Archivio mensile:giugno 2010

Un’azione civile contro la discriminazione

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Compire 60 anni e non aver diritto di sopravvivenza

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Compiuti i 60 anni il comune di Milano gli ha tolto il sussidio che eroga alle persone in condizione di povertà assoluta.

È salvadoregno e ha il permesso di soggiorno, ma da quando ha spento le 60 candeline non basta più: nella lettera che ha ricevuto dal comune c’è scritto che ci vuole la carta di soggiorno.

Sostenuto dall’Asgi e da Avvocati per niente, si è rivolto al Tribunale di Milano per un'”azione civile contro la discriminazione” ai sensi dell’articolo 44 del Testo unico sull’immigrazione.

“L’effetto paradossale – spiega l’avvocato che cura la causa dell’immigrato salvadoregno – è che stranieri indigenti e talora invalidi percepiscono il sussidio (importo massimo 500 euro) fino a 60 anni e poi lo perdono proprio quando con l’avanzare degli anni ne avrebbero piu bisogno”.

Un criterio illogico e anticostituzionale: “La Corte ha ripetutamente stabilito che non è possibile limitare le prestazioni assistenziali a coloro che hanno la carta di soggiorno, perché questa a sua volta richiede un reddito minimo – aggiunge il legale -, sicchè è assurdo escludere dalle prestazioni proprio coloro che non dispongono neanche di quel reddito minimo”.

Permesso di soggiorno – Si, se si conosce l’italiano

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Permesso di soggiorno – Si, se si conosce l’italiano

Patente d’italiano

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Per il rilascio del permesso di soggiorno lo straniero dovrà possedere un livello di conoscenza della lingua italiana che consente di comprendere frasi ed espressioni di uso frequente in ambiti correnti. E’ quanto prevede il Ministero dell’Interno con il decreto del 4 giugno scorso, dove sono individuate le modalità di svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana il cui superamento consentirà il rilascio del permesso per soggiornanti di lungo periodo.

Le disposizioni del decreto entreranno in vigore a partire dal 9 dicembre 2010, non si applicheranno ai figli minori di quattordici anni e agli stranieri affetti da gravi limitazioni alla capacità di apprendimento linguistico. La valutazione del livello di conoscenza della lingua italiana presso la Prefettura del luogo di residenza che, entro sessanta giorni dalla richiesta, convoca lo straniero per la prova.

Il test si svolgerà con modalità informatiche o – a richiesta dello straniero – tradizionali (prove scritte); il richiedente dovrà conseguire almeno l’ottanta per cento del punteggio complessivo. Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno CE, le Questure verificheranno la sussistenza del livello di conoscenza della lingua italiana attraverso il riscontro dell’esito positivo del test riportato nel sistema informativo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ovvero, nei casi di esonero dal test, attraverso il riscontro della relativa documentazione.

Manovra finanziaria – CGIL: no a condono falsi invalidi

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La provocazione della Lega

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No al condono sui falsi invalidi. E’ quanto sostiene la responsabile dell’ufficio Politiche per le disabilita’ della Cgil, Nina Daita, commentando l’emendamento alla Manovra finanziaria presentato dalla Lega Nord che prevede un condono per i falsi invalidi che, insieme ai loro medici, si autodenuncino entro i 180 giorni.

L’idea del Carroccio, afferma Daita, “costituisce l’ennesima provocazione della Lega”. Alla politica aggiunge, “chiediamo serieta’,non sono i controlli che vanno abrogati, ma la soppressione dell’articolo che prevede l’innalzamento della percentuale ‘invalidita’”. “Tutti i disabili e le loro famiglie -conclude Daita- sono indignati e sconcertati per l’iniquita’ della manovra e saranno in grado di difendere i pochi diritti acquisiti”.

Morte sopravvenuta dopo pochi istanti per infortunio, è danno tanatologico

Una nuova sentenza della Corte di Cassazione

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Con riferimento ad un caso di infortunio sul lavoro dal quale è derivata la morte del lavoratore, la Corte di Cassazione esamina la problematica del danno “tanatologico”, riconoscendolo in caso di morte sopravvenuta dopo pochi istanti dall’illecito (sentenza n. 13672 del 7 giugno 2010).

Un infortunio letale sul lavoro consente alla Suprema Corte di rielaborare i principi in tema di danno tanatologico: in particolare, la sentenza in epigrafe reca una grande apertura, riconoscendo il danno tanatologico in caso di morte sopravvenuta dopo pochi istanti dall’illecito.

