Archivi giornalieri: 9 giugno 2010

Cgil – La manovra economica è iniqua e divide il Paese

Vanificata ogni prospettiva di rilancio economico

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La manovra economica varata dal governo italiano “è priva di di equità”, perché scarica i propri effetti sui lavoratori pubblici in particolare misura,  e privati e, attraverso i tagli pesanti e indifferenziati agli enti locali, su cittadini, precari, pensionati, mentre non chiede niente alla rendita, ai patrimoni, alle imprese, ai redditi medio alti”.

Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ribadisce così, in occasione del direttivo dell’organizzazione sindacale le valutazioni negative sulla manovra del governo e chiama alla mobilitazione contro le misure contenute nel provvedimento che culminerà nella manifestazione nazionale del 12 giugno e nello sciopero generale previsto per la fine del mese.

”E’ una manovra che divide il Paese – continua Epifani – colpisce il Mezzogiorno, a cui sono sottratti di fatto i fondi Fas, si accanisce contro il lavoro, colpisce in modo particolare i giovani, che hanno sempre minori prospettive per il proprio futuro, e non avrà nemmeno gli effetti auspicati sui conti perchè, colpendo questi ceti, vanifica ogni prospettiva di rilancio dei consumi e dell’economia”. 

Sul versante del fisco i provvedimenti di lotta all’evasione sono “parziali e contraddittori”. Il segretario della Cgil sottolinea che “non si può combattere l’evasione fiscale e contemporaneamente riproporre condoni; l’ipotesi di recuperare 8 miliardi dall’evasione sembra poi piuttosto aleatoria e questo fa temere che entro pochi mesi sara’ necessaria un’altra manovra”.

“L’unica soluzione vera, moderna, equa e rispettosa del principio di stabilità finanziaria è quella della flessibilità in uscita per la vecchiaia, uguale per uomini e donne, pubblici e privati”- prosegue Epifani che evidenzia  come  – “le novità sul fronte delle pensioni costituiscono un aggravamento del quadro tanto per i lavoratori pubblici che per i lavoratori privati e gli autonomi”. “A questo, poi – prosegue il segretario della Cgil – si aggiunge l’intervento Ue sulla parita’ fra donne e uomini nel pubblico”.

”Si profila una cosa mai vista, un salto brutale di cinque anni che ci viene imposto dall’Europa, una cosa del tutto iniqua per le donne che si troveranno in quella fascia. Il governo -sottolinea Epifani- ha fatto così un capolavoro: ha varato provvedimenti-spot per fare cassa, ora deve subire la decisone Ue e tutto questo senza mai intervenire sul problema vero del sistema pensionistico italiano e cioè sulla prospettiva previdenziale dei giovani e a favore di un principio di equità intergenerazionale”.

Pensioni – La parità non può iniziare dall’età

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Per una equa parità

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“In Italia prima di equiparare l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini è necessario sciogliere alcuni nodi. L’anticipato pensionamento delle donne non è stato un regalo ma il riconoscimento esplicito del doppio carico di lavoro, familiare e professionale, delle donne, soprattutto nel nostro Paese”. A dichiararlo è l’europarlamentare Silvia Costa (PD) che così chiarisce il suo pensiero: ”L’allineamento dell’età pensionabile a quella dell’uomo nel settore pubblico, peraltro da tempo richiesto dall’UE, è effettiva parità solo se contemporaneamente si  attuano alcune condizioni che riducano  lo squilibrio esistente tra il lavoro femminile e maschile, a cominciare dalla parità di retribuzione, dall’accesso al lavoro”.

”La manovra finanziaria del Governo – aggiunge – attraverso pesantissimi tagli ai trasferimenti agli Enti locali, all’istruzione, alla sanità, invece che investire in nuovo welfare,ridurrà ulteriormente i servizi esistenti”.  ”Queste carenze – prosegue Silvia Costa – sono alla base della discontinuità  e della fragilità sia della vita lavorativa delle donne ma anche della bassa natalità in Italia – l’ultimo Paese in Europa – che porta poi a gravi squilibri tra le pensioni di anzianità maschili e femminili, alla concentrazione delle donne nelle pensioni di vecchiaia, alla presenza massiccia delle donne tra le pensioni piu’ basse.

