Archivi giornalieri: 7 aprile 2023

Circolare INPS numero 25 del 06-03-2023 – istruzioni in tema di pensione anticipata c.d. opzione donna

 

OGGETTO: Con la presente circolare si forniscono le istruzioni in tema di pensione anticipata c.d. opzione donna di cui all’articolo 1, comma 292, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per i profili relativi ai destinatari della norma, ai requisiti e alle condizioni richiesti, alla decorrenza del trattamento pensionistico e alle modalità di presentazione della domanda.

SOMMARIO: Con la presente circolare si forniscono le istruzioni in tema di pensione anticipata c.d. opzione donna di cui all’articolo 1, comma 292, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per i profili relativi ai destinatari della norma, ai requisiti e alle condizioni richiesti, alla decorrenza del trattamento pensionistico e alle modalità di presentazione della domanda.

1. Premessa

Nel Supplemento Ordinario n. 43/L alla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre 2022, è stata pubblicata la legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025”.

L’articolo 1, comma 292, della legge in esame modifica l’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, in materia di accesso alla pensione anticipata c.d. opzione donna.

In particolare, la lettera a) del citato comma 292, aggiunge, dopo il comma 1 dell’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, il comma 1-bis, secondo il quale: “Il diritto al trattamento pensionistico di cui al comma 1 si applica nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e un’età anagrafica di almeno sessanta anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni, e che si trovano in una delle seguenti condizioni:

a) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

b) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

c) sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per le lavoratrici di cui alla presente lettera la riduzione massima di due anni del requisito anagrafico di sessanta anni di cui all’alinea del presente comma si applica a prescindere dal numero di figli.

Le successive lettere b) e c) del comma 292 dell’articolo 1 della legge n. 197/2022 coordinano la previgente disciplina della pensione anticipata c.d. opzione donna, con le modifiche introdotte dalla norma in argomento.

Con la presente circolare, condivisa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, si forniscono le istruzioni in merito all’applicazione della disposizione in esame.

 

2. Destinatari: requisiti e condizioni

La norma in esame si applica alle lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2022, abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni, e che si trovino in una delle condizioni indicate nella stessa norma.

Il requisito anagrafico di 60 anni è ridotto di un anno per figlio nel limite massimo di due anni. La riduzione massima di due anni si applica in favore della categoria di lavoratrici di cui alla lettera c) del comma 1-bis dell’articolo 16 del decreto-legge n. 4/2019, introdotto dalla norma in esame, anche in assenza di figli.

Pertanto, le lavoratrici di cui alla lettera c) in argomento possono accedere alla pensione c.d. opzione donna, con 58 anni di età e 35 anni di contribuzione, maturati entro il 31 dicembre 2022.

Al predetto requisito anagrafico, richiesto per l’accesso al pensionamento in esame, non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

Le lavoratrici in argomento conseguono la pensione anticipata c.d. opzione donna, secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180.

Le lavoratrici, in possesso dei prescritti requisiti anagrafico e contributivo, possono accedere alla pensione anticipata c.d. opzione donna ove si trovino in almeno una delle seguenti condizioni:

a)   assistono, alla data di presentazione della domanda di pensione e da almeno sei mesi, il coniuge o la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti oppure siano deceduti o mancanti (cfr. il successivo paragrafo 2.1);

b)   hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti Commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

c)   sono lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cfr. il successivo paragrafo 2.2).

Le condizioni sopra specificate, anche con riferimento al personale appartenente al comparto scuola o quello dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), devono sussistere alla data di presentazione della domanda di pensione e non devono essere oggetto di ulteriore verifica alla decorrenza del trattamento pensionistico.

2.1 Lavoratrici che assistono una persona con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (lettera a) del comma 1-bis dell’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26)

Con riferimento alle lavoratrici che prestano assistenza a una persona con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, si forniscono le seguenti precisazioni.

Il requisito dell’assistenza si considera soddisfatto in presenza di convivenza.

Al riguardo, si richiama la circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 18 febbraio 2010 dove vengono forniti chiarimenti sul concetto di convivenza ai fini del riconoscimento del diritto al congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (cfr. il messaggio n. 6512/2010). In coerenza con l’orientamento espresso con la menzionata circolare, ai fini dell’accertamento del requisito della convivenza, si ritiene condizione sufficiente la residenza nel medesimo stabile, allo stesso numero civico, anche se non necessariamente nello stesso interno (appartamento).

I sei mesi di assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità devono intendersi continuativi.

Con riferimento allo status di persona con disabilità grave si precisa che lo stesso si acquisisce alla data dell’accertamento riportata nel verbale rilasciato ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 104/1992, o in caso di sentenza o riconoscimento a seguito di omologa conseguente ad accertamento tecnico preventivo di cui all’articolo 445-bis c.p.c., dalla data della sentenza o dalla data del decreto di omologa, salvo che nel provvedimento non si faccia decorrere lo status di disabilità grave da una data anteriore.

