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Archivi giornalieri: 17 aprile 2020
Sepúlveda, il giramondo che combatteva l’ingiustizia e amava le parole
Biografie militanti. La sua è stata una vita rocambolesca, intrisa di politica. Entrato nel Partito socialista cileno, con il golpe del ’73 fu arrestato e torturato, fino all’esilio ottenuto da Amnesty International. Nel ’78 si unì alle Brigate internazionali Simon Bolivar in Nicaragua e poi, negli anni a seguire, diventerà lo scrittore acclamato che tutti conoscono
«Il bastardo non vale un minuto del mio tempo». Manuel Contreras era stato il capo della Dina, la Gestapo cilena, era stato l’uomo che l’aveva fatto gettare in cella e consegnato ai torturatori. Ed era finalmente morto, a 86 anni, con un’immonda quantità di omicidi e una modica quantità di condanne sulle spalle. Ma c’era il sole, la griglia bollente, la birra gelata, e su tutto incombeva un appetito cileno. «Vaffanculo anche Contreras». Niente pezzo, niente intervista. In sottofondo, rumore di bistecca che cominciava a sfrigolare. Era l’agosto del 2015
LUIS SEPÚLVEDA era questo, un cantastorie da combattimento, e le battaglie erano tante, quelle vecchie, quelle nuove e soprattutto le prossime: perché agitarsi per un vecchio macellaio carico d’anni e di peccati? La Storia gli era già passata sopra, asfaltando la strada di un nuovo Cile solo poco meno esecrabile di quello vecchio. Quel vecchio Cile che aveva assorbito, travolto e infine lanciato nel mondo il nipotino di un anarchico andaluso che per scampare alla garrota si era rifugiato a Valparaiso. Nonno Gerardo è stato l’inizio di una traiettoria convulsa, complicata e bellissima fatta di viaggi, libri e fucilate. Un’avventura di mille protagonisti e di uno solo: Luis Sepúlveda stesso. Il suo personaggio migliore.
L’avventura si è fermata ieri, in Spagna. Il Covid-19 ci ha messo oltre 50 giorni a ucciderlo. Se l’era preso in Portogallo, a un festival letterario. Alla clinica di Guijon perdono due giorni prima di fargli la lastra che spaventa i medici: ambulanza fino a Oviedo, ricovero, isolamento, tampone. Il 29 febbraio Luis entra sulle sue gambe nell’Hospital central universitario de Asturias. Non ne uscirà vivo. Ad aiutare il virus, una polmonite sofferta l’anno prima a Pordenone – altro festival letterario – e poi 70 anni compiuti, molti chilometri percorsi, moltissime sigarette. Ieri mattina, quando ha chiuso gli occhi, il Covid-19 non era più nel suo corpo. Negativo al test. Ma il danno era stato fatto.
SEBBENE AUTORE da milioni di copie (oltre 9 milioni solo in Italia), su Luis Sepúlveda non esistono saggi, quindi nemmeno biografie più attendibili dei suoi stessi racconti. La vita del cileno errante era iniziata nel ’49 a Ovalle, nel centro-nord del Cile. Al nonno anarchico si contrapponeva il padre comunista, l’uno inseguito dai franchisti e l’altro dal suocero possidente che per sua figlia voleva di meglio dello squattrinato gagliego che se l’era presa.
Tutto inutile: Luis senior e Irma Calfucura hanno un bambino, Luis Sepúlveda Calfucura, mezzo spagnolo e mezzo indio mapuche, allevato dal nonno e dallo zio – anarchico incallito pure lui – con un’accorta miscela di Salgari, Melville, Cervantes e regolari pisciate notturne sui gradini della chiesa del quartiere. Precoce autore di poesie sul giornalino della scuola e di favolosi racconti erotici venduti ai compagni, a vent’anni vince il premio Casa de Las Americas per il suo primo libro, i racconti Cronicas de Pedro Nadie, e una borsa di studio quinquennale per l’università Lomonosov di Mosca, quello della nomenklatura.
A Mosca viene espulso quasi subito (dissidenza? flirt con la moglie di un docente?), così come dalla dogmatica Gioventù comunista cilena. E così entra nel Partito socialista cileno: con il golpe del ’73, quelli del «Gruppo Amici del Presidente» che non morirono nella Moneda bombardata da Pinochet saranno arrestati e così Luis, che racconterà della cella minuscola e delle unghie strappate, del secondo arresto e dei due anni e mezzo di carcere fino all’esilio ottenuto da Amnesty International. Esce dal Cile su un aereo diretto in Svezia, ma al primo scalo – a Buenos Aires – se la squaglia.
