Archivi giornalieri: 14 marzo 2015

IL BILINGUISMO DI GRAZIA DELEDDA

 di Francesco Casula

 

Specie in occasione della presentazione della mia Letteratura e civiltà della Sardegna (2 volumi, Edizioni Grafica del Parteolla, 2011-2013) spesso mi si chiede: “Come mai Deledda per i suoi racconti e romanzi non ha usato la lingua sarda, che pur conosceva bene”?

Per comprendere bene la lingua che utilizza la Deledda nei suoi scritti occorre partire da questa premessa: la lingua sarda non è un dialetto italiano – come purtroppo ancora molti affermano e pensano, in genere per ignoranza – ma una vera e propria lingua. Noi sardi dunque, siamo bilingui perché parliamo contemporaneamente il Sardo e l’Italiano. Anche la Deledda era bilingue. Era una parlante sarda e i suoi testi in Italiano rispecchiano, quale più quale meno, le strutture linguistiche del sardo, non tanto o non solo in senso tecnico quanto nei contenuti valoriali, nei giudizi, nei significati esistenziali, nelle struttura di senso magari inespresse ma presenti nel corso della narrazione. Voglio sostenere che la Deledda struttura il suo vissuto personale, la fenomenologia delle sue sensazioni e del profondo in lingua sarda, ma lo riversa nella lingua italiana che risulta così semplice lingua strumentale. In tal modo opera un transfert del suo universo interiore nuorese, dell’inconscio, della fantasmatica.

Poteva non operare tale transfert e scrivere in Sardo? Certamente. Se non lo ha fatto è stato perché non vi era in quel momento storico (siamo a fine Ottocento-inizio Novecento) la cultura, la sensibilità, l’abitudine da parte degli scrittori, specie di romanzi, di utilizzare il sardo. Prima con i Savoia e poi con lo Stato unitario e ancor più con il fascismo, la lingua sarda viene infatti proibita, negata, criminalizzata.

Dopo il passaggio della Sardegna dalla Spagna al Piemonte (per un baratto di guerra) i Savoia (che parlano il francese!) introducono (e impongono) formalmente l’italiano al posto dello spagnolo, proibendo il sardo. Scriverà Carlo Baudi di Vesme, uno spocchioso storico di Cuneo, amico di Carlo Alberto (in Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna,Torino 1848) che “In materia d’incivilimento della Sardegna e d’instruzione pubblica, innovazione importantissima si è quella di proibire severamente in ogni atto pubblico civile l’uso dei dialetti sardi, prescrivendo l’esclusivo impiego della lingua italiana”. E ancora ripete e insiste: “E’ necessario inoltre scemare l’uso del dialetto sardo e introdurre quello della lingua italiana per incivilire alquanto quella nazione…”.

Insieme alla lingua verrà proibita e negata la storia sarda, perché – risposero le autorità governative piemontesi a Pietro Martini che voleva introdurre fra gli studenti dell’Isola l’insegnamento della Storia – “nelle scuole dello Stato debbasi insegnare la storia antica e moderna, non di una provincia ma di tutta la nazione e specialmente d’Italia”.

Tale concezione, da ricondurre a un progetto di omogeneizzazione culturale, – che per l’Isola significherà dessardizzazione – la ritroviamo pari pari nelle Leggi sull’istruzione elementare obbligatoria nell’Italia pre e post unitaria con i programmi scolastici, impostati secondo una logica rigidamente statalista e italocentrica, finalizzati a creare una coscienza “unitaria“, uno spirito “nazionale“, capace di superare i limiti – così si pensava – di una realtà politico-sociale estremamente composita sul piano storico, linguistico e culturale. Questo paradigma fu enfatizzato nel periodo fascista, con l’operazione della “nazionalizzazione-italianizzazione” dell’intera storia italiana. Non c’è quindi da meravigliarsi che, una volta negata e proibita, gli scrittori – anche per avere una maggiore visibilità e diffusione delle loro opere – scrivano in italiano: la Deledda come tanti altri. Ma – dicevo – Deledda rimane bilingue: pensa in sardo e traduce, spesso meccanicamente, in italiano, soprattutto “nel parlare dialogico” – lo sostiene il linguista Massimo Pittau e io sono d’accordo – come in :”Venuto sei? –che traduce il sardo: Bennidu ses?; o “Trovato fatto l’hai? – Accatadu fattu l’as?; o ancora “A Luigi visto l’hai? –A Luisu bidu l’as?; o “Quando è così, andiamo – Cando est gai, andamus.

Vi sono poi innumerevoli vocaboli tipicamente sardi e solamente sardi che Deledda inserisce nelle sue opere quando attengono all’ambiente sardo: pensiamo a tanca (terreno di campagna chiuso da un recinto fatto in genere di sassi), socronza,usatissima in Elias Portolu (consuocera), corbula (cesta), bertula (bisaccia), tasca(tascapane), leppa (coltello a serramanico), cumbessias o muristenes (stanzette tipiche delle chiese di campagna un tempo utilizzate per chi dormiva là per le novene della Madonna o di Santi), domos de janas (tombe rupestri e letteralmente “case delle fate”).

O addirittura intere frasi in sardo come: frate meu (fratello mio), Santu Franziscu bellu(San Francesco bello), su bellu mannu (il bellissimo, letteralmente il bello grande), su cusinu mizadu (il borghese con calze), a ti paret? (ti sembra?), corfu ‘e mazza a conca(colpo di mazza in testa), ancu non ch’essas prus (che tu non ne esca più: è un’imprecazione).

Qualche volta Deledda ricorre a frasi italiane storpiate in sardo o frasi sarde storpiate in italiano:  “Come ho ammaccato questo cristiano così ammaccherò te (…) o Avete compriso?”.

Occorre però chiarire che i sardismi linguistici della Deledda, non solo lessicali ma anche sintattici, non derivano dalla sua incapacità di utilizzare correttamente la lingua italiana. Scrive a questo proposito la critica sarda Paola Pittalis: “L’uso dei “sardismi” linguistici da parte della Deledda anche nelle opere della maturità –è il caso di Elias Portolu – è consapevole e voluto. Rappresenta anzi una chiara e decisa scelta di linguaggio letterario, di canone stilistico e fa parte del suo essere “bilingue”. Ciò non significa che in questa scelta non sia stata condizionata da fenomeni letterari e culturali esterni, – come il verismo – che prevedevano la raffigurazione oggettiva della realtà da parte dello scrittore che doveva riportare fedelmente il linguaggio popolare e “dialettale” dei personaggi.

A questo proposito occorre, secondo molti critici, liquidare risolutamente il luogo comune della “cattiva lingua” e della “mancanza di stile” appoggiato alla valutazione di intellettuali di prestigio da Dessì (le “sgrammaticature” di Deledda) a Cecchi (la sua lingua “spampanata”). Si tratta invece – secondo Paola Pitzalis – “di forme nate dall’incontro fra dialetto e italiano nel momento di formazione delle varietà designate oggi come <italiani regionali>. L’uso di vocaboli dialettali, sardismi sintattici e atti linguistici frequenti in Sardegna è intenzionale, tanto è vero che scompaiono quando l’interesse di Deledda si sposta dal romanzo <verista> e <regionale> al romanzo <psicologico> e <simbolico> (dopo il 1920). La sintassi prevalentemente paratattica, non equivale alla mancanza di stile; deriva dal trasferimento nella scrittura di modalità anche linguistiche di costruzione del racconto orale (è questo un percorso suggestivo sul quale da tempo lavora con esiti personali Sole). Ed è il contributo modernizzante di Deledda allo snellimento della lingua letteraria italiana costruita sul modello della frase manzoniana…” [Paola Pittalis, Il ritorno alla Deledda, <Ichnusa>, rivista della Sardegna, anno 5, n.1 Luglio-Dicembre 1986, pag.81].

Giubileo

« Incarnationis mysterium »

BOLLA DI INDIZIONE
DEL GRANDE GIUBILEO
DELL’ANNO 2000

 

GIOVANNI PAOLO VESCOVO 
SERVO DEI SERVI DI DIO
A TUTTI I FEDELI
INCAMMINATI VERSO IL TERZO MILLENNIO
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

 

1. Con lo sguardo fisso al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, la Chiesa si appresta a varcare la soglia del terzo millennio. Mai come in questo momento sentiamo di dover fare nostro il canto di lode e di ringraziamento dell’Apostolo: « Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. […] Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto, nella sua benevolenza, aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra » (Ef 1, 3-5.9-10).

Da queste parole emerge con evidenza che la storia della salvezza trova in Gesù Cristo il suo punto culminante ed il significato supremo. In lui noi tutti abbiamo ricevuto « grazia su grazia » (Gv 1, 16), ottenendo di essere riconciliati con il Padre (cfr Rm 5, 10; 2 Cor 5, 18).

La nascita di Gesù a Betlemme non è un fatto che si possa relegare nel passato. Dinanzi a lui, infatti, si pone l’intera storia umana: il nostro oggi e il futuro del mondo sono illuminati dalla sua presenza. Egli è « il Vivente » (Ap 1, 18), « colui che è, che era e che viene » (Ap 1, 4). Di fronte a lui deve piegarsi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sottoterra, ed ogni lingua proclamare che egli è il Signore (cfr Fil 2, 10-11). Incontrando Cristo ogni uomo scopre il mistero della propria vita.(1)

Gesù è la vera novità che supera ogni attesa dell’umanità e tale rimarrà per sempre, attraverso il succedersi delle epoche storiche. L’incarnazione del Figlio di Dio e la salvezza che egli ha operato con la sua morte e risurrezione sono dunque il vero criterio per giudicare la realtà temporale e ogni progetto che mira a rendere la vita dell’uomo sempre più umana.

