Archivio mensile:novembre 2012

Amianto

Cgil, Cisl e Uil: “Dopo Venezia, il Ministro Balduzzi renda operative le misure sanitarie di lotta all’amianto”



“Valutazione positiva del Sindacato per la emanazione del Piano di lavoro del Ministro della Salute Renato Balduzzi contro l’amianto proposto nell’ambito della “II Conferenza Governativa sull’amianto” tenuta a Venezia nei giorni scorsi. Ma bisogna stringere sui tempi e portare a decisione finale entro dicembre alla conferenza Stato-Regioni il Piano Nazionale Amianto.” E’ quanto affermano in un comunicato congiunto Cgil, Cisl e Uil.

“A Venezia è stato fatto un buon lavoro – affermano le segreterie confederali -. Si poteva fare di più e meglio nel percorso di preparazione e di coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali e delle Associazioni delle Vittime dell’amianto, che hanno sempre appoggiato l’iniziativa del Ministro Balduzzi, ma l’appello finale del Ministro a conclusione della II Conferenza Governativa sull’amianto, per un contributo più unitario lascia ben sperare che anche su questo aspetto del coinvolgimento delle parti sociali si possa fare meglio nel prosieguo dell’iniziativa ministeriale.”

Secondo i sindacati, gli aspetti positivi sono:

1. L’accantonamento e la disponibilità di 23 milioni da parte del Ministero della Salute per la Ricerca clinica terapeutica per la cura delle malattie asbesto correlate, la creazione della rete-coordinamento dei centri di eccellenza di cura, un protocollo base uniformato per la sorveglianza sanitaria, condiviso fra tutte le Regioni con meccanismi di verifica circa l’efficacia degli interventi delle diverse strutture.

2. L’intento di avviare seriamente la ricerca per la cura del mesotelioma con le strutture che già presidiano questa attività di ricerca e di intervento clinico senza arrendersi allo scetticismo dei più circa il raggiungimento a breve di risultati efficacemente terapeutici per i mesotelioma .

3. Lo sviluppo di un’azione internazionale sia a livello dell’Unione Europea che nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non solo sugli aspetti scientifici clinici, ma anche sulla necessità della messa al bando dell’uso dell’amianto su scala mondiale.

4. Il consolidamento e il potenziamento dei COR, Centri Operativi Regionali per la raccolta dati sui tumori dei mesoteliomi con l’apertura al monitoraggio e alla documentazione delle altre patologie tumorali di origine professionale.

5. Una rinnovata azione per una grande operazione di bonifica dell’amianto, che veda un impegno rilevante di risorse pubbliche ma soprattutto un coinvolgimento dell’intera collettività con la messa in sicurezza e la bonifica dei siti con manufatti contenenti amianto con un potenziamento degli strumenti  finanziari e di incentivo fiscale.

6. La chiarezza circa la necessità di realizzare un numero adeguato di discariche distribuite sul territorio che nel pieno rispetto delle norme di corretta gestione ambientale garantiscano un costo contenuto del conferimento dell’amianto, tale da disincentivare i comportamenti delittuosi e malavitosi.

Secondo Cgil, Cisl e Uil “E’ mancata una risposta chiara su una diversa finalizzazione del Fondo Vittime dell’Amianto verso le vittime civili, come pure un maggior contributo tecnico scientifico e finanziario da parte dell’INAIL verso i lavoratori ex esposti all’amianto e la soluzione dei problemi di contenzioso ancora in atto a tratto generale ed in alcune  realtà in modo specifico. Così come deve essere trovata una soluzione al fine di armonizzare il riconoscimento dei benefici previdenziali ai lavoratori esposti all’amianto, con le recenti norme introdotte dalla “Riforma Fornero”.Su questi punti, i sindacati attendono risposte precise dal Governo.

