Archivi giornalieri: 28 novembre 2012

Cergas-Bocconi

Ogni italiano paga di tasca propria 611 euro all’anno per curarsi (Cergas-Bocconi)

Trentasei miliardi di euro, tanto hanno pagato di tasca propria, nell’ultimo anno, gli italiani per visite mediche ed esami che il servizio sanitario non era in grado di offrire in tempi e modi utili. E’ il dato più eclatante contenuto nello studio realizzato dal Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) della Bocconi di Milano, reso pubblico dopo le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Mario Monti circa l’insostenibilità del sistema sanitario pubblico del nostro paese. 

La stessa indagine riferisce che in Italia la sanità pubblica assicura cure gratuite ai cittadini nel 75 per cento dei casi. In Europa, invece, la percentuale delle prestazioni ottenute dalla popolazione si attesta all’85 per cento. 
In media, ogni cittadino italiano spende per la propria salute 611 euro l’anno: oltre la metà per visite specialistiche (54,6 per cento), oltre il 18 per cento per esami medici e il 40 per cento circa per sedute di riabilitazione. 

Dura è stata la reazione del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, alle affermazioni del Presidente del consiglio: “Non può permettersi certe preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale, dopo averlo ridotto all’osso. Se il governo ha intenzione di privatizzare, come denunciamo da mesi, lo dica. Noi lo combatteremo. Ma non può affamare la bestia per poi svenderla”. 

Ricongiunzioni onerose

Ricongiunzioni onerose: un passo avanti, ma la soluzione deve essere rapida!…

”Le dichiarazioni del ministro Fornero sulle ricongiunzioni pensionistiche, sulle quali il Pd si è lungamente battuto, fanno finalmente compiere un passo avanti al tema. Apprezziamo il fatto che il ministro riconosca la necessità di una sua soluzione entro la legislatura. Si tratta di riparare ad una ingiustizia evidente che impedisce alle persone che abbiano versato i contributi a più fondi previdenziali di costituire una sola pensione”. Lo affermano in una nota Cesare Damiano, capogruppo del Pd in commissione Lavoro, e Marialuisa Gnecchi, deputata Pd nella medesima commissione.

”Noi ribadiamo l’esigenza che le ricongiunzioni verso Inps non siano, come per il passato, onerose e che venga perciò evitato che i lavoratori siano costretti a versare due volte gli stessi contributi. Inoltre, abbiamo più volte ribadito che la nostra intenzione non è quella di dare alcun privilegio ma di riconoscere un elementare diritto di giustizia sociale. Ci auguriamo pertanto che venga trovata rapidamente una soluzione, anche per via amministrativa da parte dell’Inps, per dare una risposta alla proposta di legge unitaria giunta alla fase conclusiva di discussione alla commissione Lavoro della Camera”.

Ricongiunzioni onerose

Ricongiunzioni onerose: Per l’Inca, bene ha fatto la Fornero ad ammettere l’errore, ma urgono soluzioni a breve

Il ministro del lavoro ha finalmente ammesso che c’è un problema serio sulle ricongiunzioni onerose. Incalzato dalle domande del giornalista di Report, in una intervista che andrà in onda il 2 dicembre prossimo, è stata costretta ad ammettere che è sbagliato pagare la ricongiunzione dei contributi nei casi in cui questa operazione non comporti alcun vantaggio alla lavoratrice o al lavoratore, con contribuzione in più casse previdenziali.

Meno chiaro appare l’esempio cui si è aggrappata la Fornero per giustificare la richiesta del pagamento prevista dalla legge n.122/2010, approvata prima del suo insediamento, dal precedente governo Berlusconi e confermata dall’attuale esecutivo. Secondo il Ministro ottenere con la ricongiunzione 15 mila euro mensili di pensione è un privilegio e come tale deve essere congruamente ripagato. 

