Archivi giornalieri: 22 novembre 2013

22/11/2013 | BLOG E ARTICOLI

SARDI MORTI PER IGNORANZA. LETTERA APERTA DI GIULIANO MARONGIU ALL’EURODEPUTATA LARA COMI

del 22/11/2013
di Giuliano Marongiu

 

Gentile onorevole Lara Comi

C’è una frenetica voglia di dire per forza qualcosa su tutto, ma ci sono casi in cui si farebbe meglio a tacere. Lei ha perso un’occasione per farlo.

Ho la sensazione che ci sia ancora qualcuno, da qualche parte, che pensa che noi dai nuraghi non siamo ancora usciti e mi creda, non è affatto così.

Siamo figli di un’isola e abbiamo dentro qualcosa di speciale che vive, ma sappiamo guardare anche oltre i confini del mare, sappiamo volare alto quando serve, conosciamo il senso delle cose e ci facciamo rispettare.

Siamo figli di un’isola e questo non ci esclude dal resto del mondo, perché sappiamo bene cosa significa far parte di un’insieme, comunicare, aprirsi e accogliere, anche se più che altrove è radicato in noi il sentimento di un’appartenenza che ci lega alla nostra terra.

Abbiamo tante difficoltà. Ci sono migliaia di persone che non hanno un lavoro, ci sono migliaia di famiglie che faticano a resistere.

La dignità è un valore che l’assenza di lavoro mortifica.

Non sentiamo il bisogno, gentile parlamentare europeo, che lei o altri vengano a farci la fotografia su come saremmo dovuti essere o su come non siamo. Non ha i titoli per farlo.

Avrebbe invece il dovere di occuparsi di noi, di chi non ha un lavoro, di chi fatica a resistere e nonostante tutto combatte.

La gente di Sardegna non è morta perché “c’è una diffusa ignoranza sulle norme di sicurezza”, come lei pubblicamente ha ritenuto opportuno sostenere, in maniera molto inopportuna.

L’alluvione quando arriva ti travolge, trascina via le vite e le cose, per una distorsione del destino che ti fa trovare in quell’istante dove non saresti dovuto essere.

La gente di Sardegna non è morta perché si è rifugiata in uno scantinato: chi non ha una finestra che si affaccia su Piazza di Spagna spesso abita dove può e dove le condizioni economiche glielo permettono.

Mi creda, il mio pensiero è indipendente perché sono una persona libera, ma tutti quelli che in queste ore opinano, a sproposito, nei caldi salotti televisivi mentre altri spalano nel fango i ricordi di una vita, ci disturbano un po’.

Senza rancore.

 

Giuliano Marongiu

Cagliari 22 Novembre 2013

Donne

Violenza alle donne: mobilitazione Cgil, Cisl e Uil per il 25 novembre

Nella ”Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, a un anno dalla proposta di intesa unitaria che individua nella contrattazione di secondo livello lo strumento per concretizzare misure legislative, culturali e contrattuali capaci di contrastare la violenza in casa e sul lavoro, Cgil, Cisl e Uil si mobiliteranno in tutta Italia.

“La violenza perpetrata ai danni delle donne non può trovare giustificazione alcuna in nome dell’onore, dell’amore, delle ideologie, delle credenze religiose e culturali. E tutte le forme di violenza usate sulle donne, incluse le mutilazioni genitali o sessuali e i matrimoni forzati, creano condizioni di profondo squilibrio nei rapporti tra uomini e donne e grave discriminazione per le donne sia nella società che nella famiglia”, dicono in una nota unitaria.

La Cgil ha organizzato un flash mob contro la violenza sulle donne, in occasione della ”Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. Lunedì 25 novembre presso la sede della Cgil Nazionale si leggeranno alcuni brani di ”Ferite a Morte”, tratti dallo spettacolo scritto e diretto da Serena Dandini.

L’appuntamento è a Roma, presso l’ingresso della sede nazionale del sindacato in corso d’Italia 25, dalle ore 15,30 alle 16. Qui Susanna Camusso, le attrici Ivana Monti e Francesca Reggiani, le delegate Cgil Katia Della Rocca e Katia Flacco, la rappresentante dell’Udu (Unione degli Universitari) Greta Chinellato, daranno vita ad una breve rappresentazione, alternandosi nella lettura dei monologhi di ”Ferite a morte”, accompagnate dalle musiche di Diana Tejera.

