Archivi giornalieri: 1 giugno 2023

In quali territori andranno i fondi del Pnrr contro il dissesto idrogeologico #OpenPNRR

In quali territori andranno i fondi del Pnrr contro il dissesto idrogeologico #OpenPNRR

In molti hanno suggerito di usare i fondi Pnrr per la ricostruzione post alluvione in Emilia Romagna ma metà delle risorse per il dissesto idrogeologico sono già stata assegnate. Vediamo dove e cosa finanziano e quali sono i margini per nuovi progetti.

 

Alla luce delle drammatiche vicende che hanno colpito l’Emilia Romagna nelle ultime settimane, da più parti è arrivata la richiesta di destinare una parte dei fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) alla ricostruzione. Occorre precisare però che uno specifico investimento per la riduzione del rischio idrogeologico è già presente nel piano e che parte dei fondi previsti è già stata assegnata.

1,15 miliardi € i fondi del Pnrr già assegnati per la ricostruzione di infrastrutture danneggiate a causa di frane e alluvioni precedenti.

Discorso diverso riguarda gli interventi finalizzati alla messa in sicurezza, al monitoraggio e alla prevenzione. Questi fondi infatti, pari a circa 1,29 miliardi, devono ancora essere assegnati, anche se il processo di selezione dei progetti è già partito.

In attesa della proposta di revisione complessiva del piano, promessa dal governo entro agosto, sono queste le risorse che potenzialmente potrebbero essere reindirizzate alla ricostruzione. Tuttavia va detto che i fondi Pnrr hanno una destinazione precisa, legata a misure specifiche e la possibilità di dirottarli su interventi diversi non è così scontata.

Gli investimenti del Pnrr contro il dissesto idrogeologico

Complessivamente l’investimento del Pnrr che prevede interventi per la gestione del rischio idrogeologico ammonta a 2,49 miliardi di euro.

In generale l’investimento punta a rafforzare le misure di prevenzione attraverso un programma di azioni strutturali e non. Le risorse stanziate sono destinate a progetti per ridurre il rischio di alluvioni e frane, mettendo in sicurezza i territori con interventi di riqualificazione, monitoraggio e prevenzione.

1,3% le risorse Pnrr dedicate al dissesto idrogeologico rispetto al totale.

Tale investimento poi si suddivide in 2 sotto-misure. La linea A, di competenza del ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, prevede interventi nelle aree più a rischio con l’obiettivo di portare in sicurezza 1,5 milioni di cittadini. La linea B invece, a cui abbiamo già accennato, è di competenza della protezione civile e prevede finanziamenti per il ripristino delle infrastrutture danneggiate da eventi calamitosi già verificatisi. Tale intervento assorbe 1,2 miliardi dell’investimento totale (il 48,2% circa).

Per quanto riguarda la linea A i progetti da finanziare non sono ancora stati selezionati. Questo passaggio è atteso entro la fine dell’anno. Sono invece già noti gli interventi che saranno realizzati nell’ambito della linea B.

Prima di passarli in rassegna però, occorre precisare che in nessun modo tali azioni avrebbero potuto evitare ciò che è accaduto in Emilia Romagna. Questo per due ragioni: la prima è che si tratta di progetti per la ricostruzione in territori colpiti da calamità naturali precedenti. Emilia Romagna compresa.

I fondi Pnrr non sono pensati per far fronte alle emergenze.

La seconda è che il Pnrr è stato avviato nel 2021 e prevede il completamento degli interventi finanziati per questa misura rispettivamente nel marzo del 2026 (per la linea A) e nel dicembre del 2025 (per la linea B). Con l’attuale configurazione quindi tali investimenti dovranno servire affinché eventi come quelli degli ultimi giorni non si ripetano, piuttosto che per la ricostruzione emergenziale.

