Archivi giornalieri: 4 aprile 2023

Amministrazione di sostegno: il diritto all’audizione della beneficiaria.

Amministrazione di sostegno: il diritto all’audizione della beneficiaria.

La Corte di Cassazione, I sez. civile, con una ordinanza del 19 gennaio 2023, la n. 1667, interviene sul tema del diritto all’audizione del beneficiario/a in tema di amministrazione di sostegno.

I FATTI.

Nel 2018 il padre di una persona con disabilità chiedeva al Tribunale di Lagonegro di dichiarare l’interdizione della figlia per infermità mentale; la madre della stessa, si opponeva a tale richiesta. Il Tribunale rigettava il ricorso e trasmetteva gli atti per l’eventuale apertura di un’amministrazione di sostegno al Giudice tutelare in sede, che con decreto nel 2020, nominava amministratrice di sostegno una dottoressa, stabilendone i compiti e poteri, in quanto “professionista qualificata ed esperta della materia”, ritenendo inopportuna la nomina sia di uno dei due genitori, stante il clima di profonda conflittualità esistente tra essi, sia di altre due persone che nel frattempo si erano rese disponibili, trattandosi di amici o affini dei genitori. La madre, proponeva reclamo avverso la nomina dell’amministratore lamentando che il provvedimento era stato adottato senza l’audizione della beneficiaria, quasi trentenne, in violazione dell’art. 407, comma 2, del codice civile, senza inoltre dare rilievo ad una missiva con cui la stessa beneficiaria aveva richiesto di avere la madre come amministratrice di sostegno.

Continuava sostenendo che il Giudice Tutelare aveva privato la figlia della possibilità di compiere atti di ordinaria amministrazione e di soddisfare autonomamente i suoi bisogni primari, in violazione sempre dell’art. 404 c.c., poiché aveva assegnato quasi tutta la pensione di invalidità spettante ad ella all’amministratrice di sostegno, che era nell’interesse della figlia avere accanto non una sconosciuta bensì la madre che da sempre si prendeva cura di lei al meglio (come dimostrato dalle prove acquisite) e che il Giudice Tutelare non poteva giustificare l’esclusione della madre  dall’incarico per il rapporto conflittuale tra i genitori, poiché tale conflitto derivava solo dall’opposizione della madre a tenere chiusa la figlia in una casa di cura. Chiedeva solo di essere nominata lei come amministratrice di sostegno. Con decreto, la Corte d’appello di Potenza, competente avverso il reclamo proposto, lo rigettava sostenendo che non sussiste la nullità del procedimento, in quanto la figlia era stata sentita dal Tribunale all’udienza del 24/06/2019, nel corso del pregresso procedimento per interdizione, senza che la stessa avesse dedotto il pregiudizio derivatole dalla mancata rinnovazione dell’audizione. Continuava poi sostenendo che le disposte limitazioni alla capacità di agire erano connaturate all’istituto e che il potere discrezionale di scegliere l’amministratore di sostegno tra le persone indicate dal codice civile era stato correttamente esercitato dal giudice tutelare, poiché la missiva a firma della figlia, depositata in udienza, era priva di valore probatorio e “palesemente non era frutto delle capacità intellettive della stessa, quali si evincono dal verbale di audizione 24.6.19, contenente non poche dichiarazioni deliranti”, mentre l’accesa conflittualità tra i genitori rendeva senz’altro opportuno che amministratore di sostengo fosse un terzo, al fine di evitare possibili strumentalizzazioni di qualsiasi decisione adottata dal medesimo. La madre, in virtù della decisione della Corte d’Appello, non si arrendeva e decideva di proporre ricorso per cassazione, con ben tre motivi.