Nel caso di assistenza di un parente o un affine entro il secondo grado è prevista l’ulteriore condizione che i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap in situazione di gravità non possano prestare l’assistenza in quanto abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

A titolo esemplificativo, al ricorrere dei prescritti requisiti e delle previste condizioni, la nuora della persona con handicap in situazione di gravità ha diritto alla pensione anticipata c.d. opzione donna a condizione che i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap in situazione di gravità non possano prestarle assistenza avendo compiuto 70 anni di età oppure essendo affetti da patologie invalidanti oppure essendo deceduti o mancanti.

Per quanto concerne l’individuazione delle patologie invalidanti, in assenza di un’esplicita definizione di legge, si fa riferimento alle patologie a carattere permanente indicate dall’articolo 2, comma 1, lettera d), n. 1, n. 2 e n. 3, del decreto 21 luglio 2000, n. 278, emanato dal Ministro per la Solidarietà Sociale, di concerto con i Ministri della Sanità, del lavoro e della previdenza sociale e per le Pari opportunità, recante “Regolamento recante disposizioni di attuazione dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari”, che ha individuato le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per i gravi motivi di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.

Infine, l’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato/nubilato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione a essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’Autorità giudiziaria o da altra pubblica Autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono di minori, dichiarazione di assenza o di morte presunta dello scomparso (cfr. la circolare n. 155/2010).

2.2 Lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (lettera c) del comma 1-bis dell’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26)

La norma in esame si applica alle lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali risulti attivo alla data del 1° gennaio 2023, ovvero risulti attivato in data successiva, un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge n. 296/2006.

In merito, si specifica che:

  • per le lavoratrici dipendenti è necessario che il tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale risulti attivo al momento della presentazione della domanda di pensione;
  • per le lavoratrici licenziate occorre che il licenziamento sia stato intimato nel periodo compreso tra la data di apertura e di chiusura del tavolo e che le stesse non abbiano ripreso attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato successivamente al licenziamento.

In relazione alle singole istanze pervenute, l’Istituto provvederà a richiedere alla struttura per la crisi d’impresa, istituita presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, i dati relativi alle imprese di riferimento, con particolare riguardo alle date di apertura e chiusura dei relativi tavoli di confronto, ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione per l’erogazione del trattamento pensionistico.

3. Decorrenza del trattamento pensionistico

Alla pensione anticipata c.d. opzione donna si applicano le disposizioni in materia di decorrenza previste dall’articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010 (c.d. finestra mobile).

Pertanto, le lavoratrici dipendenti e autonome, al perfezionamento dei requisiti anagrafico e contributivo richiesti dalla norma, conseguono la pensione decorsi:

a) dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti;

b) diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, nel caso in cui il trattamento sia liquidato a carico delle Gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi.

La decorrenza del trattamento pensionistico non può essere comunque anteriore al 1° febbraio 2023, per le lavoratrici dipendenti e autonome la cui pensione è liquidata a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima, e al 2 gennaio 2023, per le lavoratrici dipendenti la cui pensione è liquidata a carico delle forme esclusive della predetta assicurazione generale obbligatoria.

Con riferimento alla decorrenza del trattamento pensionistico per le lavoratrici del comparto scuola e AFAM trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Pertanto, al ricorrere dei prescritti requisiti e condizioni, le stesse possono conseguire il trattamento pensionistico rispettivamente a decorrere dal 1° settembre 2023 e dal 1° novembre 2023.

Il trattamento pensionistico in esame può essere conseguito anche successivamente alla prima decorrenza utile, fermo restando la maturazione dei requisiti anagrafico e contributivo entro il 31 dicembre 2022 e la sussistenza delle condizioni illustrate nei precedenti paragrafi alla data di presentazione della domanda.

Per quanto non diversamente previsto dalla presente circolare, si fa rinvio alle istruzioni contenute nelle circolari n. 11/2019 e n. 18/2020.

4. Domanda di pensione

Le lavoratrici, al ricorrere dei prescritti requisiti e condizioni, devono presentare la domanda di pensionamento e allegare, ove richiesto, la relativa documentazione.

Resta fermo che la domanda di pensione recante la scelta della lavoratrice di accedere alla pensione anticipata c.d. opzione donna può essere oggetto di rinuncia, secondo i criteri di carattere generale in materia di domanda di pensione (cfr. la circolare n. 15 del 22 gennaio 1982).