A tale scopo è necessario ricorrere ad altre fonti di finanziamento. A meno di una revisione complessiva del Pnrr che preveda una redistribuzione delle risorse. Un passaggio che potrebbe anche essere possibile dato che il governo sostiene da mesi di avere avviato delle trattative con la commissione europea per la modifica del piano italiano.

Oltre agli investimenti il Pnrr prevede anche anche una riforma il cui scopo era quello di superare le criticità legate alla debolezza e all’assenza di un efficace sistema di governance nelle azioni di contrasto al dissesto idrogeologico.

Nella sua indagine relativa al fondo di programmazione 2016-2018, la Corte dei conti ha evidenziato: i) l’assenza di un’efficace politica nazionale, di natura preventiva e non urgente, per il contrasto al dissesto idrogeologico; ii) la difficoltà degli organi amministrativi nell’inserire la tutela del territorio nelle proprie funzioni ordinarie; iii) la debolezza dei soggetti attuatori e dei Commissari/Presidenti Straordinari della Regione, che non hanno strutture tecniche dedicate. La Corte dei conti ha inoltre sottolineato le difficoltà procedurali, l’assenza di controlli adeguati e di un sistema unitario di banche dati.

Tale riforma di settore doveva entrare in vigore entro giugno dello scorso anno (all’epoca era ancora in carica il governo Draghi). Passaggio che, in base a quanto riportato dalle fonti disponibili, può essere considerato come completato. Ciò non è avvenuto con un singolo intervento normativo. Sono ben 15 infatti gli atti elencati sul portale Italia domani.

Come si distribuiscono i fondi del Pnrr già assegnati

Allo stato attuale quindi è possibile conoscere quanti sono i progetti finanziati nell’ambito della “linea B”. E come i fondi assegnati si distribuiscono tra le varie regioni italiane.

Complessivamente i progetti selezionati sono 1.725 per un ammontare complessivo di circa 1,15 miliardi di euro assegnati (sostanzialmente tutte le risorse disponibili). La maggior parte di questi fondi, pari a circa 924 milioni di euro, è stata assegnata a 1.319 nuovi progetti. Interventi cioè predisposti ad hoc per intercettare le risorse del Pnrr. La restante parte invece andrà a progetti “in essere”. Opere cioè che erano già state previste in precedenza ma ugualmente finanziate dal piano.

A livello complessivo a ricevere più risorse è la Lombardia (136,9 milioni per 320 progetti). Una scelta probabilmente dovuta al fatto che si tratta della regione più densamente popolata d’Italia. Inoltre parliamo di un territorio con estese zone montane, particolarmente esposte al rischio di alluvioni e frane.

Al secondo posto per quota di risorse totali assegnate troviamo proprio l’Emilia Romagna (circa 98 milioni di euro per 222 progetti). Regione che peraltro, come avevamo visto in questo articolo, risulta essere tra le più esposte in Italia a questo tipo di fenomeni.

Tra le aree del paese che ricevono i finanziamenti maggiori troviamo anche Sicilia (circa 97 milioni per 48 progetti), Veneto (84,4 milioni per 26 progetti) e Toscana (84,3 milioni per 37 progetti).

Gli interventi finanziati in Emilia Romagna

Sulla nostra piattaforma OpenPNRR è possibile capire, territorio per territorio, quali sono i progetti per il rischio idrogeologico che hanno già ricevuto fondi. Occorre precisare però che, pur avendo preso i dati da una fonte ufficiale (il portale Italia domani), abbiamo visto che in alcuni casi questi contengono degli errori che ci stiamo impegnando a correggere. A questo proposito, come spieghiamo in questo articoloinvitiamo tutti i lettori a segnalarci eventuali anomalie che dovessero riscontrare.

I fondi Pnrr già assegnati riguardano opere per la ricostruzione di aree già colpite da cataclismi in passato.