2. Il Grande Giubileo dell’Anno 2000 è alle porte. Fin dalla mia prima Lettera enciclicaRedemptor hominis, ho prospettato questa scadenza con il solo intento di preparare gli animi di tutti a rendersi docili all’azione dello Spirito.(2) Sarà un evento che verrà celebrato contemporaneamente a Roma e in tutte le Chiese particolari sparse per il mondo, ed avrà, per così dire, due centri: da una parte la Città, ove la Provvidenza ha voluto porre la sede del Successore di Pietro, e dall’altra la Terra Santa, nella quale il Figlio di Dio è nato come uomo prendendo la nostra carne da una Vergine di nome Maria (cfr Lc 1, 27). Con pari dignità ed importanza il Giubileo sarà pertanto celebrato, oltre che a Roma, nella Terra a buon diritto chiamata « santa » per aver visto nascere e morire Gesù. Quella Terra, in cui è sbocciata la prima comunità cristiana, è il luogo nel quale sono avvenute le rivelazioni di Dio all’umanità. E’ la Terra promessa che ha segnato la storia del popolo ebraico ed è venerata anche dai seguaci dell’Islam. Possa il Giubileo favorire un ulteriore passo nel dialogo reciproco fino a quando un giorno, tutti insieme — ebrei, cristiani e musulmani — ci scambieremo a Gerusalemme il saluto della pace.(3)

Il tempo giubilare ci introduce a quel robusto linguaggio che la divina pedagogia della salvezza impiega per sospingere l’uomo alla conversione ed alla penitenza, principio e via della sua riabilitazione e condizione per recuperare ciò che con le sole sue forze non potrebbe conseguire: l’amicizia di Dio, la sua grazia, la vita soprannaturale, l’unica in cui possono risolversi le più profonde aspirazioni del cuore umano. L’ingresso nel nuovo millennio incoraggia la comunità cristiana ad allargare il proprio sguardo di fede su orizzonti nuovi nell’annuncio del Regno di Dio. E’ doveroso, in questa speciale circostanza, ritornare con rinsaldata fedeltà all’insegnamento del Concilio Vaticano II, che ha gettato nuova luce sull’impegno missionario della Chiesa dinanzi alle odierne esigenze dell’evangelizzazione. Nel Concilio la Chiesa ha preso più viva coscienza del proprio mistero e del compito apostolico affidatole dal suo Signore. Questa consapevolezza impegna la comunità dei credenti a vivere nel mondo sapendo di dover essere « il fermento e quasi l’anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio ».(4) Per corrispondere efficacemente a questo impegno essa deve permanere nell’unità e crescere nella sua vita di comunione.(5) L’imminenza dell’evento giubilare costituisce un forte stimolo in questa direzione.

Il passo dei credenti verso il terzo millennio non risente affatto della stanchezza che il peso di duemila anni di storia potrebbe portare con sé; i cristiani si sentono piuttosto rinfrancati a motivo della consapevolezza di recare al mondo la luce vera, Cristo Signore. La Chiesa annunciando Gesù di Nazareth, vero Dio e Uomo perfetto, apre davanti ad ogni essere umano la prospettiva di essere « divinizzato » e così diventare più uomo.(6) E’ questa l’unica via mediante la quale il mondo può scoprire l’alta vocazione a cui è chiamato e realizzarla nella salvezza operata da Dio.

3. In questi anni di preparazione immediata al Giubileo le Chiese particolari, in conformità con quanto scrivevo nella mia Lettera Tertio millennio adveniente,(7) si stanno disponendo, mediante la preghiera, la catechesi e l’impegno nelle diverse forme della pastorale, a questo appuntamento che introduce la Chiesa intera in un nuovo periodo di grazia e di missione. L’avvicinarsi dell’evento giubilare suscita altresì crescente interesse da parte di quanti sono alla ricerca di un segno propizio che li aiuti a scorgere le tracce della presenza di Dio nel nostro tempo.

Gli anni di preparazione al Giubileo sono stati posti sotto il segno della Santissima Trinità: per Cristo — nello Spirito Santo — a Dio Padre. Il mistero della Trinità è origine del cammino di fede e suo termine ultimo, quando finalmente i nostri occhi contempleranno in eterno il volto di Dio. Celebrando l’Incarnazione, noi teniamo fisso lo sguardo sul mistero della Trinità. Gesù di Nazareth, rivelatore del Padre, ha portato a compimento il desiderio nascosto nel cuore di ogni uomo di conoscere Dio. Ciò che la creazione conservava impresso in sé come sigillo dalla mano creatrice di Dio e ciò che i Profeti antichi avevano annunciato come promessa, nella rivelazione di Cristo giunge a definitiva manifestazione.(8)

Gesù rivela il volto di Dio Padre « ricco di misericordia e compassione » (Gc 5, 11), e con l’invio dello Spirito Santo rende manifesto il mistero di amore della Trinità. E’ lo Spirito di Cristo che opera nella Chiesa e nella storia: di lui si deve restare in ascolto per riconoscere i segni dei tempi nuovi e rendere l’attesa del ritorno del Signore glorificato sempre più viva nel cuore dei credenti. L’Anno Santo, dunque, dovrà essere un unico, ininterrotto canto di lode alla Trinità, Sommo Dio. Vengono in nostro aiuto le parole poetiche di san Gregorio Nazianzeno, il Teologo:

« Gloria a Dio Padre e al Figlio, 
Re dell’universo. 
Gloria allo Spirito, degno di lode e tutto santo. 
La Trinità è un solo Dio 
che creò e riempì ogni cosa: 
il cielo di esseri celesti e la terra di terrestri. 
Il mare, i fiumi e le fonti 
egli riempì di acquatici, 
ogni cosa vivificando con il suo Spirito, 
affinché ogni creatura 
inneggi al suo saggio Creatore, 
causa unica del vivere e del durare. 
Più di ogni altra la creatura ragionevole 
sempre lo celebri 
come grande Re e Padre buono ».(9)

4. Possa questo inno alla Trinità per l’incarnazione del Figlio essere innalzato insieme da quanti, avendo ricevuto lo stesso Battesimo, condividono la medesima fede nel Signore Gesù. Il carattere ecumenico del Giubileo sia un segno concreto del cammino che, soprattutto in questi ultimi decenni, i fedeli delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali stanno compiendo. E’ l’ascolto dello Spirito che deve rendere tutti noi capaci di giungere a manifestare visibilmente nella piena comunione la grazia della figliolanza divina inaugurata dal Battesimo: tutti figli di un solo Padre. L’Apostolo non cessa di ripetere anche per noi, oggi, l’impegnativa esortazione: « Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti » (Ef 4, 4-6). Per dirla con le parole di sant’Ireneo, noi non possiamo permetterci di dare al mondo l’immagine di terra arida, dopo che abbiamo ricevuto la Parola di Dio come pioggia scesa dal cielo; né potremo mai pretendere di divenire un unico pane, se impediamo alla farina di essere amalgamata per opera dell’acqua che è stata riversata in noi.(10)

Ogni anno giubilare è come un invito ad una festa nuziale. Accorriamo tutti, dalle diverse Chiese e Comunità ecclesiali sparse per il mondo, verso la festa che si prepara; portiamo con noi ciò che già ci unisce e lo sguardo puntato solo su Cristo ci consenta di crescere nell’unità che è frutto dello Spirito. Come Successore di Pietro, il Vescovo di Roma è qui a rendere più forte l’invito per la celebrazione giubilare, perché la scadenza bimillenaria del mistero centrale della fede cristiana sia vissuta come cammino di riconciliazione e come segno di genuina speranza per quanti guardano a Cristo ed alla sua Chiesa, sacramento « dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano ».(11)

5. Quante vicende storiche evoca la scadenza giubilare! Il pensiero va all’anno 1300 quando Papa Bonifacio VIII, corrispondendo al desiderio dell’intero popolo di Roma, diede solenne avvio al primo Giubileo della storia. Riprendendo un’antica tradizione che elargiva « abbondanti remissioni ed indulgenze di peccati » a quanti visitavano nella Città eterna la Basilica di San Pietro, egli volle concedere in quell’occasione « un’indulgenza di tutti i peccati non solo più abbondante, ma pienissima ».(12) Da questo momento in poi la Chiesa ha sempre celebrato il Giubileo come una tappa significativa del suo incedere verso la pienezza in Cristo.

La storia mostra con quanto trasporto il Popolo di Dio abbia sempre vissuto gli Anni Santi, vedendo in essi una ricorrenza in cui l’invito di Gesù alla conversione si fa sentire in modo più intenso. Durante questo cammino non sono mancati abusi ed incomprensioni, ma le testimonianze di fede autentica e di carità sincera sono state di gran lunga superiori. Lo attesta in modo esemplare la figura di san Filippo Neri che, in occasione del Giubileo del 1550, diede inizio alla « carità romana » come segno tangibile dell’accoglienza verso i pellegrini. Una lunga storia di santità potrebbe essere descritta proprio a partire dalla pratica del Giubileo e dai frutti di conversione che la grazia del perdono ha prodotto in tanti credenti.

6. Durante il mio pontificato ho avuto la gioia di indire, nel 1983, il Giubileo straordinario per i 1950 anni dalla redenzione del genere umano. Tale mistero, operato nella morte e risurrezione di Gesù, costituisce il culmine di un evento che ha il suo inizio nell’incarnazione del Figlio di Dio. Questo Giubileo, dunque, può ben essere considerato « grande » e la Chiesa esprime il vivo desiderio di accogliere tra le sue braccia tutti i credenti per offrire loro la gioia della riconciliazione. Da tutta la Chiesa si innalzerà l’inno di lode e di grazie al Padre, che nel suo incomparabile amore ci ha concesso in Cristo di essere « concittadini dei santi e familiari di Dio » (Ef 2, 19). In occasione di questa grande festa, sono cordialmente invitati a gioire della nostra gioia anche i seguaci di altre religioni, come pure quanti sono lontani dalla fede in Dio. Come fratelli dell’unica famiglia umana, varchiamo insieme la soglia di un nuovo millennio che richiederà l’impegno e la responsabilità di tutti.

L’anno giubilare per noi credenti porrà in rilievo con tutta evidenza la redenzione operata da Cristo mediante la sua morte e risurrezione. Nessuno, dopo questa morte, può essere separato dall’amore di Dio (cfr Rm 8, 21-39), se non per propria colpa. La grazia della misericordia a tutti viene incontro, perché quanti sono stati riconciliati possano essere anche « salvati mediante la sua vita » (Rm 5, 10).

Stabilisco, pertanto, che il Grande Giubileo dell’Anno 2000 abbia inizio nella notte di Natale del 1999, con l’apertura della porta santa della Basilica di San Pietro in Vaticano, che precederà di poche ore la celebrazione inaugurale prevista a Gerusalemme ed a Betlemme e l’apertura della porta santa nelle altre Basiliche patriarcali in Roma. Per la Basilica di San Paolo l’apertura della porta santa è rimandata al successivo martedì 18 gennaio, inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, per sottolineare anche in questo modo il peculiare carattere ecumenico che connota questo Giubileo.

Stabilisco, inoltre, per le Chiese particolari che l’inaugurazione del Giubileo sia celebrata nel giorno santissimo del Natale del Signore Gesù, con una solenne Liturgia eucaristica presieduta dal Vescovo diocesano nella cattedrale e anche nella concattedrale. Nella concattedrale il Vescovo può affidare la presidenza della celebrazione ad un suo delegato. Dal momento che il rito di apertura della porta santa è proprio della Basilica Vaticana e delle Basiliche Patriarcali, l’inaugurazione del periodo giubilare nelle singole Diocesi converrà che privilegi la statio in un’altra chiesa da cui si muoverà il pellegrinaggio alla cattedrale, la valorizzazione liturgica del Libro dei Vangeli, la lettura di alcuni paragrafi di questa Bolla, secondo le indicazioni del « Rituale per la celebrazione del Grande Giubileo nelle Chiese particolari ».