“Il bilancio comunque è positivo, ma bisogna tradurre immediatamente in termini operativi e in atti amministrativi concreti quelle che appaiono delle buone decisioni per l’avvio di un percorso di speranza e di vita per i tanti malati e i tanti che rischiano di esserlo nei prossimi mesi, nei prossimi anni. E’ possibile stimare in oltre 1 milione e mezzo i cittadini italiani, compresi i lavoratori, che più direttamente sono stati esposti alle fibre killer dell’amianto e oltre trentamila le vittime dei prossimi quindici anni a causa delle malattie asbesto correlate. Sono numeri raccapriccianti che meritano l’avvio immediato delle indicazioni e delle decisioni emerse a Venezia.”

“Chiediamo al Ministro di fare presto – concludono Cgil, Cisl e Uil, di presentarci la bozza del Piano entro i prossimi dieci-quindici giorni, di non attendere che tutte le disposizioni siano perfette, ma di avviare subito i primi provvedimenti, quelli già pronti. Non bisogna innamorarsi delle parole come Piano Nazionale, ma si può disporre anche di “ Prime misure urgenti di intervento sanitario per la lotta all’amianto in direzione del Piano Nazionale “.

Il lavoro governativo di ripresa di impegno sulla lotta all’amianto è importante e le Organizzazioni Sindacali chiedono che si proceda immediatamente con prime misure operative in direzione di un piano integrale di lotta all’amianto. A questo fine si chiede al Ministro Balduzzi, lo svolgimento degli incontri di merito per gli eventuali suggerimenti ed integrazioni ed il più rapido dispiego delle pratiche politiche e amministrative della messa in opera delle decisioni.

Infine, le Organizzazioni Sindacali svolgeranno un’azione di sensibilizzazione e di maggior coinvolgimento degli Assessori Regionali alla Sanità affinché agevolino il percorso decisorio nell’ambito della Conferenza Stato Regioni.

Cgil, Cisl e Uil: “Dopo Venezia, il Ministro Balduzzi renda operative le misure sanitarie di lotta all’amianto”

 

“Valutazione positiva del Sindacato per la emanazione del Piano di lavoro del Ministro della Salute Renato Balduzzi contro l’amianto proposto nell’ambito della “II Conferenza Governativa sull’amianto” tenuta a Venezia nei giorni scorsi. Ma bisogna stringere sui tempi e portare a decisione finale entro dicembre alla conferenza Stato-Regioni il Piano Nazionale Amianto.” E’ quanto affermano in un comunicato congiunto Cgil, Cisl e Uil.

“A Venezia è stato fatto un buon lavoro – affermano le segreterie confederali -. Si poteva fare di più e meglio nel percorso di preparazione e di coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali e delle Associazioni delle Vittime dell’amianto, che hanno sempre appoggiato l’iniziativa del Ministro Balduzzi, ma l’appello finale del Ministro a conclusione della II Conferenza Governativa sull’amianto, per un contributo più unitario lascia ben sperare che anche su questo aspetto del coinvolgimento delle parti sociali si possa fare meglio nel prosieguo dell’iniziativa ministeriale.”

Secondo i sindacati, gli aspetti positivi sono:

1. L’accantonamento e la disponibilità di 23 milioni da parte del Ministero della Salute per la Ricerca clinica terapeutica per la cura delle malattie asbesto correlate, la creazione della rete-coordinamento dei centri di eccellenza di cura, un protocollo base uniformato per la sorveglianza sanitaria, condiviso fra tutte le Regioni con meccanismi di verifica circa l’efficacia degli interventi delle diverse strutture.

2. L’intento di avviare seriamente la ricerca per la cura del mesotelioma con le strutture che già presidiano questa attività di ricerca e di intervento clinico senza arrendersi allo scetticismo dei più circa il raggiungimento a breve di risultati efficacemente terapeutici per i mesotelioma .

3. Lo sviluppo di un’azione internazionale sia a livello dell’Unione Europea che nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non solo sugli aspetti scientifici clinici, ma anche sulla necessità della messa al bando dell’uso dell’amianto su scala mondiale.

