Contos de Mannai

Contos de Mannai

Pubblicato il 17 gennaio 2016 di

Prima parte.

Nei giorni successivi a “i fatti de Cumbentu” venne parecchia gente a casa nostra. Alcuni per sapere, altri per raccontare cos’era successo. La maggior parte delle cose che si dissero erano cazzadas, avulas.

Sa veridade è che nessuna di quelle persone era presente.
Sa veridade è che di gente ce n’era poca quel giorno. La maggior parte manco di Orani. E credo che questo fece incazzare non poco i fascisti.
Sa veridade è che molte persone di Orani si’ndaffuttiana del fascismo. Ma non mio padre che era lì.
E a dirla tutta, sa veridade, c’ero pure io quel giorno, a Cumbentu.

Unu bortaidie ‘e Trivulas de su 1933. Unu calore ‘e morrere.
Mia madre già sentiva aria di casino per quel comizio fascista organizzato proprio a piazza ‘e Cumbentu. Mio padre, tornato pochi giorni fa dal continente, sembrava una scheggia impazzita. Appena rientrato dal pascolo, manco levatosi i gambales, era pronto a uscire di casa.

<< No andas Agustì. Achemi custu piachere. >>

Lo pregò mia madre, ma lui non rispose.
Io ero uscita di nascosto dopo pranzo, a sfidare sa Mama ‘e su Sole. Sbucando di corsa a Sa Udditta, rubai un pugno di zinzaru dalla corte di tzia Caderina e mi diressi verso Su Cumbentu, passando dalla parte alta di Sa Pudda per non farmi vedere. In piazza c’erano solo dei continentali in divisa nigheddos che picche. Restai lì ad aspettare.

Arrivò qualcuno, perlopiù signorotti col cappello. Venuti forse da Cagliari, da Nuoro, dal continente. Di Orani non b’aviat nemmos. C’era solo il sindaco con cui due fascisti se la stavano prendendo:

<< Ma allora arriva la gente o no? C’avevate detto che la piazza sarebbe stata piena! >>
<< Vedrete che arriveranno. Ora vado a chiamare la gente di persona. >>

E così fece veramente:

<< Accurziàe! Accurziàe! Venìde! Venìde! V’est su comìtziu fascista! >>

Gridava il sindaco dimenandosi accompagnato flemmaticamente da tziu Antiòcu , di professione banditore, che lo seguiva nel cammino ma non nell’entusiasmo. In mezz’ora si erano radunate un centinaio di persone tra signorotti col cappello e gente raccattata lì per caso. E mio padre. A braccia conserte, in mezzo alla folla. Io stavo ancora lì a masticare zinzaru, senza essere vista, in attesa di capire cosa stesse succedendo.

<< Vi presento il deputato Siotto! >>

Disse il sindaco dal palco, facendosi poi da parte.
Iniziò a parlare un uomo grasso, con una bombetta nera, accompagnato da quello che credo fosse unu carabineri, un’isbirru o qualcosa del genere. Gli applausi scrosciavano dalle mani dei signorotti e dal sindaco che dai movimenti ampi che faceva pariat uchidende muscas. Meno dagli oranesi annoiati che erano stati trascinati lì controvoglia. Mio padre a braccia conserte, con gli occhi neri sbarrati. Data la distanza non potevo esserne sicura, ma giurai di vederlo tremare di rabbia, con i pugni serrati, le braccia tese e la mascella che sembrava esplodere:

<< Tzaccaebollu a culu su fascismu! Torraedebonde a domo ‘e visatros, vascistas! Isfruttadores! Canistergios! >>

Calò il silenzio nella piazza.
Al sindaco pariat chi li avian falau unu raju a conca, era a barras a terra, sos occios isbarraoso, sa cara bianca che nive. I signorotti fascisti già sudati e accaldati, si agitarono tutti insieme cercando di capire da dove era venuta la voce, parian porcos nigheddos in chirca ‘e manicare. Tutti gli altri in silenzio. Alcuni per paura, molti perché manco sapevano perché erano lì. Mio padre impassibile. A braccia conserte. Lo guardai a bocca aperta con lo zinzaru ancora tra i denti. Dal palco l’aveva visto solo il deputato Siotto, che gridò indicando mio padre:

<< Chi è quel pastoraccio? >>

Due carabineris gli si avvicinarono portandolo via. Rimasi a guardare mio padre scomparire giù dalle scale de su Cumbentu, ammanettato.

(fine prima parte)

Dedicato a Mannai Marìtria, una seconda madre che mi allevò come un figlio.

Elias Casula

Contos de Mannaiultima modifica: 2016-01-23T11:12:30+01:00da vitegabry
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