Archivi giornalieri: 1 giugno 2010

L’indennità di frequenza – Nuova sentenza al termine di causa Inca Cgil

Diritti senza frontiere

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Non serve che i genitori abbiano la Carta di Soggiorno o, come si chiama ora, il permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo, come invece sostenevano INPS e ASL. L’indennità mensile di frequenza è un diritto anche dei disabili minorenni figli di cittadini immigrati.

Lo sostiene una sentenza del Tribunale di Bergamo del 13 maggio (la n°384/2010) dopo la causa avviata il  28 gennaio dall’INCA CGIL di Bergamo (che arrivava a seguito di una richiesta respinta a livello amministrativo; il ricorso era stato presentato il 18 settembre 2009) per la vicenda di B.A., un bambino disabile di 4 anni, nato a Bergamo, ma la cui famiglia è originaria della Tunisia.

L’indennità mensile di frequenza è un assegno che l’INPS corrisponde agli invalidi civili minori, con l’obiettivo di fornire un aiuto nell’inserimento in scuole, centri di formazione o di addestramento professionale e in strutture educative, riabilitative e terapeutiche accreditate.

La Commissione Sanitaria per l’accertamento degli stati di invalidità civile nel giugno 2006 aveva qualificato B.A. ‘minore con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età’, riconoscendo pertanto i presupposti sanitari per ottenere l’indennità di frequenza pari a € 256,67 mensili.

“L’INPS, tuttavia, ha sostenuto (e così anche ASL) che la condizione di residente regolare del genitore del minore non sarebbe condizione sufficiente per l’accesso al beneficio, occorrendo il permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo” spiega Enzo Mologni, direttore dell’INCA CGIL di Bergamo. “Secondo il Giudice, l’indennità di frequenza ha la finalità di consentire la frequenza periodica di centri specializzati nel trattamento terapeutico per la riabilitazione o il recupero di minori affetti da handicap, o, in alternativa la frequenza di Istituti per l’insegnamento in cui i minori possono essere adeguatamente reinseriti. I predetti presupposti sono estranei alla questione della titolarità in capo al genitore del permesso di soggiorno CE nel territorio dello Stato. Esiste una recente giurisprudenza costituzionale volta a rimuovere, nella tutela dell’invalidità civile, gli ostacoli rappresentati dalla nazionalità extracomunitaria secondo determinati presupposti. È sufficiente rilevare che il beneficiario, in quanto minore, è sottratto alle problematiche giuridiche sostenute dalle due parti (INPS e ASL). Il minore ha diritto alla protezione direttamente discendente dagli artt.2 e 31 Cost, dalla Convenzione ONU di New York del 1989 e dalla Convenzione di Lussemburgo del 1980, nonché dal regolamento CEE 289/2003 art.1. Il Tribunale di Bergamo dichiara pertanto che il minore ha diritto all’indennità di frequenza con decorrenza dalla domanda amministrativa con condanna dell’INPS alla relativa prestazione”.

Sud, il lavoro delle donne slitta verso l’Africa

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Il divario Nord/Sud

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Il divario Nord-Sud, per quanto riguarda la dinamica dell’occupazione femminile, dal 2003 ad oggi è aumentato “in misura considerevole”, al punto che “l’analisi economica deve necessariamente fare riferimento ad almeno due realtà distinte: da una parte il Centro-Nord, omogeneo al contesto dell’Unione Europea, dall’altra il Mezzogiorno che, in assenza di politiche efficaci, capaci di incidere sul tessuto socio-cultuale prima ancora che su quello economico, pare destinato ad una deriva spontanea verso le economie più arretrate dell’Africa mediterranea”. Questa l’analisi contenuta nel rapporto sul Mezzogiorno 2010 dell’Ires.

Secondo l’istituto di ricerca della Cgil “la differenza territoriale tra tassi di attività, se letta per titolo di studio, è particolarmente rilevante nella componente a basso livello di scolarità. La partecipazione femminile tra le non scolarizzate del Sud (fino alla licenza media) raggiungeva nel 2008, nella fascia di età tra i 30 e i 49 anni, un magro 25%, contro il 63% del Nord ed il 51% del Centro”. Questo dato, “più che riflettere i diversi orientamenti culturali chiama in causa ambiti e qualità delle occasioni di lavoro offerte alle donne meridionali a basso livello di scolarità: quando ad un’occupazione modesta e insicura – rileva il rapporto Ires – corrisponde una retribuzione insufficiente a compensare il reddito equivalente al lavoro domestico e di cura a cui si rinuncia e quando il sistema di welfare non garantisce i servizi minimi di sostegno alla famiglia, non deve sorprendere lo scoraggiamento che induce molte donne a ritirarsi dal mercato, soprattutto dopo la nascita di un figlio”.

