Archivi giornalieri: 19 aprile 2023

Che cos’è il Def, documento di economia e finanza

Che cos’è il Def, documento di economia e finanza

Questo documento delinea la situazione presente dell’economia di uno stato e definisce gli obiettivi da raggiungere tramite le riforme.

Definizione

Il Documento di economia e finanza (Def) è il principale dossier di programmazione finanziaria di uno stato. La sua attuale composizione è stata definita dalla legge 39/2011 che ha modificato la precedente 196/2009 in seguito alle nuove regole adottate dall’Unione europea per il coordinamento delle politiche economiche dei singoli stati membri.

A livello comunitario, il regolamento Ue 473/2013 prevede l’elaborazione di strumenti di programmazione e definisce le disposizioni per il loro monitoraggio e la loro valutazione, oltre alle procedure per la correzione dei disavanzi eccessivi degli stati membri che hanno adottato l’euro.

In base alle norme vigenti, il Def si compone di tre sezioni: 

  • il Programma di stabilità (Ps), richiesto a fine di controllo da parte dell’Unione europea, che descrive il quadro macroeconomico dello stato, gli obiettivi di finanza pubblica per gli anni successivi e le strategie di bilancio per raggiungerli, tenendo in considerazione la sostenibilità nel lungo periodo;
  • le analisi e le tendenze di finanza pubblica in cui sono riportati i risultati e le previsioni dei principali settori di spesa, del conto di cassa del settore pubblico e del bilancio statale, oltre alla programmazione delle risorse destinate alla coesione territoriale;
  • il Programma nazionale di riforma (Pnr), anche questa una documentazione da presentare agli organismi di competenza dell’Unione europea, che contiene l’aggiornamento delle strategie di riforma in relazione al periodo storico-economico in corso.

In Italia il Def viene predisposto su impulso del presidente del consiglio e del ministro dell’economia. Questi ultimi poi lo sottopongono prima all’approvazione del consiglio dei ministri e successivamente a quella del parlamento. 

In base alle norme vigenti, il Def dovrebbe essere presentato alle camere entro il 10 aprile di ogni anno. Queste dovrebbero poi approvare il documento tramite una risoluzione che impegna l’esecutivo alla presentazione di una legge di bilancio. L’iter dovrebbe concludersi entro il 30 aprile. Termine ultimo entro il quale è previsto l’invio della prima e della terza sezione del Def alla commissione europea e al consiglio dell’unione europea che esprimono le loro raccomandazioni. Non sempre in passato queste scadenze sono state rispettate. Anche se tutto il ciclo che porta alla definizione del bilancio programmatico dello stato deve concludersi tassativamente entro il 31 dicembre di ogni anno.

La presentazione del Def apre la fase programmatica del ciclo di bilancio (anche detta semestre europeo). In questo periodo (che va da aprile alla fine di settembre) il governo si pone degli obiettivi. Le misure finalizzate al loro raggiungimento sono poi definite nella fase successiva dell’anno (semestre nazionale) che culmina con la presentazione e l’approvazione della legge di bilancio.

Dati

All’interno del Def sono presenti delle stime sugli indicatori macroeconomici e di finanza pubblica, che hanno un peso importante nella definizione delle politiche economiche e di riforma di uno stato. Questi sono raggruppati in due focus chiamati quadri, che sono di due tipi:

  • tendenziale, che analizza la situazione al netto delle manovre di finanza pubblica;
  • programmatico, che incorpora gli effetti degli interventi definiti dalla legge di bilancio.

Per quanto riguarda le analisi macroeconomiche, ovvero delle dinamiche di funzionamento economico di uno stato, uno dei componenti su cui si concentra il programma di stabilità è il prodotto interno lordo (Pil). Questo è un indicatore che permette di inquadrare la situazione economica di un paese in base ai consumi, agli investimenti, alla spesa pubblica, alla tassazione e alla bilancia import-export.

Da questo punto di vista nel Def del 2023 si prevede un aumento del Pil. Nell’anno in corso è stimata una crescita dello 0,9% su base tendenziale e dell’1% su quella programmatica. La crescita stimata è ancora maggiore nel 2024 dove il Pil a livello tendenziale dovrebbe far registrare un +1,4% e un +1,5% su base programmatica. Valori positivi sono stimati anche per gli anni successivi.

Rispetto alle previsioni contenute nella nota di aggiornamento al Def (Nadef) del 2022 le stime di crescita per quest’anno sono state riviste al rialzo. Si passa infatti da un +0,6% nel quadro tendenziale per il 2023 a un +0,9%. Tendenza diversa invece per il 2024 in cui sia passa da un aumento stimato del Pil dell’1,8% a un +1,4%.