Nell’ipotesi di cui al paragrafo 2.1, ossia nei casi di assistenza a persona con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, l’interessata, in sede di domanda di pensione, deve compilare un’autodichiarazione in cui afferma di assistere e di convivere da almeno sei mesi con un soggetto affetto da handicap grave, tra quelli indicati dalla legge. Sarà altresì necessario riportare i dati anagrafici della persona assistita, gli estremi del verbale rilasciato ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 104/1992 dalla Commissione medica che ha riconosciuto l’handicap grave, nonché allegarne il relativo documento, ove non in possesso dell’Istituto.

Qualora l’handicap grave sia stato riconosciuto con decreto di omologa o sentenza, occorre segnalare tale circostanza nel campo “note” all’interno della domanda. L’interessata dovrà quindi allegare il dispositivo del decreto di omologa o della sentenza che ha accertato l’handicap.

Al verbale suddetto sono equiparati:

– l’accertamento provvisorio di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, come modificato dall’articolo 25, comma 4, lettera a), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;

– il certificato provvisorio di cui all’articolo 2, comma 3-quater, del decreto-legge n. 324/1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 423/1993, introdotto dall’articolo 25, comma 4, lettera c), del decreto-legge n. 90/2014.

Essi producono l’effetto di rendere possibile l’accesso al pensionamento, a condizione che il verbale definitivo confermi il giudizio (provvisorio) di handicap grave.

Ne consegue che il verbale definitivo che non confermi il giudizio di handicap grave dell’accertamento/certificato provvisorio preclude il riconoscimento del diritto, ovvero la revoca della pensione.

Con riferimento alla documentazione da allegare in merito, all’accertamento dell’handicap di soggetti con patologie oncologiche e di soggetti affetti dalla sindrome di Down, nonché a ulteriori precisazioni in merito ai verbali di handicap grave, si rinvia alla circolare n. 33/2018, paragrafo 3, punti 7 e 8.

Il requisito della convivenza viene accertato d’ufficio, previa indicazione da parte dell’interessata degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti alla residenza anagrafica, ovvero l’eventuale dimora temporanea (iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223), ove diversa dalla dimora abituale (residenza) della richiedente o del disabile. In alternativa all’indicazione degli elementi di cui sopra, l’interessata ha facoltà di produrre una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

La lavoratrice che assiste un parente o un affine di secondo grado convivente deve dichiarare che, al momento della presentazione della domanda per accedere alla pensione in esame, i genitori,  il coniuge  o l’unito civilmente della persona con disabilità alla quale è riconosciuto un handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, non possano prestare assistenza in quanto si trovino in una delle descritte situazioni (compimento dei settant’anni d’età, patologie invalidanti, decesso, assenza).

In caso di patologie invalidanti dei genitori, del coniuge o della persona unita civilmente, la richiedente dovrà allegare, in busta chiusa, indirizzata all’Unità Operativa Complessa/Unità Operativa Semplice (UOC/UOS) territorialmente competente, idonea documentazione del medico specialista del servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato o del medico di medicina generale o della struttura sanitaria nel caso di ricovero o intervento chirurgico per l’opportuna valutazione medico legale (cfr. il paragrafo 3.1 della circolare n. 32/2012).

Nell’ipotesi di cui allalettera b) del comma 1-bis dell’articolo 16 del decreto-legge n. 4/2019, l’interessata, nella domanda di pensione in esame, deve riportare gli estremi del verbale rilasciato dalle commissioni sanitarie competenti in materia di accertamento dell’invalidità civile, nonché allegarne il relativo documento, ove non in possesso dell’Istituto.

Con riferimento alla documentazione da allegare nel caso di patologie oncologiche, si rinvia alla circolare n. 33/2018, paragrafo 3, punto 8.

Si rinvia a quanto specificato precedentemente nel presente paragrafo nel caso di riconoscimento del requisito sanitario avvenuto per effetto di un decreto di omologa o di sentenza.

Il Direttore Generale

Vincenzo Caridi

Allegato

Come arginare le stragi di migranti

 (occidentale, centrale e orientale). È il 47,3% del totale.

26.257 persone sono morte o risultano disperse dal 1 gennaio 2014 al 31 marzo 2023 nel mar Mediterraneo.

Secondo il progetto “Missing migrants” dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), un’agenzia delle Nazioni unite, la rotta del Mediterraneo è di gran lunga la più pericolosa del mondo.

I tecnici dell’agenzia Onu, infatti, monitorano costantemente le 15 principali rotte migratorie che si articolano nel mondo. Parliamo sia di quelle intra-continentali sulla terraferma, come accade dal sud al nord Africa, che quelle che portano, per esempio, migliaia di migranti dai paesi dell’Asia centrale all’Europa attraverso la rotta balcanica, o l’attraversamento di continenti via mare, tramite il mar dei Caraibi o appunto il Mediterraneo.