Tenendo presente quanto detto, a livello di singole opere, possiamo osservare che ci sono 5 interventi finanziati in Emilia Romagna con un valore complessivo pari o superiore ai 2 milioni di euro. Il progetto dall’importo più alto prevede la manutenzione straordinaria e l’adeguamento delle opere di difesa della costa nei comuni che si trovano nella provincia di Forlì-Cesena e Rimini. Vale complessivamente 3,14 milioni di euro e interessa 5 comuni (Cesenatico, Bellaria-Igea marina, Savignano sul Rubicone, San Mauro Pascoli e Gatteo).

Il secondo progetto più rilevante vale 2,9 milioni e prevede la riduzione del rischio idraulico per i comuni di ScandianoCasalgrande e Rubiera. Territori attraversati dal torrente Tresinaro in provincia di Reggio Emilia. C’è poi un’opera del valore complessivo di 2,5 milioni di euro per il ripristino, recupero e integrazione delle opere di difesa idraulica dell’alveo del fiume Trebbia. Progetto che interessa i comuni di Travo e Coli in provincia di Piacenza.

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Infine, 2,4 milioni andranno ai comuni di Pavullo nel Frignano e Montese (Modena), per il ripristino e l’adeguamento delle opere idrauliche e il consolidamento dei terreni interresati da frane. E 2 milioni per la messa in sicurezza degli abitanti a rischio idrogeologico nella Val d’Enza. In particolare nei comuni di TraversetoloPalanzano e Monchio delle Corti (Parma).

Come risulta evidente da questo breve excursus, molti progetti interessano contemporaneamente più territori. È impossibile in questi casi riuscire a estrapolare una ripartizione esatta dei fondi per singolo comune. Per farci un’idea di come gli investimenti contro il dissesto idrogeologico potranno impattare sulle varie comunità quindi abbiamo scelto di attribuire l’intero importo del progetto a tutte le aree coinvolte. I valori rappresentati nella mappa sottostante quindi devono essere presi come un’indicazione generale e non come una ripartizione puntuale dei fondi.

GRAFICO
DA SAPERE

La mappa mostra l’importo complessivo e il numero di progetti finanziati nell’ambito della sottomisura M2C4-I2.1.B del Pnrr per ogni comune dell’Emilia Romagna. Diversi progetti finanziati interessano il territorio di più comuni. In questi casi l’importo complessivo del progetto è stato attribuito a tutte le aree interessate. L’importo rappresentato per ogni comune non deve essere letto quindi come l’indicazione esatta dei fondi destinati a quel singolo territorio ma come il valore complessivo di tutti i progetti che lo attraversano. L’elenco completo dei progetti ammessi a finanziamento è consultabile sulla nostra piattaforma OpenPNRR. I dati provengono dal file “Universo Regis” pubblicato nella sezione open data del portale Italia domani. Si tratta di informazioni non validate e quindi suscettibili di errori.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Italia domani
(ultimo aggiornamento: mercoledì 1 Marzo 2023)

 

Fatta questa premessa, possiamo osservare che a livello provinciale l’area che attrae la maggior parte dei fondi è Parma che intercetta progetti del valore complessivo di 48 milioni. Si tratta del quarto dato più elevato in assoluto fra tutte le province italiane (superato solo da Cagliari, Como e Catania). Seguono Modena (37 milioni), Reggio Emilia (29,1 milioni) e Piacenza (26,7 milioni).

Concentrandoci invece sui singoli comuni, è Pavullo nel Frignano il territorio interessato da progetti che assorbono complessivamente le somme più rilevanti. Questa zona dell’appennino modenese infatti sarà interessata da 9 interventi il cui valore complessivo ammonta a circa 6,5 milioni. Segue Comacchio (Fe) dove le opere realizzate saranno 4 per un valore di circa 5,25 milioni. Al terzo posto invece troviamo Montese (Mo) con 7 progetti per una somma di circa 4,78 milioni.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Foto: governo – licenza

 

F.C.