Con il primo motivo ha denunciato la mancata audizione della figlia in violazione della L. 18 del 2009 che ha ratificato in Italia, la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ritenendo tale adempimento imprescindibile anche quando la misura intervenga a seguito di una revoca di un’interdizione nel corso del cui procedimento il Giudice Istruttore abbia già provveduto all’esame dell’interessato, dovendo il Giudice tutelare valutarne in concreto le condizioni psico-fisiche al fine di emettere un provvedimento adeguato alla persona cui è destinato.

Con il secondo motivo ha lamentato la violazione e/o errata applicazione dell’art. 408 del Codice civile, per avere la Corte d’appello violato i criteri legali di scelta dell’amministratore di sostegno, prioritariamente orientati verso i familiari della beneficiaria, per un verso sminuendo la volontà dalla stessa manifestata definendone le richieste “deliranti”, senza per altro aver espletato alcuna consulenza tecnica e decontestualizzandole – e per altro verso valorizzando l’accesa conflittualità tra i genitori, genericamente indicata e di fatto insussistente, “in quanto il padre aveva abbandonato il domicilio coniugale, non interessandosi più dei percorsi terapeutici della figlia dal lontano 2003, a fronte della documentata cura e assistenza prestata dalla madre, già insegnante delle scuole superiori, che ha speso l’intera sua esistenza per assicurare alla figlia le migliori cure e per sottoporla a visita presso i più qualificati specialisti.

Il terzo motivo lamentava la violazione e/o errata applicazione dell’art. 404 del codice civile, per essere stata la figlia privata di qualsiasi diritto, nonché di compiere anche atti di ordinaria amministrazione tra cui quello di disporre della modesta pensione di invalidità di cui è titolare, per poter soddisfare autonomamente, i suoi primari bisogni di vita, senza specificare in alcun modo il grado di limitazione della sua capacità, che va connaturato alle sue condizioni psicofisiche, lamentando da ultimo una segregazione della figlia nella struttura dove attualmente si trova.

IL DIRITTO.

L’art. 407, comma 2, c.c. dispone che “Il giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce recandosi, ove occorra, nel luogo in cui questa si trova e deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa. Il giudice tutelare pertanto provvede, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti di cui all’art. 406; in caso di mancata comparizione provvede comunque sul ricorso. Dispone inoltre, anche d’ufficio, gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione.

La disposizione è in linea con i diritti sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006 e ratificata dall’Italia con l. n. 18 del 2009, ed in particolare con l’art. 1, per cui “Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità” e con l’art. 12 in base al quale “Gli Stati Parti assicurano che tutte le misure relative all’esercizio della capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire abusi in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono essere proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui diritti e sugli interessi delle
persone”. 
Conformemente al quadro normativo nazionale e sovranazionale della materia, l’audizione personale del beneficiario dell’amministrazione di sostegno rappresenta un adempimento essenziale della procedura, non solo perché rispettoso della dignità della persona che vi sia sottoposta in ragione di una qualche disabilità, ma anche perché funzionale alla realizzazione dello scopo dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, che è quello di accertare la ricorrenza dei relativi presupposti in maniera specifica e circostanziata, sia rispetto alle concrete ed attuali condizioni di menomazione fisica o psichica del beneficiario, sia rispetto alla loro incidenza sulla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, al fine di perimetrare i poteri gestori dell’amministratore in termini direttamente proporzionati ad entrambi i menzionati elementi, dovendo la misura risultare funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un’ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona.

E’ dunque evidente che a tali fini va accertata la volontà del beneficiario, le cui dichiarazioni, opposizioni o preferenze devono essere scrupolosamente registrate e valutate dal giudice.

In altri termini, l’audizione del beneficiario è strumentale alla ratio delle disposizioni in materia di amministrazione di sostegno, le quali, secondo l’insegnamento dei massimi organi giurisdizionali, devono essere interpretate in modo da valorizzare tutte le capacità del beneficiari non compromesse dalla disabilità fisica, psichica o sensoriale.

LA DECISIONE.