I SUCCESSIVI DIECI ANNI sono quelli di un avventuriero di sinistra, sempre sconfitto ma mai vinto (con un’eccezione: il Nicaragua), che campa con il giornalismo e pratica la letteratura. Dall’Argentina va in Brasile e poi in Paraguay, mentre un paese dopo l’altro l’America latina soffoca nelle spire del Plan Condor e dei colpi di stato di destra. A Quito, in Ecuador, si unisce a una spedizione dell’Unesco presso gli indios suhar, quei mesi nell’Amazzonia ecuadoriana saranno alla base del primo vero grande libro, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore.
Nel 1978 si unisce alle Brigate internazionali Simon Bolivar in Nicaragua: «Iniziammo in mille e pochi mesi dopo eravamo la metà», racconterà. È una vittoria, la sola: i sandinisti entrano a Managua e lui si trasferisce in Europa, a Amburgo, dove conosce Greenpeace e per cinque anni farà parte di un equipaggio. Finché nel 1989 Il vecchio che leggeva romanzi d’amore viene pubblicato (in Italia nel 1993) e fa di lui uno scrittore.
A FINE ANNI 80 potrebbe tornare in Cile ma è un tentativo che fallisce rapidamente. Gira l’Europa in camper e si ferma a Guijon, nelle Asturie: Spagna del nord, modernismo su piccola scala, una Barcellona gracile con un clima atroce diviso tra pioggerellina, pioggia e forte pioggia. Eppure. Il giramondo si ferma a Guijon, si sposa di nuovo con la stessa donna che aveva sposato in Cile, la poetessa Carmen Yanez, e finalmente scrive e basta. Nel 1997 arriva al manifesto. «Voglio essere quello che era Soriano, vi interessa?». Osvaldo Soriano era morto da qualche mese e questo cileno da battaglia voleva raccoglierne il testimone. Aveva pubblicato da poco la Storia della gabbianella, era appena uscito il Diario di un killer sentimentale. Ci interessava eccome.
San Roberto di La Chaise-Dieu
San Roberto di La Chaise-Dieu
Nelle favole, che sono quasi tutte di origine francese o tedesca, uno dei principali protagonisti è sempre il bosco, suggestivo e pauroso. Come nelle fiabe, San Roberto, nacque in mezzo ad una foresta, poco avanti il Mille.
Non figlio di boscaioli, come si potrebbe credere, ma di una nobildonna della famiglia di Turlandia, colta dalle doglie del parto nel fitto di un bosco, mentre si recava ad un Castello vicino. Si disse subito che il neonato era destinato a diventare eremita celebre; e poiché ricusò di suggere il latte dal seno di due nutrici poco oneste, si disse anche che sarebbe stato uomo di grande virtù e di somma purezza.
Giovanissimo, fu consacrato sacerdote, canonico della chiesa di San Giuliano a Brioude. Una virtù caratteristica di San Roberto era la sua carità verso gli infermi. Non si limitò a soccorrerli secondo il bisogno, ma aprì un ospizio tutto per loro, e vi si prodigò in una assistenza costante e premurosa.
Ma la vocazione di San Roberto era un’altra, più aderente al suo tempo caratterizzato dalla vita monastica.
Perciò San Roberto tentò di ritirarsi nel famoso monastero francese di Cluny, ma ne fu impedito da una specie di sollevazione popolare. Era troppo caro agli abitanti di Brioude, e questi lo rincorsero a Cluny, convincendolo a tornar tra loro.
San Roberto era turbato. Si recò a Roma, e sulla tomba degli Apostoli pregò di poter conoscere se la volontà di Dio lo voleva sacerdote secolare, cioè destinato a vivere nel mondo, oppure monaco, anzi eremita, come la sua vocazione sembrava suggerirgli.
Al ritorno incontrò un soldato, chiamato Stefano. Questi gli chiese quale fosse la strada migliore per una vita di penitenza: « Lascia ogni cosa, – disse San Roberto -, e mettiti al servizio del Signore ». « Lo farei volentieri – rispose Stefano, – solo se questo sacrificio potessi compierlo con te ».