Mobbing

Mobbing – Licenziamento per chi registra i colleghi

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26413 ha confermato il licenziamento intimato ad un medico di un’azienda ospedaliera “per la grave situazione di sfiducia, sospetto e mancanza di collaborazione venutasi a creare all’interno dell’equipe medica (…). Il medico aveva, infatti, registrato alcune conversazioni di suoi colleghi , violando in questo modo il loro diritto alla riservatezza, per provare in sede giudiziaria una denuncia di mobbing che lui stesso aveva presentato nei confronti del primario.

Il Tribunale e la Corte d’Appello di Torino hanno confermato il licenziamento, rilevando chela condotta tenuta dal medico integrasse “gli estremi della giusta causa di recesso in conseguenza della irrimediabile lesione del vincolo fiduciario con la parte datoriale”.

Immigrati

Immigrati: Inca-Flai, a Tunisi uno sportello per i lavoratori in partenza per l’Italia

Per combattere le illegalità e favorire un’immigrazione consapevole, l’Inca insieme alla Flai,  hanno annunciato l’apertura di uno sportello di orientamento e di informazione a Tunisi per i lavoratori del Nord Africa che vogliono venire in Italia per trovare un’occupazione. Si comincia con i tunisini per poi estendere la presenza del sindacato e del patronato nelle altre comunità di lavoratori stranieri che soprattutto negli ultimi anni scelgono l’Italia come paese di ingresso verso l’Europa.

“Dare ai lavoratori tunisini tutte le informazioni sulla realtà che troveranno in Italia” – ha detto Morena  Piccinini, presidente dell’Inca, patronato della Cgil – perché sono tanti  i cittadini tunisini che si rivolgono all’Italia per motivi di studio. Sicuramente sono molti di più coloro che vengono nel nostro paese per trovare un’occupazione, senza però conoscere il mercato del lavoro”.

“Con questo sportello – ha continuato Morena Piccinini- cercheremo di dare tutte le informazioni possibili prima che il lavoratore parta. Mi riferisco alla conoscenza dei contratti, dell’organizzazione del lavoro, del mercato del lavoro e dei diritti sul lavoro. Visto che buona parte dei cittadini tunisini lavorano in agricoltura – sottolinea- stiamo partendo con la collaborazione della Flai che appunto organizza i lavoratori agricoli. Per questo motivo, la tutela individuale si sposta sempre di più insieme con la tutela collettiva”.

Quella tunisina, d’altra parte è una delle comunità più estese in Italia. Su 3,5 milioni di immigrati non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia al 1° gennaio 2011, circa un milione proviene dal continente africano, in grande prevalenza dalla regione dell’Africa settentrionale (760.673). I cittadini della Tunisia rappresentano il 3,3% del totale degli immigrati non comunitari e la loro incidenza sale al 16% dei cittadini provenienti dall’Africa settentrionale. I tunisini rappresentano l’ottava comunità per numero di presenze tra i cittadini non comunitari”.

Per quanto riguarda il sistema di welfare, nel corso del 2010, il numero dei beneficiari tunisini di trattamenti di integrazione salariale ordinaria è stato di 4.198 persone, mentre quelli che hanno usufruito dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria è stato di 1.111 persone, pari rispettivamente al 4 e al 2% del totale dei cittadini extracomunitari presenti nel nostro paese.

In mobilità soltanto 428 tunisini nel 2011 (per lo più uomini,  402), con una incidenza sul totale dei beneficiari non comunitari pari al 3,5%. Sono 5.403 le persone in disoccupazione ordinaria non agricola, con una incidenza del 3,7% sul totale dei paesi non comunitari. Mentre 6.086, nel 2010, erano in disoccupazione agricola (quasi la totalità uomini, 5.620), pari al 13% del totale dei non comunitari. Inoltre, 2.436 hanno ricevuto l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, anche in questo caso soprattutto uomini, pari a una incidenza del 6,4% del totale dei non comunitari.

“Ma per la Flai l’obiettivo è soprattutto quello di impedire che i lavoratori e le lavoratrici della Tunisia cadano vittime di una nuova schiavitù” – ha detto Stefania Crogi, segretario generale Flai Cgil -. “Si tratta –ha spiegato – di persone che vengono a cercare una speranza di vita e di lavoro, assolutamente diversa in Italia e che appena sbarcati qui possono subito incappare in quelle che sono le maglie della schiavitù, del caporalato e della criminalità organizzata”.