Occorre sottolineare che i dati forniti da Missing migrants rappresentano stime al ribasso, perché le rotte migratorie sono irregolari – quindi non è sempre possibile un adeguato tracciamento – e perciò in molti casi morti e dispersi non vengono registrati.

Come abbiamo accennato, dei mille migranti morti o dispersi nei primi tre mesi di quest’anno, la metà (499) sono stati registrati nel mar Mediterraneo. Tra questi anche le 99 persone naufragate a pochi metri dalla spiaggia di Cutro, in Calabria, il 26 febbraio scorso.

Ma le cifre delle morti in mare non sono purtroppo un’eccezione di questi mesi.

I quasi 500 morti dei primi tre mesi del 2023 rappresentano, infatti, un numero simile a quello del primo trimestre dello scorso anno, quasi dimezzato rispetto alle cifre registrate dall’Oim nei primi mesi del 2016 e del 2017 (quando morirono o risultarono dispersi rispettivamente 749 e 803 migranti) ma superiore a quelle dello stesso periodo del biennio 2019-2021.

L’inverno con il numero minore di persone che hanno perso la vita in mare è stato infatti il 2020, complice probabilmente anche la minore mobilità per via della pandemia.

Quasi 7mila persone sono morte nel 2022

Se consideriamo l’anno appena terminato notiamo che anche in questo caso è il Mediterraneo che vede più persone morte o disperse, tra tutte le rotte monitorate dall’Oim.

Nel 2022, infatti, il 35% dei morti o dispersi sono stati registrati nel mare che divide l’Africa dall’Europa: 2.406 su 6.868.

Dei 6.878 migranti risultati morti o dispersi l’anno scorso, sono 4.292 le persone per cui è stato certificato il decesso. Le 2.586 rimanenti, invece, risultano disperse ma, scrive l’Oim, si presume che siano morte.

Quella del Mediterraneo è l’unica rotta dove il numero dei dispersi supera quello dei morti.

In tutte le aree considerate sono più le persone per cui è stato appurato il decesso, tranne che per il mar Mediterraneo. In questa rotta, infatti, nel 2022 sono morte 838 persone, ma ne risultano scomparse 1.568. A conferma di come sia difficile anche solo capire quante persone abbiano perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste dei paesi europei, e di come sia complicato recuperare i corpi in acqua.

Le altre rotte più pericolose nel 2022 risultano essere l’Asia occidentale (887 morti o dispersi), nord Africa (719) e Asia meridionale (702).

È invece meno mortale, ma non per questo meno dolorosa per la vita di centinaia di migliaia di persone, la rotta balcanica, che insieme alle altre vie di accesso in Europa (come per esempio la frontiera polacco-bielorussa) ha visto nel 2022 140 morti e 18 dispersi.

È doveroso ribadire che sulla via balcanica da tempo denunciamo l’assenza di trasparenza e di monitoraggio, anche da parte delle istituzioni italiane.

Come arginare le stragi di migranti

Il fenomeno migratorio esiste da quando esiste l’umanità. Per questo appaiono come atti di velleità (quando non di pura propaganda) i tentativi da parte della maggior parte dei governi occidentali di voler fermare gli esodi, peraltro attraverso politiche repressive e in alcuni casi violente.

Non servono i muri eretti al confine tra Stati Uniti e Messico, né le centinaia di chilometri di barriere costruite recentemente tra Polonia e Bielorussia, sul confine lituano-bielorusso o gli oltre 500 km di muro su quello serbo-ungherese.

Inoltre, in questi anni la tutela dei diritti dei migranti è peggiorata, grazie ad accordi che vedono protagonista anche il nostro paese (come il memorandum Italia-Libia) o le istituzioni comunitarie, come il patto Ue-Turchia.

L’Europa chiude un occhi sulle violenze perpetrate ai suoi confini.

Si tratta di accordi che mirano esplicitamente a trattenere centinaia di migliaia di persone ai confini dell’Europa, delegando la privazione dei diritti e l’esercizio della violenza a governi autoritari o semi-autoritari, come quelli in Libia e Turchia. Quando non muoiono, insomma, molti migranti sono costretti alla reclusione arbitraria, alle violenze e ai soprusi. Condizioni che peraltro spingono le persone a fuggire e successivamente a trovare, talvolta, una tragica morte.

L’unico modo per governare i flussi migratori, garantendo al tempo stesso la sicurezza e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone migranti, è porre in essere politiche pubbliche coraggiose ed efficaci, basate su corridori umanitari, flussi regolamentati e accordi tra paesi di partenza e di approdo.