Forse era proprio questo il segno divino che Roberto aspettava. Confidò a Stefano la sua segreta e accorata aspirazione, e insieme decisero di ritirarsi in un luogo solitario, sotto la protezione della Santa Vergine. Si unì un altro soldato, Dalmazio, stanco di odio e di battaglie. Si stabilirono tra i ruderi di una vecchia chiesa, e attorno vi sistemarono le loro cellette di frasche.
Nasceva così l’Abbazia della Chaise-Dieu, che significa « Sedia di Dio », e quindi anche « Casa di Dio ». Dopo infinite difficoltà, guidata dal suo santo Abate, la Chaise-Dieu divenne uno dei più importanti focolari monastici francesi, dopo Chartres e Cluny. Assicurava il culto a cinquanta paesi vicini, e si era dilatata in un grandioso complesso di edifici, che ospitavano ben trecento monaci.
San Roberto, nato in una selva di alberi, terminava così la sua vita in una selva di monaci, per i quali fu come un affettuoso padre prima di addormentarsi nella morte, il 17 aprile dell’anno 1067.
MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di Chaise-Dieu presso Clermont-Ferrand in Francia, san Roberto, abate, che radunò alcuni confratelli nello luogo stesso in cui viveva in solitudine, guadagnando molte anime al Signore con la parola della predicazione e con il suo esempio di vita.
il manifesto
Quota 100
Pensioni ultime notizie: Quota 100 in calo a inizio 2020, i dati
Pensioni ultime notizie: a inizio 2020 i pensionamenti con Quota 100 risultano in calo e le anticipate si allineano con le pensioni di vecchiaia.
Pensioni ultime notizie: stando agli ultimi dati diffusi dall’Inps, i pensionamenti anticipati con Quota 100 nel primo trimestre 2020 sarebbero risultati molto in calo, tant’è che nel complesso i pensionamenti anticipati si sono allineati ai trattamenti di vecchiaia: nel primo caso si contano infatti 55.085 pensionamenti, nel secondo 54.009. Un dato importante in quanto nel 2019 si era registrato un surplus del 50% di trattamenti anticipati rispetto alle pensioni di vecchiaia. L’allineamento si riscontra anche nelle gestioni del lavoro autonome, dove le anzianità sono state 20.389 e i pensionamenti di vecchiaia si sono fermati a quota 19.705.
Pensioni ultime notizie: Quota 100 traina il calo delle pensioni anticipate
Nel primo trimestre 2020 c’è stato un dimezzamento della domanda di pensionamento anticipato con Quota 100 rispetto al 2019: nei primi 3 mesi di quest’anno le domande di Quota 100 sono state circa 30 mila, infatti. È ancora troppo presto per capire se il dato si confermerà per tutto l’anno e molto dipenderà dalle conseguenze dirette del Coronavirus, visto che quando finirà l’emergenza, con tutte le problematiche che ci saranno sul fronte lavoro, è probabile che diversi lavoratori che hanno raggiunto i requisiti (62 anni di età e 38 anni di contributi i requisiti minimi) possano pensare a ritirarsi anticipatamente usufruendo del canale Quota 100. Questo ragionamento potrebbe essere preso in considerazione anche da chi, fino allo scorso gennaio, non aveva minimamente pensato di sfruttare quel canale, adattandosi così alla nuova situazione e producendo un rialzo della domanda complessivo per quest’anno.
Pensioni ultime notizie: i dati sulle invalidità e sulle reversibilità
In calo anche le pensioni di invalidità e ai superstiti. Il rapporto tra le prime e le pensioni di vecchiaia nel primo trimestre 2020 ha subito un calo del 50% rispetto allo stesso periodo del 2019. I trattamenti di invalidità, che presentano un importo complessivo medio di 721 euro, si sono fermati a 7.504 unità, un numero di gran lunga inferiore alle 46.108 totalizzate nell’intero 2019. Se la cifra sopraccitata dovesse confermarsi anche per i prossimi tre trimestri, infatti, il calo sarebbe del 50%. Va però precisato che negli ultimi anni si registra una riduzione delle invalidità e il dato dei primi 3 mesi del 2020 non fa che confermare questa tendenza.
Inoltre è stato segnalato anche un calo delle pensioni di reversibilità: 40.440 nel primo trimestre 2020 contro le 52.982 del primo trimestre 2019, per un calo di quasi un quarto complessivo (-23%). Nei prossimi trimestri, tuttavia, ci potrebbe essere un ribaltamento della situazione, purtroppo, visti i numerosi decessi per coronavirus, soprattutto in certe zone del Paese.