Peccato che nella trappola delle ricongiunzioni onerose siano finite soprattutto prestazioni ben al di sotto di questa soglia. Dipendenti che hanno pagato i loro contributi verso Inps e Inpdap in egual misura ai quali si chiedono esborsi anche di oltre 200 mila euro, a fronte di pensioni che non supereranno i 2000 euro mensili. 

E che dire dei tanti insegnanti che hanno presentato domanda di pensione, con valenza irreversibile, pochi mesi prima dell’entrata in vigore della legge, ai quali si è chiesto ugualmente di pagare e che già lo stanno facendo? 

A tal proposito, la Fornero, che dice di aver rivolto alcune domande all’Inps, ma di non avere avuto alcuna risposta., davanti ai microfoni di Report si è impegnata a verificare tempestivamente la posizione degli sfortunati. 

L’Inca è lieta di apprenderlo, ma resta il fatto che mancano pochi mesi prima della scadenza elettorale. L’augurio è che si prendano in considerazione le proposte più volte avanzate dall’Inca e da alcuni parlamentari  per risolvere in via amministrativa ingiustizie che hanno il sapore di una vera e propria vendetta contro donne e uomini che hanno lavorato versando contributi in diverse gestioni previdenziali. 

Ciò consentirebbe di far risparmiare all’Inps l’esposizione ad azioni legali, per le quali la percentuale di soccombenza rischia di essere molto alta.  

Diritti dei migranti

Conferenza internazionale sui diritti dei migranti e sul ruolo dei sindacati in America Latina

Si è svolta a Montevideo, il 21 novembre, la Conferenza sui diritti dei migranti ed il ruolo dei sindacati, con la partecipazione dei sindacati della regione del Mercosur e della Confederazione dei Sindacati delle Americhe.
 
L’iniziativa è stata promossa dall’INCA Area Estero e dal Dipartimento Politiche Globali della CGIL, in occasione dell’assemblea annuale delle sedi INCA del sub continente latinoamericano, per uno scambio di esperienze e per rafforzare la cooperazione tra sindacati e servizi di assistenza.
 
I dati presentati durante la conferenza parlano chiaro: la migrazione verso l’Europa è in calo, mentre cresce la migrazione tra gli stessi paesi del sub continente e si fa sentire il flusso di rientro sulle dinamiche nazionali, a conferma di come i flussi migratori dipendano direttamente dall’andamento del mercato del lavoro in una dimensione globale, quindi, non più programmabili con politiche locali e nazionali.

Se il flusso di rientro dall’Europa, in particolare dalla Spagna, è in parte mitigato dalla richiesta di mano d’opera specializzata in Brasile, Argentina ed Uruguay, le condizioni di lavoro, il riconoscimento dei diritti e l’integrazione dei migranti in America latina presentano forse, più ombre che luci.

Innanzitutto, non esistendo banche dati aggiornate ed affidabili sul fenomeno migratorio, diventa estremamente difficile poter elaborare analisi e monitorare le dinamiche dentro il sub continente.

I sindacati locali non sono attrezzati per svolgere un’azione di tutela e di assistenza dei diritti dei lavoratori immigrati, privi di esperienze, in quanto cresciuti in un contesto di emigrazione, e senza poter contare su legislazioni adeguate, se si fa eccezione per l’Argentina che gode di una legge definita molto progressista, ma non applicata.
 
Per la CSA (struttura regionale della Confederazione Internazionale dei Sindacati), la migrazione è vissuta come la negazione del diritto allo sviluppo, per poi dichiarare la necessità di garantire uguali diritti ai lavoratori ed alle lavoratrici costrette ad emigrare, puntando il dito sulle discriminazioni che i migranti subiscono nei paesi di accoglienza in Europa ed in Nord America.

Ma il fenomeno è oramai esteso alla migrazione “sud – sud”, tra gli stessi paesi latinoamericani, dove si riproducono gli stessi fenomeni di sfruttamento, di violazione dei diritti umani fondamentali, di emarginazione e di dumping sociale.