Foto: Christopher Eden – licenza

 

Cosa sono le comunità energetiche

Cosa sono le comunità energetiche

Si tratta di sistemi di produzione e gestione energetica locali. È una delle potenziali soluzioni alla povertà energetica.

Definizione

La comunità energetica è composta da utenti che producono, gestiscono e utilizzano l’energia di uno o più impianti locali. Questa forma di autoconsumo avviene attraverso l’adesione volontaria a un soggetto giuridico.

Si tratta di una delle numerose soluzioni messe in atto per contrastare la povertà energetica: la produzione decentrata ha infatti l’obiettivo di ridurre i prezzi pagati dai consumatori finali e quindi aumentare l’accesso all’energia anche per le fasce di popolazione meno abbienti.

Una fornitura adeguata di riscaldamento, raffreddamento, illuminazione ed energia per alimentare i dispositivi elettrici rappresenta un servizio essenziale, ed è necessaria per garantire un tenore di vita dignitoso e la salute dei cittadini. Si parla di povertà energetica quando un individuo o una famiglia non ha accesso a servizi energetici adeguati nella propria abitazione.

Le comunità possono essere di due tipi (Enea, 2021):

  • comunità energetica rinnovabile, in cui i membri sono autonomi e prossimi agli impianti, con il vincolo dello sfruttamento di fonti rinnovabili;
  • comunità energetica di cittadini, che non prevede principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità.

Questi gruppi sono stati riconosciuti a livello europeo con la direttiva 2019/944 relativa alle norme comuni per il mercato interno dell’energia. Sono stati anche inclusi nel clean energy for all Europeans package, un regolamento adottato per ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e incentivare lo sfruttamento delle rinnovabili. Si tratta di linee guida che seguono i principi del green deal europeo.

Dati

La decentralizzazione dell’energia si inserisce in un ambito molto difficile, quello della produzione energetica. Si tratta di un tema sempre più centrale del dibattito pubblico, per numerose ragioni. Diminuire gli impatti del settore dell’energia è per esempio un aspetto cruciale nella riduzione totale delle emissioni di gas a effetto serra, per cui è prevista a livello europeo una strategia di lungo termine.

L’offerta di elettricità, gas, vapore e aria condizionata registra più di 7 milioni di tonnellate di emissioni. È questo il segmento che in Europa ha l’impatto più ampio.

20% l’incidenza sulle emissioni totali di industrie e abitazioni europee (2021).

Ma ci sono anche altri aspetti da considerare oltre a quello ambientale. La nuova realtà geopolitica e la diversa configurazione del mercato energetico pongono diverse questioni di tipo economico e produttivo.

La recente spinta inflazionistica vede tra le sue cause l’offerta di beni energetici. Resta infatti la componente che più pesa sui prezzi tra il 2021 e il 2022. Se inizialmente questa dinamica era dovuta dall’aumento delle attività produttive nella ripresa post-pandemica, le problematiche dal lato dell’offerta e l’invasione russa dell’Ucraina hanno contribuito in modo significativo all’aumento dei prezzi dell’energia.

Energy price inflation […] remained the dominant driver of overall inflation. It caused a pronounced rise in inflation in the course of 2021 and at the beginning of 2022. While the initial rise in energy prices was driven mainly by the recovery in energy demand as lockdown measures were being eased, the subsequent price rally during 2021 was also significantly influenced by supply-side issues and later exacerbated by the Russian invasion of Ukraine.

Questo ha avuto un impatto sulle spese delle famiglie. Nel 2021 le uscite per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri carburanti erano la componente che più pesava sul totale delle spese, secondo dati Eurostat.

25% l’incidenza delle spese per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri carburanti sul totale delle uscite delle famiglie (2021)

In questo quadro così complesso, la delocalizzazione della produzione energetica viene vista come una delle potenziali soluzioni, soprattutto per le realtà più piccole. Dal momento che si tratta di un’innovazione piuttosto recente, è difficile definire al momento quante ne sono presenti. Tuttavia, a livello europeo è in corso una mappatura delle iniziative in via di progettazione e costruzione.

Analisi

Nonostante comunità energetica e green community siano molto simili, ci sono alcune piccole differenze tra le due. Quella più importante è l’ambito di azione. Se la prima ha come focus la produzione condivisa di energia elettrica che poi viene consumata da chi ha aderito a questo soggetto giuridico, la seconda può comprendere anche progetti di gestione turistica oppure di edilizia sostenibile. Inoltre, per quanto entrambe si prestino ad essere attuate in zone più distanti dai poli, le green community sono nate proprio per promuovere l’autonomia delle aree più rurali e montuose del paese.

Come abbiamo detto, la comunità energetica viene definita all’interno delle leggi comunitarie. Cosa che non si può dire invece della green community che viene menzionata nella legge 221/2015 ma non trova un corrispettivo europeo.