L’aumento dell’età pensionabile può essere per molte donne l’occasione di invertire questi dati, ma solo se si risolveranno le condizioni di sostenibilità umana, familiare e sociale che le riguarda”.

”Il Governo – conclude – ci faccia sapere quali sono le misure di accompagnamento e di compensazione  che intende mettere in atto per ottemperare al richiamo della Commissaria Reding. Non vorrei che in Italia il risanamento dei conti pubblici venisse pagato soprattutto dalle donne”

Incidenti Lavoro – Governo “semplifica”e giudice non può perseguire

E’ solo una questione di semplificazione?

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Il datore di lavoro non sarà più obbligato a denunciare all’autorità locale di pubblica sicurezza gli infortuni sul lavoro con prognosi superiore a 3 giorni ma solo all’Inail con il conseguente rischio che il giudice non possa perseguire eventuali rilievi penali. Lo denuncia la CGIL in merito alle disposizioni previste dal provvedimento in materia di ‘semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l’emanazione della Carta dei doveri delle PA e per la codificazione in materia di PA che interviene sulle denunce degli infortuni, compresi quelli gravi e mortali, e che verrà discusso oggi alla Camera.

“Il datore di lavoro – spiega in una nota la CGIL – non sarà più obbligato a denunciare all’autorità locale di pubblica sicurezza gli infortuni con prognosi superiore a 3 giorni ma solo all’Inail. Quest’ultima comunicherà solo quelli mortali o con rischio morte o prognosi superiore a 30 giorni alla Direzione Provinciale del Lavoro e non più al Giudice. In vigenza dell’art. 365 del codice penale sarà competenza del personale sanitario valutare se sono presenti i caratteri di un delitto per il quale si procede d’ufficio, infortunio lavorativo da cui derivi la morte o una lesione grave o gravissima, e quindi con obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria. Così – conclude – mentre si scaricano sul personale sanitario altre incombenze, salta quindi sia la conoscenza dell’autorità di pubblica sicurezza (comprese le Asl) di quanto avviene nei luoghi di lavoro, sia la certezza per la Magistratura di essere messa a conoscenza di delitti penali da perseguire”.

Anche Cesare Damiano e Donella Mattesini, capogruppo e compnente PD in Commissioen lavoro della Camera hanos ottolineato che “Con la scusa della semplificazione si fa un attacco violento ai diritti fondamentali dei lavoratori che riguardano gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.   ”In questo modo – proseguono i due deputati – si toglie l’obbligo da parte del datore di lavoro di denuncia dell’infortunio all’autorità di pubblica sicurezza e alla magistratura e nel contempo si obbliga l’Inail a farsi carico senza oneri aggiuntivi della denuncia di infortunio alla Direzione provinciale del Lavoro. Non solo: la mancata denuncia impedirà alla magistratura di indagare. Oggi entro 3 giorni si deve denunciare alle autorità qualunque tipo l’infortunio con questa nuova norma andrà denunciato solo se c’è una inabilità superiore  a 30 giorni”. 

”Questo governo ha già iniziato con precedenti provvedimenti a smantellare il testo unico sulla sicurezza nei luoghi di  lavoro e – concludono – questo si incrocia con una scelta della manovra finanziaria che prevede la soppressione dell’Ispsel importante ente di ricerca sui temi della sicurezza”.

Assegno di invalidità agli stranieri

L’assegno non può essere vincolato alla carta di soggiorno

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La concessione dell’assegno d’invalidità non può essere vincolata alla carta di soggiorno: è quanto ha stabilito  nei giorni scorsi la Corte costituzionale, che con la sentenza 187/2010 ha dichiarato illegittimo l’articolo 80 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), che al comma 19 limita il diritto “all’assegno sociale e alle provvidenze economiche […] agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno”. 

