Archivi giornalieri: 5 luglio 2022

In pensione da settembre a dicembre 2022: sarà il trimestre dei ripensatari di Quota 100

In pensione da settembre a dicembre 2022: sarà il trimestre dei ripensatari di Quota 100

Da settembre a dicembre 2022 ci saranno ancora domande per Quota 100, anche se tramontata al 31 dicembre 2022

Da settembre a dicembre 2022, sarà il trimestre dei ripensatari di Quota 100

In base all’ultimo monitoraggio, le domande complessivamente pervenute per “Quota 100” al 31 dicembre 2021 sono 481.444, di cui

  • 379.860 accolte (78,9%)
  • 38.759 giacenti (8,1%)
  • 62.825 respinte (13,0%).

Quelle accolte rispetto al totale delle lavorate è prossima all’86%. Provengono per il

  • 49,7% da dipendenti privati
  • 31,2% da dipendenti pubblici
  • 19,1% da lavoratori autonomi.

A ricorrere a “Quota 100” sono stati soprattutto gli uomini. Più concentrazione di domande al Nord, meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro.

E’ questa la sintesi dei dati resi noti nel documento “Un bilancio di Quota 100”, redatto congiuntamente da INPS e Ufficio Parlamentare Bilancio (Upb).

Quota 100 e Quota 102

La pensione anticipata con Quota 100, ricordiamo, è quel sistema previsto per il solo triennio 2019 – 2021 e che permette il pensionamento con:

  • 38 anni di contributi
  • e 62 anni di età.

Requisiti da maturare entro il 31 dicembre 2021. Dal 2022 non è più presente questo sistema pensionistico. Solo questo anno è entrata in scena Quota 102. Ossia possibilità di pensione per chi, entro il 31 dicembre 2022, matura:

  • 38 anni di anzianità contributiva
  • e 64 anni di età.

Quota 102 non attira, tuttavia.

Il bilancio su Quota 100

Il bilancio Quota 100 INPS e Upb, punta a verificare:

  • quali categorie di lavoratori abbiano fatto maggiore ricorso a questa forma di pensionamento
  • quale sia stato l’effettivo tasso di adesione rispetto alle platee potenziali
  • di quanto il pensionamento sia stato anticipato rispetto ai requisiti della legge “Fornero”
  • quali siano i costi rispetto alle attese.

Dal documento emerge un dato importante. Dal 2022 e fino al 2025, le domande per l’accesso a Quota 100 crescerà ancora. Le uscite complessive dal mondo del lavoro potrebbero toccare quota 460.000. Ovviamente la richiesta di pensione potrà essere fatta da coloro che avranno maturato, entro il 31 dicembre 2021, i requisiti (contributivo e anagrafico) richiesti.

Il trend di crescita è giustificato soprattutto dall’incertezza in cui ancora naviga la mini-riforma del sistema pensionistico italiano.

 

I ministri indipendenti e la quota mezzogiorno del Pnrr Pnrr

I ministri indipendenti e la quota mezzogiorno del Pnrr Pnrr

Stando agli ultimi dati disponibili risulta che solo alcuni ministri riusciranno a rispettare l’obbligo di destinare il 40% delle risorse del Pnrr al mezzogiorno. Tra questi i ministri di Forza Italia, Movimento 5 stelle, Insieme per il futuro e alcuni indipendenti, anche se non tutti.

 

Come abbiamo raccontato più nel dettaglio in un recente articolo, uno dei principali obiettivi del Pnrr è ridurre i divari territoriali. Proprio per questo il decreto legge 77/2021 ha previsto che il 40% delle risorse, allocabili territorialmente, del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e del fondo complementare (Pnc) , sia destinato alle regioni del mezzogiorno, ma non solo.

L’obbligo infatti vale per tutte le organizzazioni titolari e non basta che complessivamente il governo raggiunga questo obiettivoOgni ministro ha quindi la responsabilità di destinare al sud almeno il 40% dei fondi associati agli investimenti di cui è titolare. Leggendo la prima relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del mezzogiorno, redatta dal dipartimento per la coesione territoriale, emerge che varie delle organizzazioni titolari di risorse del Pnrr raggiungono questa quota (13 su 22), o vi si avvicinano molto (7 su 22).