Nella specie, la sentenza impugnata aveva escluso il risarcimento del danno del lavoratore proprio per la sua inconfigurabilità in ragione del tempo estremamente breve intercorso tra l’infortunio ed il decesso del lavoratore danneggiato.

La Suprema Corte cassa la decisione con rinvio, affermando un principio del tutto opposto: ritiene infatti che debba essere riconosciuto “il danno morale alla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine”. Il danno tanatologico resta così ancora inquadrato nell’ambito del danno morale, quale “sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita”, non assumendo rilevanza invece quale danno biologico.

Nella giurisprudenza di legittimità, in precedenza, la Cassazione (Sez. 3, Sentenza n. 8360 del 08/04/2010) ha ritenuto che il danno cosiddetto tanatologico o da morte avvenuta a breve distanza di tempo da lesioni personali, deve essere ricondotto nella dimensione dei danni morali e concorre alla liquidazione degli stessi da configurare in modo unitario ed onnicomprensivo, procedendosi alla personalizzazione della somma complessiva che tenga conto, perciò, anche della suddetta voce di danno, ove i danneggiati ne abbiano fatto specifica e motivata richiesta e sempre che le circostanze del caso concreto ne giustifichino la rilevanza.

Anche secondo un’altra sentenza emessa dalla Cassazione (n. 458 del 13/01/2009), il danno cosiddetto “tanatologico” o da morte immediata va ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita. Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva qualificato la predetta sofferenza della vittima come danno morale e non come danno biologico terminale, attestante l’inidoneità – essendo stato l’intervallo di tempo tra il sinistro e la morte di tre giorni – ad integrare gli estremi di quella fattispecie di danno non patrimoniale.

Da Ipsoa Francesco Buffa

Una bella vittoria per le neo mamme

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Diritti nei fatti

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Una bella vittoria quella del’avvocato Gabriella Del Rosso, legale dell’Inca Cgil Toscana che con la sua collega Yara Serafini ha tutelato i diritti di una donna fiorentina che  ha partorito il proprio bimbo con un anticipo di tre mesi e mezzo  sulla data presunta del parto. Il bimbo è rimasto però in un’incubatrice per ben 146 giorni.

Questa la ragione per la quale la neo mamma, dipendente di un’azienda privata ,aveva rivolto all’Inps e al suo datore di lavoro la domanda per ottenere un prolungamento dell’astensione obbligatoria dopo il parto in considerazione, appunto, di questo ricovero. La donna, voleva  semplicemente prolungare  il suo diritto a curare il proprio bambino aggiungendo ai tre mesi obbligatori decorrenti dalla data del parto i 146 giorni di ricovero del figlioletto.

La normativa generale prevede due mesi di astensione obbligatoria prima del parto e tre mesi dopo e, in caso di parto prematuro, la possibilità di sommare i due periodi (cinque mesi) al termine della gravidanza.

In questo particolare caso il bambino è tornato a casa 5 mesi dopo la data del parto, ragione per cui la donna poteva stare vicino al figlio solo per quattro giorni. Per poter assistere il bimbo che tre volte a settimana doveva essere portato all’ospedale per le visite di controllo, la giovane donna ha dovuto utilizzare i sei mesi di congedo parentale con uno stipendio ridotto al 30 per cento e, alla fine, è stata costretta a licenziarsi dopo che un primo ricorso d’urgenza era stato rigettato.

La neo mamma , nonostante l’amarezza per essersi dovuta licenziare, perché la ditta presso la quale prestava la propria attività lavorativa non gli aveva concesso neanche il part time ,si è dichiarata soddisfatta per il risultato ottenuto anche per le molte donne che si trovano nella sua stessa situazione e per le quali la sua sentenza potrà essere utile.

L’avvocato  Gabriella Del Rosso  ha sottolineato che, “ anche se l’Inps probabilmente farà ricorso, questa sentenza è la prima in Italia e, anche se nel merito, fa giurisprudenza. In questa materia c’era un vuoto legislativo e non esiste alcuna associazione che tuteli le donne che partoriscono prematuramente».

Oltre la macelleria sociale

Tagli indiscriminati

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Mentre in Italia il decreto-legge n. 78/2010 taglia i finanziamenti sociali complessivi mettendo a rischio la possibilità di assicurare i livelli essenziali di assistenza socio sanitaria che ricadranno esclusivamente sui lavoratori e sugli invalidi e non autosufficienti, accentuando il disagio sociale e colpendo le prospettive di sviluppo  del nostro paese, in Gran Bretagna uno studio condotto da ricercatori inglesi e pubblicato sul British Medical Journal mette in evidenza come le persone che si prendono cura dei malati di cancro ai polmoni vivono, come in uno specchio, gli stessi problemi psicologici e soffrono dello stesso stress dei malati.