Il giudizio di legittimità dell’articolo era stato richiesto dalla Corte di appello di Torino, in seguito al ricorso di una cittadina romena regolarmente residente in Italia che, pur essendo stata riconosciuta invalida con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura superiore ai 2/3, in base ad una percentuale accertata dell’80%, poi aggravatasi fino al 90%, si era vista negare l’assegno d’invalidità civile, in quanto non titolare di carta di soggiorno. Il Tribunale di Torino aveva dunque interpellato la Corte, denunciando come la norma impugnata ponesse “una discriminazione nei confronti dello straniero rispetto al cittadino, in violazione dell’art. 14 della Convenzione per la salvaguarda dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.

La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso, rilevando come “la disposizione oggetto di impugnativa abbia senz’altro perseguito una finalità restrittiva in tema di prestazioni sociali da riconoscere in favore dei cittadini extracomunitari”.
Il giudizio conclusivo è quindi di incostituzionalità dell’articolo 80, “nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione, agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, dell’assegno mensile di invalidità”.

Non è la prima volta che la Corte Costituzionale interviene sullo stesso articolo della medesima legge: con la sentenza 306/2008 aveva infatti sferrato un primo colpo contro quello norma, nella parte in cui escludeva che l’indennità di accompagnamento potesse essere attribuita alle persone straniere extracomunitarie, solo perché non in possesso dei requisiti di reddito. Meno di un anno dopo, con la sentenza 11/2009, la Corte era tornata a occuparsi dello stesso articolo, stabilendo che il legislatore non potesse negare la pensione di inabilità alle persone straniere invalidi civili, solo perché sprovviste del reddito necessario e sufficiente per ottenere il permesso di soggiorno CE.

“Questa sentenza – commenta il ricercatore Sergio Briguglio, riferendosi al nuovo pronunciamento – dà quindi un colpo quasi definitivo alla restrizione introdotta da art. 80, co. 19 L. 388/2000, restando in piedi, per il momento, la possibilità di richiedere il soggiorno quinquennale pregresso solo per misure che, appunto, costituiscano semplice integrazione di un reddito già sufficiente a garantire il sostentamento vitale”.

Parità di genere in Europa

I nemici delle donne sono ancora gli stereotipi

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In Europa la parità di genere è ancora lontana e la colpa è principalmente degli stereotipi legati al sesso che giocano un ruolo fondamentale nella scelta degli studi e delle carriere. Abbattere questi stereotipi è, infatti, la sfida dei programmi comunitari di istruzione. “La correlazione tra genere e risultato educativo è mutata notevolmente nell’ultimo cinquantennio ed ora le differenze acquistano forme più complesse – ha commentato Androulla Vassiliou, Commissario europeo responsabile per l’istruzione – Il personale scolastico è costituito per lo più da donne, ma i sistemi educativi sono gestiti da uomini. Il numero maggiore di laureati sono donne mentre il fenomeno della dispersione scolastica interessa maggiormente i ragazzi. Dobbiamo basare le politiche per la parità tra i sessi su questa situazione di fatto.”

Oggi la Commissione Europea ha pubblicato uno studio che fa riferimento alla rete Eurydice che raccoglie e analizza i dati relativi ai sistemi educativi. Lo studio riguarda 29 paesi (tutti gli Stati membri dell’UE, tranne la Bulgaria, più l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia). Tutti i paesi europei dispongono di politiche in materia di parità tra i sessi nel campo dell’istruzione o intendono dotarsene; gli obiettivi di questi programmi sono: superare i tradizionali ruoli e stereotipi legati al sesso, aumentare la presenza delle donne negli organi decisionali, superare i pattern relativi ai risultati educativi in funzione del sesso, e lottare contro le molestie basate sul genere nelle scuole.