4. Il consolidamento e il potenziamento dei COR, Centri Operativi Regionali per la raccolta dati sui tumori dei mesoteliomi con l’apertura al monitoraggio e alla documentazione delle altre patologie tumorali di origine professionale.

5. Una rinnovata azione per una grande operazione di bonifica dell’amianto, che veda un impegno rilevante di risorse pubbliche ma soprattutto un coinvolgimento dell’intera collettività con la messa in sicurezza e la bonifica dei siti con manufatti contenenti amianto con un potenziamento degli strumenti  finanziari e di incentivo fiscale.

6. La chiarezza circa la necessità di realizzare un numero adeguato di discariche distribuite sul territorio che nel pieno rispetto delle norme di corretta gestione ambientale garantiscano un costo contenuto del conferimento dell’amianto, tale da disincentivare i comportamenti delittuosi e malavitosi.

Secondo Cgil, Cisl e Uil “E’ mancata una risposta chiara su una diversa finalizzazione del Fondo Vittime dell’Amianto verso le vittime civili, come pure un maggior contributo tecnico scientifico e finanziario da parte dell’INAIL verso i lavoratori ex esposti all’amianto e la soluzione dei problemi di contenzioso ancora in atto a tratto generale ed in alcune  realtà in modo specifico. Così come deve essere trovata una soluzione al fine di armonizzare il riconoscimento dei benefici previdenziali ai lavoratori esposti all’amianto, con le recenti norme introdotte dalla “Riforma Fornero”.Su questi punti, i sindacati attendono risposte precise dal Governo.

“Il bilancio comunque è positivo, ma bisogna tradurre immediatamente in termini operativi e in atti amministrativi concreti quelle che appaiono delle buone decisioni per l’avvio di un percorso di speranza e di vita per i tanti malati e i tanti che rischiano di esserlo nei prossimi mesi, nei prossimi anni. E’ possibile stimare in oltre 1 milione e mezzo i cittadini italiani, compresi i lavoratori, che più direttamente sono stati esposti alle fibre killer dell’amianto e oltre trentamila le vittime dei prossimi quindici anni a causa delle malattie asbesto correlate. Sono numeri raccapriccianti che meritano l’avvio immediato delle indicazioni e delle decisioni emerse a Venezia.”

“Chiediamo al Ministro di fare presto – concludono Cgil, Cisl e Uil, di presentarci la bozza del Piano entro i prossimi dieci-quindici giorni, di non attendere che tutte le disposizioni siano perfette, ma di avviare subito i primi provvedimenti, quelli già pronti. Non bisogna innamorarsi delle parole come Piano Nazionale, ma si può disporre anche di “ Prime misure urgenti di intervento sanitario per la lotta all’amianto in direzione del Piano Nazionale “.

Il lavoro governativo di ripresa di impegno sulla lotta all’amianto è importante e le Organizzazioni Sindacali chiedono che si proceda immediatamente con prime misure operative in direzione di un piano integrale di lotta all’amianto. A questo fine si chiede al Ministro Balduzzi, lo svolgimento degli incontri di merito per gli eventuali suggerimenti ed integrazioni ed il più rapido dispiego delle pratiche politiche e amministrative della messa in opera delle decisioni.

Infine, le Organizzazioni Sindacali svolgeranno un’azione di sensibilizzazione e di maggior coinvolgimento degli Assessori Regionali alla Sanità affinché agevolino il percorso decisorio nell’ambito della Conferenza Stato Regioni.

Censis

Censis – Nel 2011, nove milioni dipersone hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie

Tra crisi, tagli al pubblico e riforme delle pensioni, come cambiamo i bisogni e le aspettative delle persone in merito al proprio futuro e alla vecchiaia? Il Censis, come spiega a Labitalia il vicedirettore generale Carla Collicelli, “ha fatto tantissime indagini soprattutto sulla sanità, anche perchè la sanità è l’ambito su cui si concentrano le preoccupazioni delle famiglie italiane negli ultimi decenni, essendo stati superati altri problemi”.

