violenza contro le donne resta una delle forme più gravi di violazione dei diritti umani a livello mondiale perché, qualunque sia la forma, o il luogo dove si manifesta, che sia la casa o il posto di lavoro, nega – concludono – il diritto fondamentale di vivere in dignità e libertà”.

Amianto

Tumore del colon ed amianto

I primi casi di fibrosi polmonare da amianto, sono stati descritti all’inizio del l900. Nel l924 venne descritta la fibrosi polmonare dovuta ad inalazione di polveri di amianto: essa fu chiamata “pneumoconiosi da amianto” e in seguito nel 1927 “asbestosi” (che è il termine attualmente in uso).

Una prima descrizione e introduzione della parola mesotelioma fu opera di Klemperer e Rabin, ma è soltanto nel 1960 che Wagner, Sleggs e Marchants descrivono 33 casi di mesotelioma della pleura associati ad esposizione ad amianto.
Ma il problema degli effetti sanitari dell’esposizione ad amianto era noto in Italia fin dagli inizi del’9O0. Ne è testimonianza una relazione del Prof.Enrico Vigliani nella conferenza del 1964, promossa dall’Accademia delle Scienze di New York.In Italia, riferiva infatti, Vigliani, gli effetti patologici dovuti all’inalazione di fibre dell’amianto furono osservati per la prima volta nel l9O8. In uno studio successivo, egli evidenziò che molti lavoratori delle industrie tessili in cui veniva usato asbesto avevano un’attesa di vita inferiore a causa del loro decadimento fisico e della tisi. Fu solo comunque nel 1930 che Lovisetto e Mussa pubblicarono i risultati di uno studio clinico e radiologico sull’asbestosi. Nel 1939 Mottura pubblicò le osservazioni autoptiche ed istopatologiche di due casi di severe asbestosi. Nel 1940 Vigliani condusse un’indagine clinica ed ambientale in 4 industrie tessili dell’asbesto. In quello studio furono esaminati clinicamente 442 lavoratori e di essi 353 furono sottoposti anche a radiografia: furono diagnosticati 76 casi di asbestosi delle quali 4O si trovavano ad uno stadio moderato o avanzato. A seguito dei risultati di tale indagine fu proposto una concentrazione ambientale massima accettabile di 2OO fflcc.

I risultati delle segnalazioni di casi di asbestosi, di neoplasie del polmone e di mesoteliomi della pleura e del peritoneo e di altri tumori associati all’esposizione ad asbesto, e più in generale i risultati dell’incidenza di queste patologie in popolazioni esposte ad asbesto professionalmente o ambientalmente, furono presentati nella conferenza di New  York nel 1964. Quelle relazioni rappresentavano i risultati di studi su larga scala avviati in vari paesi europei, del Nord America del sud Africa del Giappone e di altri ancora a partire dagli anni’4O e ‘5O’.

Da allora, resoconti casistici, indagini epidemiologiche su popolazioni esposte e ricerche sperimentali, hanno inconfutabilmente dimostrato l’azione cancerogena dell’amianto.

n 26° 2013 numero newsletter.doc

Alluvione sardegna

Alluvione in Sardegna: licenziata con un sms, perché ha soccorso la sorella ….

Licenziata con un sms perché non era andata al lavoro, ma lei quel giorno si era precipitata a soccorrere la sorella, che a causa dell’alluvione aveva perso tutto. Una giovane colf di Olbia Alessandra Dalu, ha raccontato l’ingiustizia subita all’emittente regionale Cinque Stelle Sardegna.

La donna, madre di una bambina e sposata con un operaio disoccupato, faceva la collaboratrice domestica per un noto imprenditore di Olbia. Secondo il suo racconto, martedì scorso, con un messaggio, aveva avvisato il datore di lavoro che non sarebbe potuta andare al lavoro per soccorrere la sorella, anche lei vittima dei danni causati dall’alluvione. E’ andata a spalare fango da una casa popolare, in via Campidano. Sarebbe dovuta tornare a lavoro il giorno dopo. Invece, il suo datore di lavoro le ha comunicato, tramite sms, che i suoi servizi non erano più necessari. Per questo la donna, molto amareggiata, ha deciso di denunciare l’episodio. Da due anni lavorava quattro ore al giorno, percependo uno stipendio di circa 550 euro al mese, versati in nero. Non era mai riuscita ad ottenere un regolare contratto.

ansa