Archivi giornalieri: 13 aprile 2023

Rottamazione cartelle esattoriali: proroga effetti premiali

Rottamazione cartelle esattoriali: proroga effetti premiali

Entro il prossimo 30 aprile (essendo domenica, il termine ultimo è il 2 maggio) i contribuenti che hanno posizioni debitorie con Agenzia Entrate Riscossione contenute in cartelle esattoriali, avvisi di addebito e avvisi di presa in carico definibili, potranno presentare le relative domande di definizione agevolata.
Come già detto nel precedente articolo (Nuova rottamazione delle cartelle: DDL “bilancio 2023”), la Legge di Bilancio 2023 ha introdotto la quarta edizione della definizione agevolata dei ruoli riguardante i carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, relativi ad esempio a: imposte, tasse, contributi previdenziali, premi Inail e sanzioni.

1. Effetti premiali della rottamazione quater-Sospensione verifiche art. 48 bis

Diviene importante ribadire gli effetti premiali derivanti dalla nuova edizione della rottamazione delle cartelle esattoriali, effetti previsti dal comma 240 dell’art 1 della Legge di Bilancio 2023. In particolare, mi soffermerò sugli effetti legati ai rapporti tra contribuenti e Pubblica Amministrazione.
In linea generale, in relazione ai carichi definibili inseriti nella domanda di rottamazione:

  • le procedure esecutive attivate prima dell’invio della domanda, vengono sospese, tranne nell’ipotesi in cui vi sia già stato il primo incanto con esito positivo;
  • l’Agente della Riscossione non potrà attivare nuove procedure esecutive;
  • non potranno essere iscritti nuovi fermi amministrativi e nuove ipoteche esattoriali;
  • il contribuente ha diritto ad ottenere il DURC regolare;

E, soprattutto, il contribuente che presenta la domanda di rottamazione, in merito ai carichi definibili, viene considerato adempiente ai sensi di quanto disposto dall’art. 28 ter e 48 bis del D.P.R. n. 602/73.
L’art. 48 bis del D.P.R. n. 602/73 prevede che: (…) le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo (…)”. In altri termini, attraverso l’art. 48 bis la P.A. prima di effettuare il pagamento di un importo superiore a 5.000 euro nei confronti di un’ impresa (ad esempio:  a seguito di una fornitura), oppure, di un professionista per una prestazione di servizi, deve verificare se il fornitore o il professionista abbiano delle cartelle esattoriali in Agenzia Riscossione per importi di almeno 5 mila euro, in caso positivo, la Pubblica Amministrazione pagherà l’importo della fornitura o della prestazione di servizi, direttamente, in favore di Agenzia Riscossione.
Con l’invio della domanda di rottamazione, invece, il contribuente in relazione ai debiti definibili (in quanto rientranti nella rottamazione quater) viene considerato adempiente, di conseguenza la P.A. non dovrà porre in essere le suindicate verifiche preventive e potrà pagare il contribuente.
Si comprende bene, quindi, l’importanza di tale effetto premiale (temporaneo) derivante dall’invio della domanda di definizione agevolata, nonostante, sarebbe opportuno apportare alcune modifiche legislative alla normativa delle verifiche di cui sopra; in particolar modo, in questo periodo di forte crisi economico-finanziaria derivante, anche, dalla crisi sanitaria da Covid-19, sarebbe opportuno, quantomeno, innalzare la soglia in relazione alla quale la P.A. è obbligata a fare la verifica ex art. 48 bis, da 5 a 10 mila euro.