Mancando legislazioni adeguate e progressiste, in presenza di forti contraddizioni e disuguaglianze tra paesi confinanti, come è il caso del Brasile con i paesi andini ed il Paraguay, si creano ampie sacche di lavoro nero, nelle piantagioni, nell’industria estrattiva, nel tessile e nel lavoro domestico.
 
Dalla Conferenza esce una richiesta di cooperazione che il sistema INCA CGIL può fornire, mettendo a disposizione la propria rete di uffici e di personale presenti in Argentina, Brasile, Uruguay, Cile, Perù, Venezuela, ipotizzando una nuova strategia di collaborazione sindacale in grado di intercettare i nuovi migranti di rientro dall’Europa nei propri paesi di origine ed i tanti discendenti dei vecchi migranti italiani che potrebbero usufruire dei servizi del patronato per vedere garantiti i propri diritti.

Disoccupazione

Un’assicurazione europea contro la disoccupazione?

L’11 ottobre scorso, durante l’annuale tavola rotonda del thin tank Friends of Europe, il commissario per gli affari sociali e l’inclusione sociale, Laszlo Andor, ha parlato in favore di una “struttura europea in grado di evitare un deterioramento della protezione sociale e dell’introduzione di un sistema di assicurazione contro la disoccupazione nel contesto dell’Unione economica e monetaria”.

Secondo il commissario, la proposta intenderebbe sviluppare un “sistema europeo di indennità di disoccupazione, che fungerebbe da stabilizzatore automatico, riducendo temporaneamente la spesa pubblica sociale dei paesi più colpiti, senza introdurre trasferimenti a lungo termine. Questo potrebbe contribuire a mitigare le fluttuazioni del PIL reale in caso di shock asimmetrici che interesserebbero alcuni paesi dell’Ue (funzione assicurativa) o shock simmetrici che riguardano tutti i paesi (funzione stabilizzatrice)”.

Il commissario europeo ha cercato anche di rassicurare gli Stati membri dichiarando di non volere invadere le competenze nazionali: “Il sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione andrebbe piuttosto inteso come un complemento, o come una prestazione europea di base, che potrebbe in seguito essere integrata dagli Stati membri che lo desiderano”, precisando tuttavia di non rifiutare l’idea di un’armonizzazione della copertura e delle condizioni d’ammissibilità.

Cosa c’è dietro questa proposta? L’idea non è nuova: era infatti già stata enunciata come un obiettivo importante nella Relazione del gruppo di riflessione economica e monetaria dell’Unione 1980, pubblicata dalla Commissione europea l’8 marzo 1975, che a pagina 34 della relazione sosteneva che “l’equilibrio tra paesi della Comunità deve essere rafforzato notevolmente. Un approccio efficace potrebbe essere l’introduzione di un sistema comunitario di indennità di disoccupazione”. Più di recente la stessa proposta era stata rilanciata anche dall’economista canadese Jacques Delpla. Come dichiarato dallo stesso Delpla, si tratta di “un modo per far accettare ai paesi del sud Europa le riforme del lavoro”, sullo sfondo di uno scenario di piena flessibilità”…

 
osservatorioinca.org

Rosarno

Rosarno: situazione sempre più drammatica

Sempre più drammatica la situazione dei lavoratori immigrati nella piana di Gioia Tauro. A denunciare il peggioramento della situazione è ancora una volta la Flai Cgil: “Il lavoro scarseggia e i numerosi migranti presenti riescono ad essere occupati solamente 1-2 giorni a settimana. La Cgil stima una presenza, in tutta la piana di Gioia Tauro, di 2.500 immigrati di cui 1.700 vivono nelle strutture di accoglienza mentre gli altri hanno trovato posto in casolari abbandonati dove le condizioni igienico-sanitarie sono molto precarie.

“C’è pochissimo lavoro – dice la Flai – e quindi gli immigrati trovano poca occupazione. Il prezzo degli agrumi, che si aggira sui 6 centesimi al chilo, ha fatto praticamente crollare il mercato e gli agricoltori scelgono, in molti casi, di non raccogliere il prodotto perché non è conveniente. Gli immigrati vengono pagati all’incirca 25 euro al giorno rispetto alla tariffa che dovrebbe essere di 45 euro. Questo sta determinando una situazione drammatica. Tutto scaturisce dalla forte crisi in cui versa l’intero comparto agricolo”.