“Le persone si aspettano molto – prosegue Collicelli – ma si rendono anche conto che il servizio pubblico, che pure è universalistico e che quindi in teoria offre ogni prestazione possibile a chiunque, in realtà non ce la fa a coprire tutti questi bisogni, perchè è stato costruito rispetto a un assetto epidemiologico diverso, cioè a una prevalenza di malattie acute e di pazienti relativamente giovani, mentre oggi il quadro è di pazienti anziani con malattie croniche. Questo fa sì che le persone tendano a dover far ricorso sempre di più alle risorse personali, per finanziare prestazioni che il servizio pubblico non è in grado di offrire loro”.

“Abbiamo anche misurato un altro fenomeno preoccupante: nel 2011 – spiega Collicelli – quasi 9 milioni di italiani, secondo la nostra rilevazione, ci hanno detto di aver rinunciato a una qualche prestazione sanitaria per motivi economici o organizzativi. Questo significa che ci sono persone che rimangono escluse di fatto dalla copertura, che pure e’ sancita dalle nostre leggi e dalla Costituzione, e che non fanno gli accertamenti che dovrebbero fare.

Questo vale anche per la prevenzione e in maniera eclatante per la cosiddetta “long term care”, cioè “cura di lungo termine”, per i cronici e non autosufficienti”.

Proprio sulla non autosufficienza, “la situazione è particolarmente carente -sostiene Collicelli- e abbiamo una supplenza delle famiglie che è enorme, e un numero altissimo di badanti che non sempre hanno capacità e competenze per svolgere queste funzioni. Abbiamo anche un sovraccarico delle donne (le madri e le figlie sono quelle che si mettono sempre a disposizione)”.

Anche le politiche governative in Italia hanno cominciato a occuparsi di non autosufficienza “più tardi che in altri Paesi europei”, dice il vicedirettore geenrale del Censis, e quel “piccolo fondo istituito qualche anno fa è stato azzerato da crisi e tagli e forse ora sarà ripristinata una piccola quota che non servirà a fare quasi nulla”. Insomma, sottolinea, “il sistema pubblico è in difficoltà perchè ha tardato e ora non ci sono risorse”. Ed ora è difficlle  spostare risorse da un comparto all’altro”.

Più che “tagliare i posti letto – afferma Collicelli – occorre migliorare l’utilizzazione delle risorse aggiuntive esistenti, il cosiddetto privato. Bisognerebbe aiutare economicamente le famiglie meno abbienti, magari facendo pagare un po’ piu’ di tasse ai più ricchi. E poi si dovrebbe spostare l’asse degli interventi delle mutue sanitarie integrative, che attualmente, in grandissima maggioranza, forniscono le stesse prestazioni del Ssn. Si dovrebbe spostare l’asse sulle prestazioni ‘scoperte’, sostanzialmente l’odontoiatria e l’assistenza agli anziani e non sufficienti”. Inoltre, suggerisce  Collicelli, “un welfare moderno non può più essere settoriale nè tantomeno centrato su grossi interventi di portata nazionale. Sempre più la vita delle persone deve essere tenuta in conto per le esigenze espresse nel luogo dove vivono e anche per tutte le risorse che quel territorio è in grado di offrire”.

Cergas-Bocconi

Ogni italiano paga di tasca propria 611 euro all’anno per curarsi (Cergas-Bocconi)

Trentasei miliardi di euro, tanto hanno pagato di tasca propria, nell’ultimo anno, gli italiani per visite mediche ed esami che il servizio sanitario non era in grado di offrire in tempi e modi utili. E’ il dato più eclatante contenuto nello studio realizzato dal Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) della Bocconi di Milano, reso pubblico dopo le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Mario Monti circa l’insostenibilità del sistema sanitario pubblico del nostro paese. 