Le norme di diritto sopra richiamate, immutabili, hanno fatto sì, secondo la Corte di Cassazione, che la Corte d’Appello abbia erroneamente ritenuto sufficiente l’audizione effettuata un anno e mezzo prima della propria decisione, dinanzi al Tribunale investito del pregresso e diverso procedimento per interdizione, poiché l’audizione della ragazza avrebbe dovuta essere rinnovata all’attualità proprio per cogliere, come detto, le specifiche condizioni psico-fisiche dell’interessata e calibrare al meglio sulle sue esigenze i provvedimenti da adottare, tenendo conto, nei limiti del possibile, della sua volontà. Questo vizio rilevato è risultato assorbente rispetto alle ulteriori violazioni di legge lamentate con il secondo ed il terzo motivo. Infatti l’audizione del beneficiario è strumentale anche alla individuazione del soggetto più adeguato ad assumere i compiti e i poteri dell’amministrazione di sostegno. Attraverso l’audizione è inoltre possibile verificare l’effettiva volontà della beneficiaria, o eventualmente accertarne in modo appropriato la capacità di intendere e di volere.
Allo stesso modo, l’audizione costituisce uno strumento prezioso, e perciò imprescindibile, per calibrare secondo lo stretto necessario, le limitazioni della capacità della beneficiaria tenendo conto che la finalità dell’amministrazione di sostegno è la protezione delle persone fragili – ovvero di coloro che si trovano in difficoltà nel gestire le attività della vita quotidiana e i propri interessi, o che addirittura si trovano nell’impossibilità di farlo (l. n. 6 del 2004, art. 1) – e che la conseguente tutela deve realizzarsi con la minore limitazione possibile della sua capacità di agire, in modo da conciliare la predetta necessità con l’esigenza di non “mortificare” la persona, così da non intaccare la dignità personale del beneficiario. Esiste infatti un principio generale, riconducibile all’Art. 2 della Costituzione che impone di rispettare la sfera di libera volontà dell’amministrato e di conservarne il più possibile la capacità di agire, poiché quella che è stata declinata dalla dottrina come “tutela dei diritti dei più fragili” passa necessariamente attraverso la valorizzazione della loro dignità e l’adozione di provvedimenti “su
misura” proporzionati e adeguati alle effettive, concrete ed attuali esigenze del beneficiario, con l’obbiettivo di salvaguardare, sempre nei limiti del possibile, la capacità e l’autodeterminazione della persona.

CONCLUSIONI.

 Da una attenta lettura del dettato normativo, non vi è la possibilità di deroga all’audizione del beneficiario; la norma infatti specifica che il giudice deve sentire la persona a cui il procedimento si riferisce, ponendo detto inciso come un obbligo e non come una facoltà. Ed inoltre non sono previsti casi in cui questo obbligo possa essere “schivato”. Esso è talmente importante da prevedere anche la possibilità che il giudice si rechi appositamente presso il beneficiario qualora sia impossibile provvedere all’audizione presso il tribunale. Infatti, se l’audizione non fosse stata ritenuta indispensabile dal legislatore non sarebbe stato necessario inserire questa precisazione, ne sarebbe stato necessario precisare che il giudicante debba tenere conto dei bisogni e delle richieste della persona da proteggere.  Questo adempimento è infatti un momento fondamentale in cui il giudice riesce, anche grazie alla sua esperienza, a rendersi conto della reale situazione del soggetto da proteggere; è infatti solo in quel momento che il procedimento permette un contatto diretto tra giudicante e tutelando, fino ad allora noto allo stesso solo tramite atti e relazioni di terzi.

 

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex
 

Che cos’è la commissione di vigilanza Rai

Che cos’è la commissione di vigilanza Rai

La commissione di vigilanza Rai è l’organo bicamerale del parlamento italiano che formula gli indirizzi generali che dovranno essere seguiti dal servizio pubblico radiotelevisivo e ne controlla il rispetto.

La commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, più comunemente nota come commissione di vigilanza Rai, è una commissione parlamentare bicamerale.