In due precedenti articoli abbiamo visto come i ministri della Lega sono quelli che guidano le organizzazioni che arrivano più distanti dall’obiettivo, mentre quelli del centro sinistra vi si avvicinano, pur senza raggiungerlo. Nello specifico sono i ministri Franceschini e Orlando del Partito democratico a non raggiungere il traguardo, mentre il ministro della salute Speranza, di Liberi e Uguali, arriva precisamente al 40%.

A questo punto non resta che vedere come si sono comportati gli altri ministri. Ovvero quelli espressione di Forza Italia, del Movimento 5 stelle, di Insieme per il futuro, oltre che i ministri cosiddetti tecnici, ovvero quelli che non sono diretta espressione di un partito politico.

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I partiti e la quota del 40% delle risorse per il sud

Ogni misura del Pnrr è attribuita alla responsabilità di un ente titolare, di solito un ministero o un dipartimento della presidenza del consiglio. Alla guida di queste organizzazioni dunque si trova sempre un responsabile politico, ovvero un ministro o in alcuni casi un sottosegretario alla presidenza del consiglio.

Analizzando come le varie organizzazioni stanno distribuendo, o si stima che distribuiranno, gli importi del Pnrr a livello territoriale, e in particolare verso il mezzogiorno, è dunque possibile aggregarle considerando il partito di appartenenza del ministro responsabile della misura.

Da un’analisi di questo tipo emerge come siano i ministri di Forza Italia quelli alla guida di organizzazioni che stanno destinando più risorse al sud (66%). Al secondo posto i ministri tecnici, o indipendenti, (43%) e poi Movimento 5 stelle, Insieme per il futuro e Liberi e uguali che raggiungono esattamente la soglia del 40%.

Sotto il 40% invece i ministri del Partito democratico, che tuttavia vi si avvicinano abbastanza (37,6%). All’ultimo posto infine la Lega molto distante dall’obiettivo che si è posto il governo.

Forza Italia e la quota più alta di risorse al mezzogiorno

I ministri di Forza Italia alla guida di organizzazioni titolari di misure del Pnrr sono 3: la ministra per gli affari regionali Mariastella Gelimini, il ministro della funzione pubblica Renato Brunetta e la ministra per il sud e la coesione territoriale Mara Carfagna.

Le risorse destinate nell’ambito del Pnrr alle strutture da loro guidate non sono molte, poco più di 2,5 miliardi di euro. Ovvero appena l’1,2% degli importi complessivi.

Per entrare più nel dettaglio al dipartimento per gli affari regionali, guidato da Gelmini, sono attribuiti 135 milioni di euro destinati alla nascita e sviluppo delle Green Communities per sostenere comunità rurali e montane. La misura deve essere ancora attivata ma si stima che la riserva destinata al mezzogiorno sarà pari al 40%.

Al dipartimento della funzione pubblica invece (Brunetta) vanno 1,27 miliardi. Queste risorse riguardano 2 misure di cui una (Task Force digitalizzazione, monitoraggio e performance) già atttiva in buona parte delle sue componenti e l’altra (Competenze e capacità amministrativa) da attivare. In entrambi i casi tuttavia l’amministrazione ha raggiunto o garantisce di raggiungere quota 40%.

Infine, la ragione per cui il dato relativo a Forza Italia risulta così alto, sta nella quota di fondi attribuita al mezzogiorno dalla ministra per il sud e la coesione territoriale Mara Carfagna.

79,4% le risorse del Pnrr e del Pnc con destinazione territoriale destinate dalla ministra per il sud e la coesione territoriale al mezzogiorno.

Certo, data la funzione istituzionale attribuita al dipartimento per la coesione territoriale gestito dalla ministra, questo dato può stupire fino a un certo punto.