La stessa indagine riferisce che in Italia la sanità pubblica assicura cure gratuite ai cittadini nel 75 per cento dei casi. In Europa, invece, la percentuale delle prestazioni ottenute dalla popolazione si attesta all’85 per cento. 
In media, ogni cittadino italiano spende per la propria salute 611 euro l’anno: oltre la metà per visite specialistiche (54,6 per cento), oltre il 18 per cento per esami medici e il 40 per cento circa per sedute di riabilitazione. 

Dura è stata la reazione del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, alle affermazioni del Presidente del consiglio: “Non può permettersi certe preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale, dopo averlo ridotto all’osso. Se il governo ha intenzione di privatizzare, come denunciamo da mesi, lo dica. Noi lo combatteremo. Ma non può affamare la bestia per poi svenderla”. 

Ricongiunzioni onerose

Ricongiunzioni onerose: un passo avanti, ma la soluzione deve essere rapida!…

”Le dichiarazioni del ministro Fornero sulle ricongiunzioni pensionistiche, sulle quali il Pd si è lungamente battuto, fanno finalmente compiere un passo avanti al tema. Apprezziamo il fatto che il ministro riconosca la necessità di una sua soluzione entro la legislatura. Si tratta di riparare ad una ingiustizia evidente che impedisce alle persone che abbiano versato i contributi a più fondi previdenziali di costituire una sola pensione”. Lo affermano in una nota Cesare Damiano, capogruppo del Pd in commissione Lavoro, e Marialuisa Gnecchi, deputata Pd nella medesima commissione.

”Noi ribadiamo l’esigenza che le ricongiunzioni verso Inps non siano, come per il passato, onerose e che venga perciò evitato che i lavoratori siano costretti a versare due volte gli stessi contributi. Inoltre, abbiamo più volte ribadito che la nostra intenzione non è quella di dare alcun privilegio ma di riconoscere un elementare diritto di giustizia sociale. Ci auguriamo pertanto che venga trovata rapidamente una soluzione, anche per via amministrativa da parte dell’Inps, per dare una risposta alla proposta di legge unitaria giunta alla fase conclusiva di discussione alla commissione Lavoro della Camera”.

Ricongiunzioni onerose

Ricongiunzioni onerose: Per l’Inca, bene ha fatto la Fornero ad ammettere l’errore, ma urgono soluzioni a breve

Il ministro del lavoro ha finalmente ammesso che c’è un problema serio sulle ricongiunzioni onerose. Incalzato dalle domande del giornalista di Report, in una intervista che andrà in onda il 2 dicembre prossimo, è stata costretta ad ammettere che è sbagliato pagare la ricongiunzione dei contributi nei casi in cui questa operazione non comporti alcun vantaggio alla lavoratrice o al lavoratore, con contribuzione in più casse previdenziali.

Meno chiaro appare l’esempio cui si è aggrappata la Fornero per giustificare la richiesta del pagamento prevista dalla legge n.122/2010, approvata prima del suo insediamento, dal precedente governo Berlusconi e confermata dall’attuale esecutivo. Secondo il Ministro ottenere con la ricongiunzione 15 mila euro mensili di pensione è un privilegio e come tale deve essere congruamente ripagato. 

Peccato che nella trappola delle ricongiunzioni onerose siano finite soprattutto prestazioni ben al di sotto di questa soglia. Dipendenti che hanno pagato i loro contributi verso Inps e Inpdap in egual misura ai quali si chiedono esborsi anche di oltre 200 mila euro, a fronte di pensioni che non supereranno i 2000 euro mensili. 

E che dire dei tanti insegnanti che hanno presentato domanda di pensione, con valenza irreversibile, pochi mesi prima dell’entrata in vigore della legge, ai quali si è chiesto ugualmente di pagare e che già lo stanno facendo? 

A tal proposito, la Fornero, che dice di aver rivolto alcune domande all’Inps, ma di non avere avuto alcuna risposta., davanti ai microfoni di Report si è impegnata a verificare tempestivamente la posizione degli sfortunati. 