2. Proroga del termine di scadenza

Abbiamo detto che entro il prossimo 30 aprile 2023, i contribuenti potranno inviare le domande di definizione agevolata all’Agente della Riscossione, al fine di pagare il debito al netto delle sanzioni (se si tratta di imposte), degli interessi di mora, degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, nonché, del compenso di Agenzia Riscossione.
La rottamazione quater è entrata in vigore il 1° gennaio 2023, mentre, le domande di definizione agevolata sono state rese disponibili a partire dal 20 gennaio (comunicato stampa Agenzia Riscossione, del 20.01.23). Inoltre, bisogna ricordare che i prospetti informativi, importanti al fine di verificare l’elenco dei carichi definibili con i relativi importi da pagare con la rottamazione, sono a disposizione, solo, a partire dal 16 febbraio scorso; ragion per cui, i contribuenti avrebbero la possibilità di beneficiare della rottamazione quater, con tutte le informazioni complete, per 73 giorni, rispetto, ai 119 previsti dall’entrata in vigore della Legge 197/2022.
Si auspica, quindi, un intervento da parte del Governo e del Parlamento al fine di consentire ai contribuenti di avere più tempo per inviare le domande di definizione agevolata, attraverso uno slittamento del termine, dal 30 aprile al 30 settembre 2023.

 

Definizione agevolata somme a ruolo: novità da Cassa Forense

Definizione agevolata somme a ruolo: novità da Cassa Forense

 
 

I Ministeri vigilanti hanno dato l’ok alla delibera del Comitato dei delegati per la definizione agevolata dei debiti previdenziali degli iscritti a Cassa Forense. Sarà possibile versare le somme dovute in unica soluzione entro il 31 luglio 2023, o in massimo 18 rate con applicazione, dal 1° agosto 2023, del tasso di interesse del 2% su base annua. Lo ha reso noto l’ente con un comunicato del 5 aprile.

Indice

1. Ok dei Ministeri alla delibera di Cassa Forense

Col comunicato a firma del Presidente dell’ente, datato 05 aprile, è stato reso noto sul website istituzionale della Cassa di previdenza e assistenza forense, che i Ministeri Vigilanti, tramite una nota del 30 marzo 2023, hanno approvato la delibera del Comitato dei Delegati adottata in data 27 gennaio 2023, con la quale la medesima Cassa ha deciso di applicare le disposizioni previste nella legge di bilancio per il 2023 (art. 1, commi 231 e ss., della legge 29 dicembre 2022, n. 197).

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2. Previsioni della legge di bilancio 2023

Il documento finanziario per l’anno 2023 ha disposto la possibilità di estinguere i debiti previdenziali affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 versando solamente le somme dovute a titolo di contributi e di sanzioni amministrative, senza l’aggravio delle somme riferite a interessi e sanzioni civili.

3. Istanza da inoltrare entro il 30 aprile

Pertanto, gli iscritti che intendano avvalersi di tale facoltà, potranno presentare, entro la data del 30 aprile 2023, un’apposita istanza tramite il portale internet istituzionale dell’Agenzia delle Entrate, quindi provvedere al versamento delle somme dovute in unica soluzione entro il 31 luglio 2023, ovvero in un numero massimo di 18 rate con applicazione, a decorrere dal 1° agosto 2023, di un tasso di interesse pari al 2% su base annua. 

 

Cessione dei crediti: in G.U. la legge di conversione

Cessione dei crediti: in G.U. la legge di conversione

Nel corso dell’iter di conversione è stata introdotta la proroga di 6 mesi (che slitta quindi al 30 settembre 2023) del superbonus al 110% per le unifamiliari, nonché nuove ipotesi di deroga del divieto di cessione credito-sconto in fattura, la possibilità di ripartire il superbonus per le spese sostenute nel 2022 in 10 quote annuali, e anche introdotte norme di interpretazione autentica.

1. I correttivi al decreto crediti

Sulla G.U. dell’11 aprile 2023 è stata pubblicata la Legge 11 aprile 2023, n. 38, recante la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, in tema di misure urgenti sulla cessione dei crediti di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Tale legge di conversione ha esteso l’articolato, introducendo alcune novità: proroga di 6 mesi (che slitta quindi al 30 settembre 2023) del superbonus al 110% per le unifamiliari, nuove ipotesi di deroga del divieto di cessione credito-sconto in fattura, possibilità di ripartire il superbonus per le spese sostenute nel 2022 in 10 quote annuali, introdotte alcune norme di interpretazione autentica.