Il risultato della ricerca condotto su alcuni pazienti scozzesi e sui loro familiari dice, infatti,  che chi si prende cura del malato subisce gli stessi effetti psicologici e sociali dalla malattia mimando in qualche modo le esperienze del paziente. In alcuni casi questo si traduce in un deterioramento anche della sua salute fisica che impedisce di prendersi cura del malato.

Gli autori dello studio concludono sostenendo che chi si occupa di un malato deve avere un sostegno durante tutta la fase della malattia e non solamente nelle fasi  finali. O, come spesso accade, mai.

E, aggiungiamo noi, specialmente in Italia dove si pensa addirittura di innalzare la percentuale di invalidità dal 74 all’85% escludendo dal diritto all’assegno di invalidità le persone prive di arti, affetti dalla sindrome di down o con patologie gravi si collocherebbero al di sotto dell’ 80% di invalidità ….

Cassa integrazione record a maggio

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Situazione stagnante e ripresa incerta

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Il ricorso alla cassa integrazione a maggio segna, ancora una volta, il dato più alto di sempre con circa 117 milioni di ore richieste mentre irrompe con tutto il suo peso la Cassa integrazione in deroga – lo strumento che estende gli ammortizzatori sociali ai lavoratori che finora non erano tutelati – segnando, da inizio anno a maggio, un aumento del 629,68% sui primi cinque mesi del 2009, per un totale di 120.759.864 ore di Cigd. E’ quanto si apprende da una nota diffusa dalla Cgil.

Da gennaio dello scorso anno a maggio 2010, in 17 mesi, sono state autorizzate 240.938.984 ore di Cigd. Questi i dati che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell’Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale e dalle quali risultano essere un milione e trecentotrentamila i lavoratori coinvolti nei processi di Cig mentre i riflessi sulla busta paga da inizio anno segnano una perdita secca di oltre 2 miliardi di euro.

Nel rapporto, inoltre, si analizza la deroga all’applicazione delle nuove norme in tema pensionistico in favore di un massimo di 10mila lavoratori coinvolti in processi di mobilità e che, secondo la Cgil, “determinerà un evidente disastro sociale per migliaia di lavoratori che si ritroveranno, finito il periodo di mobilità, licenziati e senza l’opportunità di andare in pensione”.

Secondo la vice segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, “i dati di maggio confermano quanto sia ancora pesante la crisi e incerta la ripresa: la situazione economica resta stagnante e non si intravedono scelte di politica industriale. Immobilismo senza idee, è questa la cifra politica di questo governo, ma nei processi economici tale atteggiamento non è consentito perché determina la marginalizzazione del paese dal panorama economico e industriale mondiale”.

Con gli interventi sulle pensioni annunciati dal governo nella correzione di bilancio, “si aprono – si legge nel rapporto – scenari ancora difficili per i lavoratori coinvolti in processi di mobilità e in attesa di pensione”. Secondo il rapporto della Cgil le nuove iscrizioni alle liste di mobilità accolte dall’Inps da gennaio 2009 ad oggi corrono al ritmo medio di 7.000 lavoratori al mese, inoltre, i lavoratori che nel corso del 2009 sono usciti dalla mobilità per fine periodo o per pensionamento sono stati intorno ai 50.000.

A giugno 2010, considerando le entrate e le uscite dalle liste, i lavoratori che usufruiscono dell’indennità di mobilità presumibilmente non sono meno di 120.000, che si aggiungono ad una quota strutturale di lavoratori in mobilità che si trascina dagli anni precedenti. La deroga all’applicazione delle nuove norme in favore di un massimo di 10mila lavoratori coinvolti in processi di mobilità, come previsto dal governo, determinerà secondo la Cgil “un evidente disastro sociale per migliaia di lavoratori che si ritroveranno, finito il periodo di mobilità, licenziati e senza l’opportunità di andare in pensione. Opportunità che nella maggioranza dei casi era stata la prerogativa e la condizione stessa della validità degli accordi di ristrutturazione”.

La Cgil sostiene quindi la necessità che la misura dei 10.000 posti disponibili venga cancellata dalla manovra evitando di creare ulteriori problemi e gravissime discriminazioni verso chi sta già maggiormente subendo gli effetti della crisi.