Solo la metà dei paesi europei ha elaborato orientamenti che tengono conto delle componenti di genere. Anche se vi sono iniziative e progetti individuali interessanti, mancano strategie nazionali di portata generale volte a superare gli stereotipi di genere per quanto concerne la scelta delle carriere come mancano anche le iniziative rivolte ai ragazzi. Le donne rappresentano la maggioranza degli studenti e dei laureati in quasi tutti i paesi e sono particolarmente presenti nel mondo dell’istruzione, della sanità, nel welfare e negli ambiti umanistico e artistico. Gli uomini sono maggiormente presenti nell’ingegneria, nell’industria manifatturiera e nella costruzione.

Circa i due terzi dei paesi hanno posto in atto politiche per la parità tra i sessi nel campo dell’istruzione superiore. Quasi tutte queste politiche e questi progetti riguardano però soltanto le donne. D’altro canto, la proporzione delle donne tra il personale didattico nelle istituzioni dell’istruzione superiore cala via via che si sale la piramide accademica. Tuttavia, soltanto un terzo dei paesi ha attuato politiche concrete per affrontare questo problema di segregazione verticale.

Sanatoria, “truffati tantissimi stranieri”

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Sanatoria, “truffati tantissimi stranieri”

Truffati  due volte

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“Sono molti i lavoratori stranieri  venuti direttamente per raccontarci di essere stati truffati”. Una stima, quella dello sportello immigrazione Arci, che però non tiene conto di quanti chiedono informazioni per “gli amici” o di chi, per timore, non denuncia nemmeno alle associazioni la truffa subita. “Tantissimi stranieri – dicono – sono stati truffati durante la sanatoria dello scorso settembre”. Truffati per qualche migliaia di euro, ma non possono sporgere denuncia, pena l’arresto e l’espulsione perché irregolari.

Avere un’idea delle reali dimensioni del fenomeno, però, è impossibile. Le cifre estorte sono esorbitanti: raramente scendono sotto i 2 mila euro, ma possono arrivare fino a 6 mila euro e oltre. E gli stratagemmi messi in atto dai truffatori, molto fantasiosi. Ci sono storie di un’ingenuità incredibile: molti di questi lavoratori sono stati abbagliati dal miraggio di una regolarizzazione e, in buona fede, si sono fidati. A monte, la disperazione di chi, dopo anni di lavoro in Italia, non era riuscito a mettersi in regola: la sanatoria per colf e badanti rappresentava l’unica possibilità di mettersi in regola. L’ultima possibilità prima dell’entrata in vigore del reato di clandestinità.

“La regolarizzazione riservata solo a colf e badanti ha permesso che si creasse un mercato nero di vendita di documenti falsi e di prestanomi per il permesso di soggiorno -denuncia lo sportello immigrazione dell’Arci -. Sono anni che non si fa una sanatoria e, per i lavoratori stranieri irregolari residenti in Italia da tanto tempo, non c’era altra alternativa”. L’ultima regolarizzazione ha dimostrato che “non sono gli stranieri che vogliono rimanere nella ‘clandestinità’ ma che, appena il governo offre una possibilità, cercano di mettersi in regola”. Per questo motivo urge una nuova regolarizzazione per tutti gli immigrati.

UE- Pensioni a 65 anni entro il 2012

A rischio infrazione ….

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L’Unione Europea insiste: “l’Italia deve applicare la sentenza della Corte di Giustizia Ue sull’equiparazione dell’età pensionabile di donne e uomini del pubblico impiego a 65 anni entro il 2012”. E’ il limite massimo che la commissaria alla Giustizia e diritti civili, Viviane Reding, ha prospettato al ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, durante un incontro a Lussemburgo.

“La commissaria – ha osservato il portavoce Mattew Newman – capisce che l’Italia ha difficoltà ma deve applicare la sentenza della Corte. Il cambiamento della legge può essere combinato con le misure di consolidamento di bilancio del Governo”- ha aggiunto riferendosi alla manovra sui conti pubblici annunciata nei giorni scorsi. Al ministro Sacconi, la Reding ha ricordato che “tutti gli Stati devono essere trattati allo stesso modo”. La Ue insiste dunque sul fatto che il periodo di transizione “deve essere breve. La nuova legislazione deve entrare in vigore entro il 2012” -ha concluso il portavoce.