2. Proroga edifici unifamiliari

L’articolo 01, introdotto in sede di conversione in legge del decreto, proroga il termine per avvalersi della detrazione al 110 per cento al 30 settembre 2023 per gli interventi compiuti sugli edifici unifamiliari. Pertanto, la disposizione, al comma 1, variando il comma 8-bis, secondo periodo, dell’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, stabilisce che alle persone fisiche che realizzano interventi sugli edifici unifamiliari, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro 30 settembre 2023 (rispetto al previgente termine del 31 marzo 2023) purché, alla data del 30 settembre 2022, siano stati eseguiti lavori per almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo. Si tratta dei lavori realizzati sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari a condizione che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno.

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3. Modifiche alla disciplina relativa alla cessione o sconto in luogo delle detrazioni fiscali

Anche l’articolo 1 è stato modificato nel corso dell’iter parlamentare: il comma 1, lettera a) vieta dal 17 febbraio 2023 alle P.A. di acquistare i crediti di imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e dello sconto in fattura. L’articolo 1, comma 1, lettera b) limita la responsabilità solidale del beneficiario delle agevolazioni fiscali e del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari, in ipotesi di operazioni di cessione di agevolazioni indebitamente fruite. Nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione, è stata inserita una disposizione che autorizza le banche, gli intermediari finanziari e le imprese di assicurazione, che sono cessionari di crediti di imposta per interventi collegati al cd. Superbonus, in relazione agli interventi effettuati sino all’anno di spesa 2022, di impiegare, in tutto o in parte, detti crediti per sottoscrivere emissioni di BTP, con scadenza non inferiore a dieci anni.

4. Modifiche in materia di cessione dei crediti fiscali

L’articolo 2 stabilisce, dal 17 febbraio 2023, il divieto di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione, per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante per taluni interventi di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e superbonus, misure antisismiche, manutenzione facciate, installazione di impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e abbattimento delle barriere architettoniche. La norma riconosce una serie di condizioni in presenza delle quali, ad alcuni interventi già in corso, non si applica la nuova disciplina. Attraverso le modifiche introdotte in sede di conversione, vengono esclusi dal divieto alcuni specifici interventi.

5. Integrazioni CILAS

L’articolo 2-bis, anch’esso introdotto nel corso della conversione, contiene una disposizione di interpretazione autentica, con efficacia retroattiva, la quale consente di usufruire del superbonus 110 per cento per il 2023 e dell’opzione per la cessione del credito e per lo sconto in fattura in ordine agli interventi per cui è richiesta la presentazione di un progetto in variante alla CILA o al diverso titolo abilitativo previsto in ragione della tipologia di interventi edilizi da eseguire; analogo trattamento è previsto per gli interventi su parti comuni di proprietà condominiale, ove intervenga una nuova delibera assembleare di approvazione della variante.

 

Il governo Meloni non risponde alle interrogazioni del parlamento Governo e parlamento

Il governo Meloni non risponde alle interrogazioni del parlamento Governo e parlamento

Dal suo insediamento l’attuale esecutivo ha ricevuto oltre 800 atti di sindacato ispettivo da parte delle camere. Ha risposto solamente nel 27% dei casi, il dato più basso delle ultime legislature.

 

Come abbiamo raccontato in diversi approfondimenti, il governo Meloni fin dal suo insediamento ha dovuto far fronte a una serie di urgenze. Dalla guerra in Ucraina alla predisposizione della legge di bilancio, dalla gestione del Pnrr fino alle tragedie nelle Marche e a Ischia e, più recentemente, sulle coste di Cutro.