Al netto di queste differenze, l’implementazione di questi modelli ha l’ambizione di creare dei risvolti positivi anche nell’ambito economico e sociale. Per entrambe le comunità, la tecnologia riveste un ruolo fondamentale per garantire l’efficienza dei progetti e l’adattabilità alle peculiarità territoriali su cui sorgeranno.

 

Cosa sono le comunità energetiche

Cosa sono le comunità energetiche

Si tratta di sistemi di produzione e gestione energetica locali. È una delle potenziali soluzioni alla povertà energetica.

Definizione

La comunità energetica è composta da utenti che producono, gestiscono e utilizzano l’energia di uno o più impianti locali. Questa forma di autoconsumo avviene attraverso l’adesione volontaria a un soggetto giuridico.

Si tratta di una delle numerose soluzioni messe in atto per contrastare la povertà energetica: la produzione decentrata ha infatti l’obiettivo di ridurre i prezzi pagati dai consumatori finali e quindi aumentare l’accesso all’energia anche per le fasce di popolazione meno abbienti.

Una fornitura adeguata di riscaldamento, raffreddamento, illuminazione ed energia per alimentare i dispositivi elettrici rappresenta un servizio essenziale, ed è necessaria per garantire un tenore di vita dignitoso e la salute dei cittadini. Si parla di povertà energetica quando un individuo o una famiglia non ha accesso a servizi energetici adeguati nella propria abitazione.

Le comunità possono essere di due tipi (Enea, 2021):

  • comunità energetica rinnovabile, in cui i membri sono autonomi e prossimi agli impianti, con il vincolo dello sfruttamento di fonti rinnovabili;
  • comunità energetica di cittadini, che non prevede principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità.

Questi gruppi sono stati riconosciuti a livello europeo con la direttiva 2019/944 relativa alle norme comuni per il mercato interno dell’energia. Sono stati anche inclusi nel clean energy for all Europeans package, un regolamento adottato per ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e incentivare lo sfruttamento delle rinnovabili. Si tratta di linee guida che seguono i principi del green deal europeo.

Dati

La decentralizzazione dell’energia si inserisce in un ambito molto difficile, quello della produzione energetica. Si tratta di un tema sempre più centrale del dibattito pubblico, per numerose ragioni. Diminuire gli impatti del settore dell’energia è per esempio un aspetto cruciale nella riduzione totale delle emissioni di gas a effetto serra, per cui è prevista a livello europeo una strategia di lungo termine.

L’offerta di elettricità, gas, vapore e aria condizionata registra più di 7 milioni di tonnellate di emissioni. È questo il segmento che in Europa ha l’impatto più ampio.

20% l’incidenza sulle emissioni totali di industrie e abitazioni europee (2021).

Ma ci sono anche altri aspetti da considerare oltre a quello ambientale. La nuova realtà geopolitica e la diversa configurazione del mercato energetico pongono diverse questioni di tipo economico e produttivo.

La recente spinta inflazionistica vede tra le sue cause l’offerta di beni energetici. Resta infatti la componente che più pesa sui prezzi tra il 2021 e il 2022. Se inizialmente questa dinamica era dovuta dall’aumento delle attività produttive nella ripresa post-pandemica, le problematiche dal lato dell’offerta e l’invasione russa dell’Ucraina hanno contribuito in modo significativo all’aumento dei prezzi dell’energia.

Energy price inflation […] remained the dominant driver of overall inflation. It caused a pronounced rise in inflation in the course of 2021 and at the beginning of 2022. While the initial rise in energy prices was driven mainly by the recovery in energy demand as lockdown measures were being eased, the subsequent price rally during 2021 was also significantly influenced by supply-side issues and later exacerbated by the Russian invasion of Ukraine.

Questo ha avuto un impatto sulle spese delle famiglie. Nel 2021 le uscite per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri carburanti erano la componente che più pesava sul totale delle spese, secondo dati Eurostat.

25% l’incidenza delle spese per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri carburanti sul totale delle uscite delle famiglie (2021)

In questo quadro così complesso, la delocalizzazione della produzione energetica viene vista come una delle potenziali soluzioni, soprattutto per le realtà più piccole. Dal momento che si tratta di un’innovazione piuttosto recente, è difficile definire al momento quante ne sono presenti. Tuttavia, a livello europeo è in corso una mappatura delle iniziative in via di progettazione e costruzione.

Analisi

Nonostante comunità energetica e green community siano molto simili, ci sono alcune piccole differenze tra le due. Quella più importante è l’ambito di azione. Se la prima ha come focus la produzione condivisa di energia elettrica che poi viene consumata da chi ha aderito a questo soggetto giuridico, la seconda può comprendere anche progetti di gestione turistica oppure di edilizia sostenibile. Inoltre, per quanto entrambe si prestino ad essere attuate in zone più distanti dai poli, le green community sono nate proprio per promuovere l’autonomia delle aree più rurali e montuose del paese.