Per tutti il Natale 1999 sia una solennità radiosa di luce, il preludio per un’esperienza particolarmente profonda di grazia e di misericordia divina, che si protrarrà fino alla chiusura dell’Anno giubilare nel giorno dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, il 6 gennaio dell’anno 2001. Ogni credente accolga l’invito degli Angeli che annunciano incessantemente: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama » (Lc 2, 14). Il tempo del Natale sarà così il cuore pulsante dell’Anno Santo, che immetterà nella vita della Chiesa l’abbondanza dei doni dello Spirito per una nuova evangelizzazione.

7. L’istituto del Giubileo nella sua storia si è arricchito di segni che attestano la fede ed aiutano la devozione del popolo cristiano. Tra questi bisogna ricordare, anzitutto, ilpellegrinaggio. Esso riporta alla condizione dell’uomo che ama descrivere la propria esistenza come un cammino. Dalla nascita alla morte, la condizione di ognuno è quella peculiare dell’homo viator. La Sacra Scrittura, da parte sua, attesta a più riprese il valore del mettersi in cammino per raggiungere i luoghi sacri; era tradizione che l’Israelita andasse in pellegrinaggio verso la città dove era conservata l’arca dell’alleanza, oppure che visitasse il santuario in Betel (cfr Gdc 20, 18), o quello in Silo, che vide esaudita la preghiera di Anna, la madre di Samuele (cfr 1 Sam 1, 3). Sottomettendosi volontariamente alla Legge, anche Gesù con Maria e Giuseppe si fece pellegrino alla città santa di Gerusalemme (cfr Lc 2, 41). La storia della Chiesa è il diario vivente di un pellegrinaggio mai terminato. In cammino verso la città dei santi Pietro e Paolo, verso la Terra santa, o verso gli antichi e nuovi santuari dedicati alla Vergine Maria ed ai Santi: ecco la meta di tanti fedeli che alimentano così la loro pietà.

Il pellegrinaggio è sempre stato un momento significativo nella vita dei credenti, rivestendo nelle varie epoche espressioni culturali diverse. Esso evoca il cammino personale del credente sulle orme del Redentore: è esercizio di ascesi operosa, di pentimento per le umane debolezze, di costante vigilanza sulla propria fragilità, di preparazione interiore alla riforma del cuore. Mediante la veglia, il digiuno, la preghiera, il pellegrino avanza sulla strada della perfezione cristiana sforzandosi di giungere, col sostegno della grazia di Dio, « allo stato di uomo perfetto nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » (Ef 4, 13).

8. Al pellegrinaggio si accompagna il segno della porta santa, aperta per la prima volta nella Basilica del Ss.mo Salvatore in Laterano durante il Giubileo del 1423. Essa evoca il passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia. Gesù ha detto: « Io sono la porta » (Gv 10, 7), per indicare che nessuno può avere accesso al Padre se non per mezzo suo. Questa designazione che Gesù fa di se stesso attesta che Egli solo è il Salvatore inviato dal Padre. C’è un solo accesso che spalanca l’ingresso nella vita di comunione con Dio: questo accesso è Gesù, unica e assoluta via di salvezza. Solo a lui si può applicare con piena verità la parola del Salmista: « E’ questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti » (Sal 118 [117], 20).

L’indicazione della porta richiama la responsabilità di ogni credente ad attraversarne la soglia. Passare per quella porta significa confessare che Gesù Cristo è il Signore, rinvigorendo la fede in lui per vivere la vita nuova che Egli ci ha donato. E’ una decisione che suppone la libertà di scegliere ed insieme il coraggio di lasciare qualcosa, sapendo che si acquista la vita divina (cfr Mt 13, 44-46). E’ con questo spirito che il Papa per primo varcherà la porta santa nella notte tra il 24 ed il 25 dicembre 1999. Attraversandone la soglia mostrerà alla Chiesa e al mondo il Santo Vangelo, fonte di vita e di speranza per il terzo millennio che viene. Attraverso la porta santa, simbolicamente più ampia al termine di un millennio,(13) Cristo ci immetterà più profondamente nella Chiesa, suo Corpo e sua Sposa. Comprendiamo in questo modo quanto ricco di significato sia il richiamo dell’apostolo Pietro quando scrive che, uniti a Cristo, anche noi veniamo impiegati « come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio » (1 Pt2, 5).

9. Altro segno peculiare, ben noto ai fedeli, è l’indulgenza, che è uno degli elementi costitutivi dell’evento giubilare. In essa si manifesta la pienezza della misericordia del Padre, che a tutti viene incontro con il suo amore, espresso in primo luogo nel perdono delle colpe. Ordinariamente Dio Padre concede il suo perdono mediante il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione.(14) Il cedimento consapevole e libero al peccato grave, infatti, separa il credente dalla vita di grazia con Dio e perciò stesso lo esclude dalla santità a cui è chiamato. La Chiesa, avendo ricevuto da Cristo il potere di perdonare in suo nome (cfr Mt16, 19; Gv 20, 23), è nel mondo la presenza viva dell’amore di Dio che si china su ogni umana debolezza per accoglierla nell’abbraccio della sua misericordia. E’ precisamente attraverso il ministero della sua Chiesa che Dio espande nel mondo la sua misericordia mediante quel prezioso dono che, con nome antichissimo, è chiamato « indulgenza ».

Il sacramento della Penitenza offre al peccatore la « possibilità di convertirsi e di ricuperare la grazia della giustificazione »(15) ottenuta dal sacrificio di Cristo. Egli è così nuovamente immesso nella vita di Dio e nella piena partecipazione alla vita della Chiesa. Confessando i propri peccati, il credente riceve davvero il perdono e può di nuovo prendere parte all’Eucaristia come segno della ritrovata comunione con il Padre e con la sua Chiesa. Fin dall’antichità tuttavia la Chiesa è sempre stata profondamente convinta che il perdono, concesso gratuitamente da Dio, implica come conseguenza un reale cambiamento di vita, una progressiva eliminazione del male interiore, un rinnovamento della propria esistenza. L’atto sacramentale doveva essere unito ad un atto esistenziale, con una reale purificazione della colpa, che appunto si chiama penitenza. Perdono non significa che questo processo esistenziale divenga superfluo, ma piuttosto che esso riceve un senso, che viene accettato, accolto.

L’avvenuta riconciliazione con Dio, infatti, non esclude la permanenza di alcune conseguenze del peccato dalle quali è necessario purificarsi. E’ precisamente in questo ambito che acquista rilievo l’indulgenza, mediante la quale viene espresso il « dono totale della misericordia di Dio ».(16) Con l’indulgenza al peccatore pentito è condonata la pena temporale per i peccati già rimessi quanto alla colpa.

10. Il peccato infatti, per il suo carattere di offesa alla santità e alla giustizia di Dio, come pure di disprezzo dell’amicizia personale che Dio ha per l’uomo, ha una duplice conseguenza. In primo luogo, se grave, esso comporta la privazione della comunione con Dio e, di conseguenza, l’esclusione dalla partecipazione alla vita eterna. Al peccatore pentito, tuttavia, Dio nella sua misericordia concede il perdono del peccato grave e la remissione della « pena eterna » che ne conseguirebbe.

In secondo luogo, « ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del peccato »,(17) espiata la quale viene a cancellarsi ciò che osta alla piena comunione con Dio e con i fratelli.

La Rivelazione, d’altra parte, insegna che, nel suo cammino di conversione, il cristiano non si trova solo. In Cristo e per mezzo di Cristo la sua vita viene congiunta con misterioso legame alla vita di tutti gli altri cristiani nella soprannaturale unità del Corpo mistico. Si instaura così tra i fedeli un meraviglioso scambio di beni spirituali, in forza del quale la santità dell’uno giova agli altri ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. Esistono persone che lasciano dietro di sé come un sovrappiù di amore, di sofferenza sopportata, di purezza e di verità, che coinvolge e sostiene gli altri. E la realtà della « vicarietà », sulla quale si fonda tutto il mistero di Cristo. Il suo amore sovrabbondante ci salva tutti. Nondimeno fa parte della grandezza dell’amore di Cristo non lasciarci nella condizione di destinatari passivi, ma coinvolgerci nella sua opera salvifica e, in particolare, nella sua passione. Lo dice il noto brano della lettera ai Colossesi: « Do compimento a ciò che manca ai patimenti di Cristo nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa » (1, 24).

Questa profonda realtà è mirabilmente espressa anche in un passo dell’Apocalisse, in cui si descrive la Chiesa come la sposa rivestita di un semplice abito di lino bianco, di bisso puro splendente. E san Giovanni dice: « La veste di lino sono le opere giuste dei santi » (Ap 19, 8). Nella vita dei santi viene, infatti, tessuto il bisso splendente, che è l’abito dell’eternità.

Tutto viene da Cristo, ma poiché noi apparteniamo a lui, anche ciò che è nostro diventa suo e acquista una forza che risana. Ecco cosa si intende quando si parla del « tesoro della Chiesa », che sono le opere buone dei santi. Pregare per ottenere l’indulgenza significa entrare in questa comunione spirituale e quindi aprirsi totalmente agli altri. Anche nell’ambito spirituale, infatti, nessuno vive per se stesso. E la salutare preoccupazione per la salvezza della propria anima viene liberata dal timore e dall’egoismo solo quando diviene preoccupazione anche per la salvezza dell’altro. E’ la realtà della comunione dei santi, il mistero della « realtà vicaria », della preghiera come via di unione con Cristo e con i suoi santi. Egli ci prende con sé per tessere insieme con lui la candida veste della nuova umanità, la veste di bisso splendente della Sposa di Cristo.

Questa dottrina circa le indulgenze dunque « insegna in primo luogo quanto sia triste e amaro l’aver abbandonato il Signore Dio (cfr Ger 2, 19). I fedeli, infatti, quando acquistano le indulgenze comprendono che con le proprie forze non sarebbero capaci di riparare al male che con il peccato hanno arrecato a se stessi e a tutta la comunità, e perciò sono stimolati ad atti salutari di umiltà ».(18) La verità, poi, circa la comunione dei santi, che unisce i credenti a Cristo e vicendevolmente, ci dice quanto ciascuno possa giovare agli altri — vivi o defunti — al fine di essere sempre più intimamente uniti al Padre celeste.