La sconfitta di Macomer e la fine di un sogno

30 Maggio 2023

Foto di Simone Sechi, sinxphotography, murale di Giulio Ledda

[Francesco Casula]

Martedì 20 maggio scorso ricorreva il 545° anniversario della sconfitta di Macomer, una data infausta per la Sardegna e i Sardi: con essa moriva infatti il sogno dell’Indipendenza.

   Nel 1478 l’esercito oristanese fu definitivamente sconfitto nella battaglia di Macomer. Leonardo dìAlagon, prima della disfatta, abbandonò il campo di battaglia e con i fratelli, i figli ed il visconte di Sanluri fuggì a Bosa da dove si imbarcò su una nave con l’intento di raggiungere la Corsica. A causa di un tradimento la nave invertì la rotta verso la Sicilia dove furono consegnati all’ammiraglio Villamarin il quale, anziché consegnarlo al viceré di Sicilia, li condusse a Barcellona. Successivamente Leonardo fu incarcerato nel castello valenzano di Xàtiva ove morì nel 1494.

   A descrivere minuziosamente i precedenti della battaglia che segnerà la definitiva e totale sconfitta di Arborea è Proto Arca Sardo (1), che riferisce e racconta l’esecuzione degli ordini (impartiti dal marchese attraverso una lettera) da parte del figlio Artale; il reclutamento di uomini dietro minaccia di morte, la raccolta delle armi, la partenza verso Macomer dove lo attende il padre con il resto della compagnia. Segue inoltre una parte in cui descrive l’arrivo di Artale a Macomer (avvenuto nella tarda sera del 18 di maggio), l’accoglienza affettuosa riservata a lui e ai suoi uomini da parte del marchese, la nottata trascorsa nell’organizzazione della battaglia, l’arrivo dell’alba e la disposizione dell’esercito.

   Ecco un passo:”Avevano appena terminato di cenare quando si diffuse la notizia che nei dintorni, in cima a una collina, era stato avvistato uno stendardo viceregio. Il panico prese tutti, ma non il marchese. Costui infatti immemore dell’incostanza della fortuna e convinto che le battaglie sarebbero state a lui sempre propizie, era certo della vittoria. Insieme ai fratelli si mise a studiare un piano per assaltare di notte l’accampamento dei nemici […]. I pareri sul da farsi erano discordi: secondo alcuni bisognava aspettare le mosse del nemico, secondo altri, invece,, aggredirlo di sorpresa. E su questo dibattito, si fece l’alba di quel martedì che decretò la fine della guerra e del marchesato. Ormai il viceré era lì, con l’esercito accampato a ridosso del paese e la battaglia non poteva più essere elusa” (2).

 La battaglia di Macomer nella prosa (latina) di Proto Arca Sardo

E battaglia fu: “Fu strage da entrambe le parti e ovunque effusione di sangue, in questo frangente furono proprio i Sardi a dare, da par loro, prova di grande valore in battaglia. Tuonarono terrificanti le urla dei combattenti, volarono saette e sassi, furono scagliate torce infuocate e palle di piombo; accecati ormai dal furore bellico. Non si curavano neanche più di scegliere il proprio bersaglio; tiravano in aria provocando nel cielo una violenta tempesta di dardi che poi precipitavano a pioggia, e ne cadeva una tale miriade che la polvere sollevata da terra a un certo punto oscurò completamente la scena, proprio come se su quella battaglia fossero calate le tenebre; neppure i soldati chiusi nell’ ammorsamento nemico si astenevano dall’usare le armi: con la lotta e col sangue tentavano disperatamente d’aprirsi un varco. Scudi in frantumi, corazze ed elmi passati dalle spade, petti trafitti, volti e membra coperti di sangue, mani e braccia amputate: si può dire, nessuno cadde in battaglia senza aver prima ferito di spada o aver ucciso qualcuno. E così in un sol giorno, i Sardi furono quasi sterminati dagli stessi Sardi: fra loro non vi era nessuno che non avesse la spada grondante di sangue.