“Ciò ” – ha proseguito la Crogi – avviene in virtù dell’ancora vigente legge Bossi-Fini che lega il permesso di soggiorno al permesso di lavoro. Spesso queste persone vengono in Italia perché hanno un ingaggio di lavoro falso o perché viene loro promesso un posto. Diventano così dei clandestini, degli invisibili e delle braccia da sfruttare e quindi abbiamo aperto uno sportello direttamente a Tunisi, insieme all’Inca, mentre con  la regione Campania abbiamo sperimentato di aprire degli sportelli Cgil sul territorio, in modo che questi lavoratori, una volta arrivati, sappiano già dove andare e, soprattutto abbiano la certezza che non sono abbandonati”.

Spesa sociale

Spesa sociale, Italia sempre agli ultimi posti

I paesi dell’Unione europea investono nelle politiche sociali, in media, il 29% del loro PIL. Italia e Polonia sono i paesi che spendono di più, in proporzione, per le prestazioni di vecchiaia. Per le altri voci di spesa il confronto tra Italia e resto dell’Europa continua ad essere desolante: siamo al 23° posto (insieme all’Estonia) per le spese a sostegno della disoccupazione, al 26° per quelle riguardanti malattia e invalidità, e siamo gli ultimi d’Europa (28° posto) per la famiglia, l’infanzia, l’edilizia sociale e la lotta all’esclusione.

Secondo Eurostat, in media, i 28 paesi dell’Unione europea investono nelle politiche sociali il 29,1% del loro PIL (-0,3% rispetto all’anno precedente). Questo dato era aumentato costantemente ogni anno, subendo un salto di 3,5 punti percentuali tra il 2007 e il 2009, certamente per l’impatto sociale della crisi economica e finanziaria, che da un lato ha fatto lievitare le spese, soprattutto per la disoccupazione, e dall’altro ha causato una contrazione del PIL. È tornato a scendere invece (-0,6%) nei due anni successivi, sotto l’effetto delle politiche di austerità.

I dati, aggiornati al 31 dicembre 2011, comprendono per la prima volta anche la Croazia, entrata a far parte dell’Ue il 1 luglio 2023. Paradossalmente, questo ha fatto degradare l’Italia di un ulteriore scalino, poiché globalmente anche i dati della Croazia sono proporzionalmente migliori dei nostri.

Come sempre i dati sono molto eterogenei. Belgio, Danimarca, Francia e Paesi Bassi investono nelle politiche sociali oltre il 30% del loro PIL. Discorso a parte per la Grecia, dove la spesa sociale continua a crescere (26% nel 2008, 30% nel 2011), senza però corrispondenti miglioramenti in termini di qualità dei servizi o di adeguatezza delle prestazioni.
Ma i dati calcolati in rapporto al PIL possono facilmente trarre in inganno. Più aderente alla condizione di vita delle persone è il dato della spesa per abitante, calcolato a parità di potere d’acquisto: Belgio, Germania, Irlanda, Francia, Austria e Svezia, spendono in media 20-30% in più dell’Italia. Danimarca e Paesi Bassi 40% in più dell’Italia. Il Lussemburgo spende 1,8 volte quello che spende l’Italia, e circa 6 volte di più che Bulgaria, Romania e Lettonia.

Le differenze tra i vari paesi tendono tuttavia a ridursi, più per effetto del contenimento della spesa nei paesi della vecchia Europa, che per la crescita della ricchezza dei paesi nuovi.

www.osservatorioinca.org

Malati Sla

Malati di Sla, accordo dopo le proteste. Ricostituito il Fondo non autosufficienza

Un aumento di 25 milioni per il fondo sulla non autosufficienza, che torna alla cifra di 275 milioni stanziati lo scorso anno e ulteriori risorse aggiuntive destinate esclusivamente ai malati gravi e gravissimi. Dopo la lunga giornata di mobilitazione dell’altro  ieri, dove non sono mancati momenti di tensione per la decisione di alcuni malati di staccarsi i respiratori, arriva l’accordo tra il Comitato 16 novembre e i rappresentanti del Governo. Ieri mattina in Commissione Bilancio si è svolto un incontro che entrambe le parti definiscono “molto positivo”: non ci sono solo fondi in più, ma anche la promessa di un Piano per la non autosufficienza, tarato sull’assistenza domiciliare indiretta e portato avanti in un tavolo interministeriale, dove per la prima volta si siederanno anche i rappresentanti del Comitato 16 novembre.