In ogni caso, il Consiglio dei ministri discuterà dell’innalzamento dell’età pensionabile già dalla prossima seduta, che si terrà in settimana. “Prenderemo una decisione e la prederemo velocemente, probabilmente al prossimo Cdm”, ha detto ieri il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta.

Nell’incontro di oggi Sacconi ha cercato di trovare un accordo compatibile con le esigenze della Commissione. Bruxelles insiste per la piena attuazione di una sentenza del 2008 della Corte europea di Giustizia, che ingiungeva all’Italia di procedere all’equiparazione dell’età pensionabile, respingendo le argomentazioni del governo secondo cui l’attuale differenza a favore delle donne serve a compensare gli svantaggi e i problemi che queste ultime subiscono durante la loro carriera professionale.

“Si tratterà di trovare una giusta mediazione – aveva detto prima dell’incontro di oggi Brunetta – penso che si troverà una soluzione equilibrata”. “La Ue si è un po’ accanita, dice che il lasso di tempo da qui al 2018 è troppo lungo”. Se non si raggiungeranno gli obiettivi nei tempi prefissati il rischio è quello dell’infrazione o addirittura di una multa.

Manovra finanziaria – Negato il diritto alla rivalutazione L. 210

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Diritti negati …..

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“Con la recente manovra finanziaria vengono lesi i diritti di migliaia di cittadini che hanno contratto, per negligenza dello Stato, gravissime malattie, come l’AIDS e l’epatite virale, a seguito di contagio con sangue infetto: a loro spetterà un terzo in meno della pensione”.
Lo affermano in un comunicato l’avvocato Mario Lana, presidente dell’Unione Forense per la tutela dei diritti dell’uomo e del Coordinamento Sangue Infetto e gli avvocati Massimo Dragone, Stefano Bertone, Marco Calandrino, Simone Lazzarini; Luigi Delucchi, Dario Cutaia, Giovanni Antonio Fara, Alessio Oldrini; Piero Moreschini; Alberto Cappellaro; Massimiliano Poggianti; Angelo Ressa; Marco Impelluso; Michele Scolamiero; Carmelo Chimirri, Fulvio Tomai, Ermanno Zancla, Paola Perrone, Quirino Mescia, Paola Soragni, Mauro Trevisson e gli altri legali che sottoscrivono il comunicato, che difendono oltre 5000 danneggiati in causa contro il Ministero della Salute.
“L’articolo 11 commi 13 e 14 del DL 782010” – dichiarano i legali – “nega la rivalutazione degli indennizzi con decorrenza retroattiva, congelando gli importi al 1992. Un salto indietro di 18 anni, quando le cifre erano ancora in lire, che comporta una perdita del valore della pensione delle vittime da sangue infetto di oltre un terzo. E’ un provvedimento ingiusto e discriminatorio che va a colpire una categoria di <<veri>> invalidi, gravemente ammalati e bisognosi di cure”.
La manovra va anche ad incidere sui procedimenti giudiziari in corso, fornendo un’interpretazione autoritativa della normativa passata, in contrasto con moltissime sentenze dei Tribunali di più parti d’Italia e di fatto condizionando i giudizi pendenti. 
Sottolineando l’inammissibile interferenza del potere legislativo su quello giudiziario e l’irragionevole disparità di trattamento, gli avvocati ritengono che il decreto violi la Costituzione e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e si auspicano che in sede di conversione vengano eliminati i commi 13 e 14 perché, diversamente, sarà assai probabile un ricorso alla Corte Costituzionale e alla Corte di Strasburgo. Quest’ultima ha già condannato l’Italia per la violazione di tali diritti nel caso di cittadini talassemici danneggiati da emotrasfusioni infette.
“Piuttosto” – concludono nel comunicato – “sarebbe assai più efficiente per il risanamento delle finanze dello Stato prevedere il collegamento telematico tra gli uffici erogatori degli indennizzi e pensioni di invalidità e gli uffici dello stato civile, in modo da aggiornare in tempo reale l’elenco degli invalidi deceduti, evitando in tal modo eventuali abusi.”