Un’ atera tontesa subra sa limba sarda:

Un’atera tontesa subra sa limba sarda:

Il sardo è una lingua “arcaica” inadatto a esprimere la “modernità”!

Il sardo secondo alcuni sarebbe rimasto “bloccato”, cioè ancorato
alla tradizione agropastorale, perciò incapace di esprimere
la cultura moderna: da quella scientifica a quella tecnologica, dalla filosofia alla medicina ecc. ecc.
Intanto non è vero che il sardo sia completamente “bloccato”:
termini e modi di dire dell’italiano dovuti allo sviluppo culturale
scientifico e sociale impetuoso negli ultimi decenni sono entrati nella lingua sarda, così come termini e modi di dire stranieri – soprattutto inglesi – sono entrati nella lingua italiana che li ha giustamente assimilati.
Questo “scambio” è una cosa normalissima e avviene
in tutte le lingue e tutti i sistemi linguistici, sia quelli di società “più
avanzate”, scientificamente ed economicamente, sia di società “più
arretrate” sono in grado di esprimere i più moderni concetti e le più
moderne e complesse teorie, prendendo in prestito terminologia e
lessico da chi li possiede: come il contadino, che se ha finito l’acqua
del proprio pozzo, l’attinge dal pozzo del vicino.
A rispondere, del resto, a chi parla di “blocco” e di incapacità di
alcune lingue a esprimere l’intero universo culturale moderno, sono
due intellettuali e linguisti di prestigio. Scrive Sergio Salvi, gran
conoscitore della Sardegna e delle minoranze etniche e linguistiche:
“La rimozione de “blocco” è pienamente possibile. Farò soltanto
l’esempio, così significativo ed eloquente della lingua vietnamita,
storicamente e politicamente dominata, fino a tempi recenti, prima dalla
cinese e poi dal francese, una lingua che non solo ha brillantemente
rimosso il proprio “blocco” dialettale, ma che pur non possedendo
ancora un completo vocabolario tecnico-scientifico, ha creato “una
grande corrente di pensiero”, eppure settant’anni fa il vietnamita era
soltanto un “dialetto” o meglio un gruppo di dialetti”.
Sullo stesso crinale si muove e risponde l’americano Joshua Aaron
Fishman, il più grande studioso del bilinguismo a base etnica (è il caso
della Sardegna) che scrive: “Qualunque lingua è pienamente adeguata
a esprimere le attività e gli interessi che i suoi parlanti affrontano.
Quando questi cambiano, cambia e cresce anche la lingua. In un
periodo relativamente breve, la lingua precedentemente usata solo
a fini familiari, può essere fornita di ciò che le manca per l’uso nella
tecnologia, nell’Amministrazione Pubblica, nell’Istruzione”.
Il problema se una lingua “arcaica” possa o no esprimere concetti
moderni è dunque un falso problema.Ogni lingua può “parlare” l’Universo.
Anche quella della più sperduta tribù dell’Africa, immaginiamo una lingua neolatina come quella sarda. !n più c’è da rilevare che in ogni lingua “egemone” o “ufficiale” o “media” (che chiameremo per la complessità della sua struttura Macro lingua) si formano dei linguaggi “specifici”, i tecnoletti,che tendono sempre più a internazionalizzarsi, per mezzo di una terminologia che si esprime per parole “rigide”, per formule, in termini greco-latini o inglesi. I tecnoletti si caratterizzano per essere costituti da segni linguistici depurati da qualsiasi connotazione. I tecnoletti sono monosemici e referenziali, uniti da un legame biunivoco a un concetto ben determinato. Esso infatti deve significare una cosa ben precisa e non veicolare significati collaterali di nessun genere, ad esempio la linguistica moderna ha elaborato una serie di termini internazionali: struttura, funzione, significante, significato, diacronico, incronico ecc: oppure li ha presi in prestito. In questi casi si possono operare dei traslati come è avvenuto dall’inglese all’italiano. Nessun problema quindi: il sardo può acquisire e prendere a prestito parole e modi di dire elaborati altrove.

Francesco Casula

Un’ atera tontesa subra sa limba sarda:ultima modifica: 2023-06-27T07:04:49+02:00da vitegabry
Reposta per primo quest’articolo