I ministri eletti nel movimento 5 stelle e la quota mezzogiorno

Quando abbiamo cominciato ad analizzare se e quanto i ministri esponenti di partito rispettassero la quota del 40% di risorse al mezzogiorno ancora Luigi di Maio non aveva compiuto la scissione che ha portato alla nascita del gruppo “Insieme per il futuro”. Ad oggi quindi possiamo dire che sono 3 i ministri del governo Draghi che gestiscono risorse del Pnrr e che sono stati nominati in quota Movimento 5 stelle. Due di questi fanno ancora parte del movimento, ovvero la ministra delle politiche giovanili Fabiana Dadone e il ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli. Di Maio invece, come è noto, fa ora parte di un nuovo gruppo parlamentare.

In ogni caso, stando ai dati della relazione, ciascuno di loro rispetta o garantisce che rispetterà, la quota mezzogiorno.

Fabiana Dadone è, tra questi, la ministra che gestisce meno fondi nell’ambito del Pnrr. Si tratta di 650 milioni interamente destinati al servizio civile universale. Di queste risorse 260 milioni, ovvero il 40%, sarà destinato alle regioni del sud.

Stefano Patuanelli al contrario è il ministro eletto tra i 5 stelle ad amministrare più fondi. Al ministero delle politiche agricole infatti sono attribuiti 4,8 miliardi, tutti con destinazione territoriale. Alla data della verifica circa il 52% di queste risorse erano state attivate, rispettando la clausola del 40%. Anche per quanto riguarda le misure da attivare, il ministero ha previsto meccanismi che dovrebbero garantire il rispetto della quota.

Quanto a Luigi Di Maio infine, il ministero degli esteri è titolare in questo contesto di un’unica misura (Rifinanziamento del Fondo 394/81) da 1,2 miliardi di euro, parte del più ampio investimento “Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione“. La misura è già stata attivata e i meccanismi che disciplinano l’assegnazione delle risorse prevedono un meccanismo competitivo che tuttavia include una clausola di garanzia per i territori del sud. Tale clausola però è stata pensata con un limite temporale, trascorso il quale, se non sono pervenute sufficienti domande dal mezzogiorno, le risorse possono essere indirizzate verso altre regioni. Tale previsione dunque pone un possibile rischio su quella che sarà la quota effettivamente raggiunta.

I ministri indipendenti che raggiungono la quota mezzogiorno

Sono ben 11 le organizzazioni titolari di misure del Pnrr che non sono guidate da un ministro o un sottosegretario diretta espressione di un partito politico. Tra queste 6 raggiungono e in molti casi superano ampiamente la quota del 40% prevista per il mezzogiorno. Le altre 5 invece si posizionano poco sotto.

Nel primo gruppo si trova il ministero dell’economia che indirizza al sud il 100% delle risorse del Pnrr con destinazione territoriale affidate alla sua gestione. Si tratta però di appena 340 milioni relativi a una misura volta a favorire l’innovazione e tecnologia della microelettronica.

Ben più rilevanti invece sono gli importi in gestione al ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini. Alla sua struttura infatti è attribuito oltre il 22% dei fondi del Pnrr, pari a poco meno di 50 miliardi di euro, quasi tutti con destinazione territoriale (48,5 miliardi). A quanto si apprende dalla relazione una parte preponderante di queste risorse, quasi tutte già attivate (98%), andrà proprio al mezzogiorno, contribuendo in misura sostanziale al raggiungimento dell’obiettivo del 40% considerato sul totale delle risorse del Pnrr.

48,2% le risorse del Pnrr e del Pnc con destinazione territoriale indirizzate dal ministero delle infrastrutture al mezzogiorno.

È in buona parte grazie al ministero delle infrastrutture se il governo può sostenere di star rispettando la quota mezzogiorno, almeno in termini generali.

Il ministero guidato da Giovannini insomma ha riservato alle regioni del sud Italia quasi 4 miliardi di euro in più di quanto non fosse richiesto dalla quota mezzogiorno. Si tenga presente infatti che al momento il governo può affermare che, almeno in termini generali, l’obiettivo in questione venga rispettato. Infatti sul totale delle risorse con destinazione territoriale, per ora si stima che al mezzogiorno arrivi il 40,8%. Tuttavia se il ministero delle infrastrutture si fosse limitato al 40% oggi il governo arriverebbe complessivamente al 38,6%.

