Archivi giornalieri: 11 maggio 2015

Congedi di maternità in Europa

Congedi di maternità in Europa. Il progetto di direttiva a rischio insabbiamento

La proposta per una nuova direttiva europea sui congedi di maternità, in gestazione (è il caso di dirlo…) ormai da 7 anni, finirà probabilmente sotto la scure della cosiddetta better regulation, ossia la strategia della Commissione europea che mira a semplificare la normativa Ue e ad eliminare le regole che “ostacolano le imprese”, in particolare per quanto riguarda la legislazione ambientale, sanitaria e  sociale.

Nel 2008, il progetto di direttiva proposto dalla Commissione europea prevedeva di allungare il periodo del congedo di maternità obbligatorio a 18 settimane, contro le 14 previste dalla direttiva tuttora in vigore (92/85/CEE, del 1992), e raccomandava di versare alle donne il 100% della retribuzione, offrendo anche agli Stati membri l’alternativa di stabilire un tetto massimo pari ad una retribuzione equivalente all’indennità di malattia.
Nell’ottobre 2010, il Parlamento europeo aveva ulteriormente allungato il periodo di congedo obbligatorio, portandolo a 20 settimane, tutte remunerate al 100% dello stipendio, con una certa flessibilità per i paesi che hanno regimi di congedo parentale. Nella stessa occasione, gli eurodeputati avevano anche approvato l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio, di almeno due settimane. 
Da allora il progetto di direttiva è stato insabbiato dal Consiglio dei ministri.

Nel dicembre 2014, la nuova Commissione europea, stanca della situazione di stallo, aveva fissato un termine ultimo di sei mesi per risolvere i negoziati sul congedo di maternità. Dopo di che “la Commissione si ritirerà”, aveva annunciato il Vice Presidente della Commissione europea Frans Timmermans.

A poche settimane dalla scadenza dell’ultimatum, nulla è stato fatto per rimettere sul tavolo una nuova proposta e rilanciare il negoziato. L’attuale Presidenza UE (Lettonia) non ha avuto alcun mandato per avviare nuove discussioni sui congedi di maternità e la Commissione europea non sembra volersi muovere su questo.

Di fronte a questo immobilismo, i parlamentari europei tentano comunque ancora di difendere il loro testo. Il Comitato per i diritti delle donne e per l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non vincolante che invita la Commissione e gli Stati membri a riprendere i negoziati sulla direttiva. La risoluzione è stata approvata con 19 voti favorevoli, 3 contrari e 11 astensioni.

da www.osservatorioinca.org

Mini-job

Mini-job. La Corte Ue chiarisce i diritti previdenziali dei migranti che svolgono lavori occasionali

Un cittadino residente in uno Stato membro, e che per alcuni giorni al mese svolge un lavoro occasionale in un altro Stato membro, è assoggettato alla normativa dello Stato di occupazione tanto nei giorni in cui egli svolge effettivamente l’attività subordinata, quanto in quelli in cui non la svolge.

Il cittadino in questione può tuttavia ricevere dallo Stato di residenza le altre prestazioni previdenziali, nello specifico le prestazioni di vecchiaia e gli assegni familiari, se queste non sono già fornite dallo Stato di occupazione (come nel caso dei mini-job tedeschi).

Queste, in sintesi, le conclusioni cui è giunta la Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C‑382/13 che opponeva, da un lato, tre cittadini olandesi che svolgevano per alcuni giorni lavori occasionali in Germania (mini-job), e dall’altro, l’ente previdenziale dei Paesi Bassi SVB.

Il primo caso riguarda la sig.ra Franzen, che riceveva nei Paesi Bassi assegni familiari per sua figlia. Nel 2001 la signora svolgeva un’attività come parrucchiera per venti ore alla settimana in Germania, continuando a risiedere nei Paesi Bassi. Poiché i redditi provenienti da tale attività erano di modesta entità, essa era assicurata in Germania soltanto contro gli infortuni sul lavoro, senza accesso a nessun altro regime previdenziale tedesco. L’ente previdenziale dei Paesi Bassi SVB le ha revocato il diritto agli assegni familiari ritenendo che, ai sensi del regolamento 1408/71 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, alla sig.ra Franzen si dovesse applicare soltanto la normativa tedesca, e non quella del regime previdenziale olandese.

Il secondo caso riguarda la moglie del sig. Giesen, che ha lavorato diversi anni in Germania in qualità di “Geringfügig Beschäftigte”, ossia come persona che esercita un’attività lavorativa di minore entità, per non più di due o tre giorni al mese. Nel 2006, quando il sig. Giesen ha presentato al SVB una domanda di pensione di vecchiaia e di assegno per il coniuge, l’ente previdenziale ha ridotto l’assegno per il coniuge del 16% in quanto, nel periodo in cui la moglie del sig. Giesen ha lavorato in Germania, essa non era assicurata ai fini previdenziali nei Paesi Bassi.