Poggiando su queste ragioni dottrinali e interpretando il materno sentire della Chiesa, dispongo che tutti i fedeli, convenientemente preparati, possano abbondantemente fruire, lungo l’arco dell’intero Giubileo, del dono dell’indulgenza, secondo le indicazioni che accompagnano questa Bolla (cfr annesso decreto).

11. Questi segni appartengono ormai alla tradizione della celebrazione giubilare. Il Popolo di Dio non mancherà poi di aprire la mente a riconoscere altri possibili segni della misericordia di Dio operante nel Giubileo. Nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente ne ho indicati alcuni che possono opportunamente servire a vivere con maggior intensità l’insigne grazia del Giubileo.(19) Li richiamo qui brevemente.

Innanzitutto il segno della purificazione della memoria: esso chiede a tutti un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani. L’Anno Santo è per sua natura un momento di chiamata alla conversione. E’ questa la prima parola della predicazione di Gesù, che significativamente si coniuga con la disponibilità a credere: « Convertitevi e credete al Vangelo » (Mc 1, 15). L’imperativo che Cristo pone è conseguenza della presa di coscienza del fatto che « il tempo è compiuto » (Mc1, 15). Il compiersi del tempo di Dio si traduce in appello alla conversione. Questa, peraltro, è in primo luogo frutto della grazia. E’ lo Spirito che spinge ognuno a « rientrare in se stesso » e a percepire il bisogno di ritornare alla casa del Padre (cfr Lc 15, 17-20). L’esame di coscienza, quindi, è uno dei momenti più qualificanti dell’esistenza personale. Con esso, infatti, ogni uomo è posto dinanzi alla verità della propria vita. Egli scopre, così, la distanza che separa le sue azioni dall’ideale che si è prefisso.

La storia della Chiesa è una storia di santità. Il Nuovo Testamento afferma con forza questa caratteristica dei battezzati: essi sono « santi » nella misura in cui, separati dal mondo in quanto soggetto al Maligno, si consacrano a rendere il culto all’unico e vero Dio. Di fatto, questa santità si manifesta nelle vicende di tanti Santi e Beati, riconosciuti dalla Chiesa, come anche in quelle di un’immensa moltitudine di uomini e donne sconosciuti il cui numero è impossibile calcolare (cfr Ap 7, 9). La loro vita attesta la verità del Vangelo e offre al mondo il segno visibile della possibilità della perfezione. E’ doveroso riconoscere, tuttavia, che la storia registra anche non poche vicende che costituiscono una contro-testimonianza nei confronti del cristianesimo. Per quel legame che, nel Corpo mistico, ci unisce gli uni agli altri, tutti noi, pur non avendone responsabilità personale e senza sostituirci al giudizio di Dio che solo conosce i cuori, portiamo il peso degli errori e delle colpe di chi ci ha preceduto. Ma anche noi, figli della Chiesa, abbiamo peccato e alla Sposa di Cristo è stato impedito di risplendere in tutta la bellezza del suo volto. Il nostro peccato ha ostacolato l’azione dello Spirito nel cuore di tante persone. La nostra poca fede ha fatto cadere nell’indifferenza e allontanato molti da un autentico incontro con Cristo.

Come Successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli. Tutti hanno peccato e nessuno può dirsi giusto dinanzi a Dio (cfr 1 Re 8, 46). Si ripeta senza timore: « Abbiamo peccato » (Ger 3, 25), ma sia mantenuta viva la certezza che « laddove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia » (Rm 5, 20).

L’abbraccio che il Padre riserva a chi, pentito, gli va incontro sarà la giusta ricompensa per l’umile riconoscimento delle colpe proprie ed altrui, fondato nella consapevolezza del profondo vincolo che unisce tra loro tutti i membri del Corpo mistico di Cristo. I cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse. Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell’« amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori » (Rm 5, 5). Non mancheranno persone equanimi capaci di riconoscere che la storia del passato e del presente ha registrato e registra spesso nei confronti dei figli della Chiesa vicende di emarginazione, di ingiustizie e di persecuzioni.

Nessuno in questo anno giubilare voglia escludersi dall’abbraccio del Padre. Nessuno si comporti come il fratello maggiore della parabola evangelica che si rifiuta di entrare in casa per fare festa (cfr Lc 15, 25-30). La gioia del perdono sia più forte e più grande di ogni risentimento. Così facendo, la Sposa brillerà dinanzi agli occhi del mondo di quella bellezza e santità che provengono dalla grazia del Signore. Da duemila anni, la Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida all’adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli. Che attraverso l’umiltà della Sposa possa risplendere ancora di più la gloria e la forza dell’Eucaristia, che essa celebra e conserva nel suo seno. Nel segno del Pane e del Vino consacrati, Cristo Gesù risorto e glorificato, luce delle genti (cfr Lc 2, 32), rivela la continuità della sua Incarnazione. Egli rimane vivo e vero in mezzo a noi per nutrire i credenti con il suo Corpo e il suo Sangue.

Lo sguardo, pertanto, sia fisso sul futuro. Il Padre misericordioso non tiene conto dei peccati dei quali ci siamo veramente pentiti (cfr Is 38, 17). Egli, ora, compie una cosa nuova e nell’amore che perdona anticipa i cieli nuovi e la terra nuova. Si rinfranchi, dunque, la fede, cresca la speranza, diventi sempre più operosa la carità, in vista di un rinnovato impegno di testimonianza cristiana nel mondo del prossimo millennio.

12. Un segno della misericordia di Dio, oggi particolarmente necessario, è quello dellacarità, che apre i nostri occhi ai bisogni di quanti vivono nella povertà e nell’emarginazione. Sono, queste, situazioni che si estendono oggi su vaste aree sociali e coprono con la loro ombra di morte interi popoli. Il genere umano si trova di fronte a forme di schiavitù nuove e più sottili di quelle conosciute in passato; la libertà continua ad essere per troppe persone una parola priva di contenuto. Non poche Nazioni, specialmente quelle più povere, sono oppresse da un debito che ha assunto proporzioni tali da renderne praticamente impossibile il pagamento. E’ chiaro, peraltro, che non si può raggiungere un progresso reale senza l’effettiva collaborazione tra i popoli di ogni lingua, razza, nazionalità e religione. Devono essere eliminate le sopraffazioni che portano al predominio degli uni sugli altri: esse sono peccato e ingiustizia. Chi è intento ad accumulare tesori solamente sulla terra (cfr Mt 6, 19) « non arricchisce dinanzi a Dio » (Lc 12, 21).

Si deve altresì creare una nuova cultura di solidarietà e cooperazione internazionali, in cui tutti — specialmente i Paesi ricchi e il settore privato — assumano la loro responsabilità per un modello di economia al servizio di ogni persona. Non deve essere ulteriormente dilazionato il tempo in cui anche il povero Lazzaro potrà sedersi accanto al ricco per condividerne lo stesso banchetto e non essere più costretto a nutrirsi con quanto cade dalla mensa (cfr Lc 16, 19-31). L’estrema povertà è sorgente di violenze, di rancori e di scandali. Portare rimedio ad essa è fare opera di giustizia e pertanto di pace.

Il Giubileo è un ulteriore richiamo alla conversione del cuore mediante il cambiamento di vita. Ricorda a tutti che non si devono assolutizzare né i beni della terra, perché essi non sono Dio, né il dominio o la pretesa di dominio dell’uomo, perché la terra appartiene a Dio e solo a Lui: « La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini » (Lv 25, 23). Quest’anno di grazia possa toccare il cuore di quanti hanno nelle loro mani le sorti dei popoli!

13. Un segno perenne, ma oggi particolarmente eloquente, della verità dell’amore cristiano è la memoria dei martiri. Non sia dimenticata la loro testimonianza. Essi sono coloro che hanno annunciato il Vangelo dando la vita per amore. Il martire, soprattutto ai nostri giorni, è segno di quell’amore più grande che compendia ogni altro valore. La sua esistenza riflette la parola suprema pronunciata da Cristo sulla croce: « Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23, 34). Il credente che abbia preso in seria considerazione la propria vocazione cristiana, per la quale il martirio è una possibilità annunciata già nella Rivelazione, non può escludere questa prospettiva dal proprio orizzonte di vita. I duemila anni dalla nascita di Cristo sono segnati dalla persistente testimonianza dei martiri.

Questo secolo poi, che volge al tramonto, ha conosciuto numerosissimi martiri soprattutto a causa del nazismo, del comunismo e delle lotte razziali o tribali. Persone di ogni ceto sociale hanno sofferto per la loro fede pagando col sangue la loro adesione a Cristo e alla Chiesa o affrontando con coraggio interminabili anni di prigionia e di privazioni d’ogni genere per non cedere ad una ideologia trasformatasi in un regime di spietata dittatura. Dal punto di vista psicologico, il martirio è la prova più eloquente della verità della fede, che sa dare un volto umano anche alla più violenta delle morti e manifesta la sua bellezza anche nelle più atroci persecuzioni.

Inondati dalla grazia nel prossimo anno giubilare, potremo con maggior forza innalzare l’inno di ringraziamento al Padre e cantare: Te martyrum candidatus laudat exercitus. Sì, è questo l’esercito di coloro che « hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello » (Ap 7, 14). Per questo la Chiesa in ogni parte della terra dovrà restare ancorata alla loro testimonianza e difendere gelosamente la loro memoria. Possa il Popolo di Dio, rinforzato nella fede dagli esempi di questi autentici campioni di ogni età, lingua e nazionalità, varcare con fiducia la soglia del terzo millennio. L’ammirazione per il loro martirio si coniughi, nel cuore dei fedeli, con il desiderio di poterne seguire, con la grazia di Dio, l’esempio qualora le circostanze lo richiedessero.

14. La gioia giubilare non sarebbe completa se lo sguardo non si portasse a Colei che nell’obbedienza piena al Padre ha generato per noi nella carne il Figlio di Dio. A Betlemme si compirono per Maria « i giorni del parto » (Lc 2, 6), e ricolma dello Spirito diede alla luce il Primogenito della nuova creazione. Chiamata ad essere la Madre di Dio, dal giorno del concepimento verginale Maria ha vissuto pienamente la sua maternità, portandola a coronamento sul Calvario ai piedi della croce. Per dono mirabile di Cristo, qui Ella è diventata anche Madre della Chiesa, indicando a tutti la via che conduce al Figlio.