Ma oltre al ministero delle infrastrutture altre organizzazioni con dotazioni finanziarie del Pnrr considerevoli hanno raggiunto o superato l’obiettivo.

Si tratta ad esempio del ministero dell’interno, con una dotazione di 12,7 miliardi, di cui il 47% destinato al mezzogiorno. Ma anche del dipartimento per la trasformazione digitale, guidato da Vittorio Colao, che dovrebbe indirizzare alle regioni meridionali il 45,9% degli oltre 10 miliardi che ha in gestione. Discorso simile per il ministero dell’istruzione, guidato da Patrizio Bianchi, che destinerà al sud il 44,3% dei 17,3 miliardi che gli sono stati attribuiti per il Pnrr.

Infine, anche il dipartimento per lo sport, al cui vertice si trova la sottosegretaria alla presidenza del consiglio Valentina Vezzali, ha rispettato l’obbligo, fermandosi tuttavia esattamente al 40%. In questo caso però le risorse nelle disponibilità della sottosegretaria sono decisamente più modeste (700 milioni).

I ministri indipendenti che non raggiungono la quota mezzogiorno

Ma non tutti i ministeri guidati da esponenti indipendenti dai partiti, hanno raggiunto gli stessi obiettivi. Stando alle informazioni attualmente disponibili arrivano molto vicini al 40% sia la ministra della giustizia Marta Cartabia (39,8%), a cui il Pnrr attribuisce circa 2,8 miliardi, sia la ministra dell’Università Maria Cristina Messa (39,6%), che ha in gestione ben 12,3 miliardi.

Un po’ sotto invece l’Ufficio terremoti (38,8%) e il dipartimento della protezione civile (37,2%). Nel primo caso la quota del 38,8% corrisoponde ai fondi destinati al territorio abruzzese, mentre le rimanenti sono rivolte ai territori colpiti dal sisma del 2016 (prevalente Marche, Umbria e Lazio) che si trovano principalmente nel centro-nord.

In fondo alla classifica dei ministri indipendenti poi troviamo Roberto Cingolani e il ministero della transizione ecologicaAnche questa struttura in effetti non è così lontana da raggiungere il traguardo, fermandosi al 37%. Tuttavia in questo caso si tratta del secondo ministero che in assoluto gestisce più risorse del Pnrr, ovvero oltre 39,2 milliardi di euro, quasi tutti con destinazione territoriale (38,6). Il 3% mancante dunque corrisponde in questo caso a oltre un miliardo di euro che potrebbe non contribuire a ridurre i divari territoriali tra nord e sud del paese.

Come per gli altri casi analizzati bisogna sempre tenere presente che le cifre indicate rappresentano in buona parte stime o proiezioni. In varie situazioni dunque è ancora possibile correggere la rotta. Nel caso di specie in effetti la relazione precisa come la quantificazione delle risorse destinate al mezzogiorno derivi per il 56% da stime dell’ministero interessato, per il 41% da proiezioni su dati di attuazione e per il 3% da procedure con riserva territoriale.

Guardando tra le molte misure attribuite a questo ministero inoltre è possibile notare come in diversi casi l’amministrazione abbia raggiunto o anche superato per quote considerevoli l’obiettivo del 40%. Tra queste ad esempio l’Utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate e Isole verdi, che in entrambi i casi indirizzano l’80% delle risorse al sud. Tuttavia si tratta di misure con dotazioni relativamente modeste se paragonate ai volumi in gestione al ministero della transizione ecologica.

A pesare sull’indicatore in effetti è in particolare una misura, che da sola rappresenta il 47% delle risorse nella disponibilità del ministero in ambito di Pnrr e Pnc.

32% la quota di risorse della misura “Ecobonus e Sismabonus” che secondo le proiezioni andrà al mezzogiorno.

Anche in questo caso si tratta di proiezioni. Tuttavia la misura è attiva già da prima della definizione del Pnrr. La proiezione dunque si basa proprio sui risultati ottenuti dall’amministrazione fino a gennaio 2022.