   Dunque il viceré, per salvare in quel pericolosissimo frangente la sua prima schiera, condusse le altre coorti alle spalle della formazione del marchese e, senza che venisse dato alcun segnale di guerra la chiuse e l’assalì con audacia. Questa azione lasciò tutti sbigottiti, mentre la cavalleria colta di sorpresa, veniva sbaragliata. Quando il marchese si rese conto che la situazione era precipitata, perduta ormai ogni speranza di salvezza, si sottrasse al combattimento insieme ai fratelli, a due figli, don Antonio e don Giovanni, al visconte di Sanluri e a quei pochi che poterono seguirlo; e poiché avevano cavalli velocissimi, fuggirono a spron battuto guadagnando la libertà”(3).

Il significato storico della sconfitta di Leonardo d’Alagon

      La disfatta del marchese Leonardo è considerata come il definitivo fallimento dell’ultimo tentativo di ricostituire in Sardegna un’entità statale e nazionale indipendente. La successione dell’Alagon rappresentava un elemento di continuità del giudicato d’Arborea e questo non era gradito alla corona d’Aragona. Secondo il cronista catalano Geronimo Zurita, infatti, il sovrano aragonese non approvava che alla morte del marchese Salvatore Cubello, privo di eredi diretti, gli subentrasse il nipote, ritenuto dunque responsabile degli eventi bellici che si sarebbero verificati e della conseguente sconfitta(4).

      Dunque per riaffermare la propria supremazia nell’isola, alla corona si imponeva un’energica azione politica. “Sullo sfondo della vicenda marchionale appare perciò incontrastabile la volontà del sovrano d’Aragona e la ragion di stato che, con la sconfitta dell’ultimo erede della Casa d’Arborea e la conseguente soppressione degli ideali arborensi, vedeva avviato in Sardegna il proprio programma di assolutismo monarchico” (5)46.

   In sintonia del resto con l’accentramento e la centralizzazione del potere politico in atto anche in altri stati – come la Francia o l’Inghilterra – contro la disseminazione del potere feudale.

   Il proposito di Giovanni II d’Aragona è infatti quello di abolire ogni forma di politicità alternativa all’interno dei propri domini: specie, quando si tratta, come nel caso del marchese di Leonardo d’Alagon, di una “politicità” evocatrice di antiche libertà, autonomie e ideali indipendentistici di grande suggestione per i Sardi, ancora memori dell’età d’oro di Eleonora d’Arborea. Cui – non a caso – Leonardo d’Alagon, tendeva a ricollegarsi, (non dimentichiamo che era discendente, per parte di madre dai Giudizi d’Arborea), ponendosi non come uno dei tanti feudatari, magari ribelli al sovrano, ma un defensor des Sarts e dunque, un eroe nazionale desideroso di riscattare e liberare il proprio popolo dal dominio aragonese di un potente straniero.

   In ballo non vi è dunque l’infinito contenzioso e conflitto fra due feudatari (Alagon e Carroz) l’uno buono pur se incauto e il secondo malvagio ma abile, ma l’esigenza – da parte del sovrano aragonese – di costruire uno “stato moderno” che doveva necessariamente sacrificare ogni sogno autonomistico e ancor più la secolare e tenace speranza dell’indipendenza sarda.

Note Bibliografiche

1. Proto Arca sardo, De bello et interitu marchionis Oristanei, a cura di Maria Teresa Laneri, Ed. Centro di studi filologici sardi/CUEC, Cagliari 2003

2. Ibidem, pagine 68-69.

3. ibidem, pagine 81-83.

4. Mirella Scarpa Senes, La guerra e la disfattta del Marchese di Oristano, Edizioni Castello, Cagliari 1997. 

5. Ibidem pagina 66.

Da “il manifesto”

Le spine di Schlein: dalle armi alla gpa i dem sono divisi

POLITICA. Critiche alla segretaria dai riformisti dopo la sconfitta nelle città. Ma nessuna resa dei conti. Nervi tesi sulla maternità surrogata. Scintille tra Boccia e i lettiani sulle responsabilità della debacle nei ballottaggi
Le spine di Schlein: dalle armi alla gpa i dem sono divisi
Elly Schlein – foto LaPresse
 
 
 
 
 

Nuovo!