La sua prima istituzione ha origine già in un decreto del capo provvisorio dello stato del 1947 (Dcps 428/1947). Nel 1975 però il parlamento è intervenuto con una legge sulla diffusione radiofonica e televisiva stabilendo compiti e poteri della commissione parlamentare.

formula gli indirizzi generali […]; controlla il rispetto degli indirizzi e adotta tempestivamente le deliberazioni necessarie per la loro osservanza;

L’approvazione della legge avvenne su impulso della corte costituzionale che in un’ordinanza dell’anno precedente aveva delineato alcuni elementi chiave. Tra questi il fatto che la legge attribuisse al parlamento i poteri necessari a fornire direttive e controllarne il rispetto (ordinanza n. 225/1974). Secondo la stessa logica, che vede il parlamento come l’espressione più compiuta della volontà popolare, molti anni più tardi (ord. 61/2008) la consulta ha riaffermato l’importanza della commissione a garanzia del pluralismo dell’informazione e per evitare il controllo governativo del mezzo pubblico radiotelevisivo.

Nonostante questo la riforma del 2015 (L.220/2015) ha ridotto le sue competenze, in particolare per quanto riguarda la nomina del consiglio di amministrazione (Cda). In precedenza infatti era direttamente la commissione a eleggere la maggioranza dei consiglieri (10 su 16). Dopo la riforma invece questo potere è stato trasferito alle aule parlamentari. Inoltre la quota di consiglieri eletta dal parlamento è stata ridotta, a tutto vantaggio del governo.

Dei 7 membri del Cda Rai, le aule parlamentari ne eleggono 2 ciascuna, il consiglio dei ministri altri 2, mentre 1 è scelto dall’assemblea dei dipendenti Rai. Vai a “Come vengono nominati i vertici Rai”

La commissione però dispone comunque di un significativo potere di veto rispetto alla scelta del presidente del consiglio di amministrazione. Questo viene eletto dal Cda tra i suoi componenti. Tuttavia la nomina diviene effettiva solo dopo che la commissione ha espresso parere favorevole con un maggioranza di almeno 2/3 dei componenti.

D’altra parte la funzione di indirizzo generale e di vigilanza è stata confermata dalla nuova disciplina. Ogni 6 mesi ad esempio, prima dell’approvazione del bilancio, il Cda Rai deve riferire alla commissione. In questa sede il consiglio di amministrazione espone l’attività della concessionaria e consegna alla commissione l’elenco di tutti gli ospiti che hanno partecipato alle trasmissioni (testo unico dei servizi audiovisivi, art. 63).

Inoltre nel corso degli anni alla commissione sono state attribuite diverse competenze in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione in particolare durante fasi elettorali o referendarie, ma non solo (L. 515/1993 e L.28/2000). Si tratta di regolare quella che è comunemente nota come par condicio.

Più in generale comunque si può dire che la commissione esercita la propria attività di indirizzo approvando risoluzioni con le direttive che devono essere seguite dalla società concessionaria, ovvero la Rai.

Da segnalare inoltre come la stessa legge istitutiva preveda (art. 6) l’esistenza di una apposita sottocommissione a cui le realtà della società civile possono presentare richiesta di accesso ottenendo così spazio all’interno del servizio pubblico, ovvero nei programmi dell’accesso.

Dati

I componenti della commissione sono indicati dai presidenti di camera e senato sulla base delle indicazioni fornite dai gruppi, rispettandone la rappresentanza parlamentare. Ogni aula esprime 21 componenti.

42 i componenti della commissione di vigilanza Rai. Scelti per metà tra senatori e per metà tra deputati.

Sono 24 i componenti del consiglio di vigilanza Rai espressione della maggioranza, ovvero il 57,1%. Tra questi la metà sono di Fratelli d’Italia (12) mentre i rimanenti di Lega (6), Forza Italia (4) e Noi moderati (2).