L’Inca è lieta di apprenderlo, ma resta il fatto che mancano pochi mesi prima della scadenza elettorale. L’augurio è che si prendano in considerazione le proposte più volte avanzate dall’Inca e da alcuni parlamentari  per risolvere in via amministrativa ingiustizie che hanno il sapore di una vera e propria vendetta contro donne e uomini che hanno lavorato versando contributi in diverse gestioni previdenziali. 

Ciò consentirebbe di far risparmiare all’Inps l’esposizione ad azioni legali, per le quali la percentuale di soccombenza rischia di essere molto alta.  

Diritti dei migranti

Conferenza internazionale sui diritti dei migranti e sul ruolo dei sindacati in America Latina

Si è svolta a Montevideo, il 21 novembre, la Conferenza sui diritti dei migranti ed il ruolo dei sindacati, con la partecipazione dei sindacati della regione del Mercosur e della Confederazione dei Sindacati delle Americhe.
 
L’iniziativa è stata promossa dall’INCA Area Estero e dal Dipartimento Politiche Globali della CGIL, in occasione dell’assemblea annuale delle sedi INCA del sub continente latinoamericano, per uno scambio di esperienze e per rafforzare la cooperazione tra sindacati e servizi di assistenza.
 
I dati presentati durante la conferenza parlano chiaro: la migrazione verso l’Europa è in calo, mentre cresce la migrazione tra gli stessi paesi del sub continente e si fa sentire il flusso di rientro sulle dinamiche nazionali, a conferma di come i flussi migratori dipendano direttamente dall’andamento del mercato del lavoro in una dimensione globale, quindi, non più programmabili con politiche locali e nazionali.

Se il flusso di rientro dall’Europa, in particolare dalla Spagna, è in parte mitigato dalla richiesta di mano d’opera specializzata in Brasile, Argentina ed Uruguay, le condizioni di lavoro, il riconoscimento dei diritti e l’integrazione dei migranti in America latina presentano forse, più ombre che luci.

Innanzitutto, non esistendo banche dati aggiornate ed affidabili sul fenomeno migratorio, diventa estremamente difficile poter elaborare analisi e monitorare le dinamiche dentro il sub continente.

I sindacati locali non sono attrezzati per svolgere un’azione di tutela e di assistenza dei diritti dei lavoratori immigrati, privi di esperienze, in quanto cresciuti in un contesto di emigrazione, e senza poter contare su legislazioni adeguate, se si fa eccezione per l’Argentina che gode di una legge definita molto progressista, ma non applicata.
 
Per la CSA (struttura regionale della Confederazione Internazionale dei Sindacati), la migrazione è vissuta come la negazione del diritto allo sviluppo, per poi dichiarare la necessità di garantire uguali diritti ai lavoratori ed alle lavoratrici costrette ad emigrare, puntando il dito sulle discriminazioni che i migranti subiscono nei paesi di accoglienza in Europa ed in Nord America.

Ma il fenomeno è oramai esteso alla migrazione “sud – sud”, tra gli stessi paesi latinoamericani, dove si riproducono gli stessi fenomeni di sfruttamento, di violazione dei diritti umani fondamentali, di emarginazione e di dumping sociale.

Mancando legislazioni adeguate e progressiste, in presenza di forti contraddizioni e disuguaglianze tra paesi confinanti, come è il caso del Brasile con i paesi andini ed il Paraguay, si creano ampie sacche di lavoro nero, nelle piantagioni, nell’industria estrattiva, nel tessile e nel lavoro domestico.
 
Dalla Conferenza esce una richiesta di cooperazione che il sistema INCA CGIL può fornire, mettendo a disposizione la propria rete di uffici e di personale presenti in Argentina, Brasile, Uruguay, Cile, Perù, Venezuela, ipotizzando una nuova strategia di collaborazione sindacale in grado di intercettare i nuovi migranti di rientro dall’Europa nei propri paesi di origine ed i tanti discendenti dei vecchi migranti italiani che potrebbero usufruire dei servizi del patronato per vedere garantiti i propri diritti.

