Archivi giornalieri: 17 gennaio 2016

Osservatore Romano

 

Strage jihadista
in Burkina Faso

 

· Attaccato un albergo della capitale Ouagadougou da un commando di Al Qaeda per il Maghreb islamico ·

16 gennaio 2016

 
 

 

Sono almeno 23 i morti accertati, di 18 nazionalità diverse — ma alcune fonti parlano di 27 — nell’attacco sferrato da un commando del gruppo jihadista Al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi) ieri sera contro l’hotel Splendid di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, e concluso stamani dall’intervento delle forze di sicurezza che sono riuscite a trarre in salvo 126 ostaggi, compresi 33 feriti.

I soccorsi a un ferito nell’albergo di Ouagadougou (Afp)

Il ministro dell’Interno, Simon Compaoré, ha detto tre assalitori, un arabo e due neri, sono stati uccisi. L’operazione, peraltro, non sembra ancora conclusa e le agenzie di stampa riferiscono di un rastrellamento anche in un albergo vicino, l’hotel Ybi, dove si ritiene che parte degli assalitori possano aver trovato rifugio. Tra i primi ostaggi liberati, alle prime ore dell’alba, c’era anche il ministro della Funzione Pubblica, Clement Sawadopo, che poco dopo si è presentato alla riunione straordinaria del Consiglio dei ministri convocato sull’emergenza. Nell’attacco all’hotel Splendid, situato nel quartiere commerciale, frequentato dal personale dell’Onu, ma anche dai militari francesi, il commando dell’Aqmi ha fatto detonare un’autobomba all’ingresso e poi ha incominciato a sparare all’impazzata contro clienti e dipendenti dell’hotel. La rivendicazione dell’Aqmi parla, fra l’altro, di vendetta contro la Francia per l’intervento armato in Mali.

Nel pomeriggio di domenica 17 gennaio

 

Domenica 17 gennaio, nel giorno in cui in Italia si celebra il dialogo tra cattolici ed ebrei, Papa Francesco visita il Tempio Maggiore di Roma a testimonianza di una crescita progressiva e irreversibile nella reciproca conoscenza e amicizia. 

Esattamente sei anni dopo la visita di Benedetto XVI, Francesco è il terzo Pontefice a recarsi in quella che è una delle più antiche sinagoghe europee. Trent’anni fa, il 13 aprile 1986, fu infatti Giovanni Paolo II, accolto dal rabbino capo Elio Toaff, a incontrare per la prima volta gli ebrei romani, imprimendo un deciso impulso nei rapporti tra le due comunità. Rapporti su cui ha inciso molto la dichiarazione conciliare Nostra aetate, voluta da Paolo vi e della quale poche settimane fa è stato ricordato il cinquantesimo anniversario. La visita si aprirà nel pomeriggio di domenica con il ricordo di due ferite inferte nel secolo scorso alla più antica comunità della diaspora ebraica: Francesco si recherà prima davanti alla lapide segnata da una data, il 16 ottobre 1943, giorno in cui le ss invasero il ghetto e deportarono 1024 ebrei romani nel campo di sterminio di Auschwitz; poi il Pontefice raggiungerà il luogo che ricorda l’attacco terroristico del 1982 che causò la morte del piccolo Stefano Gay Taché e il ferimento di 37 ebrei romani. Un omaggio alle vittime e ai loro familiari significativo quanto lo saranno le parole pronunciate all’interno del Tempio. In un’epoca in cui l’intera comunità umana continua a essere colpita dall’odio che nasce dal razzismo e che usa il nome di Dio per uccidere, l’incontro fraterno tra cattolici ed ebrei dice al mondo che nel nome di Dio si vive il dialogo e si testimonia la pace.

 

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«Oltre 1,7 milioni senza tutele». La sfida parte da Roma (video, foto)

Inizia il viaggio della Carta dei diritti universali del lavoro. La Cgil di Roma e Lazio si mobilita con un primo volantinaggio in città e in tutta la regione. Di Berardino: “Andiamo nei luoghi di lavoro per una proposta di legge di iniziativa popolare”
16 gennaio 2016 ore 14.56

Per l’Italia è rischio stagnazione  

Il potere d’acquisto delle famiglie è sostenuto solo dai rinnovi contrattuali. Tutti i dati contenuti nel secondo numero dell’Almanacco dell’economia Cgil
16 gennaio 2016 ore 13.06

Sant’ Antonio

 


Sant' Antonio

Nome: Sant’ Antonio
Titolo: Abate
Ricorrenza: 17 gennaio
Protettore di: animali

Antonio nacque presso Eraclea (Egitto Superiore) nel 251 da nobili genitori, ricchi e timorati di Dio, i quali si presero grande cura di educarlo cristianamente. A soli diciotto anni li perdette, rimanendo egli custode di una piccola sorella e possessore di considerevoli ricchezze.