Foto: governo.it – Credit

 

Piccoli coloni e compartecipanti familiari: i contributi per il 2022

Piccoli coloni e compartecipanti familiari: i contributi per il 2022

La contribuzione dovuta ai piccoli coloni e compartecipanti familiari è determinata applicando le aliquote contributive nella stessa misura e secondo la medesima ripartizione in vigore per i lavoratori agricoli a tempo determinato.

La circolare INPS 4 luglio 2022, n. 77 fornisce le indicazioni relative alla contribuzione dovuta, dai concedenti ai piccoli coloni e compartecipanti familiari, per l’anno 2022.

Tenendo presente la riduzione degli oneri sociali e la riduzione del costo del lavoro, sono riportate le aliquote contributive per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti e i contributi dovuti all’INAIL, calcolati sulla base delle retribuzioni medie provinciali e delle agevolazioni per zone tariffarie giornaliere, determinate ogni anno con decreto direttoriale del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per ciascuna provincia.

Vengono, inoltre, precisati i termini di scadenza dei versamenti e le modalità di pagamento.

“Italia, pensioni e mobilità”: il convegno INPS e Fondazione Migrantes

“Italia, pensioni e mobilità”: il convegno INPS e Fondazione Migrantes

Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni” è il tema del convegno che si è svolto ieri, lunedì 4 luglio, presso Palazzo Wedekind, organizzato da INPS e Fondazione Migrantes.

 L’evento, introdotto dall’intervento del Presidente dell’Istituto Pasquale Tridico, ha rappresentato una proficua occasione di confronto sul tema dei pensionati italiani all’estero. Le conclusioni sono state affidate al Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, l’Arcivescovo Mons. Gian Carlo Perego, che ha sottolineato come siano importanti i momenti di riflessione e di collaborazione tra enti che hanno il compito di accompagnare le persone che hanno scelto di vivere all’estero.

È seguita poi una tavola rotonda su pandemia, guerra e movimenti migratori alla quale hanno partecipato, insieme al Presidente Tridico e a Mons. Perego, anche il Consigliere del Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale (MAECI) Giovanni Maria De Vita e il Direttore centrale Pensioni INPS Gabriele Uselli.

Per ulteriori approfondimenti è disponibile in allegato il materiale informativo.

Diritti sociali ed economici in Israele

Diritti sociali ed economici in Israele

Acri.org
14.05.2011

http://www.acri.org.il/en/?p=2389 

Diritti sociali ed economici in Israele – 2011

Association for Civil Rights in Israel (Acri) 

Dal 1985, i successivi governi israeliani hanno adottato un approccio neo-liberista nella politica economica e sociale, con una conseguente significativa e costante riduzione delle dotazioni per i servizi sociali. Il risultato è stato un netto calo nella qualità e quantità della gamma dei servizi offerti al pubblico israeliano, con un forte aumento dei livelli di povertà e disuguaglianza economica.

                              acri

 

In generale, il divario sociale in Israele coincide con le differenze etniche e nazionali, una divisione che acuisce le tensioni esistenti nella società: il quinto della popolazione più debole è costituito prevalentemente da arabi e ebrei ultra-ortodossi, con un’alta percentuale di anziani e di famiglie monoparentali. Disuguaglianze relative continuano ad esistere – e in alcuni casi anche ad ampliarsi – tra gli ebrei europei e quelli di origine asiatica/africana, come pure tra i nuovi immigrati (immigrati in Israele a partire dal 1990). 

I dati presentati qui di seguito illustrano il punto basso che la società israeliana ha raggiunto in materia di applicazione di diritti economici e sociali per tutti i suoi cittadini: 

Povertà 

Uno ogni quattro residenti in Israele vive al di sotto della soglia di povertà, più del doppio della media dei paesi occidentali (il tasso medio di povertà nei paesi sviluppati è 11,1%). Israele ha il secondo più alto tasso di povertà tra i paesi OCSE (dati OCSE, 2011). Il numero totale di poveri è di 1,7 milioni di persone. I gruppi che hanno la più alta percentuale di vita al di sotto della soglia di povertà sono dati dagli ebrei ultra-ortodossi (56,9% di tutte le famiglie) e dalla popolazione araba (53,5% di tutte le famiglie). Il 36,3% dei bambini israeliani vive in condizioni di povertà (850.300 bambini). Le famiglie dei lavoratori costituiscono il 49% del totale della popolazione al di sotto della soglia di povertà (dati Istituto Nazionale delle Assicurazioni, 2009). 