Donna del silenzio e dell’ascolto, docile nelle mani del Padre, la Vergine Maria è invocata da tutte le generazioni come « beata », perché ha saputo riconoscere le meraviglie compiute in lei dallo Spirito Santo. Mai si stancheranno i popoli di invocare la Madre della misericordia e sempre troveranno rifugio sotto la sua protezione. Colei che, con il figlio Gesù e con lo sposo Giuseppe, fu pellegrina verso il tempio santo di Dio, protegga il cammino di quanti si faranno pellegrini in questo anno giubilare. E voglia intercedere con particolare intensità durante i prossimi mesi per il popolo cristiano, perché ottenga l’abbondanza della grazia e della misericordia, mentre gioisce per i duemila anni trascorsi dalla nascita del suo Salvatore.

A Dio Padre nello Spirito Santo vada la lode della Chiesa per il dono della salvezza in Cristo Signore adesso e nei secoli a venire.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 29 novembre, prima domenica di Avvento, dell’anno del Signore 1998, ventunesimo di Pontificato.

Joannes Paulus II

 

DISPOSIZIONI PER L’ACQUISTO
DELL’INDULGENZA GIUBILARE

Col presente decreto, che dà esecuzione alla volontà del Santo Padre espressa nella Bolla per l’indizione del Grande Giubileo dell’Anno 2000, e in virtù delle facoltà dallo stesso Sommo Pontefice ad essa attribuite, la Penitenzieria Apostolica determina la disciplina da osservare per l’acquisto dell’indulgenza giubilare.

Tutti i fedeli, convenientemente preparati, possono abbondantemente fruire, lungo l’arco dell’intero Giubileo, del dono dell’indulgenza, secondo le determinazioni qui di seguito specificate.

Premesso che le indulgenze concesse sia in forma generale sia per speciale rescritto restano in vigore durante il Grande Giubileo, si ricorda che l’indulgenza giubilare può essere applicata per modo di suffragio alle anime dei defunti: con tale offerta si compie un insigne esercizio di carità soprannaturale, in virtù del vincolo mediante il quale nel mistico Corpo di Cristo i fedeli ancora pellegrini sulla terra sono uniti a quelli che hanno già concluso il loro cammino terreno. Resta inoltre valida anche lungo l’anno giubilare la norma secondo cui l’indulgenza plenaria può essere acquistata soltanto una volta al giorno.(20)

Culmine del Giubileo è l’incontro con Dio Padre, per mezzo di Cristo Salvatore, presente nella sua Chiesa, in modo speciale nei suoi Sacramenti. Per questo motivo, tutto il cammino giubilare, preparato dal pellegrinaggio, ha come punto di partenza e di arrivo la celebrazione del sacramento della Penitenza e di quello dell’Eucaristia, mistero pasquale di Cristo nostra pace e nostra riconciliazione: è questo l’incontro trasformante che apre al dono dell’indulgenza per sé e per altri.

Dopo aver celebrato degnamente la confessione sacramentale, che in via ordinaria, a norma del can. 960 del CIC e del can. 720 § 1 del CCEO, deve essere quella individuale ed integra, il fedele, ottemperando agli adempimenti richiesti, può ricevere o applicare, durante un congruo periodo di tempo, il dono dell’indulgenza plenaria anche quotidianamente senza dover ripetere la confessione. Conviene tuttavia che i fedeli ricevano frequentemente la grazia del sacramento della Penitenza, per crescere nella conversione e nella purezza del cuore.(21) La partecipazione all’Eucaristia — necessaria per ciascuna indulgenza — è opportuno che avvenga nello stesso giorno in cui si compiono le opere prescritte.(22)

A questi due momenti culminanti deve accompagnarsi, innanzitutto, la testimonianza di comunione con la Chiesa, manifestata con la preghiera secondo le intenzioni del Romano Pontefice, e poi anche l’esercizio di atti di carità e di penitenza, secondo le indicazioni date più sotto: tali atti intendono esprimere quella vera conversione del cuore alla quale conduce la comunione con Cristo nei Sacramenti. Cristo, infatti, è l’indulgenza e la propiziazione per i nostri peccati (cfr 1 Gv 2, 2). Egli, effondendo nei cuori dei fedeli lo Spirito Santo che è la « remissione di tutti i peccati »,(23) spinge ciascuno ad un filiale e fiducioso incontro con il Padre delle misericordie. Da questo incontro sgorgano gli impegni di conversione e di rinnovamento, di comunione ecclesiale e di carità verso i fratelli.

Viene confermata anche per il prossimo Giubileo la norma secondo cui i confessori possono commutare, in favore di coloro che siano legittimamente impediti, sia l’opera prescritta sia le condizioni richieste.(24) I religiosi e le religiose tenuti alla clausura, gli infermi e tutti coloro che comunque non fossero in grado di uscire dalla propria abitazione, potranno compiere, in luogo della visita di una certa chiesa, una visita nella cappella della loro casa; se neppure questo fosse loro possibile, potranno acquistare l’indulgenza unendosi spiritualmente a quanti compiono nel modo ordinario l’opera prescritta, offrendo a Dio le loro preghiere, le loro sofferenze ed i loro disagi.

Quanto agli adempimenti necessari, i fedeli potranno acquistare l’indulgenza giubilare:

1) a Roma, se compiranno un pio pellegrinaggio ad una delle Basiliche patriarcali, cioè alla Basilica di San Pietro in Vaticano, o all’Arcibasilica del Ss.mo Salvatore al Laterano, o alla Basilica di Santa Maria Maggiore, o a quella di San Paolo sulla via Ostiense, e ivi parteciperanno devotamente alla Santa Messa o ad un’altra celebrazione liturgica, come le Lodi o i Vespri, o ad un esercizio di pietà (ad esempio la Via Crucis, il Rosario mariano, la recita dell’inno Akathistos in onore della Madre di Dio); inoltre, se visiteranno, in gruppo o singolarmente, una delle quattro Basiliche patriarcali, ed ivi attenderanno per un certo periodo di tempo all’adorazione eucaristica ed a pie meditazioni, concludendole col « Padre nostro », con la professione di fede in qualsiasi legittima forma, e con l’invocazione della Beata Vergine Maria. Alle quattro Basiliche patriarcali vengono aggiunti, in questa speciale occasione del Grande Giubileo, i seguenti altri luoghi, alle medesime condizioni: la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, la Basilica di San Lorenzo al Verano, il Santuario della Madonna del Divino Amore, le Catacombe cristiane.(25)

2) In Terra Santa, se, con l’osservanza delle stesse condizioni, visiteranno la Basilica del Santo Sepolcro in Gerusalemme, o la Basilica della Natività a Betlemme o la Basilica dell’Annunciazione a Nazareth.

3) Nelle altre circoscrizioni ecclesiastiche, se compiranno un sacro pellegrinaggio alla Chiesa cattedrale o ad altre Chiese o luoghi designati dall’Ordinario, ed ivi assisteranno devotamente ad una celebrazione liturgica, o ad altro pio esercizio, come sopra indicato per la città di Roma; inoltre, se visitando, in gruppo o singolarmente, la Chiesa cattedrale o un Santuario designato dall’Ordinario, ivi attenderanno per un certo periodo di tempo a pie meditazioni, concludendole col « Padre nostro », con la professione di fede in qualsiasi legittima forma, e con l’invocazione della Beata Vergine Maria.

4) In ogni luogo, se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, handicappati, ecc.), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr Mt 25, 34-36), ed ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera. I fedeli vorranno certamente rinnovare tali visite nel corso dell’Anno Santo, potendo acquistare in ciascuna di esse l’indulgenza plenaria, ovviamente non più che una sola volta al giorno.

L’indulgenza plenaria giubilare potrà essere acquistata anche mediante iniziative che attuino in modo concreto e generoso lo spirito penitenziale che è come l’anima del Giubileo. Così astenersi almeno durante un giorno da consumi superflui (per esempio dal fumo, dalle bevande alcooliche, digiunando o praticando l’astinenza secondo le norme generali della Chiesa e le specificazioni degli Episcopati) e devolvendo una proporzionata somma in denaro ai poveri; sostenere con un significativo contributo opere di carattere religioso o sociale (in specie a favore dell’infanzia abbandonata, della gioventù in difficoltà, degli anziani bisognosi, degli stranieri nei vari Paesi in cerca di migliori condizioni di vita); dedicare una congrua parte del proprio tempo libero ad attività che rivestono interesse per la comunità, o altre simili forme di personale sacrificio.

Roma, dalla Penitenzieria Apostolica, 29 novembre 1998, prima domenica di Avvento.

William Wakefield card. Baum 
Penitenziere Maggiore

Luigi De Magistris 
Reggente


(1) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22.

(2) Cfr n. 1: AAS 71 (1979), 258.

(3) Cfr Giovanni Paolo II, Epist. ap. Redemptionis anno (20 aprile 1984): AAS 76 (1984), 627.

(4) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 40.

(5) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 36: AAS87 (1995), 28.

(6) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 41.

(7) Cfr nn. 39-54: AAS 87 (1995), 31-37.

(8) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 2.4.

(9) Poemi dogmatici, XXXI, Hymnus alias: PG 37, 510-511.

(10) Cfr Contro le eresie, III, 17: PG 7, 930.

(11) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.

(12) Bolla Antiquorum habet (22 febbraio 1300): Bullarium Romanum III/2, p. 94.

(13) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 33:AAS 87 (1995), 25.

(14) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio et paenitentia (2 dicembre 1984), 28-34: AAS 77 (1985), 250-273.

(15) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1446.

(16) Giovanni Paolo II, Bolla Aperite portas Redemptori (6 gennaio 1983), 8: AAS 75 (1983), 98.

(17) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1472.

(18) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina (1 gennaio 1967), 9: AAS 59 (1967), 18.

(19) Cfr nn. 33.37.51: AAS 87 (1995), 25-26; 29-30; 36.

(20) Cfr Enchiridion indulgentiarum, Libreria Editrice Vaticana 1986, norm. 21, § 1.

(21) Cfr ibid., norm. 23, §§ 1-2.

(22) Cfr ibid., norm. 23, § 3.

(23) « Quia ipse est remissio omnium peccatorum »: Missale Romanum, Super oblata, Sabbato post Dominicam VII Paschae.

(24) Cfr Ench. indulg., norm. 27.

(25) Cfr Ench. indulg., conces. 14.

Giubileo

riga

 

CHE COS’E’ IL GIUBILEO

Nella tradizione cattolica il Giubileo è un grande evento religioso. E’ l’anno della remissione dei peccati e delle pene per i peccati, è l’anno della riconciliazione tra i contendenti, della conversione e della penitenza sacramentale e, di conseguenza, della solidarietà, della speranza, della giustizia, dell’impegno al servizio di Dio nella gioia e nella pace con i fratelli. L’anno giubilare è soprattutto l’anno di Cristo, portatore di vita e di grazia all’umanità.