Come abbiamo detto, la comunità energetica viene definita all’interno delle leggi comunitarie. Cosa che non si può dire invece della green community che viene menzionata nella legge 221/2015 ma non trova un corrispettivo europeo.

Al netto di queste differenze, l’implementazione di questi modelli ha l’ambizione di creare dei risvolti positivi anche nell’ambito economico e sociale. Per entrambe le comunità, la tecnologia riveste un ruolo fondamentale per garantire l’efficienza dei progetti e l’adattabilità alle peculiarità territoriali su cui sorgeranno.

 

Ex Medici condotti: calcolo del TFS sul trattamento omnicomprensivo

Ex Medici condotti: calcolo del TFS sul trattamento omnicomprensivo

L’importo del trattamento economico onnicomprensivo è stabilito dai contratti collettivi del comparto sanità

Pubblicazione: 6 aprile 2023

L’Istituto è destinatario di numerosi atti di diffida da parte degli ex medici condotti ed equiparati, nei quali si richiede il ricalcolo del trattamento di fine servizio (TFS), includendo la valutazione di voci retributive ulteriori, rispetto al trattamento onnicomprensivo originariamente previsto (art. 110 del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270) e ora disciplinato dalla contrattazione collettiva di settore.

In mancanza di una specifica normativa, l’Istituto deve continuare a liquidare il TFS sulla base del trattamento economico onnicomprensivo il cui importo è indicato dai contratti collettivi del comparto sanità, con l’esclusione di ulteriori emolumenti (come l’indennità di specificità medica) previsti dalla contrattazione collettiva per i dirigenti medici del SSN con rapporto esclusivo di dipendenza con la ASL.

Il messaggio 3 aprile 2023, n. 1271, precisa, inoltre, l’impossibilità di liquidare il TFS sulla base di specifici accordi transattivi stipulati tra le Aziende Sanitarie e gli ex medici condotti, poiché tali accordi hanno forza di legge solamente tra le parti che li hanno sottoscritti.

Pignoramento delle pensioni: nuovo limite di impignorabilità

Pignoramento delle pensioni: nuovo limite di impignorabilità

Innalzato a 1.000 euro il limite di impignorabilità delle pensioni

Pubblicazione: 6 aprile 2023

La legge 21 settembre 2022, n. 142, di conversione del decreto Aiuti-bis, ha modificato il limite di impignorabilità delle pensioni: sale a 1.000 euro il “minimo vitale” sotto il quale non si possono pignorare le pensioni.

Le somme dovute a titolo di pensione, di indennità o altri assegni di quiescenza, non possono quindi essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro.

Il nuovo limite di impignorabilità ha efficacia dal 22 settembre 2022. È quanto comunica la circolare INPS 3 aprile 2023, n. 38, che fornisce le indicazioni applicative relative alla novità normativa.

Segretari Comunali e Provinciali: chiarimenti sul TFS e sul TFR

Segretari Comunali e Provinciali: chiarimenti sul TFS e sul TFR

Segretari Comunali e Provinciali: chiarimenti sull’applicazione del CCNL in materia di TFS e TFR

Pubblicazione: 6 aprile 2023

Il messaggio 3 aprile 2023, n. 1272, fornisce chiarimenti circa la valutabilità, ai fini del trattamento di fine servizio e di fine rapporto (TFS/TFR), della intera retribuzione di posizione riconosciuta ai Segretari Comunali e Provinciali.

L’INPS ha evidenziato che la collocazione contrattuale nell’area dirigenziale delle Funzioni Locali dei Segretari Comunali e Provinciali di qualifica direttiva, in assenza di una espressa previsione normativa, non può implicarne automaticamente l’inquadramento giuridico nella dirigenza pubblica e devono intendersi confermate le disposizioni contenute nella nota operativa INPDAP con la quale sono stati forniti chiarimenti sull’applicazione del CCNL dei Segretari Comunali e Provinciali, per il biennio economico 2008-2009, sottoscritto il 1° marzo 2011, relativamente all’accorpamento di una quota dei valori della retribuzione di posizione nello stipendio tabellare.

Nello specifico:

  • per i Segretari Comunali e Provinciali di fascia A o di fascia B titolari di una segreteria superiore ai 10.000 abitanti, la retribuzione di posizione è valutabile ai fini TFS nella misura interamente percepita;
  • per i Segretari Comunali e Provinciali di fascia B titolari di segreterie tra i 3.000 e i 10.000 abitanti, la retribuzione di posizione è valutabile nei limiti dell’indennità di direzione eventualmente percepita alla data del 30 novembre 1995 (1.032,91 euro – 2.065,83 euro – 3.098,74 euro a seconda dell’anzianità di servizio maturata, rispettivamente di 5, 10, 15 anni, alla predetta data).