Disuguaglianza sociale 

Il livello di disuguaglianza economica in Israele è uno dei più alti tra i paesi sviluppati. Nel 2011, Israele era classificata al quinto posto nella distribuzione non equa del reddito tra i 34 paesi dell’OCSE, con gli Stati Uniti al quarto posto, e il Cile primo in graduatoria (dati OCSE, 2011). Il livello di disuguaglianza economica in Israele è del 22% superiore alla media dei paesi OCSE (dati Istituto Nazionale delle Assicurazioni, 2009). 

Istruzione 

Il bilancio nazionale per l’istruzione è costantemente sotto-finanziato: negli ultimi dieci anni sono state tagliate 250.000 ore di lezioni in classe, e solo 100.000 di quelle ore sono state restituite nel corso degli ultimi due anni. La spesa per studente israeliano nella scuola primaria è del 36% inferiore alla media dei paesi OCSE: 5.146 dollari per studente all’anno, rispetto ai 8.070 dollari nei paesi sviluppati (dati OCSE, 2011). I risultati sono: bassi salari per gli insegnanti, il declino della professione docente e un calo significativo nei risultati degli studenti, come misurato dalle valutazioni educative internazionali PISA, in cui gli studenti israeliani sono ora classificati nell’ultimo terzo della classifica. La politica del governo ha anche causato una parziale privatizzazione del sistema educativo: i genitori che hanno i mezzi finanziari ora pagano per l’istruzione dei loro figli in scuole private o per altri programmi di studio privato, mentre gli altri bambini devono accontentarsi di un giorno breve di scuola e alla meglio con una mediocre istruzione. 

Assistenza sanitaria 

Da quando è stata promulgata, nel 1994, la National Health Insurance Law, il paniere delle prestazioni mediche erogate ai cittadini israeliani è andato costantemente peggiorando, poiché non vi è alcun meccanismo per l’aggiornamento periodico del paniere. Oggi Israele è classificata 25a tra i paesi OCSE, con una spesa sanitaria nazionale pari al 7,8% del PIL – il 4,4% pubblica e il 3,4% privata. La spesa media nazionale per la salute nei paesi OCSE è del 9% del PIL, con circa il 6,5% di spesa pubblica e il 2,5% privata (dati OCSE, 2011). 

Come risultato, molti servizi medici e la somministrazione di farmaci sono stati ridotti, e, tra il 1995 e il 2008, è stato registrato un incremento del 30% della spesa delle famiglie per l’assistenza sanitaria. Le disparità socioeconomiche aggravano la situazione, e il divario tra arabi ed ebrei è particolarmente evidente: il divario nella speranza di vita media tra la ricca comunità ebraica e la povera comunità araba in Israele è di 8 anni. I residenti della periferia e molti dei poveri e degli anziani in Israele sono stati costretti a rinunciare a servizi medici essenziali, compresi i farmaci, perché non sono in grado di pagarli. Per esempio, circa un terzo della popolazione rinuncia alle cure odontoiatriche. La percentuale di persone anziane che sono completamente senza denti è stimato a oltre il 50%. 

Mercato della casa 

La politica del governo e i tagli al bilancio della casa hanno portato alla situazione attuale, in cui i prezzi delle case sono inaccessibili per gran parte della popolazione. Il mercato immobiliare israeliano oggi offre soprattutto appartamenti grandi e costosi: nel 2008, la dimensione media di un appartamento nuovo era di 182 mq. Oggi, quasi la metà dei lavori iniziati non è destinata al grande pubblico, ma piuttosto a iniziative private o a gruppi d’acquisto, rendendo più difficile per le minoranze e le popolazioni più deboli trovare un alloggio adeguato. 