Le sue origini si ricollegano all’Antico Testamento. La legge di Mosé aveva fissato per il popolo ebraico un anno particolare: “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel Paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, Né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il giubileo, esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo” (Libro del Levitico). La tromba con cui si annunciava questo anno particolare era un corno d’ariete, che in ebraico si dice “Yobel”, da cui deriva la parola “Giubileo”. La celebrazione di quest’anno comportava, tra l’altro, la restituzione delle terre agli antichi proprietari, la remissione dei debiti, la liberazione degli schiavi e il riposo della terra. Nel Nuovo Testamento Gesù si presenta come Colui che porta a compimento l’antico Giubileo, essendo venuto a “predicare l’anno di grazia del Signore” (Isaia).

Il Giubileo del 2000 assume un’importanza speciale perché, facendosi quasi ovunque il computo del decorso degli anni a partire dalla venuta di Cristo nel mondo, vengono celebrati i duemila anni dalla nascita di Cristo (prescindendo dall’esattezza del computo cronologico). Non solo, ma si tratta del primo Anno Santo a cavallo tra la fine di un millennio e la fine di un altro: il primo Giubileo, infatti, fu indetto da Papa Bonifacio VIII nel 1300. Il Giubileo dell’anno 2000 vuole essere, così, una grande preghiera di lode e di ringraziamento per il dono dell’Incarnazione del Figlio di Dio e della Redenzione da lui operata.

Il Giubileo, comunemente, viene detto “Anno santo”, non solo perché si inizia, si svolge e si conclude con solenni riti sacri, ma anche perché è destinato a promuovere la santità di vita. E’ stato istituito infatti per consolidare la fede, favorire le opere di solidarietà e la comunione fraterna all’interno della Chiesa e nella società, richiamare e stimolare i credenti ad una più sincera e coerente professione di fede in Cristo unico Salvatore.

Il Giubileo può essere: ordinario, se legato a scadenze prestabilite; straordinario, se viene indetto per qualche avvenimento di particolare importanza. Gli Anni Santi ordinari, celebrati fino ad oggi, sono 25; quello del 2000 sarà il ventiseiesimo. La consuetudine di indire Giubilei straordinari risale al XVI secolo: la loro durata è varia, da pochi giorni ad un anno. Gli ultimi Anni Santi straordinari di questo secolo sono quelli del 1933, indetto da Pio XI per il XIX centenario della Redenzione, del 1983, indetto da Giovanni Paolo II per i 1950 anni della Redenzione. Nel 1987 Giovanni Paolo II ha indetto anche un Anno Mariano.


STORIA DEI GIUBILEI

Il primo Giubileo ordinario fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio VIII, della nobile famiglia dei Caetani, con la Bolla “Antiquorum Habet Fida Relatio”. Ne fu occasione remota l’ondata di spiritualità, di perdono, di fratellanza che si stava diffondendo in tutta la cristianità in contrapposizione agli odi e alle violenze dominanti in quell’epoca. L’occasione immediata è da riallacciare alla voce, iniziata a circolare nel dicembre 1299, secondo la quale nell’anno centenario i visitatori della basilica di San Pietro avrebbero ricevuto una “pienissima remissione dei peccati”. L’enorme afflusso di pellegrini a Roma indusse Bonifacio VIII a concedere l’indulgenza per tutto l’anno 1300 e, in futuro, ogni cento anni. Tra i pellegrini di questo primo Giubileo vanno ricordati: Dante, Cimabue, Giotto, Carlo di Valois, fratello del re di Francia, con sua moglie Caterina. Dante Alighieri ne conserva un’eco in alcuni versi del Canto XXXI del Paradiso della “Divina Commedia”.

Dopo il trasferimento della sede del Papa ad Avignone (1305-77) vennero formulate numerose richieste perché il secondo Giubileo fosse indetto nel 1350 e non nel 1400. Clemente VI acconsentì e ne fissò la scadenza ogni 50 anni. Alle basiliche da visitare, San Pietro e San Paolo fuori le mura, aggiunse quella di San Giovanni in Laterano. Successivamente, Urbano VI decise di spostare la cadenza a 33 anni, in riferimento al periodo della vita terrena di Gesù. Alla sua morte, il nuovo pontefice, Bonifacio IX, diede inizio all’Anno Santo del 1390. L’avvicinarsi della fine del secolo e l’afflusso consistente di pellegrini lo indussero ad indire un nuovo Giubileo nel 1400.

Finito lo scisma d’Occidente, Martino V indisse l’Anno Santo per il 1425, introducendo due novità: la coniazione di una speciale medaglia commemorativa e l’apertura della Porta Santa a San Giovanni in Laterano. Secondo quanto stabilito da Urbano VI, il nuovo Giubileo si sarebbe dovuto celebrare nel 1433, ma non fu così. Solo sotto il pontificato di Nicolò V venne indetto un Giubileo per il 1450. Paolo II, con una Bolla del 1470, stabilì che in futuro il Giubileo si svolgesse ogni 25 anni. Ad indire il successivo, nel 1475, fu Sisto IV: per questa occasione il Papa volle che Roma fosse abbellita con nuove importanti opere, tra cui la Cappella Sistina e il ponte Sisto sul Tevere. In quel tempo, a Roma, lavorarono i più grandi artisti dell’epoca: Verrocchio, Signorelli, Ghirlandaio, Botticelli, Perugino, Pinturicchio, Melozzo da Forlì.

Nel 1500 Alessandro VI volle che le porte Sante delle quattro basiliche venissero aperte contemporaneamente, riservando a sé l’apertura della Porta Santa di San Pietro. Clemente VII aprì solennemente, il 24 dicembre 1524, il nono Giubileo, nel quale si cominciava ad avvertire la grande crisi che di lì a poco avrebbe investito l’Europa con la riforma protestante. Ad indire il Giubileo per il 1550 fu Paolo III ma ad aprirlo fu Giulio III. Il notevole afflusso di pellegrini provocò non pochi problemi di assistenza, cui provvide in modo particolare San Filippo Neri con la “Confraternita della Santa Trinità”. Nel 1575, sotto il pontificato di Gregorio XIII, confluirono a Roma oltre 300.000 persone da tutta l’Europa. I successivi Anni Santi del XVII secolo furono indetti da Clemente VIII (1600), Urbano VIII (1625), Innocenzo X (1650), Clemente X (1675).

A Innocenzo X, promotore del Giubileo nel 1700, è legata una delle maggiori opere caritative di Roma: l’ospizio di san Michele a Ripa. Intanto, crescevano le iniziative per venire incontro alle esigenze dei pellegrini, come accadde anche nel 1725, sotto il pontificato di Benedetto XIII. Predicatore instancabile nell’Anno Santo del 1750 (indetto da Benedetto XIV) fu San Leonardo da Porto Maurizio, che eresse nel Colosseo 14 edicole per il pio esercizio della Via Crucis e una grande croce in mezzo all’arena. Clemente XIV promulgò il Giubileo per il 1775 ma non poté aprirlo perché morì tre mesi prima dell’apertura solenne ( al quale provvide il nuovo pontefice Pio VI). La difficile situazione della Chiesa al tempo dell’egemonia napoleonica non permise a Pio VII di indire un Giubileo per il 1800.

Oltre mezzo milione di pellegrini giunse a Roma nel 1825: Leone XII sostituì per le consuete visite dei fedeli la basilica di San Paolo fuori le mura, distrutta dall’incendio del 1823, con la basilica minore di Santa Maria in Trastevere. Venticinque anni dopo lo svolgimento dell’Anno Santo non fu consentito dalle vicende della Repubblica Romana e del temporaneo esilio di Pio IX. Lo stesso pontefice poté però indire quello del 1875, privato delle cerimonie di apertura e di chiusura della Porta Santa a causa dell’occupazione di Roma da parte delle truppe di Vittorio Emanuele II.

Spettò a Leone XIII indire il ventiduesimo Giubileo per l’inizio del XX secolo dell’era cristiana, caratterizzato da sei beatificazioni e due canonizzazioni (quelle di San Giovanni Battista de La Salle e di Santa Rita da Cascia). Nel 1925, Pio XI volle che in concomitanza dell’Anno Santo fosse proposta all’attenzione dei fedeli la preziosa opera delle missioni e esortò i fedeli a pregare per la pace tra i popoli al fine di lucrare le indulgenze. Nel 1950, pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, Pio XII promulgò il successivo Giubileo indicandone le finalità: santificazione delle anime mediante la preghiera e la penitenza e l’incrollabile fedeltà a Cristo e alla Chiesa; azione per la pace e tutela dei Luoghi Santi; difesa della Chiesa contro i rinnovati attacchi dei suoi nemici e impetrazione della vera fede per gli erranti, gli infedeli e i senza Dio; attuazione della giustizia sociale e opere di assistenza a favore degli umili e dei bisognosi. Nel corso di quest’anno fu la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria al cielo (1· novembre 1950). L’ultimo Giubileo ordinario risale al 1975 e fu indetto da Paolo VI, che ne presentò sinteticamente gli obiettivi con i termini “Rinnovamento” e “Riconciliazione”.


TERTIO MILLENNIO ADVENIENTE

Il 10 novembre 1994 il Papa ha promulgato la Lettera apostolica Tertio Millennio advenienteindirizzata all’Episcopato, al clero, ai religiosi e ai fedeli circa la preparazione al Giubileo del 2000. Il documento è composto di una breve introduzione e di cinque capitoli.

Nell’introduzione viene focalizzato l’argomento centrale: la celebrazione del Giubileo è la celebrazione dell’Incarnazione redentrice del Figlio di Dio, Gesù Cristo. Il primo capitolo, “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi…sottolinea il significato e l’importanza della nascita di Gesù Cristo. Egli è il Figlio di Dio, si è fatto uno di noi per rivelare il disegno di Dio nei riguardi di tutta la creazione e, in particolare, nei riguardi dell’uomo. Questo è il punto essenziale che differenzia il cristianesimo dalle altre religioni: è Dio stesso che viene in persona a parlare di sé all’uomo e a mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungerlo. L’Incarnazione di Gesù Cristo testimonia che Dio cerca l’uomo per indurlo ad abbandonare le vie del male. Questo recupero si realizza attraverso il sacrificio di Cristo stesso sulla croce. La religione dell’Incarnazione è quindi la religione della Redenzione.