Abbiamo visto inoltre come questa dinamica possa contribuire a spiegare il massiccio ricorso alla decretazione d’urgenza operato dall’attuale esecutivo. Ma un’altra possibile conseguenza è il numero estremamente basso di risposte fornite dal governo ai cosiddetti atti di sindacato ispettivo presentati dagli esponenti di camera e senato.

L’esecutivo infatti deve sempre rendere conto al parlamento del proprio operato, in virtù del rapporto fiduciario che lo lega a quest’ultimo e senza il quale sarebbe costretto alle dimissioni. Interrogazioni e interpellanze, oltre al ruolo di sindacato ispettivo, in molti casi possono avere anche anche un valore simbolico, dato dal fatto che una questione viene portata all’attenzione delle aule parlamentari e dell’opinione pubblica. Questo, e il loro alto numero in termini assoluti, ha portato negli anni i governi a non dare sempre seguito alle richieste di chiarimento presentate.

Per quanto riguarda l’attuale esecutivo ad esempio, gli atti di sindacato ispettivo prodotti fino al 31 gennaio sono stati 875 ma solo 238 di questi hanno ricevuto una risposta.

27,2% le risposte fornite dal governo Meloni agli atti di sindacato ispettivo del parlamento.

Si tratta del dato più basso, almeno per ora, se si considerano gli esecutivi delle ultime 3 legislature. Questa tendenza, unita al sempre più frequente ricorso a decreti legge e questioni di fiducia, evidenzia ancora una volta la crisi del nostro sistema politico. In cui la principale assemblea rappresentativa ricopre un ruolo sempre più marginale.

Le risposte fornite dal governo Meloni

Negli ultimi anni ci siamo abituati a vedere esponenti del governo presentarsi alle camere per rendere comunicazioni e informative. Si tratta di atti dovuti da parte del governo che si svolgono in particolari occasioni. Ad esempio alla vigilia dei vertici europei o in circostanze particolarmente gravi come la guerra in Ucraina o la tragedia di Cutro.

24 le comunicazioni, informative e relazioni rese dal governo Meloni alle camere dal suo insediamento. 

Si tratta però di un numero estremamente limitato di interventi rispetto a tutti gli atti di sindacato ispettivo presentati dal parlamento. Camera e senato infatti hanno a disposizione anche altri strumenti che, in teoria, dovrebbero servire per ottenere informazioni dal governo su fatti di particolare interesse pubblico. Si tratta delle interrogazioni e delle interpellanze. Questi atti possono essere suddivisi in varie sottocategorie. Ci sono quelli a risposta scritta, quelli a risposta orale, quelli presentati e svolti in commissione e quelli svolti invece in assemblea.

Come abbiamo già anticipato, dal 22 ottobre 2022 (data dell’insediamento) al 31 gennaio 2023, al governo Meloni sono stati sottoposti in totale 875 atti di sindacato ispettivo. Le più numerose sono le interrogazioni a risposta scritta (352). Seguono le interrogazioni a risposta in commissione (206 quelle ordinarie, 112 quelle a risposta immediata). Le interrogazioni a risposta immediata in assemblea depositate sono state 76 mentre quelle a risposta orale 67. Per quanto riguarda le interpellanze ne sono state presentate 36 ordinare e 26 urgenti.

Il governo non può non rispondere alle interrogazioni a risposta immediata. Ma sono una piccola parte degli atti ispettivi presentati.

Logicamente, gli atti ispettivi a risposta immediata fanno registrare un alto tasso di risposte da parte dell’esecutivo. Anche perché questo non può sottrarsi alle domande poste dai parlamentari. Le interrogazioni a risposta immediata in commissione infatti sono state svolte nel 93,7% dei casi mentre le interpellanze urgenti hanno avuto risposta il 92,3% delle volte. Il governo infine ha risposto all’89,5% delle interrogazioni a risposta immediata presentate in assemblea. Considerate insieme però queste tre tipologie rappresentano appena un quarto di tutti gli atti di sindacato ispettivo presentati.