Disoccupazione

Un’assicurazione europea contro la disoccupazione?

L’11 ottobre scorso, durante l’annuale tavola rotonda del thin tank Friends of Europe, il commissario per gli affari sociali e l’inclusione sociale, Laszlo Andor, ha parlato in favore di una “struttura europea in grado di evitare un deterioramento della protezione sociale e dell’introduzione di un sistema di assicurazione contro la disoccupazione nel contesto dell’Unione economica e monetaria”.

Secondo il commissario, la proposta intenderebbe sviluppare un “sistema europeo di indennità di disoccupazione, che fungerebbe da stabilizzatore automatico, riducendo temporaneamente la spesa pubblica sociale dei paesi più colpiti, senza introdurre trasferimenti a lungo termine. Questo potrebbe contribuire a mitigare le fluttuazioni del PIL reale in caso di shock asimmetrici che interesserebbero alcuni paesi dell’Ue (funzione assicurativa) o shock simmetrici che riguardano tutti i paesi (funzione stabilizzatrice)”.

Il commissario europeo ha cercato anche di rassicurare gli Stati membri dichiarando di non volere invadere le competenze nazionali: “Il sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione andrebbe piuttosto inteso come un complemento, o come una prestazione europea di base, che potrebbe in seguito essere integrata dagli Stati membri che lo desiderano”, precisando tuttavia di non rifiutare l’idea di un’armonizzazione della copertura e delle condizioni d’ammissibilità.

Cosa c’è dietro questa proposta? L’idea non è nuova: era infatti già stata enunciata come un obiettivo importante nella Relazione del gruppo di riflessione economica e monetaria dell’Unione 1980, pubblicata dalla Commissione europea l’8 marzo 1975, che a pagina 34 della relazione sosteneva che “l’equilibrio tra paesi della Comunità deve essere rafforzato notevolmente. Un approccio efficace potrebbe essere l’introduzione di un sistema comunitario di indennità di disoccupazione”. Più di recente la stessa proposta era stata rilanciata anche dall’economista canadese Jacques Delpla. Come dichiarato dallo stesso Delpla, si tratta di “un modo per far accettare ai paesi del sud Europa le riforme del lavoro”, sullo sfondo di uno scenario di piena flessibilità”…

 
osservatorioinca.org

Rosarno

Rosarno: situazione sempre più drammatica

Sempre più drammatica la situazione dei lavoratori immigrati nella piana di Gioia Tauro. A denunciare il peggioramento della situazione è ancora una volta la Flai Cgil: “Il lavoro scarseggia e i numerosi migranti presenti riescono ad essere occupati solamente 1-2 giorni a settimana. La Cgil stima una presenza, in tutta la piana di Gioia Tauro, di 2.500 immigrati di cui 1.700 vivono nelle strutture di accoglienza mentre gli altri hanno trovato posto in casolari abbandonati dove le condizioni igienico-sanitarie sono molto precarie.

“C’è pochissimo lavoro – dice la Flai – e quindi gli immigrati trovano poca occupazione. Il prezzo degli agrumi, che si aggira sui 6 centesimi al chilo, ha fatto praticamente crollare il mercato e gli agricoltori scelgono, in molti casi, di non raccogliere il prodotto perché non è conveniente. Gli immigrati vengono pagati all’incirca 25 euro al giorno rispetto alla tariffa che dovrebbe essere di 45 euro. Questo sta determinando una situazione drammatica. Tutto scaturisce dalla forte crisi in cui versa l’intero comparto agricolo”.