Il capitolo II, Il Giubileo dell’anno 2000, illustra la motivazione dell’Anno Santo e di quello di fine millennio in particolare. Dio, con l’Incarnazione, si è calato dentro la storia dell’uomo. L’eternità è entrata nel tempo e manifesta che Cristo è il signore del tempo. Per questo, nel cristianesimo, il tempo ha un’importanza fondamentale e nasce il dovere di santificarlo. Su tale sfondo diventa comprensibile l’usanza dei Giubilei, che ha inizio nell’Antico Testamento e ritrova la sua continuazione nella storia della Chiesa. Il Giubileo, per la Chiesa, è un anno di grazia del Signore, un anno della remissione dei peccati e delle pene per i peccati, un anno di riconciliazione tra tutti i contendenti. Nella vita delle singole persone i Giubilei sono legati alla data di nascita e, per i cristiani, sono anche anniversari del Battesimo, della Cresima, della prima Comunione, dell’ordinazione sacerdotale o episcopale, del matrimonio. Ma anche le comunità e le istituzioni celebrano i loro giubilei; e tutti, quelli personali o comunitari, religiosi o civili, rivestono un ruolo importante e significativo. In questo contesto, i duemila anni dalla nascita di Cristo rappresentano un Giubileo straordinariamente grande non soltanto per i cristiani, ma per l’intera umanità, dato il ruolo di primo piano esercitato dal cristianesimo in questi due millenni.

Il capitolo III, La preparazione del Grande Giubileo, evidenzia i vari eventi che hanno contribuito e contribuiscono al cammino di preparazione verso il Duemila. Innanzitutto il Concilio Vaticano II, “evento provvidenziale concentrato sul mistero di Cristo e della sua Chiesa ed insieme aperto al mondo”, attraverso il quale la Chiesa ha avviato la preparazione prossima al Giubileo del secondo millennio. La migliore preparazione alla scadenza bimillenaria della nascita di Cristo, afferma il Papa, sarà appunto il rinnovato impegno di attuazione dell’insegnamento del Concilio alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa.

Nel cammino di preparazione al 2000 si inserisce la serie di Sinodi, iniziata dopo il Concilio: generali e continentali, regionali, nazionali e diocesani. Il tema di fondo è quello dell’evangelizzazione. Specifici compiti e responsabilità, in vista del Grande Giubileo, spettano al Vescovo di Roma: in questa prospettiva hanno operato tutti i pontefici del secolo che sta per concludersi, in particolare con le encicliche a sfondo sociale e i messaggi per la Giornata della Pace, pubblicati a partire dal 1968. Inoltre, l’attuale pontefice, sin dalla prima enciclica (la Redemptor hominis), ha parlato in modo esplicito dell’Anno Santo del 2000, invitando a vivere il periodo di attesa come un “nuovo avvento”. Allo stesso scopo sono stati orientati, e continueranno ad esserlo, i pellegrinaggi del Papa nelle Chiese particolari di tutti i continenti: Giovanni Paolo II auspica di visitare, entro il 2000, Sarajevo, il Libano, Gerusalemme e la Terra Santa e “tutti quei luoghi che si trovano sul cammino del popolo di Dio dell’Antica Alleanza, a partire dai luoghi di Abramo e di Mosè, attraverso l’Egitto e il Monte Sinai, fino a Damasco”. Anche i Giubilei locali o regionali per la celebrazione di importanti anniversari hanno un ruolo di svolgere nella preparazione al Grande Giubileo, che raccoglie pure i frutti degli Anni Santi (quello ordinario del 1975, indetto da Paolo VI, e quello straordinario del 1983, indetto da Giovanni Paolo II) dell’ultimo scorcio di questo secolo, dell’Anno Mariano 1987-88 e dell’Anno della Famiglia, il cui contenuto si collega strettamente con il mistero dell’Incarnazione e con la storia stessa dell’uomo.

Il capitolo IV della Lettera apostolica, dal titolo La preparazione immediata, prospetta uno specifico programma di iniziative per il Grande Giubileo, attraverso due fasi: la prima (1994-96), a carattere antepreparatorio, ha avuto lo scopo di ravvivare nei cristiani la consapevolezza del valore e del significato che il Giubileo del 2000 riveste nella storia umana; la seconda (1997-99), la fase propriamente preparatoria, è orientata alla celebrazione del mistero di Cristo Salvatore. La struttura ideale per tale triennio è trinitaria: il 1997 è dedicato alla riflessione su Cristo; il 1998 sarà dedicato allo Spirito Santo e alla sua presenza santificatrice all’interno delle Chiese; il 1999 sarà incentrato su Dio Padre, dal quale Cristo è stato mandato e al quale è ritornato.

Questi i tratti salienti sottolineati da Giovanni Paolo II per il cammino di preparazione:

  • una dimensione storica della coscienza. “La Porta Santa del Giubileo del 2000 – scrive – dovrà essere simbolicamente più grande delle precedenti, perché l’umanità, giunta a quel traguardo, si lascerà alle spalle non soltanto un secolo, ma un millennio. E’ bene che la Chiesa imbocchi questo passaggio con la chiara coscienza di ciò che ha vissuto nel corso degli ultimi dieci secoli. Essa non può varcare la soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà, incoerenze, ritardi”;
  • un’esigenza ecumenica, che il Papa ricorda ovunque nella sua Lettera, invitando ad opportune iniziative ecumeniche, così che le diverse confessioni cristiane si possano presentare al Grande Giubileo se non unite, almeno prossime a superare le storiche divisioni. Anche perché i peccati che hanno pregiudicato l’unità esigono un maggiore impegno di penitenza e di conversione;
  • un impegno sociale, secondo la descrizione contenuta nella Bibbia, che pone in risalto l’ispirazione sociale della pratica giubilare (destinazione universale dei beni, ripristino dell’uguaglianza tra tutti i figli d’Israele);
  • la memoria dei martiri. Una Chiesa che non si ricorda dei suoi martiri di ieri o non riconosce più i suoi martiri di oggi non può rivendicare l’onore di essere la Chiesa di Cristo. Qui Giovanni Paolo afferma che “nel nostro secolo sono ritornati i martiri” e “non devono andare perdute nella Chiesa le loro testimonianze”. Per questo motivo è previsto l’aggiornamento dei martirologi, in particolare per il riconoscimento dell’eroicità delle virtù di uomini e donne che hanno realizzato la loro vocazione cristiana nel matrimonio.

Per quanto riguarda il triennio della fase preparatoria, nel corso del 1997 la Chiesa sarà impegnata ad avvicinare i cristiani alla riscoperta della Bibbia, del Battesimo, della catechesi per mirare all’obiettivo prioritario del Giubileo, il rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani. Nel 1998 si punterà alla riscoperta della presenza e dell’azione dello Spirito, agente principale della nuova evangelizzazione, valorizzando i segni di speranza presenti in quest’ultimo scorcio di secolo, in campo civile ed ecclesiale. Il terzo ed ultimo anno di preparazione, secondo le indicazioni di Giovanni Paolo II, dovrà spingere ad intraprendere un cammino di autentica conversione, riscoprendo il sacramento della Penitenza e mettendo in risalto la virtù teologale della carità; sarà sottolineata l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e gli emarginati. Il Giubileo potrebbe essere un momento opportuno per pensare ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale. La vigilia del Duemila, inoltre, sarà una grande occasione per il dialogo interreligioso: potrebbero prevedersi incontri tra i rappresentanti delle grandi religioni mondiali.

La celebrazione del Grande Giubileo avverrà contemporaneamente in Terra Santa, a Roma e nelle Chiese locali del mondo intero. Nella fase celebrativa l’obiettivo sarà la glorificazione della Trinità. A Roma si terrà il Congresso eucaristico internazionale. La dimensione ecumenica e universale potrebbe essere sottolineata da un incontro pancristiano.

Il quinto e ultimo capitolo della Tertio Millennio adveniente, intitolato “Gesù Cristo è lo stesso (…) sempre”, esalta la missione della Chiesa, chiamata a continuare l’opera stessa di Cristo. La Chiesa, come l’evangelico granellino di senape, cresce fino a diventare un grande albero, capace di coprire con le sue fronde l’intera umanità. Sin dai tempi apostolici prosegue senza sosta la sua missione salvifica all’interno dell’universale famiglia umana. Con la caduta dei grandi sistemi anticristiani nel continente europeo, del nazismo prima e poi del comunismo, si impone il compito urgente di offrire nuovamente all’Europa il messaggio liberante del Vangelo, e l’attenzione della Chiesa si rivolge in modo particolare alle giovani generazioni.


LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Papa Giovanni Paolo II ha dato il via al cammino di sensibilizzazione e preparazione al Grande Giubileo del 2000 promulgando, il 10 novembre 1994, la Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente. Cinque giorni dopo ha costituito il Comitato Centrale e il Consiglio di Presidenza del medesimo organismo. Questo l’organigramma del vertice del Comitato.

Presidente: Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

Consiglio di Presidenza: Card. Camillo Ruini, Vicario Generale della Diocesi di Roma; Card. Francis Arinze, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso; Card. Edward Idris Cassidy, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei cristiani; Card. Virgilio Noè, Arciprete della Patriarcale Basilica Vaticana

Segretario Generale: Arcivescovo Sergio Sebastiani, Nunzio Apostolico

Dal novembre 1994, sono state intraprese numerose iniziative per porre basi serie ai preparativi del Giubileo. Il Cardinale Etchegaray, nel febbraio 1995, riprendendo le indicazioni del Santo Padre, ha invitato i presidenti delle Conferenze Episcopali ad iniziare la preparazione all’Anno Santo e ha suggerito l’istituzione, nei modi ritenuti più opportuni, di Comitati Nazionali per il Giubileo, ai quali affidare l’organizzazione e il coordinamento dei Comitati diocesani e la collaborazione con il Comitato Centrale per una capillare sensibilizzazione dei cristiani.

La sede del Comitato Centrale è stata inaugurata il 16 marzo 1995. In tale occasione è stata data ufficialmente la notizia della nomina, da parte del Papa, di 22 membri del Comitato Centrale e della costituzione di otto commissioni e di tre comitati in seno al medesimo Comitato. Questo l’elenco delle Commissioni: Ecumenica; Dialogo Interreligioso; Liturgica; Nuovi martiri; Teologico-storica; Pastorale-missionaria; Artistico-culturale; Sociale. Questi i Comitati: Mass media; Romano; Tecnico. Il 5 giugno 1995 sono stati nominati altri tre membri del Comitato centrale: la nomina di Monsignor Kamal Hanna Bathish, Presidente del Comitato Gerosolimitano, ha portato a quattro il numero dei Comitati.