Istruzione superiore, ‘terziarizzazione”‘ dell’economia e flessibilità hanno, riporta la ricerca, favorito l’ascesa delle donne nel mondo del lavoro. La flessibilizzazione, spiega il rapporto, “ha reso certamente più dinamico il confronto tra domanda e offerta, rimuovendo alcuni elementi di rigidità, ma ha generato un’area estesa di instabilità occupazionale, fatta di contratti a termine (dipendenti, in somministrazione e autonomi) e caratterizzata da alta mobilità tra impieghi diversi e tra occupazione e disoccupazione”. Nel Sud quest’area è relativamente più ampia, persistente e particolarmente diffusa tra le donne: “nel 2008, con riferimento alle classi di età centrali (35-54 anni), interessava quasi una donna adulta occupata su 4 (una su tre con basso titolo di studio)”.

Secondo l’Ires “il lavoro temporaneo rischia di relegare le lavoratrici in una condizione di marginalità sociale, caratterizzata da discontinuità nei rapporti professionali, redditi ridotti e spesso del tutto insufficienti. Non a caso la frazione di donne occupate in età 25-54 anni è maggiore per chi non ha figli (66.5%, media 2008) rispetto a chi ha affrontato la maternità (49.2%): una donna ‘precaria’ dipende ancora dal partner, in termini di reddito e di copertura assicurativa, e rafforza il modello basato sul maschio lavoratore capofamiglia (strong male breadwinner) e sulla asimmetria di genere nella distribuzione del lavoro”. Questo circolo, definito ‘vizioso’, vale secondo il rapporto “per l’occupazione femminile italiana nel suo complesso ma soprattutto nel Mezzogiorno, dove lo stato sociale denuncia drammatiche carenze e il contesto culturale è spesso ostile all’emancipazione della donna”.

Corte Costituzionale: assegno d’invalidità anche per gli stranieri senza carta di soggiorno

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Una questione di incostituzionalità

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La concessione dell’assegno d’invalidità non può essere vincolata alla carta di soggiorno: è quanto ha stabilito  nei giorni scorsi la Corte costituzionale, che con la sentenza 187/2010 ha dichiarato illegittimo l’articolo 80 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), che al comma 19 limita il diritto “all’assegno sociale e alle provvidenze economiche […] agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno”.
 
Il giudizio di legittimità dell’articolo era stato richiesto dalla Corte di appello di Torino, in seguito al ricorso di una cittadina romena regolarmente residente in Italia che, pur essendo stata riconosciuta invalida con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura superiore ai 2/3, in base ad una percentuale accertata dell’80%, poi aggravatasi fino al 90%, si era vista negare l’assegno d’invalidità civile, in quanto non titolare di carta di soggiorno. Il Tribunale di Torino aveva dunque interpellato la Corte, denunciando come la norma impugnata ponesse “una discriminazione nei confronti dello straniero rispetto al cittadino, in violazione dell’art. 14 della Convenzione per la salvaguarda dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.
La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso, rilevando come “la disposizione oggetto di impugnativa abbia senz’altro perseguito una finalità restrittiva in tema di prestazioni sociali da riconoscere in favore dei cittadini extracomunitari”.
Il giudizio conclusivo è quindi di incostituzionalità dell’articolo 80, “nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione, agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, dell’assegno mensile di invalidità”.
 
Non è la prima volta che la Corte Costituzionale interviene sullo stesso articolo della medesima legge: con la sentenza 306/2008 aveva infatti sferrato un primo colpo contro quello norma, nella parte in cui escludeva che l’indennità di accompagnamento potesse essere attribuita alle persone straniere extracomunitarie, solo perché non in possesso dei requisiti di reddito. Meno di un anno dopo, con la sentenza 11/2009, la Corte era tornata a occuparsi dello stesso articolo, stabilendo che il legislatore non potesse negare la pensione di inabilità alle persone straniere invalidi civili, solo perché sprovviste del reddito necessario e sufficiente per ottenere il permesso di soggiorno CE. “Questa sentenza – commenta il ricercatore Sergio Briguglio, riferendosi al nuovo pronunciamento – dà quindi un colpo quasi definitivo alla restrizione introdotta da art. 80, co. 19 L. 388/2000, restando in piedi, per il momento, la possibilità di richiedere il soggiorno quinquennale pregresso solo per misure che, appunto, costituiscano semplice integrazione di un reddito già sufficiente a garantire il sostentamento vitale”.