Poiché non vi è alcun controllo sull’affitto, i canoni di locazione sono in forte rialzo e attualmente il 20% delle famiglie israeliane spende per i canoni di locazione oltre il 50% del proprio reddito disponibile. Allo stesso tempo, vi è una grave carenza di alloggi pubblici. Secondo la relazione dello State Comptroller, il numero di appartamenti a disposizione per le persone aventi diritto, nel 2007, era del 32% in meno rispetto al 2002. In teoria, gli altri richiedenti aventi diritto vengono portati ad affittare un appartamento nel mercato privato con un sostegno monetario, ma nel 2003 il supporto per i nuovi iscritti è stato tagliato della metà – da 1170 a 536 NIS – e, in molte aree del paese, non corrisponde ai prezzi reali delle case. 

Occupazione 

Il tasso di disoccupazione di Israele è attualmente del 6,7%, ma il salario medio è relativamente basso. Circa il 60% dei dipendenti guadagna meno del 75% del salario medio nazionale, con il 40% dei dipendenti che guadagnano meno della metà del salario medio nazionale (National Insurance Institute dati 2008). Inoltre, c’è un gap di genere nei salari: il salario medio delle donne è stato equivalente al 63% della retribuzione media dei loro colleghi maschi (dati CBS, 2008). Nel 2000, i lavoratori israeliani hanno rappresentato il 68% del reddito nazionale, con una riduzione al 63% del reddito nazionale nel 2010. Molti lavoratori non godono dei diritti sociali a cui hanno diritto a norma di legge, perché non ci sono adeguati meccanismi di monitoraggio per assicurare che ciò avvenga. I lavoratori temporanei costituiscono il 5-10% della forza lavoro israeliana, mentre nei paesi sviluppati la media è di circa il 1,5% dei lavoratori. Oggi, il 39% degli israeliani dice che non può sopravvivere con il proprio reddito (dati OCSE, 2011). 

La rete di sicurezza sociale per i disoccupati è particolarmente fragile: l’assicurazione contro la disoccupazione in Israele è una delle più povere in Occidente, sia in termini di requisiti di ammissibilità che in termini di fondi erogati. Nel 2010, solo circa il 25% della popolazione non attiva in Israele era ammissibile all’indennità di disoccupazione. Inoltre, il bilancio del Servizio per l’Impiego di Israele è molto basso rispetto agli standard dell’OCSE, – 0,02% del PIL, rispetto a una media del 0,4% del PIL nei paesi dell’OCSE (20 volte inferiore). I tagli di bilancio in materia di formazione professionale, hanno creato una situazione in cui oggi quasi non ci sono programmi di formazione professionale da parte dello Stato. 

Servizi sociali 

Negli ultimi due decenni, i servizi sociali in Israele sono stati drasticamente ridotti e una gran parte sono stati privatizzati, dalle varie istituzioni per la cura dell’infanzia e degli adulti al collocamento dei bambini che sono stati allontanati dalle loro case. La vigilanza su questi servizi privatizzati è scarsa, e in alcuni casi la stessa vigilanza è stata privatizzata. Numerose denunce sono state depositate per danni causati ai pazienti in programmi assistenziali vari. Inoltre, vi sono gravi carenze e le disuguaglianze nel livello di prestazione dei servizi offerti dalle diverse municipalità locali, che deriva dal modo in cui vengono finanziati questi servizi, e vi è una carenza di programmi disponibili per la cura dell’infanzia allontanata dalle case dei loro genitori e per i giovani a rischio. Sono necessarie più di un migliaio di ulteriori posizioni sociali per i lavoratori. Inoltre, Israele non ha nessun indice per determinare il reddito minimo per un’esistenza dignitosa. 

Acqua 

Dal 2010, il sostegno del mercato dell’acqua è stato completamente bloccato, ed i suoi prezzi sono aumentati del 40-50%, secondo i dati del Magistrato alle Acque. Come risultato, il numero di persone che non hanno acqua a disposizione è notevolmente aumentato, decine di migliaia di consumatori ogni anno non sono in grado di permettersi l’impennata dei prezzi dell’acqua. 