Anche per il sindaco di Rosarno, la situazione è gravissima e “deve essere affrontata subito”. “A Rosarno – spiega il sindaco – abbiamo un campo con dei container dove tutti i posti sono occupati e la situazione appare tranquilla. Nella vicina San Ferdinando, invece, c’è una situazione più incerta perché nella tendopoli ci sono il doppio di immigrati rispetto alla capienza che è di 280 posti. Domani è previsto un incontro presso la Prefettura di Reggio Calabria, con la Regione e la Provincia, e ci auguriamo che arrivino risposte concrete per far fronte a questa situazione”.

Ricatti sul lavoro

Sono 800mila le donne vittime di ricatti sul lavoro

Circa 842mila donne italiane hanno subito ricatti sessuali sul lavoro nel corso della propria vita. Il dato è stato diffuso nel corso del convegno organizzato da Cgil, Cisl e Uil insieme all’Ilo, l’organizzazione internazionale del lavoro, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Dalla ricerca è emerso che nel nostro paese circa 488mila donne hanno subito una richiesta di disponibilità sessuale, mentre 247mila hanno avuto un ricatto sessuale esplicito all’assunzione. Per 234mila donne, secondo i dati del 2009, il ricatto è stato subito “per mantenere il posto di lavoro e fare carriera”.

L’Istat che ha curato la ricerca, sottolinea che il rischio di molestie sessuali ha riguardato nel complesso 1 milione 224mila donne, l’8,5% delle donne tra i 14 e i 65 anni. Per queste persone il luogo di lavoro ha rappresentato e rappresenta un rischio rispetto alla possibilità di subire reati sessuali.

Secondo i dati dell’istituto la molestia riguarda tutte le donne, ma in particolare colpisce quelle tra i 35 e i 54 anni con una maggiore frequenza per le donne che vivono da sole e le diplomate e le laureate. Sono colpite soprattutto coloro che lavorano nei trasporti, nelle comunicazioni e nella pubblica amministrazioni e le residenti nei centri medio-piccoli.

Nel corso del convegno è stata presentata una proposta d’intesa unitaria destinata a imprese e istituzioni, in cui viene indicata la necessità di una legge-quadro che permetta alle Regioni di legiferare e sostenere campagne di informazione e sensibilizzazione. Tra i punti della proposta emergono: formazione degli operatori di polizia, attuazione  del piano nazionale contro la violenza, impegno nella contrattazione aziendale per la formazione di Rsu e Rls, insieme alal necessità di norme nei contratti di lavoro per il superamento delle discriminazioni di genere.

Mai più figli e figliastri

Mai più distinzioni fra figli: nel pomeriggio di ieri la Camera ha dato il via libera definitivo al disegno di legge che eguaglia i diritti dei figli naturali a quelli dei legittimi cioè i nati all’interno del matrimonio. Il disegno di legge – passato con 366 favorevoli, 31 contrari, 58 astenuti – è stato approvato in terza lettura dall’Aula di Montecitorio. Passato senza modifiche, dopo i cambiamenti apportati dal Senato, il provvedimento approvato diventa legge.

Una legge che nell’emergenza dei provvedimenti economici sembrava destinata a “perdersi” tra le urgenze della fine legislatura e che invece è diventata una realtà in grado di cambiare la vita ad oltre 140mila bambini, ieri naturali, oggi legittimi, ma anche il futuro di quelle 900mila coppie di fatto italiane che hanno scelto di diventare famiglia senza sposarsi.

La riforma ha infatti l’obiettivo di eliminare tutte le distinzioni di status tra figlio legittimo e figlio naturale, intervenendo su alcuni articoli del codice civile. Nell’articolo 74 viene specificato che «la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo».