Bando di gara

21 giugno 2010

Bando di gara 
Affidamento di servizi di supporto operativo ed assistenza tecnica nell’ambito del Programma Anno Europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale

Pubblicato, nella Sezione Europa Lavoro, il Bando di gara per l’affidamento di servizi di supporto operativo ed assistenza tecnica nell’ambito del Programma Anno Europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

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Sgravi per la contrattazione di II livello

Sgravi per la contrattazione di II livello
Data pubblicazione: 18/06/2010

Testo NewsCon il  Messaggio numero 16214 del 18-06-2010.pdfsi comunica alle Aziende e ai Consulenti che dalle ore 15,00 del 21 giugno alle ore 23,00 del 11 luglio 2010, sarà possibile trasmettere via internet le domande utili a richiedere lo sgravio contributivo per l’incentivazione della contrattazione di secondo livello, riferito agli importi corrisposti nell’anno 2009. Sono autorizzati all’utilizzo dell’applicazione i Consulenti e le Aziende che sono abilitati alla trasmissione dei flussi DM/UNIEMENS o dei DMAG.

Amianto – Ordinanza di sospensione TAR Lazio

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Benefici previdenziali esposti amianto

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Nel 1992 il Parlamento ha previsto una sorta di misura riparatoria in favore dei lavoratori che sono stati esposti per significativi periodi di tempo alla inalazione e/o contatto con le polveri d’amianto.

Il protocollo sul welfare del 2007 ha disposto che i lavoratori dipendenti o ex dipendenti delle aziende interessate dagli Atti d’indirizzo ministeriali, con i quali venivano chiariti i destinatari dei benefici previdenziali, possono ottenere le certificazioni della loro esposizione all’amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica. Generalmente però gli Atti si riferiscono a periodi compresi entro il 1992 basandosi sul presupposto che dopo l’entrata in vigore della legge che ne vietava l produzione e la commercializzazione non si sarebbe più usato amianto e anzi sarebbero dovute iniziare le operazioni di bonifica. Purtroppo sia le bonifiche le la cessazione dell’utilizzo dell’amianto sono avvenute con molto ritardo e il legislatore ha esteso ai dipendenti delle aziende interessate da questi ritardi la possibilità di accedere a questi benefici di legge, correggendo il periodo temporale di copertura degli Atti di indirizzo già emanati.

Il Ministero del lavoro e l’Inail però sono intervenuti con una serie di decreti e di circolari che in maniera del tutto arbitraria e interpretando le legge in modo restrittivo, hanno limitato l’accesso ai benefici previdenziali ai soli dipendenti di quindici aziende che avrebbero dovuto produrre il loro curriculum lavorativo entro il 30 giugno 2010.

L’Inca ha subito denunciato l’inspiegabile restrizione del diritto, invitando le proprie strutture a presentare le domande per tutti i lavoratori dipendenti dagli stabilimenti interessati dagli Atti d’indirizzo perché i provvedimenti avrebbero leso i diritti di tutti coloro che non rientravano nella tipologia prevista dal Ministero del lavoro e dall’Inail e che invece avrebbero potuto vantare i vantaggi previsti dalla legge.

Il patronato della Cgil ha deciso, in collaborazione con l’INCA e la FIOM di Caserta e con il patrocinio dei suoi legali di ricorrere al TAR chiedendo l’annullamento della circolare emanata dall’INAIL in data 5/03/10.

Il ricorso ha ottenuto un primo successo, in quanto il TAR del Lazio, con ordinanza del 10 giugno, ha sospeso cautelativamente gli effetti della circolare INAIL, in attesa che il Consiglio di Stato si pronunci sul ricorso.

Il TAR nella sua decisione sostiene che le disposizioni previste dal comma 9bis della legge 25/10 devono riferirsi a tutti i siti di cui agli atti di indirizzo e che “… /la stessa non ha effetto di precludere l’iter ordinario di verifica da parte dell’INAIL in ordine ai differenti casi/,…”. Inoltre, insiste il TAR passando ad esaminare la circolare INAIL del marzo scorso, è da ritenersi ingiustificata la definizione “necessariamente” negativa delle domande presentate ai sensi del decreto ministeriale 12 marzo 2008, da parte dei lavoratori dipendenti da aziende non comprese nell’elenco allegato alla circolare stessa.

Per ora, quindi, l’effetto pratico dell’ordinanza si traduce nell’obbligo, per l’INAIL, di dover considerare *tutte* le domande presentate ai senso del comma 20 della legge 247/07, non potendo, per le motivazioni addotte dal TAR, respingere tout-court le domande dei lavoratori non dipendenti dalle aziende in elenco.