Opinione pubblica 

La maggior parte degli israeliani crede ancora nella necessità della solidarietà sociale: l’82% degli israeliani ritiene che debbano essere fornite cure gratuite anche a pazienti privi di assicurazione sanitaria, il 79% degli israeliani stima che al fine di proteggere la democrazia, Israele debba investire più soldi nel sistema dell’istruzione nelle aree economicamente svantaggiate, anche a scapito di altre voci di bilancio (Israel Democracy Institute indagine, 2010) 

Diritti 

In Israele, i diritti sociali, economici e culturali non sono riconosciuti né dalla costituzione né dalla Legislazione di Base, a differenza di alcuni diritti civili e politici. Questo, nonostante il fatto che Israele sia uno dei firmatari del Patto Internazionale sui Diritti Sociali, Economici e Culturali. La normativa vigente in questo settore è solo parziale, e molti di tali diritti – come il diritto all’istruzione e il diritto alla salute – sono garantiti solo parzialmente. 

(tradotto da barbara gagliardi)

 

Sant’ Antonio Maria Zaccaria

 

Sant’ Antonio Maria Zaccaria


Nome: Sant’ Antonio Maria Zaccaria
Titolo: Sacerdote
Nascita: 1502, Cremona
Morte: 5 luglio 1539, Cremona
Ricorrenza: 5 luglio
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

S. Antonio Maria Zaccaria nacque a Cremona sulla fine dell’anno 1502. Compi i primi studi nella sua città, poi si recò a Padova per studiare filosofia e medicina. La sua scienza fu pari alla sua santità. Ritornò in famiglia colla laurea dottorale dopo aver superato tutti i pericoli comuni agli studenti e conservata intatta la stola battesimale. Avendo capito che Dio lo voleva piuttosto medico delle anime che dei corpi, si diede allo studio della teologia. Frattanto visitava spesso gli ammalati, insegnava il catechismo ai fanciulli, incitava i giovani e gli adulti ad una vita più cristiana. Divenuto sacerdote, mentre celebrava la prima Messa fu veduto dal popolo col capo cinto da una aureola celeste. La pia contessa Lodovica Torelli, signora di Guastalla, conosciuto Antonio a Cremona lo volle come suo cappellano e consigliere. Dopo due mesi trascorsi a Guastalla, accompagnando la contessa, il Santo venne a Milano dove, impressionato dalla grande corruzione che regnava nel popolo, pensò a porvi rimedio. A tale scopo, unitosi con Bartolomeo Ferrari e Giacomo Moriggia, fondò la congregazione dei Chierici Regolari detti di S. Paolo, per la speciale devozione che il Santo portava al grande Apostolo. Ora sono detti Barnahai dalla chiesa di San Barnaba che officiavano in Milano. La nuova famiglia religiosa fu approvata da Clemente VII e Paolo III; in breve tempo si estese in molte regioni e diede alla Chiesa numerosi santi. Fondò pure una congregazione di religiose dette Angeliche di S. Paolo, delle quali fu prima benefattrice ed insigne protettrice la contessa Torelli.

I membri della sua Congregazione andavano per le vie e le piazze della città e quando il popolo era più numeroso, improvvisavano un pulpito all’aperto predicando contro il malcostume ed inculcando la penitenza; così operarono numerose conversioni. A Vicenza S. Antonio riformò alcuni monasteri. Nel 1539 fu a Guastalla e si adoperò molto per ridonare la pace a quella città colpita dall’interdetto. Quivi si ammalò ed avendo preveduta prossima la sua fine, fu portato a Cremona in casa di sua madre. Era suo desiderio trasferirsi a Milano e morire fra i suoi religiosi, ma il viaggio lungo sarebbe stato troppo pericoloso; Il giorno 5 luglio spirava all’età di soli 36 anni, ma carico di meriti e di buone opere. Oltre la riforma dei costumi, S. Antonio M. Zaccaria fu zelantissimo nel propagare la pratica delle SS. Quarantore.

PRATICA. — Sull’esempio di S. Antonio M. Zaccaria, impariamo a fuggire le compagnie pericolose.

PREGHIERA. — Fa’, o Signore, che impariamo la scienza di Cristo da S. Paolo, come l’ha imparata S. Antonio Maria Zaccaria, e a somiglianza di questo Santo siamo puri di anima e di corpo.