Anche per il sindaco di Rosarno, la situazione è gravissima e “deve essere affrontata subito”. “A Rosarno – spiega il sindaco – abbiamo un campo con dei container dove tutti i posti sono occupati e la situazione appare tranquilla. Nella vicina San Ferdinando, invece, c’è una situazione più incerta perché nella tendopoli ci sono il doppio di immigrati rispetto alla capienza che è di 280 posti. Domani è previsto un incontro presso la Prefettura di Reggio Calabria, con la Regione e la Provincia, e ci auguriamo che arrivino risposte concrete per far fronte a questa situazione”.

Ricatti sul lavoro

Sono 800mila le donne vittime di ricatti sul lavoro

Circa 842mila donne italiane hanno subito ricatti sessuali sul lavoro nel corso della propria vita. Il dato è stato diffuso nel corso del convegno organizzato da Cgil, Cisl e Uil insieme all’Ilo, l’organizzazione internazionale del lavoro, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Dalla ricerca è emerso che nel nostro paese circa 488mila donne hanno subito una richiesta di disponibilità sessuale, mentre 247mila hanno avuto un ricatto sessuale esplicito all’assunzione. Per 234mila donne, secondo i dati del 2009, il ricatto è stato subito “per mantenere il posto di lavoro e fare carriera”.

L’Istat che ha curato la ricerca, sottolinea che il rischio di molestie sessuali ha riguardato nel complesso 1 milione 224mila donne, l’8,5% delle donne tra i 14 e i 65 anni. Per queste persone il luogo di lavoro ha rappresentato e rappresenta un rischio rispetto alla possibilità di subire reati sessuali.

Secondo i dati dell’istituto la molestia riguarda tutte le donne, ma in particolare colpisce quelle tra i 35 e i 54 anni con una maggiore frequenza per le donne che vivono da sole e le diplomate e le laureate. Sono colpite soprattutto coloro che lavorano nei trasporti, nelle comunicazioni e nella pubblica amministrazioni e le residenti nei centri medio-piccoli.

Nel corso del convegno è stata presentata una proposta d’intesa unitaria destinata a imprese e istituzioni, in cui viene indicata la necessità di una legge-quadro che permetta alle Regioni di legiferare e sostenere campagne di informazione e sensibilizzazione. Tra i punti della proposta emergono: formazione degli operatori di polizia, attuazione  del piano nazionale contro la violenza, impegno nella contrattazione aziendale per la formazione di Rsu e Rls, insieme alal necessità di norme nei contratti di lavoro per il superamento delle discriminazioni di genere.

Mai più figli e figliastri

Mai più distinzioni fra figli: nel pomeriggio di ieri la Camera ha dato il via libera definitivo al disegno di legge che eguaglia i diritti dei figli naturali a quelli dei legittimi cioè i nati all’interno del matrimonio. Il disegno di legge – passato con 366 favorevoli, 31 contrari, 58 astenuti – è stato approvato in terza lettura dall’Aula di Montecitorio. Passato senza modifiche, dopo i cambiamenti apportati dal Senato, il provvedimento approvato diventa legge.

Una legge che nell’emergenza dei provvedimenti economici sembrava destinata a “perdersi” tra le urgenze della fine legislatura e che invece è diventata una realtà in grado di cambiare la vita ad oltre 140mila bambini, ieri naturali, oggi legittimi, ma anche il futuro di quelle 900mila coppie di fatto italiane che hanno scelto di diventare famiglia senza sposarsi.

La riforma ha infatti l’obiettivo di eliminare tutte le distinzioni di status tra figlio legittimo e figlio naturale, intervenendo su alcuni articoli del codice civile. Nell’articolo 74 viene specificato che «la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo».

Questo vuol dire che per il figlio naturale scatta lo stesso vincolo di parentela  che ha il figlio legittimo, vincolo che si estende anche ai diritti di successione. Il vincolo di parentela, invece, non sorge nel caso di adozione di persone maggiorenni. Viene poi ritoccato l’articolo 250, riducendo da 16 a 14 anni l’età a partire dalla quale il riconoscimento del figlio naturale non produce effetti senza il suo assenso e al di sotto della quale il riconoscimento non può avere effetto senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.