Manovra finanziaria – Riduzione della spesa in materia di invalidità

Diminuzione delle tutele nei confronti dei disabili

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L’articolo 10 del decreto legge 78 del 31 maggio 2010 (manovra finanziaria) interviene in materia di invalidità civile, cecità, sordità, handicap e disabilità.

Per quanto riguarda l’aumento della percentuale di invalidità per il diritto all’assegno mensile la nuova percentuale aumenta di ben 11 punti quella previgente (74%) e  si applica alle domande di invalidità civile presentate dal 1°giugno 2010.
Per le domande presentate prima del 1° giugno continuerà a trovare applicazione la previgente disposizione di cui all’articolo 9, comma 1, decreto legislativo 509 (74%).
L’individuazione del regime applicabile, quindi, secondo la nuova previsione, è opportunamente attribuito alla sola data di presentazione della domanda amministrativa. Sebbene la disposizione dell’articolo 10 disponga  l’applicazione della nuova e più restrittiva percentuale d’invalidità alle domande presentate dal 1° giugno, è doveroso sottolineare che in alcuni casi la sola presentazione della domanda entro il 31 maggio 2010 non garantisce la possibilità di accedere all’assegno con un’invalidità del 74%.
Infatti, oltre alla domanda presentata nei suddetti termini, è necessario che,  in sede di accertamento sanitario, il requisito risulti esistere alla data della domanda.  Inoltre, anche se il requisito sanitario è accertato come esistente a far data dalla domanda (presentata entro il 31 maggio 2010) ma la concessione della prestazione è negata all’ origine, con decreto di reiezione notificato all’interessato, per insussistenza del requisito reddituale,  in sede di nuovo accertamento, si terrà conto della nuova percentuale d’invalidità dell’85%.
La nuova domanda amministrativa coinvolge anche i casi di revoca dell’assegno mensile per superamento del limite reddituale. In tali casi, infatti, secondo le indicazioni dell’Inps,l’eventuale istanza di “riesame”  negli anni successivi assume valore di nuova domanda amministrativa e quindi nuovo accertamento sanitario con conseguente applicazione della nuova percentuale di invalidità. 
Di fronte alle forti reazioni sociali suscitate dall’incremento della percentuale minima di invalidità necessaria per ottenere il diritto al riconoscimento dei benefici economici, secondo notizie di stampa il governo sarebbe intenzionato a fare marcia indietro, avendo anche verificato con l’Inps che persone prive di arti, affetti dalla sindrome di down o con patologie gravi si collocherebbero al di sotto dell’ 80% di invalidità….

Estensione alle prestazioni di invalidità civile, cecità, sordità, handicap, disabilità e alle invalidità di natura previdenziale della “rettifica per errore”
 
La disposizione prevede l’applicazione della revisione per errore di cui all’art. 9 del dlgs 38/2000 –  relativa all’assicurazione infortunistica INAIL – alle prestazioni economiche che conseguono ad un riconoscimento del requisito sanitario di minorazione civile, handicap ed disabilità. Come per l’INAIL, la disposizione si dovrebbe applicare soprattutto nel caso di errore riguardante requisiti amministrativi (es. età anagrafica, convivenza, ricovero in istituto, limite reddituale, incompatibilità tra prestazioni, ecc.).
Non è chiaro se e come si possa applicare tale dispositivo a quei riconoscimenti che non danno luogo direttamente all’erogazione di una prestazione. Ad esempio, il riconoscimento della disabilità non dà, diritto a prestazioni economiche, ma, in base al collocamento mirato, può aver comportato l’assunzione del lavoratore disabile, garantita dalla legge 68/99.  
Sembrerebbe chiaro che in sede di verifica sanitaria, straordinaria e ordinaria, qualora venga riscontrato un errore di valutazione riferibile al primo accertamento effettuato dalla Commissione Asl, si debba applicare tale norma sulla rettifica e quindi non si può procedere a una modificazione peggiorativa della prestazione, se non nei limiti previsti di 10 anni. Tale criterio non è applicabile nel caso di dolo o colpa grave che rimane perseguibile anche oltre il decennio. Naturalmente la norma ribadisce il principio consolidato secondo cui se per errore si intende uno sbaglio di diagnosi, esso non potrà essere dimostrato utilizzando metodiche strumentali non esistenti all’epoca del primo accertamento.