A questo proposito occorre precisare che l’ufficio parlamentare di bilancio ha specificato che queste stime assumono la completa realizzazione degli investimenti previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza. Eventualità però che non può essere data per scontata.

Le previsioni sono validate sulla base delle informazioni congiunturali disponibili a oggi e assumendo la piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR. Il quadro è tuttavia instabile e incerto, anche per le tensioni geopolitiche e finanziarie, per cui le prospettive potrebbero cambiare in misura non trascurabile nel corso dell’orizzonte di previsione.

Dal lato della finanza pubblica, i quadri programmatici e tendenziali riportano gli indicatori legati all’indebitamento dello stato. Questi indicatori sono importanti per poter orientare le strategie di riforma necessarie per raggiungere gli obiettivi in modo tale che questi siano sostenibili nel lungo periodo. Da questo punto di vista, un indicatore importante è quello del rapporto tra debito pubblico e Pil.

Possiamo osservare che le stime prevedono una costante diminuzione di questo indicatore. Si passa infatti da un rapporto debito/Pil del 146,7% nel 2021 a una stima del 137,9% nel 2026.

La diminuzione del rapporto debito/Pil dovrebbe indicare una maggiore sostenibilità del sistema economico-finanziario del paese. Tuttavia questi indicatori vanno sempre presi con le dovute cautele. È noto infatti come il debito pubblico sia costantemente sotto controllo da parte delle istituzioni europee che puntualmente chiedono ai governi di adottare strategie per ridurlo. Non sempre però queste strategie trovano concreta attuazione.

Analisi

Il Def ha un ruolo molto importante all’interno della formazione del bilancio di previsione dello stato. Compone infatti la base su cui si effettua la manovra di correzione di bilancio assieme al bilancio a legislazione vigente (Dlb). Questa esprime a sua volta l’andamento tendenziale delle entrate e delle spese sulla base delle scelte effettuate in passato.

La prima pubblicazione del Def nella sua forma attuale risale al 2011. Tuttavia l’esperienza italiana della programmazione della finanza pubblica è molto precedente. Storicamente però è emersa la scarsa attendibilità per quanto riguarda le previsioni macroeconomiche. Oltre al debole raccordo tra quanto previsto in sede di programmazione e la predisposizione delle misure concrete da inserire nella legge di bilancio relativa.

Le istituzioni europee hanno un ruolo importante nella definizione della politica economica nazionale.

Negli ultimi anni però, con la crescente importanza dell’armonizzazione dei processi a livello comunitario, il quadro è un po’ cambiato. È infatti in corso un allineamento fra tutti i paesi membri delle norme legislative, doganali, amministrative, fiscali e delle operazioni di politica monetaria. Nel dettaglio, il Def si colloca al centro del semestre europeo. Un periodo durante il quale l’Unione coordina le politiche economiche e di bilancio degli stati membri. Questo per la necessità di sincronizzare i calendari degli stati al fine di allineare gli obiettivi delle politiche nazionali di bilancio, di crescita, dell’occupazione e degli aspetti sociali, considerando anche gli obiettivi stabiliti sul piano comunitario.

La necessità di questo coordinamento sovranazionale ha certamente un impatto positivo per quanto riguarda l’affidabilità dei documenti di finanza pubblica redatti dal governo.

 

Cos’è il cuneo fiscale

Cos’è il cuneo fiscale

Comprende le imposte sui redditi e i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore. Corrisponde alla differenza tra il costo del lavoro e la retribuzione netta.

Definizione

La paga finale percepita dal lavoratore non è la stessa che viene versata dal datore di lavoro. La differenza tra il lordo e il netto corrisponde al cuneo fiscale ed è composta da imposte e contributi. Sono inclusi principalmente l’imposta sul reddito da lavoro (in Italia chiamata Irpef) e i contributi previdenziali che vengono versati sia dal lavoratore che dal datore di lavoro. Si può calcolare sia per chi è assunto con un contratto da lavoratore dipendente sia per il lavoratore autonomo e il libero professionista.

Il cuneo fiscale non va confuso con il costo del lavoro. Quest’ultimo è infatti il costo totale che viene sostenuto dall’azienda per mantenere il lavoratore, compreso anche di tasse, imposte e contributi.

Dati

Per quel che riguarda il calcolo del cuneo fiscale, bisogna tenere conto che la tassazione del lavoro e il versamento dei contributi sono soggetti a numerose specificità, come viene puntualizzato dall’Ocse. Contratti di diverso tipo e livello prevedono aliquote di tassazione differenti. Ma sono numerose anche le differenze tra i settori e la composizione del nucleo familiare. Per semplificare, si considera un lavoratore che percepisce uno stipendio medio e che non ha figli a carico.

