I ritardi del Pnrr e le intenzioni poco chiare del governo #OpenPNRR
Parte dei fondi e dei progetti previsti sono a rischio, in un processo di revisione di cui si sa ancora poco o nulla. Abbiamo ricostruito i punti principali emersi dalla terza relazione del governo al parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr.
Negli ultimi giorni è stata depositata in parlamento la terza relazione sullo stato di attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la prima redatta dal governo Meloni. Il documento non nasconde le difficoltà del nostro paese nella realizzazione del piano. A partire dall’erogazione della terza rata, il cui processo di valutazione da parte della commissione europea sarebbe “in fase di completamento”.
la relazione completa sul sito della camera.
La relazione è molto estesa (parliamo di oltre 400 pagine). Per questo nelle prossime settimane pubblicheremo ulteriori articoli di approfondimento su questo tema. Possiamo però già trarre alcune indicazioni. Fra i principali elementi di criticità vengono citati i vincoli europei che avrebbero rallentato la realizzazione di molti progetti, la scarsa capacità amministrativa degli enti locali e il mutato contesto internazionale. Il documento tuttavia resta vago nello spiegare quali soluzioni l’esecutivo intende proporre a Bruxelles per riformulare il piano italiano. Ciò che sembra certo però è che la revisione coinvolgerà anche alcuni interventi di questo semestre, mettendo inevitabilmente a rischio la richiesta della quarta rata di risorse.
Il governo sembra intenzionato a non perdere i fondi assegnati al nostro paese, ma per evitarlo dovrà necessariamente rivedere a ribasso gli obiettivi iniziali del piano, soprattutto in termini quantitativi. Il pericolo è che la necessità di recuperare il tempo perso e di spendere i soldi velocemente intacchi le priorità del Pnrr: ambiente, digitalizzazione, riduzione dei divari territoriali, di genere e generazionali.
I ritardi sulle scadenze
Il nostro paese rischia di bloccarsi nell’attuazione delle scadenze del semestre in corso e di non richiedere la quarta rata a fine giugno. È la relazione stessa a esplicitare questa preoccupante possibilità.
La richiesta di pagamento della quarta rata, laddove nell’ambito della complessiva rimodulazione del Piano siano proposte modifiche dei relativi obiettivi, sarà presentata in linea con i tempi di questo processo.
Alcuni degli adempimenti previsti per il secondo semestre 2023 saranno infatti coinvolti nella proposta di revisione. Due scadenze rischiano ritardi: l’aggiudicazione degli appalti pubblici per il rinnovo del parco ferroviario e la firma del contratto per realizzare 9 studi cinematografici. Altre due invece sono sotto revisione. Parliamo della ristrutturazione di edifici attraverso superbonus e sismabonus e dell’aggiudicazione degli appalti pubblici per lo sviluppo di stazioni di rifornimento a base di idrogeno.
Se ciò fosse confermato, la quarta rata non verrà richiesta a fine giugno, ma solo in un secondo momento rispetto all’approvazione delle modifiche. Un processo che potrebbe durare diversi mesi e che al momento è lontano dall’essere avviato. Per quanto legittima quindi, l’intenzione di modificare le scadenze del semestre in corso rischia di causare ulteriori ritardi nell’avanzamento sia dei lavori sia della spesa.
Anche osservando i dati sul quadro attuale si nota uno stallo sulle scadenze. Tanto che a tre settimane dalla fine del semestre, sono ancora 17 gli interventi da conseguire. Inoltre è importante ricordare che l’Italia sta ancora aspettando la terza rata di fondi Pnrr (19 miliardi di euro), rinviata dalla commissione per delle criticità individuate su alcuni progetti approvati nel 2022.
In sintesi, allo stato attuale non abbiamo ricevuto la terza tranche di risorse e con molta probabilità non saremo nelle condizioni di richiedere la quarta.
I problemi evidenziati
Ma come siamo arrivati a questa situazione? Il governo individua 3 motivazioni principali.
La prima è legata ai vincoli che il Pnrr impone sugli investimenti. Su tutti, il principio del non arrecare danno significativo all’ambiente che molti interventi non rispettano, ostacolando il raggiungimento dei target previsti. È il caso soprattutto dei progetti “in essere”, che risalgono a prima del piano e che quindi non prevedevano il rispetto di tale principio.
La seconda ragione, strettamente legata alla prima, è la capacità amministrativa carente degli enti pubblici territoriali. Specialmente dei comuni, che hanno un ruolo di primo piano nell’attuazione del Pnrr ma spesso faticano a seguire i processi necessari alla realizzazione dei progetti. Un problema che riguarda soprattutto le amministrazioni più piccole e svantaggiate.
Come abbiamo già spiegato in questo articolo, in alcuni casi le amministrazioni locali hanno addirittura rinunciato a partecipare ai bandi del Pnrr. In altri non sono stati in grado di portare a conclusione le gare d’appalto per l’assegnazione dei lavori nei tempi previsti. In altri ancora hanno presentato progetti che non soddisfacevano i criteri richiesti.
Infine in questo quadro ha inciso il mutamento del contesto economico internazionale. Nella relazione infatti si evidenzia che l’aumento del costo delle materie prime ha di fatto reso irrealizzabili alcuni interventi con i fondi inizialmente previsti.