Il sig. van den Berg, infine, ha svolto anche lui un’attività in Germania, prima nel 1972 e poi tra il 1990 e il 1994, sempre solo per brevi periodi. Poiché il suo reddito era troppo basso, non era tenuto al versamento di contributi in Germania. Quando nel 2008 il sig. van den Berg ha presentato una domanda di pensione di vecchiaia, il SVB gli ha applicato una riduzione del 14% in considerazione del fatto che, per oltre sette anni, il sig. van den Berg non è stato assicurato nei Paesi Bassi.

Secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea, il residente di uno Stato membro che lavora per alcuni giorni al mese sulla base di un contratto di lavoro occasionale nel territorio di un altro Stato membro, è assoggettato alla normativa dello Stato di occupazione tanto per i giorni in cui egli svolge un’attività subordinata, quanto per quelli in cui non la svolge.

Ciò nonostante la Corte ha altresì stabilito che, in simili circostanze, un lavoratore migrante assoggettato alla normativa dello Stato membro di occupazione, può ricevere, in forza di una normativa nazionale dello Stato di residenza, le prestazioni relative al regime di assicurazione vecchiaia e gli assegni familiari di quest’ultimo Stato.

Per saperne di più

www.osservatorioinca.org

Occupazione giovanile

Incentivi Ue per l’occupazione giovanile

Dare nuovo impulso all’occupazione giovanile all’interno dell’UE, con un’iniezione di un miliardo di euro da destinare ai Paesi Membri per il 2015, incrementando le risorse già stanziate per i piani di inserimento nel mercato del lavoro e formazione delle nuove generazioni, a partire dal programma Garanzia Giovani.

A prevederlo è stato il Parlamento Europeo, riunitosi in questi giorni in sessione plenaria a Strasburgo, che ha modificato così le regole del Fondo Sociale Europeo (FSE) con una proposta approvata senza emendamenti con 632 voti favorevoli, 30 contrari e 31 astensioni. 

Più in particolare il regolamento aumenta i fondi stanziati di ben 30 volte, all’Italia spettano 175 milioni di euro. Da precisare, tuttavia, che non si tratta di nuovi stanziamenti, ma di fondi che erano già stati previsti.

Perché il tutto diventi ufficiale, però, è necessario che la proposta venga varata dal Consiglio dei Ministri UE, per poi entrare in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del testo nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. 

A beneficiarne, secondo le stime UE, saranno almeno 650 mila giovani dai 15 ai 25 anni residenti in Italia o in uno degli altri Paesi UE nei quali vi sono regioni dove il tasso di disoccupazione giovanile supera il 25%, ovvero:
Belgio; Bulgaria; Croazia; Cipro; Repubblica Ceca; Francia; Grecia; Ungheria; Irlanda; Italia; Lettonia; Lituania; Polonia; Portogallo; Romania; Slovacchia; Slovenia; Spagna; Svezia; Regno Unito.

Le misure a favore dell’occupazione giovanile dovranno essere realizzate entro la fine del 2018.

Sant’ Ignazio da Laconi

Sant’ Ignazio da Laconi


Nome: Sant’ Ignazio da Laconi
Titolo: Frate cappuccino
Ricorrenza: 11 maggio

Ignazio nacque a Laconi, nel cuore della Sardegna, nel 1701. Nel piccolo paese vicino alle montagne del Gennargentu, crebbe timorato di Dio e ancora adolescente già praticava digiuni e mortificazioni; non frequento scuole e non imparò mai a scrivere, ma andava ogni giorno a messa e faceva ii chierichetto; di poche parole, parlava appena ii dialetto sardo. Ventenne, desideroso di mutar vita, scese a Cagliari, non per cercarvi posizioni economiche più agiate, ma per chiedere ai cappuccini di San Benedetto di essere accolto nel loro convento per consacrarsi a Dio. 

I cappuccini, che conducevano una vita molto rigida, chiusero un occhio sulla sua malferma salute e nel 1721 gli permisero — con la mediazione del marchese di Laconi Gabriele Aymerich — di pronunziare la professione religiosa come fratello laico. Venne poi trasferito nel convento di Iglesias, destinato ai servizi pii umili nel convento e alla questua nella zona del Sulcis. 

Come questuante Ignazio divenne una delle figure tipiche del capoluogo sardo. Lo si vedeva ogni giorno, bisaccia in spalla, per le vie della città, al porto, nelle bettole. Riceveva ii dono dal buon cuore della gente che lo amava e lo stimava, e dava in cambio ii calore della sua amicizia, di una buona parola, l’esempio evangelico di una vita umile, vissuta a fianco dei poveri, ai quali distribuiva parte di ciò che riceveva. 

La sua morte nel 1781 fu pianta come la scomparsa di un amico, di una persona cara di cui si pensava impossibile un giorno la dipartita.