Questo vuol dire che per il figlio naturale scatta lo stesso vincolo di parentela  che ha il figlio legittimo, vincolo che si estende anche ai diritti di successione. Il vincolo di parentela, invece, non sorge nel caso di adozione di persone maggiorenni. Viene poi ritoccato l’articolo 250, riducendo da 16 a 14 anni l’età a partire dalla quale il riconoscimento del figlio naturale non produce effetti senza il suo assenso e al di sotto della quale il riconoscimento non può avere effetto senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Politiche sociali

Politiche sociali – Appello al Senato

Esiste un’emergenza grave nel nostro Paese: è lo stato delle politiche sociali.
Anni di progressivo abbandono, ripetuti tagli (-92% in cinque anni a Fondi sociali), riforme annunciate e rinviate, hanno relegato l’Italia agli ultimi posti in Europa in quanto a protezione sociale.

Un Paese con un welfare debole non cresce nemmeno economicamente. Questo è l’allarme che la Rete interassociativa “Cresce il welfare, cresce l’Italia” ha lanciato, per l’ennesima volta, il 31 ottobre durante la mobilitazione in Piazza Montecitorio. Abbiamo incontrato, in quella occasione, tutti i capigruppo della Camera dei deputati evidenziando le preoccupazioni e proposte sulle politiche sociali in Italia.

Il timido rifinanzimento del Fondo per le politiche sociali e per la non autosufficienza è del tutto inadeguato alla dimensione e alla complessità di un problema che attraversa l’Italia e colpisce i suoi Cittadini, specie quelli più esposti: gli anziani, le persone con disabilità, i senza-lavoro, i migranti e le famiglie che sempre più numerose varcano la soglia della povertà.

Al Senato chiediamo una svolta che dia fiducia a tanti cittadini, favorisca la coesione e l’equità, rilanci davvero l’economia: aumentare già nella legge di stabilità le disponibilità finanziare dei Fondi sociali, ripensare alle politiche sociali, approvare celermente riforme importanti come la definizione dei livelli essenziali di assistenza e il piano per la non autosufficienza.

Inoltre chiediamo che dal disegno di legge di stabilità vengano eliminate quelle misure che inesorabilmente danneggerebbero gravemente molti cittadini già in difficoltà. Il disegno di Legge prevede infatti l’ennesimo taglio lineare della spesa in ambito sanitario innalzando al 10% (oggi è del 5%) la riduzione degli oneri per i contratti di prestazione di servizi. Il che significa che verranno erogati ai Cittadini meno servizi o servizi di qualità inferiore. Questa misura colpisce indistintamente le persone, anche quelle che necessitano strettamente di interventi di riabilitazione come molte persone con disabilità spesso destinate ad aggravarsi in assenza di interventi riabilitativi

Chiediamo il Vostro formale e sostanziale impegno: l’emergenza è reale, gli interventi indifferibili!

 

Organizzazioni promotrici e aderenti:
Altramente; ANPAS – Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze; ARCI; Arciragazzi; ASC – Arci Servizio Civile Nazionale; Associazione Antigone; Associazione Nuovo Welfare; Auser; CGIL; Cilap-Eapn Italia; Cittadinanzattiva; CNCA; Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo “Franco Basaglia”; Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali; Coordinamento Nazionale Nuove Droghe; Federconsumatori; FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap; Fondazione Franca e Franco Basaglia; Forum Droghe; Forum Nazionale Salute Mentale; FP-CGIL; Gruppo Abele; Grusol – Gruppo Solidarietà; Handy Cup Onlus; INCA; IRES; Itaca – Associazione Europea degli Operatori Professionali delle Tossicodipendenze; Jesuit Social Network Italia Onlus; La Bottega del Possibile; La Rivista delle Politiche Sociali; Legacoopsociali; Mama Africa Onlus; Opera Don Calabria; Psichiatria Democratica; SOS Sanità; SPI-CGIL; Stop OPG; UIL; Uisp; UNASAM; Università Del Terzo Settore.