I 18 componenti di opposizione si dividono invece tra Partito democratico (7), Movimento 5 stelle (5) e Azione-Italia viva, Verdi e sinistra e Per le autonomie (ciascuno con 2 esponenti).

Il presidente della commissione è solitamente un esponente di opposizione. Si tratta di una prassi parlamentare iniziata nel 1996, non di una regola scritta. Tuttavia gli ultimi 9 presidenti di commissione sono sempre stati esponenti dell’opposizione.

10 su 18 i presidenti della commissione di vigilanza Rai eletti tra esponenti dell’opposizione dal 1975 a oggi.

Anche nella XIX legislatura il parlamento ha mantenuto questa consuetudine e alla presidenza è stata eletta la senatrice Barbara Floridia del Movimento 5 stelle.

Analisi

Sin dalla pronuncia del 1974 la corte costituzionale ha espresso chiaramente la necessità che la televisione pubblica rifletta e valorizzi le diversità presenti all’interno della società italiana, evitando che l’azienda finisca sotto il controllo esclusivo dell’esecutivo.

A tal proposito la Corte […] ritiene che la legge debba almeno prevedere: a) che gli organi direttivi dell’ente gestore […] non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo […]; b) che vi siano direttive idonee a garantire che i programmi di informazione […] rispecchino la ricchezza e la molteplicità delle correnti di pensiero; c) che per la concretizzazione di siffatte direttive e per il relativo controllo siano riconosciuti adeguati poteri al Parlamento […]

In questa visione assume particolare rilevanza il ruolo del parlamento che la corte definisce come rappresentante a livello istituzionale dell’intera collettività nazionale. Da qui dunque il forte potere attribuito alla commissione di vigilanza.

Nonostante questa posizione sia stata riaffermata dalla corte anche in anni più recenti (ord. 137/2000) la riforma del 2015 è andata in direzione inversa aumentando il numero di membri del Cda Rai espressi dall’esecutivo piuttosto che dal parlamento. L’aver previsto poi che un componente del Cda sia eletto dall’assemblea dei dipendenti può essere considerato un segno di apertura nei confronti dei lavoratori dell’azienda, ma comunque non verso società civile e il pluralismo.

Più in generale, pur comprendendo l’impostazione della corte, è innegabile che accentrando molti poteri nelle mani di un organo parlamentare si può ridurre l’influenza del governo ma non si va comunque verso la “liberazione della Rai dai partiti” da tutti auspicata almeno a livello formale. Anche per questo negli anni si è più volte parlato di trasferire molti dei poteri oggi attribuiti alla commissione e al governo a un’apposita fondazione. Tali ipotesi, che in alcuni casi si sono anche tradotte in proposte di legge, non sono però mai andate in porto e la commissione di vigilanza Rai ricopre tutt’oggi un ruolo fondamentale nella governance del servizio pubblico radiotelevisivo.

 

Sant’ Isidoro di Siviglia

 

Sant’ Isidoro di Siviglia


Sant' Isidoro di Siviglia

autore: Bartolomé Esteban Murillo anno: 1655 titolo: Sant’ Isidoro di Siviglia luogo: Catedral de Sevilla
Nome: Sant’ Isidoro di Siviglia
Titolo: Vescovo e dottore della Chiesa
Nascita: 560, Cartagena, Spagna
Morte: 4 aprile 636, Siviglia, Spagna
Ricorrenza: 4 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:
Schiavon

S. Isidoro venne sempre riguardato come il più illustre dottore della chiesa di Spagna. Iddio lo fece nascere, dice S. Braulione, per arrestare il torrente di barbarie e di ferocia che portavano ovunque le armi dei Goti.

Nacque a Cartagena, da illustre famiglia, imparentata con la casa regnante. Se i suoi genitori erano ragguardevoli per nobiltà, maggiormente lo erano per le loro virtù. Ebbero da Dio quattro figli, e tutti quattro sono santi : S. Leandro, vescovo di Siviglia, S. Fuigenzio, vescovo di Cartagine, S. Isidoro, successore di S. Leandro nella sede episcopale di Siviglia, e S. Fiorentina.