41,3% il cuneo fiscale medio in Ue (Ocse, 2021).

Il calcolo della media non tiene conto di tutti i paesi dell’Unione dal momento che non tutti rientrano nell’Ocse. Sono stati esclusi per mancanza di dati Bulgaria, Cipro, Croazia, Malta e Romania. Possiamo comunque vedere che tra tutti gli altri paesi si tratta di un dato piuttosto eterogeneo.

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DA SAPERE

Il dato misura quanto le imposte incidono sul costo totale del lavoro. Si prende in considerazione il cuneo fiscale di un contribuente medio senza figli. Sono inclusi tutti i lavoratori dei settori B-N della classificazione Nace.

Il dato non risulta disponibile per tutti i paesi europei.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(consultati: lunedì 17 Aprile 2023)

 

Il paese con il cuneo fiscale più alto è il Belgio (52,6%) seguito da Germania (48,1%) e Austria (47,8%). I tre stati con l’incidenza minore sono Paesi Bassi (35,3%), Polonia (34,8%) e Irlanda (34%). In questo scenario, il cuneo italiano è tra i maggiori. Si colloca infatti al quinto posto con una percentuale pari al 46,5% del costo del lavoro. Si tratta di un valore superiore di circa 5 punti percentuali rispetto alla media calcolata per i paesi europei che registrano il dato.

Analisi

Imposte e contributi sono entrate importanti per uno stato. Attraverso le imposte si finanziano i servizi per il cittadino e si contribuisce alla stabilità di bilancio mentre i contributi sono fondamentali per il sostentamento del sistema pensionistico. È però necessario bilanciare le varie forme di entrata per garantire un adeguato livello di finanziamento dello stato e l’equità tra le diverse condizioni economiche dei cittadini.

A livello europeo si è spesso discusso della possibilità di limitare il cuneo fiscale, come ad esempio le imposte ambientali oppure quelle sugli immobili. Un valore eccessivamente elevato può infatti avere un impatto negativo sulla domanda e sull’offerta del lavoro, ridurre gli incentivi per cercare lavoro, aumentare le ore lavorate e assumere nuovi lavoratori.

A high tax wedge can exert a negative impact both on labour supply and demand, weakening incentives to look for work, to work additional hours and to hire new staff.

Per quel che riguarda nello specifico il caso italiano, nel 2022 si è espresso il consiglio europeo all’interno di una raccomandazione sulla stabilità finanziaria dell’Italia. Secondo il consiglio, il cuneo fiscale italiano è particolarmente alto per tutti i livelli di reddito rispetto agli altri stati dell’Unione mentre rimangono meno utilizzate altre fonti di entrata che inciderebbero meno negativamnte sulla crescita economica del paese.

The tax wedge on labour remains very high at all income levels compared to other Member States. At the same time, other sources of revenues, less detrimental to growth, are underused, leaving room to further reduce the tax burden on labour in a budgetary neutral way.

 
Cosa: 

Sicilia, aree di crisi industriale: prorogata la mobilità in deroga

Sicilia, aree di crisi industriale: prorogata la mobilità in deroga

Prorogata fino al 31 dicembre 2023 l’indennità per i lavoratori delle aree di crisi industriale in Sicilia

Pubblicazione: 18 aprile 2023

lavoratori delle aree di crisi industriale complessa in Sicilia, che hanno cessato di percepire l’indennità di disoccupazione NASpI nel 2020, hanno potuto richiedere alla Regione siciliana una indennità pari al trattamento di mobilità in deroga, nel periodo compreso tra il 14 ottobre e il 31 dicembre 2020.

Il messaggio 17 aprile 2023, n. 1410 comunica che l’indennità è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023.

L’indennità è concessa dalla Regione Sicilia dopo la verifica della disponibilità finanziaria da parte dell’Istituto.

Per le istruzioni relative alla gestione dell’indennità si rinvia alla circolare INPS 26 marzo 2021, n. 51.

Sant’ Emma di Sassonia

 

Sant’ Emma di Sassonia


Nome: Sant’ Emma di Sassonia
Titolo: Vedova
Nascita: XI Secolo, Germania
Morte: 1040, Germania
Ricorrenza: 19 aprile
Tipologia: Commemorazione

Le Sante con il nome di Emma sono due: della seconda non avremo occasione di parlare, perché la sua memoria cade il 29 giugno, festa degli Apostoli Pietro e Paolo. Della prima possiamo invece parlare oggi, dato che nessun altro Santo è proposto, a questa data, dal Calendario universale. Ne consegue che il 19 aprile può essere preso come giorno onomastico di tutte le donne che ripetono questo nome bello quanto diffuso; e nome a pieno diritto, non cioè, come qualcuno potrebbe credere, semplice diminutivo.