Le soluzioni proposte
Nella relazione si legge che lo scorso 17 marzo è avvenuto un primo incontro tra gli esponenti del governo italiano e quelli della commissione europea. Ma la trattativa vera e propria per la revisione del piano non è ancora iniziata. Sono previsti nella seconda metà di giugno degli incontri tecnici per “verificare l’ammissibilità delle richieste di modifica e/o riprogrammazione”.
Ciò che sappiamo è che è in corso un monitoraggio volto a individuare i progetti irrealizzabili, che saranno suddivisi in 2 categorie. Per gli interventi considerati strategici lo stato assicurerà un supporto ai fini del completamento dei lavori. In tutti gli altri casi invece, se non sarà possibile superare le criticità individuate, si proporrà la ricollocazione delle risorse. Anche sotto forma di incentivi alle imprese per la transizione ecologica e la digitalizzazione.
In sintesi, le misure che saranno oggetto di revisione sono quelle che hanno registrato:
- notevole ritardo nella fase di avvio;
- rilevante incremento dei costi;
- una frammentazione eccessiva tra numerosi soggetti attuatori;
- difficoltà normative, attuative e autorizzative che non consentono di realizzare gli interventi come previsto.
I progetti stralciati, secondo quanto dichiarato, verranno recuperati con altre fonti di finanziamento. A partire dal fondo complementare.
Il capitolo sul RepowerEu
Con la proposta di revisione l’Italia dovrà inviare a Bruxelles anche il capitolo aggiuntivo dedicato al RepowerEu, il piano dell’Ue per far fronte alla crisi energetica. Anche in questo caso le indicazioni sulle intenzioni del governo sono abbastanza generiche.
Un primo elemento che vale la pena rilevare è che a oggi non è ancora possibile definire con chiarezza quanti fondi aggiuntivi sono destinati al nostro paese. Dovrebbero essere 2,76 miliardi, ma l’Italia potrà richiedere ulteriori contributi se gli altri paesi non dovessero usarli.
Riguardo gli ambiti di intervento, il governo anticipa che riguarderanno il rafforzamento delle infrastrutture, la decarbonizzazione delle imprese e l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili.
I ritardi nella spesa
Sull’avanzamento della spesa – e quindi dei lavori e delle opere – la relazione del governo conferma ciò che già è noto da tempo: l’Italia ha speso meno del previsto.
Da notare che i dati e la loro fonte (Regis) sono gli stessi utilizzati dalla corte dei conti nel rapporto dello scorso 25 maggio, contestato dall’esecutivo. Anche se nella relazione del governo mancano i dati sulla spesa programmata.
È vero che questa cifra si riferisce a tutto il 2023 e che mancano ancora diversi mesi alla fine dell’anno. Tuttavia è quantomeno inverosimile che il nostro paese riesca a recuperare un simile ritardo entro dicembre.
Un’altra conferma rispetto alla relazione della corte dei conti è quella relativa alla categoria di spesa in cui sono confluite la maggior parte delle risorse erogate. È la concessione di contributi – in particolare sulle misure ecobonus-sismabonus e transizione 4.0 – che rappresenta addirittura il 59% delle risorse Pnrr erogate al 31 dicembre 2022.
Si tratta di interventi di facile realizzazione: gli enti responsabili devono solo rimborsare ai soggetti privati le cifre spese. Gli ostacoli invece, come abbiamo già anticipato, sono legati a procedure più complesse per le pubbliche amministrazioni. E in particolare per i comuni.
Rfi (rete ferroviaria italiana) risulta essere a un livello più avanzato rispetto a tutti gli altri soggetti attuatori. Con il 16,7% di fondi spesi a fine 2022, rispetto al totale delle risorse affidate all’azienda pubblica. Lo stesso non si può dire degli enti pubblici territoriali, che su un importo totale di oltre 43 miliardi di euro, non hanno speso neanche 3 miliardi, per una quota pari al 6,4%.
La maggior parte delle amministrazioni, comunque, ha registrato un livello di spesa inferiore alle previsioni che denota un ritardo nella fase di definizione e avvio delle misure che potrebbe incidere sulla effettiva realizzazione dell’intero Piano con particolare riferimento al pieno raggiungimento degli obiettivi finali.
Come abbiamo già visto, l’esecutivo nella relazione esplicita le difficoltà che le amministrazioni locali – principalmente i comuni – stanno riscontrando nell’erogare risorse per realizzare progetti. È importante però sottolineare che le carenze o i ritardi degli enti territoriali in questi processi non sono una colpa da imputare ai comuni stessi.
Sono il frutto di divari storici che riguardano soprattutto le amministrazioni più piccole, nei territori più periferici, del sud. A livello sia di personale che di competenze. Per come è stato ideato, il Pnrr non è stato in grado finora di dare una risposta efficace a questi ostacoli. E i governi, sia ora con Meloni sia prima con Draghi, hanno avanzato delle soluzioni insufficienti.
La priorità dell’esecutivo sembra essere quella di assicurarsi la ricezione dei fondi, senza garantirne la ricaduta efficace sui territori. Introdurre meccanismi di salvaguardia e supporto della spesa, potrebbe invece concretamente aiutare le amministrazioni locali a gestire questa partita. Favorendo lo sviluppo economico e sociale del paese, che dovrebbe essere il principale obiettivo del Pnrr.
Il nostro osservatorio sul Pnrr
Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.