Dall’incontro è scaturita la decisione di ripristinare i 275 milioni di euro per il Fondo sulla non autosufficienza: erano 250 quelli stanziati che vengono incrementati così di 25 milioni di euro, arrivando alla stessa cifra stanziata lo scorso anno. “Siamo intenzionati ad affrontare il tema della disabilità e la non autosufficienza in generale, seppur con un’attenzione particolare alle disabilità gravi, tra cui la Sla, ma senza arrivare all’esclusione delle altre tipologie –spiega il sottosegretario all’Economia Baretta -. In questo senso, mentre nel 2010 il governo di allora aveva stanziato una certa cifra (100 milioni) solo per i malati di Sla, negli anni successivi abbiamo preferito ripristinare il Fondo per la non autosufficienza, che proprio in queste ore ci siamo impegnati a riportare da 250 milioni a 275, come lo scorso anno. Il senato si è peraltro impegnato, sempre durante l’incontro di stamattina, a trovare ulteriori risorse, che dovranno essere definite nelle prossime ore e andranno in maniera esclusiva finalizzate alle disabilità molto gravi, con particolare attenzione alla domiciliarità”.

da redattore sociale

Call center

Europa: boom dei call center, ma pochi diritti

In Europa, negli ultimi dieci anni, è boom dei call center. E’ quanto emerge dal dossier “Rappresentanza sindacale e organizzazione nei contact center europei: Esperienze e sfide’”, realizzato dal professore Philip Taylor dell’università di Strathclyde, presentato ieri alla Conferenza di Uni Global Union, la federazione europea che unisce i sindacati dei servizi.

“Non è semplice – premette lo studio – fornire dati esatti relativamente all’occupazione nei paesi europei, delle statistiche informate sono comunque possibili: dopo il Regno Unito con un milione di addetti del contact center, gli effettivi più importanti si trovano in Germania (520.000), Svezia (262.500), Francia (270.000), Italia (200.000), e Spagna (100.000); altre stime riguardano Polonia (80.000), Danimarca (70.000), Belgio (60.000), Finlandia (15.000), Lituania (2.000), Lettonia (1.200) ed Estonia (600)”. Lo riporta l’agenzia Adnkronos.

Il settore europeo dei call center “è molto più esteso rispetto a dieci anni fa, ma l’espansione non si è verificata allo stesso ritmo ovunque, i paesi hanno registrato ritmi di crescita diversi”. Per esempio, Germania e Francia “hanno settori ampi e relativamente maturi”. Tra i paesi nordici, come sempre, è prima la Svezia che “si è mossa presto ed è un hub regionale”.

I lavoratori del settore, però, sono ancora caratterizzati da un forte precariato e pochi diritti. Secondo il dossier dei sindacati “l’outsourcing nazionale è fortemente sviluppato”, e i livelli retributivi “sono inferiori nell’outsourcing del 10% o più”. Inoltre, prosegue, “l’outsourcing è anche contraddistinto da condizioni più scadenti per i lavoratori (…). Si può fare leva sulla precarietà contrattuale e la minaccia di perdere il cliente per via dell’outsourcing o dell’offshoring per esercitare intimidazioni sui lavoratori e indurli a ridimensionare le loro rivendicazioni”.

La sindacalizzazione nei call center varia, a seconda del paese in cui si opera. “I sindacati – spiega il rapporto – conservano una forza residua nelle aziende dominanti, un tempo nazionalizzate dove gli accordi sindacali e il dialogo sociale sono stati prontamente traslati ai contact center. In secondo luogo, si percepisce l’influenza del regime normativo nazionale, in quanto certe aziende che sembrano fonte di debolezza sindacale o addirittura danno prova di antisindacalismo in un determinato contesto nazionale, sono invece citate come sede di importanti forze sindacali in altro contesto”. I call center in Europa, infine, operano soprattutto per i settori dei servizi finanziari e delle telecomunicazioni.

INAIL

Inail – Non escluso il rimborso farmaci anche per anni successivi al 2012

L’Inail ha integrato la circolare n. 56/2013 (vedi news precedente)  che  comunicava l’esigenza di evitare “oneri aggiuntivi per la finanza pubblica” e per questo motivo riconosceva il diritto al rimborso dei farmaci ad una categoria di lavoratori molto ristretta ossia per coloro che alla data del 13 novembre 2012 si trovavano in stato di inabilità temporanea assoluta e limitatamente alle spese sostenute nello stesso anno.

Ieri l’Istituto assicuratore ha fatto sapere che, ferma la decorrenza dal 13 novembre 2012, il rimborso non è escluso per gli anni seguenti e anzi, al termine della sperimentazione, che è in atto, è possibile che ci sia addirittura un miglioramento della tutela …