Ma la voce di Dio non tardò a farglisi sentire: era orfano da appena sei mesi, quando in chiesa sentì leggere le parole di Gesù al giovane ricco: « Se vuoi essere perfetto, vendi quanto hai, e dallo ai poveri, così avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi ».

Antonio le prese come dette a se medesimo: andò a casa, distribuì le sue sostanze ai poveri, riservandosene solamente una piccola porzione pel mantenimento suo e della sorella. Poco dopo avendo udito le altre parole di Gesù: « Non vi prendete fastidio del domani », diede ai poveri anche il rimanente, pose la sorella in un monastero di vergini, e lui stesso si ritirò a fare vita penitente nel deserto.

Quivi si sforzava di praticare le virtù che vedeva praticate da altri santi penitenti, nelle cui cellette spesso si recava per imparare da essi la via della perfezione. Lavorava inoltre per procacciarsi il cibo, e tutto ciò che guadagnava in più lo donava ai poveri. Ma il demonio non poteva sopportare in un tal giovane tanto ardore di perfezione, e cercò tutte le maniere possibili per distoglierlo dal suo intento; ma Antonio si raccomandava caldamente notte e giorno a Gesù, e accompagnava le preghiere con rigorosissime penitenze. Mangiava pochissimo e poverissimamente una volta sola al giorno, dormiva sulla nuda terra, e macerava in ogni modo il suo corpo: ottenne così completa vittoria sul demonio. Dopo un po’ di tempo, pregato un amico che ogni settimana gli portasse qualcosa per cibarsi, si volle appartare maggiormente; si inoltrò nel deserto, si pose in una grotta. Quivi il demonio ricominciò a tendergli le sue insidie, ed una volta venne e lo percosse tanto, che egli fu vicino a morirne; ma benché giacesse per terra sfinito, continuò a pregare e a cantare il versetto del salmo: « Ancorchè eserciti interi siano schierati contro di me, il mio cuore non temerà ». Al demonio poi ripeteva le parole di S. Paolo: « Nulla mai potrà separarmi dalla carità di Cristo ».

Volle poi egli segregarsi ancor più dagli uomini, e si inoltrò nel deserto giungendo ad una grande grotta; ma furono tante le istanze che alcuni gli fecero per essere suoi discepoli, che egli li accettò, ed essi incominciarono ad abitare vicino a lui.

Ai suoi discepoli il Santo raccomandava continuamente la perseveranza, la custodia del cuore, l’esortazione vicendevole, la pratica delle virtù, e il ricordo quotidiano dei Novissimi. Morì esortando i suoi monaci l’anno 356 al 17 gennaio, in età di 105 anni.

Tutti coloro che hanno a che fare con il fuoco vengono posti sotto la protezione di sant’Antonio, in onore del racconto che vedeva il Santo addirittura recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori. È invocato contro la peste, lo scorbuto, i morbi contagiosi e appunto l’herpes zoster detto anche “fuoco di Sant’Antonio”.

Sant'Antonio Abate

I colpiti da questa affezione si recavano in pellegrinaggio presso Arles, dove stavano le reliquie del santo. Fu necessario costruire per loro un ospedale, il quale fu retto da religiosi che avevano come insegna la tradizionale gruccia a forma di “T”, attributo del santo. Costoro, per mantenersi, allevavano maiali che vagavano per le strade nutriti dalla carità pubblica, il grasso di questi maialini, infatti, veniva usato per curare l’ergotismo, chiamato il “fuoco di Sant’Antonio” e il meno invasivo herpes zoster. Quando le ordinanze ecologiche vietarono la libera circolazione delle bestie, fu fatta un’eccezione per questi suini purché distinguibili da una campanella. Per questo il santo è raffigurato con un maialino; da qui la sua protezione su tutti gli animali domestici.

È invocato anche per le attività agricole (pare che negli ultimi anni tenesse un orticello; i diavoli, in forma di fiere, glielo devastavano, ma lui li cacciava in nome di Dio) e per quelle di allevamento. Guantai, tessitori, tosatori, macellai, salumieri, confettieri e archibugieri lo tengono come protettore. Anche i panierai, perché il santo, per combattere l’ozio, intrecciava canestri. E i becchini, per la parte da lui avuta nella pietosa sepoltura dell’eremita Paolo. Per certi detti popolari, chi è colpito da sciagura improvvisa “deve aver rubato il porco di sant’Antonio”; gli intriganti e gli scrocconi vanno “di porta in porta come il porco di sant’Antonio”.

PRATICA. Impariamo da S. Antonio a ricorrere prontamente a Dio nelle tentazioni e a mortificare il nostro corpo per poter vincere il demonio.

PREGHIERA. Deh! Signore, ci renda accetti l’intercessione del beato Antonio, affinchè quel che non possiamo coi nostri meriti, lo conseguiamo per il suo patrocinio.