Nessuna resa dei conti o processo a Elly Schlein. Ma è evidente che la sconfitta alle comunali ha scosso il Pd. E che la cambiale in bianco che la segretaria aveva ottenuto dopo il successo alle primarie non è più tale.

La minoranza interna non ha scatenato l’attacco alla leader, ma i malumori aumentano, così come la richiesta di «maggiore pluralismo». Che in soldoni significa provare a condizionarne la linea in chiave più moderata. Lei ha annullato il viaggio previsto per ieri a Bruxelles, dove avrebbe dovuto incontrare la presidente del parlamento Metsola e il gruppo dem. E ha deciso di restare a Roma per gestire il contraccolpo del voto nelle città.

Agli europarlamentari incontrati via Zoom ha detto che «le comunali sono state una sconfitta ma ora bisogna guardare alle europee che saranno un banco di prova importante». Smentita dal Nazareno l’ipotesi di cambi in corsa nella squadra di governo del partito. I rumors riguardavano in particolare i responsabili enti locali e organizzazione, Davide Baruffi e Igor Taruffi, finiti sotto accusa per la sconfitta. Nel dettaglio l’accusa a Schlein è di aver costruito una squadra troppo emiliana. Ma, almeno per ora, il gruppo dirigente non si tocca. Scintille tra Francesco Boccia (che aveva assolto la leader ricordando che i candidati erano stati decisi dalla gestione Letta) e la portavoce dell’ex segretario che twitta: «Lo scaricabarile, vi prego, no. Letta le amministrative le ha stravinte per 2 anni di seguito. E quando ha perso le politiche non ha cercato alibi e non ha mai sparato contro nessuno del Pd».

Ieri gli eurodeputati hanno confermato all’unanimità Brando Benifei come capogruppo. Un segnale di distensione verso le minoranze, visto che lui al congresso aveva sostenuto Bonaccini. Ma dal gruppo sono arrivate critiche alla linea della leader, a partire da Elisabetta Gualmini, che in un’intervista ha accusato il suo partito di dire «no a tutto», dal taglio del cuneo fiscale al premierato. «Le nostre proposte non si capisce quali siano. Come si fa a convincere gli elettori?». Il ragionamento di Lorenzo Guerini è che «spostandosi a sinistra si regala il centro alla destra». Ieri lui, Castagnetti, Delrio e altri cattolici hanno partecipato a una riunione a Roma. «Nessuna nuova corrente», spiegano, ma il disagio verso la linea Schlein è palpabile. Alcuni di loro, insieme a Giorgio Gori e a Goffredo Bettini, hanno sottoscritto una petizione contro la maternità surrogata che invita il Parlamento ad un’azione a livello Ue e Onu per la messa al bando. Una mossa che arriva proprio nei giorni in cui i dem si stanno battendo per fermare la legge di Fdi per rendere la gpa reato universale.

Quanto alla decisione europea di finanziare le armi per Kiev con i fondi Pnrr e di coesione, Schlein ha proposto agli eurodeputati di sostenere gli emendamenti che negano quelle fonti di finanziamento . «Confermiamo la richiesta al governo di non usare le risorse europee per gli armamenti», dice Benifei. Alcuni deputati come Smeriglio e Bartolo sono contrari alla proposta del commissario Breton, altri come Gualmini e Picierno sono favorevoli. Schlein ha evitato di proporre la linea dell’astensione sul provvedimento (si vota domani), ma alla fine potrebbe prevalere il sì con libertà di dissenso.