Isidoro venne educato nella pietà e negli studi dai suoi fratelli Leandro e Fulgenzio. Imparò la lingua greca, ebraica e latina e si specializzò nel diritto. Giova netto ancora, combattè con molto coraggio e pubblicamente l’eresia ariana. Morto S. Leandro, che se lo era associato nel lavoro per la conversione dei Visigoti, benchè riluttante, fu eletto a succedergli sulla cattedra episcopale di Siviglia.

 

Si adoperò con tutte le forze per ristabilire la disciplina nella Chiesa di Spagna e fu l’anima dei concilii che si tennero in quel tempo, ad alcuni dei quali presiedette egli stesso. Scrisse anche molto : le opere che ci rimangono sono piene di pietà e di sapienza celeste. Ricordiamo i Commentarii sui libri storici del Vecchio Testamento; i venti libri delle origini e delle etimologie.

In mezzo a tante fatiche del ministero, non trascurò mai le pratiche di pietà e l’esercizio della vita interiore; con la preghiera, la meditazione e la penitenza avvalorava tutte le azioni della giornata.

Le infermità e la vecchiaia non diminuirono lo zelo e il fervore di S. Isidoro. Al termine dei suoi giorni si fece condurre in chiesa, e là, coperto di cenere e cilici, dopo fervorosa preghiera, ricevette il santo viatico; quindi, avendo esortato il popolo accorso, se ne volò al cielo il 4 aprile del 639 dopo 36 anni di episcopato.

Il Breviario rende di lui questa testimonianza: « Nessuna lingua potrà ridire quanto egli nell’episcopato fu costante, umile, paziente, misericordioso, sollecito nell’instaurare i costumi cristiani e la disciplina ecclesiastica, indefesso nel sostenerla con la parola e con gli scritti, ragguardevole infine per ogni ornamento di virtù ». Ardente promotore delle istituzioni monastiche nella Spagna. costruì monasteri ed edificò collegi dove educò moltissimi discepoli fra i quali S. Ildefonso e S. Braulione.

L’ottavo concilio di Toledo, convocato 14 anni dopo la morte del Santo, lo chiama « il dottore eccellente, la gloria della Chiesa Cattolica, il più saggio uomo che fosse comparso per illuminare gli ultimi secoli; il suo nome non si può nominare senza grande rispetto ».

PRATICA. Impariamo da questo Santo l’amore alla parola di Dio.

PREGHIERA. Dio, che al popolo tuo desti per ministro di eterna salvezza il beato Isidoro, deh! fa’ che come l’abbiamo avuto dottore sulla terra, così meritiamo di averlo intercessore in cielo.

 

MARTIROLOGIO ROMANO. Sant’Isidoro, vescovo e dottore della Chiesa, che, discepolo di suo fratello Leandro, gli succedette nella sede di Siviglia nell’Andalusia in Spagna; scrisse molte opere erudite, convocò e presiedette vari concili e si adoperò sapientemente per il bene della fede cattolica e per l’osservanza della disciplina ecclesiastica.

ICONOGRAFIA

Sant'Isidoro di Siviglia

titolo Sant’Isidoro di Siviglia
autore Ignoto anno XVII sec

L’iconografia di Sant’Isidoro si basa su ritratti immaginari del santo in quanto tutte le raffigurazioni che esistono sono state eseguite molto tempo dopo la sua morte. Le poche opere che esistono lo rappresento con l’abito vescovile, la mitra, il pastorale e un libro

Apparizione di Sant'Isidoro al re Fernando III Il Santo, dinanzi alle mura di Siviglia

titolo Apparizione di Sant’Isidoro al re Fernando III Il Santo, dinanzi alle mura di Siviglia
autore Francisco Goya anno 1798~1800