In tutti gli altri casi la percentuale di risposta diminuisce drasticamente. Infatti si sono svolte solamente il 22,4% delle interrogazioni a risposta orale mentre in tutti gli altri casi la percentuale scende addirittura sotto il 5%.

Preso complessivamente il tasso di risposta del governo Meloni risulta particolarmente ridotto e si attesta al 27,2%. Si tratta del dato più basso confrontando le performance su questo fronte degli ultimi 7 governi.

Ovviamente la legislatura è ancora agli inizi e l’attuale governo, se lo vorrà, avrà tempo per incrementare i propri numeri. Anche se i precedenti esecutivi non hanno fatto molto meglio da questo punto di vista. Al primo posto infatti troviamo il governo Renzi con il 33,2% di risposte fornite. Al secondo posto c’è invece il Conte I con il 33%. Il governo Draghi è terzo con il 32,9%. Nel migliore dei casi quindi storicamente gli ultimi governi hanno risposto a un terzo circa delle interrogazioni presentate

I dati ministero per ministero

Finora abbiamo analizzato i dati del governo Meloni nel suo complesso. Vediamo adesso quali sono stati i ministeri più efficienti e quali meno nel rispondere agli atti ispettivi. In passato per questa analisi ci eravamo soffermati in particolare sulle interrogazioni a risposta scritta. Questo perché generalmente quelle scritte sono l’atto ispettivo più numeroso.

Non tutte le questioni poste dal parlamento infatti possono essere esaurite in aula con interrogazioni a risposta immediata per ovvi motivi di tempo. D’altro canto però la risposta scritta darebbe l’opportunità all’esecutivo di fornire indicazioni più circostanziate e con maggiori dettagli. In questo caso però, come abbiamo visto, sono pochissimi gli atti ispettivi di questo tipo che si sono conclusi con una risposta da parte del governo. Parliamo di appena 17 risposte a fronte di 354 interrogazioni presentate. Per questo motivo stavolta faremo una panoramica generale sulle risposte fornite dai singoli ministeri.

3 su 25 i ministeri che hanno fornito risposta a interrogazioni scritte (giustizia 13, ambiente 3, rapporti con il parlamento 1). 

In valori assoluti i ministeri depositari del maggior numero di atti di sindacato ispettivo sono quello dell‘interno (105), quello dell’ambiente e quello delle infrastrutture (97). Giustizia (36) e ambiente (30) sono i ministeri che hanno fornito più risposte in termini assoluti. Al terzo posto invece in questo caso c’è quello dell’economia (25).

Per quanto riguarda la percentuale di risposte fornite, se escludiamo il ministro per i rapporti con il parlamento, quella per la disabilità e quello per gli affari regionali a cui sono stati sottoposti meno di 5 atti ispettivi, vediamo che il più efficiente è stato di nuovo il ministero della giustizia guidato da Carlo Nordio con il 58% di risposte fornite. Seguono il ministero dell’agricoltura e la struttura che fa riferimento al ministero Raffaele Fitto (affari europei, coesione, Pnrr) entrambi con il 40% di risposte fornite.

Presidenza del consiglio, interno e infrastrutture sono poco attenti a rispondere alle interrogazioni del parlamento.

Tra i meno efficienti nel fornire risposte invece troviamo il ministero dell’interno (9,5%) e la stessa presidenza del consiglio dei ministri (7,7%). A questi si aggiungono 3 ministeri con lo 0% di risposte fornite. Si tratta dei ministri per il turismo, per la famiglia e la protezione civile e le politiche del mare. Da notare che anche il ministero delle infrastrutture non fa registrare un’alta percentuale di risposte. Il dicastero guidato dal vice presidente del consiglio Matteo Salvini infatti ha risposto solo nel 17,5% dei casi. Va comunque rilevato che nel caso dei due ministeri si tratta delle strutture con il maggior numero di atti ispettivi a proprio carico.

Foto: Governo – Licenza