Richiesta accertamento sanitario dipendenti pubblici: servizio online

Richiesta accertamento sanitario dipendenti pubblici: servizio online

Online il servizio per inoltrare all’INPS le richieste di accertamento sanitario e medico-legale per i dipendenti pubblicPubblicazione: 1 giugno 2023

Il decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122, ha soppresso, a decorrere dal 1° giugno 2023le Commissioni mediche di verifica operanti nell’ambito del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Dalla stessa data, le funzioni svolte dalle commissioni sono state trasferite all’INPS.

Dal 1° giugno, quindi, le richieste di accertamento sanitario e medico-legale elencate nel messaggio 18 maggio 2023, n. 1834 dovranno essere presentate all’INPS esclusivamente in modalità telematica, accedendo al servizio online.

Per accedere alla procedura di presentazione delle domande, è necessario richiedere l’abilitazione compilando il modulo AA14.

Tra gli accertamenti sanitari effettuati dalle Commissioni mediche di verifica rientrano quelli di idoneità e inabilità dei dipendenti pubblici.

Tra le competenze delle Commissioni rientrano anche gli accertamenti sanitari nei confronti dei familiari superstiti che hanno diritto alla pensione indiretta o di reversibilità, e quelle per la concessione dell’equo indennizzo e del rimborso delle spese di degenza per infermità contratte per causa di servizio in favore del personale della Polizia locale.

Dovranno essere inviate all’INPS, sempre online, anche le richieste di accertamento medico-legale per:

  • coloro che hanno diritto ai benefici in materia di pensioni di guerra dirette, indirette e di reversibilità e relativi assegni accessori, dei familiari superstiti a cui spetta il trattamento di reversibilità dell’assegno vitalizio concesso agli ex deportati nei campi di sterminio nazista;
  • i familiari superstiti che hanno diritto al trattamento di reversibilità dell’assegno di benemerenza concesso ai perseguitati politici antifascisti e razziali;
  • i familiari superstiti a cui spetta il trattamento di reversibilità degli assegni annessi alle decorazioni al valore militare.

San Giustino

 

San Giustino


Nome: San Giustino
Titolo: Martire
Nascita: II secolo, Sichem
Morte: II secolo, Roma
Ricorrenza: 1 giugno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Protettore:
filosofi
Giustino nacque a Sichem, in Samaria, nel II secolo dopo Cristo, ma era probabilmente di origine romana. Giovane quieto, aveva cercato attraverso lo studio della filosofia la verità e con essa la felicità, senza peraltro raggiungerla. Si ritirò allora nel deserto, dove incontrò un vecchio saggio al quale confidò i suoi tormenti. “Leggi i profeti, leggi il Vangelo – gli suggerì il vecchio – e troverai quello che cerchi”.

Giustino li lesse e la grazia di Dio gli illuminò la mente e gli riscaldò il cuore. Giustino non rinnegò per questo la filosofia, anzi trasse da essa motivi per dimostrare la ragionevolezza de cristianesimo: lo fece scrivendo una celebre Apologia e sostenendo accesi dibattiti con i più filosofi del tempo. L’eco della sua attività giunse all’orecchio del prefetto di Roma, impegnato in una dura persecuzione contro i cristiani. Così Giustiniano venne processato. “Ho studiato tutte le scienze, ma solo nella dottrina dei cristiani religiosamente seguiti ho trovato la verità” rispose al prefetto che lo interrogava. E poiché non si scostò di un passo dalla professione di fede pronunciata, venne condannato a morte. Fu decapitato, dopo aver subito il tormento e l’ingiuria della flagellazione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Giustino, martire, che, filosofo, seguì rettamente la vera Sapienza conosciuta nella verità di Cristo: la professò con la sua condotta di vita e quanto professato fece oggetto di insegnamento, lo difese nei suoi scritti e testimoniò con la morte avvenuta a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino. Infatti, dopo aver presentato all’imperatore la sua Apologia in difesa della religione cristiana, fu consegnato al prefetto Rustico e, dichiaratosi cristiano, fu condannato a morte.