 
Sanzioni nei confronti nei confronti dei medici

Nel caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari sono applicate le norme sanzionatorie, già in vigore per i pubblici dipendenti che giustificano l’assenza dal servizio con una certificazione medica falsa o una certificazione che attesta falsamente uno stato di malattia. In questi casi, il dipendente pubblico è punito con il carcere e con una multa. Al medico e a  “chiunque concorra alla commissione del delitto” viene applicata la stessa sanzione.

Potenziamento del programma di verifica

Il comma 2 dell’articolo 20 della legge 102/2009 viene così modificato: “L’INPS accerta altresì la permanenza dei requisiti sanitari dei confronti dei titoli di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Per il triennio 2010-2012 l’INPS effettua, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all’ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l’anno 2010 e 200.000 verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari dei benefici economici di invalidità civile”.
Un osservazione nel merito rispetto alla rettifica per errore per la quale, pensiamo, possa essere attivata anche in sede delle 500.000 verifiche previste dal 2010 al 2012.

Alunno in condizione di handicap

Le novità introdotte dal dl 78/10 riguardano:
l’accertamento collegiale dell’handicap per il quale i componenti del collegio medico sono “responsabili di ogni eventuale danno erariale proveniente da un errata valutazione di handicap o di handicap grave”; la formulazione del PEI (piano educativo individualizzato), per il quale i genitori dell’alunno, gli operatori della ASL, il personale insegnante specializzato della scuola e l’insegnante operatore psico-pedagogico, devono anche individuare le risorse necessarie e il numero delle ore di sostegno finalizzate esclusivamente all’educazione e all’istruzione; le ulteriori risorse professionali e materiali previste dal PEI sono a carico di altri soggetti istituzionali (comune, regione, provincia? Altri?)
In tema di alunni con disabilità va ricordata la recentissima sentenza della Corte Costituzionale (n. 80/2010) che ha stabilito l’illegittimità costituzionale della norma che fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno ed esclude  la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga quando nelle classi vi sono alunni con disabilità gravi.
Secondo l’Alta Corte, l’amministrazione scolastica non può compromettere il diritto del disabile ad una effettiva assistenza didattica. Nella sentenza viene inoltre ricordato che la legge 449/97 (art. 40) dispone che venga assicurata l’integrazione scolastica agli alunni disabili con interventi adeguati al tipo ed alla gravità dell’handicap, compresa la possibilità di assumere, in deroga al rapporto docenti alunni,  insegnanti di sostegno con contratto a tempo determinato quando vi sono alunni con handicap particolarmente gravi.
La manovra proposta prevede un congelamento degli organici di sostegno 2009/2010 anche per il nuovo anno scolastico stabilendo l’esclusione dal computo di ogni eventuale richiesta di adeguamento dell’organico in relazione all’aumento delle richieste.
Inoltre, al comma 5 dell’articolo è inserita una disposizione  dedicata ai collegi medici deputati all’accertamento della condizione di handicap che è all’origine del percorso di individuazione delle cattedre di sostegno. Questa disposizione potrebbe comportare una netta diminuzione dei riconoscimenti di handicap, anche nei casi più gravi, con la conseguente netta diminuzione degli insegnanti di sostegno. 
Va osservato, che il rispetto della sentenza della Corte Costituzionale potrebbe comportare una tutela più garantita agli alunni con handicap avente carattere di gravità, ed una tutela inferiore nei confronti degli alunni con handicap meno gravi, cioè con disagi minori.

Immigrazione – Cure anche per i malati irregolari

Permesso soggiorno provvisorio per malattia

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Se un cittadino straniero irregolare, ha una malattia grave, non curabile nel suo Paese, ha diritto ad usufruire delle cure sanitarie urgenti e essenziali in Italia, ottenendo pertanto un permesso provvisorio per la terapia. Lo ha stabilito una sentenza del Tar Sicilia e lo rende noto il centro studi e documentazione sulle migrazioni del comune di Palermo.

Protagonista della storia è una cittadina nigeriana che aveva chiesto alla questura di Palermo il rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche e per motivi umanitari, essendo affetta da sindrome Hiv. ‘

‘La medicine somministrate in Italia non erano presenti nel paese di origine della malata”, afferma il centro studi. A questa richiesta la questura di Palermo non ha dato alcuna risposta. La signora ha presentato ricorso al silenzio dell’amministrazione. Il Tar lo ha accolto ritenendo ”illegittimo il silenzio della questura per violazione della legge che disciplina l’assistenza sanitaria pergli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale” e ha stabilito che ”ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorche’ continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva”.