Dato che la normativa del CCNL 1° marzo 2011, risulta confermata da quella del CCNL 17 dicembre 2020, l’accorpamento nello stipendio tabellare di una quota dei valori della retribuzione di posizione continua a non modificare le modalità di determinazione della base di calcolo dei trattamenti di fine servizio comunque denominati.

Eventi eccezionali Ischia 2022: indicazioni versamenti contributivi

Eventi eccezionali Ischia 2022: indicazioni versamenti contributivi

Eventi calamitosi a Casamicciola Terme e Lacco Ameno: la ripresa dei versamenti anche attraverso rateizzazione

Pubblicazione: 6 aprile 2023

L’Istituto, in riferimento agli eventi calamitosi che nel 2022 hanno interessato, in particolare, i territori dei comuni di Casamicciola Terme e di Lacco Ameno, fornisce, con la circolare INPS 3 aprile 2023, n. 36, le indicazioni e le istruzioni contabili riguardo le diverse gestioni previdenziali.

La sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti contributivi, a partire dal 26 novembre 2022 (data in cui si sono verificati gli eventi calamitosi) e valida fino al 30 giugno 2023, è riferita ai soggetti che avevano, alla data del 26 novembre 2022, la residenza, oppure la sede legale o la sede operativa, nel territorio dei comuni di Casamicciola Terme e di Lacco Ameno.

La ripresa dei versamenti potrà avvenire anche attraverso la rateizzazione, fino a un massimo di sessanta rate mensili di pari importo, senza applicazione di sanzioni e interessi, a partire dal 16 settembre 2023 e con scadenza il 16 di ciascun mese.

Entro il 16 settembre 2023, invece, dovranno essere versate in unica soluzione le rate sospese dei piani di ammortamento già emessi, la cui scadenza ricada nel periodo che va dal 26 novembre 2022 al 30 giugno 2023.

Pensionati residenti in Bulgaria: nuovi criteri di esenzione

Pensionati residenti in Bulgaria: nuovi criteri di esenzione

Pubblicazione: 6 aprile 2023

L’Istituto, con il messaggio 3 aprile 2023, n. 1270, fornisce i nuovi criteri di esenzione dal regime impositivo italiano applicabili ai pensionati residenti in Bulgaria e comunica che devono intendersi superate le indicazioni fornite dal messaggio 18 febbraio 2020, n. 612 sulla Convenzione italo-bulgara contro le doppie imposizioni fiscali.

Le precisazioni riguardano i pensionati della Gestione Privata, sul presupposto che per i pensionati della Gestione Pubblica è stato da sempre necessario il possesso della cittadinanza (come previsto dalla disposizione di deroga della legge 389/1990).

Si procederà, quindi, ad applicare la detassazione ai sensi della Convenzione italo-bulgara esclusivamente ai pensionati – non solo della Gestione Pubblica, ma anche della Gestione Privata – che alleghino alla relativa domanda la certificazione che attesti inequivocabilmente il possesso della cittadinanza bulgara.

In assenza di questa certificazione, i redditi di pensione saranno assoggettati a tassazione nel nostro Paese secondo la vigente normativa italiana.

Aumento delle pensioni minime: calcolo e importi

 

Aumento delle pensioni minime: calcolo e importi

Il beneficio è riconosciuto dal 1° gennaio 2023 fino a dicembre 2024

Pubblicazione: 6 aprile 2023

La circolare INPS 3 aprile 2023, n. 35 fornisce le istruzioni, gli importi, le modalità di calcolo e pagamento dell’aumento delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo. Il beneficio è riconosciuto dal 1° gennaio 2023 fino a dicembre 2024, con riferimento all’importo della pensione lorda complessiva pagata ogni mese, compresa la tredicesima.

L’aumento è calcolato nella misura di 1,5 punti percentuali per il 2023, elevati a 6,4 per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, e di 2,7 punti percentuali per il 2024.

Sono escluse dalla base di calcolo, per la sua determinazione:

  • le prestazioni fiscalmente non imponibili (ad esempio, le somme corrisposte a titolo di maggiorazione sociale, la quattordicesima, l’importo aggiuntivo della pensione);
  • le prestazioni di carattere assistenziale;
  • le prestazioni a carattere facoltativo;
  • le prestazioni di accompagnamento a pensione.

L’aumento sarà corrisposto con la stessa cadenza di pagamento della pensione (mensile, semestrale o annuale) e sarà evidenziato sul cedolino.