Sembra che il nome Emma sia germanico, la cui forma originaria fu Imma, che ebbe anche un maschile, Immo, in seguito scomparso. Attraverso la forma antica di Imma, sembra che sia imparentata anche con Irma, nome che però non ha una propria Santa tutelare, o meglio che vien fatto cadere sotto la protezione di Sant’Irmina.

La Santa che oggi incontriamo sotto il nome germanico di Emma fu anch’ella tedesca, e visse intorno dell’anno Mille. Ella era sorella di San Meginverco, Vescovo di Paderborn, ed aveva sposato in giovanissima età il conte Ludgero, il quale però morì dopo pochi anni di matrimonio.

Ed ecco la caratteristica più spiccata della nostra Santa Emma: quella di essere restata vedova per quarant’anni, e vedova esemplare, facendo della sua delicata condizione uno strumento più raffinato di perfezione spirituale.

Alla morte del marito, era ricca, giovane e bella. Avrebbe potuto, come si dice comunemente, « rifarsi una vita », e vivere onestamente, e magari virtuosamente, accanto ad un altro uomo e nell’affetto di una famiglia. Scelse invece la via più difficile. quella della rinunzia al mondo e a tutti i suoi allettamenti. Una rinunzia che non fu né egoista né sterile, perché Santa Emma fece della sua condizione vedovile non soltanto un mezzo di propria perfezione spirituale. ma soprattutto uno strumento di bene per il prossimo. con la preghiera e con l’incessante carità. Erede di un ricchissimo patrimonio, la Santa vedova lo amministrò nel modo più redditizio, distribuendolo ai poveri e donandolo a istituzioni benefiche, perché fosse investito in opere di carità corporale e anche spirituale. Quando morì, nel 1040, si era spogliata non soltanto delle sue doti femminili, della bellezza e della gioventù, ma anche di tutte le sue ricchezze materiali. E se la prima circostanza era dovuta semplicemente al passare degli anni, la seconda era stata merito suo, di Santa Emma, modello di vedova cristiana, nel senso più ricco e più umano del termine. La vedovanza non era stata infatti, per lei, fedeltà quasi morbosa a un ricordo sempre più lontano, ma impegno di vita vissuta giorno per giorno, come sposa, pur senza marito, come madre, pur senza figli: come donna, insomma, la cui più alta missione è quella di dare: dare se stessa, cioè dare e moltiplicare la vita, sia in senso genetico che in senso sociale e spirituale.

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Domande Frequenti

  • Quando si festeggia Sant’ Emma di Sassonia?

     

  • Quando nacque Sant’ Emma di Sassonia?

     

  • Dove nacque Sant’ Emma di Sassonia?

     

  • Quando morì Sant’ Emma di Sassonia?

     

  • Dove morì Sant’ Emma di Sassonia?

     


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Oggi 19 aprile si venera:

Sant' Emma di Sassonia

Sant’ Emma di Sassonia
VedovaLe Sante con il nome di Emma sono due: della seconda non avremo occasione di parlare, perché la sua memoria cade il 29 giugno, festa degli Apostoli Pietro e Paolo. Della prima possiamo invece parlare oggi…

Domani 20 aprile si venera:

Santa Sara di Antiochia

Santa Sara di Antiochia
MartireIl Sinassario Alessandrino è l’unico documento a portare testimonianza scritta di Santa Sara vissuta fra il III ed il IV secolo, ponendo il giorno commemorativo della sua “rinascita al cielo” (dies natalis…

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Oggi 19 aprile si recita la novena a:

– Santa Gianna Beretta Molla
O Dio, nostro Padre, tu hai donato alla tua Chiesa santa Gianna Beretta Molla, che nella sua giovinezza ha cercato amorevolmente te, e a te ha portato altre giovani, impegnandole apostolicamente in testimonianza…
– San Giorgio
I. Incomparabile s. Giorgio, che, professando fra i disordini della milizia idolatra il cristianesimo il più perfetto, dispensando ai poveri tutte le sostanze di cui per la morte di vostra madre diveniste…
– San Luigi Maria Grignion da Montfort
1. O grande apostolo del regno di Gesù per Maria, tu che indicasti alle anime i sentieri della vita cristiana suggerendo l’osservanza delle promesse battesimali e insegnasti come un segreto di santità…
– San Marco
I. Glorioso s. Marco, che al primo udire le prediche di s. Pietro, vi convertiste alla fede con tanta sincerità e con tanto fervore da essere da s. Pietro medesimo denominato suo figlio, e, come tale…