Il 15 e 16 febbraio 1996 si è svolto, in Vaticano, l’incontro dei 25 membri del Comitato Centrale con oltre 100 rappresentanti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo. Hanno partecipato ai lavori anche sei delegati delle altre Chiese e comunità ecclesiali non cattoliche. Al centro del dibattito, l’attuazione della fase preparatoria del Giubileo alla luce della Tertio Millennio adveniente. Il 16 febbraio i partecipanti sono stati ricevuti dal Papa, che ha indicato nell’insegnamento del Concilio Vaticano II la “lezione fondamentale per la preparazione e la celebrazione del Grande Giubileo del Duemila”. In occasione dell’incontro è stato presentato il numero speciale di Tertium Millennium, Bollettino-Rivista del Comitato Centrale del Grande Giubileo.

Il 3 e 4 giugno 1996 si è svolta in Vaticano la riunione plenaria del Comitato Centrale allo scopo di studiare le iniziative più opportune in vista del primo anno della vera e propria fase preparatoria al Giubileo, il 1997, che sarà dedicato alla riflessione su Cristo. Dall’incontro è scaturita una prima bozza del calendario dell’Anno Santo, le proposte per un rinnovato impulso alla nuova evangelizzazione e per gesti concreti di solidarietà e di riconciliazione tra popoli e persone, una chiara accentuazione del carattere ecumenico del Giubileo con l’invito a tutte le religioni non cristiane di prendere parte alla “grande festa di compleanno” dei duemila anni di Cristo. La riunione ha consentito di mettere a punto i piani operativi delle dodici articolazioni del Comitato Centrale. Tra le novità: la redazione del primo volume, di carattere cristologico, della Commissione Teologico-storica, che è stato pubblicato in cinque lingue; la realizzazione di sussidi pastorali e liturgici; l’annuncio della preparazione di un Catalogo dei martiri del XX secolo.

Il Comitato Centrale è stato ricevuto in udienza Martedì 4 giugno dal Santo Padre. Nel mese di novembre nel corso di un incontro coni giornalisti, nella Sala Stampa della Santa Sede, il Cardinale Etchegaray ha annunciato la celebrazione dei Vespri nella prima domenica d’Avvento, con la solenne apertura, da parte del Santo Padre, del triennio di preparazione immediata al Grande Giubileo dell’Anno 2000.

Nella stessa occasione, è stato presentato il sussidio della Commissione Teologico-storica “Cristo, Verbo del Padre”.

Altro significativo annuncio, quello della scelta del Logo ufficiale, opera di una studentessa della Scuola dell’Arte e della Medaglia dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

In dicembre è stata ufficialmente inaugurata la sede operativa del Giubileo, per quanto riguarda i Comitati Tecnico e Mass Media.


TERTIUM MILLENNIUM

Tertium Millennium è il Bollettino ufficiale del Comitato Centrale del Grande Giubileo del 2000. Nel corso del 1996 sono stati pubblicati due numeri; di un altro è prevista l’uscita per la fine dell’anno. La rivista si propone come organo di collegamento tra il Comitato Centrale e i comitati istituiti dalle Chiese nazionali, strumento di lavoro per operatori pastorali, strumento di informazione per i mass-media. Il suo intento è di dare un’informazione il più possibile completa e fedele di tutto quanto concerne attorno al Giubileo, inteso nel suo significato più autentico, quello religioso, legato all’anniversario della nascita di Cristo.

La trasformazione della pubblicazione in forma più agile – da Bollettino a Rivista – rappresenta un primo tentativo di mettere in pratica le indicazioni del Santo Padre che, nel suo primo discorso al Comitato Centrale (8 giugno 1995), esortava a predisporre “opportuni collegamenti usufruendo il più possibile dei molteplici e moderni mezzi di comunicazione sociale, perché l’intenso lavoro preparatorio sia conosciuto e condiviso dall’intero popolo cristiano in ogni angolo della terra”. Proprio la parola del Papa rappresenta la sezione-guida di Tertium Millennium, con l’obiettivo di indicare ai lettori un diario aggiornato e fedele del cammino verso l’Anno Santo del Duemila.

La rivista contiene tutti gli atti ufficiali: illustra l’attività del Comitato Centrale e degli organismi in cui è articolato (le otto Commissioni e i quattro Comitati), i sussidi proposti all’attenzione delle Chiese locali e degli operatori pastorali, le iniziative dei Comitati nazionali in ogni parte del mondo. Ma intende essere anche luogo di confronto e di dibattito, a partire da una chiara visione eccelsiale, intorno a tutti i grandi temi legati al passaggio di millennio: solo per citare alcuni esempi, il dialogo ecumenico ed interreligioso; il debito estero con i profondi squilibri Nord-Sud; la tutela e la salvaguardia dell’ambiente; la questione dell’immigrazione e dei rifugiati; la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.

Il numero speciale, pubblicato nel febbraio 1996, è servito ad offrire una presentazione del lavoro iniziale del Comitato Centrale, di Commissioni e Comitati; il successivo numero doppio, uscito in luglio, ha dato grande spazio alle iniziative dei Comitati nazionali, ha proposto una sintetica storia degli Anni Santi, corredata da immagini della Biblioteca Apostolica Vaticana, e ha ospitato un intervento a più voci sul decimo anniversario della Giornata di preghiera per la pace svoltasi ad Assisi nel 1986.

In entrambi i numeri, il Bollettino-rivista è stato caratterizzato da una versione multimediale, che lo accompagnerà fino al Duemila: nel primo i lettori hanno trovato allegato un Cd Rom con un discorso del Papa, brani della Lettera Tertio Millennio adveniente e brani di musica sacra, e un video realizzato dal Centro Televisivo Vaticano; il Cd Rom del secondo numero comprendeva invece la Lettera Apostolica in tre lingue, la versione audio-video della storia dei Giubilei e incisioni inedite di musica sacra. In luglio Tertium Milllennium è uscita in tre edizioni: italiano, inglese e francese. Il numero in uscita a Natale è imperniato sulla celebrazione di apertura della fase preparatoria e sulla presentazione del “logo” per il Giubileo. Per il 1997 è prevista una cadenza bimestrale.

rassegna.it

Newsletter del 14/03/2015

Ericsson Marcianise: vince sì a cessione a Jabil (13/03/2015 19:34)

Dopo una prima consultazione tra i lavoratori con esito negativo e una raccolta di firme per ripetere il referendum la maggioranza ha approvato l’accordo per la cessione

Ex Merloni: accordo di programma prorogato per due anni(13/03/2015 18:52)

Soddisfatto il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca

Servizio idrico Palermo, Filctem: continua mobilitazione(13/03/2015 18:34)

Il sindacato: “Non abbassiamo la guardia, fino alla firma del decreto degli enti locali”

Elezioni Rsu: Cgil diventa primo sindacato a Palermo (13/03/2015 18:01)

Ast Terni: i sindacati contro l’azienda, non ci parla (13/03/2015 17:58)

La denuncia di Fiom, Fim, Uilm e Fismic di Terni, a tre mesi dall’accordo siglato al ministero. “Non c’è confronto con Rsu e organizzazioni dei lavoratori e nemmeno informazione sulle decisioni prese. Così i contenuti dell’accordo sono a rischio”

Ddl scuola: Pantaleo (Flc), impianto generale inaccettabile(13/03/2015 17:04)

Landini: come riconquistare i diritti (13/03/2015 16:13)

La battaglia del Jobs act, il referendum abrogativo, una nuova legge per l’estensione dei diritti. Il contratto nazionale da difendere e la misurazione della rappresentanza. La campagna sugli appalti. Intervista a Radioarticolo1

Autonoleggio Maggiore, sindacati: 20/3 nuovo sciopero e manifestazione (13/03/2015 15:26)

Cgil Friuli: Caf Nordest, tutti i numeri della solidarietà (13/03/2015 14:34)

Dal 1999 ad oggi, iniziative in quattro continenti per 2,1 milioni. Sui progetti 2015, l’incognita dell’emergenza Isee

Pesca, Flai: 18/4 riparte campagna malattie professionali(13/03/2015 14:25)

Palermo: Fiom chiede incontro con assessore al lavoro(13/03/2015 13:54)

Il sindacato: “Un migliaio di lavoratori metalmeccanici disoccupati ancora senza sostegno al reddito dal 2014”

Cgil Terni: a confronto sulla condizione femminile nella crisi(13/03/2015 13:42)

Edipower, Cgil Messina: grave silenzio politica (13/03/2015 13:11)

Lombardia: sindacati, il 19/3 parte il “Treno della memoria”(13/03/2015 13:05)

Cgil Roma e Lazio: solidarietà ad assessore Danese (13/03/2015 12:49)

Fiom Palermo: assemblea-sciopero al cantiere navale (13/03/2015 12:45)

Contratto integrativo:: “L’impostazione di Fincantieri è troppo rigida”

Filcams Cgil Ancona, 16/3 assemblea lavoratori appalti(13/03/2015 12:23)

Se il dialogo sociale torna nell’agenda europea (13/03/2015 12:21)

La Commissione sembra scommettere di nuovo sul coinvolgimento attivo dei corpi intermedi. Ma il trend si inverte solo con un maggiore investimento sul lavoro. Peccato che in Italia, con il Jobs Act, si vada in tutt’altra direzione DI GUIDO IOCCA

Cgil Messina, 17/3 seminario con Sorrentino (13/03/2015 12:06)

Appalti, un viaggio per i diritti (13/03/2015 12:04)

Arriva a Firenze il furgone della Cgil. Sta girando l’Italia per raccogliere firme per una legge di iniziativa popolare. L’Ospedale Careggi dà lavoro a oltre novemila persone: molte sono in appalto, lavoratori di “serie B”

Cucire in uno scantinato per 2 euro l’ora (13/03/2015 12:01)

Gli inferi del Made in Italy. ‘Abiti Puliti’ svela lo sfruttamento dei tessili in Veneto, Toscana e Campania. A valle della filiera le condizioni non sono molto diverse da alcune fabbriche del Bangladesh o della Moldavia DI ANGELO MASTRANDREA

Varato il ddl “buona scuola”. Cgil: attacco a contratto nazionale (13/03/2015 09:52)

Il Consiglio dei ministri licenzia il provvedimento, ora la riforma al vaglio del Parlamento. Fracassi (Cgil): migliaia di precari delusi nelle loro attese. Per il segretario Flc Pantaleo, è inaccettabile la concentrazione di poteri attribuiti ai presidi

Santa Matilde di Germania


Santa Matilde di Germania

Nome: Santa Matilde di Germania
Titolo: Regina
Ricorrenza: 14 marzo

Di principesca famiglia, nacque S. Matilde nella Sassonia. I cristiani genitori, consci della vanità delle grandezze umane, affidarono la fanciulla all’abadessa di Erfurt, perchè la educasse all’amore e al desiderio delle virtù cristiane. Matilde corrispose alle premure dei genitori e alle sollecitudini della sua educatrice, e non ritornò in famiglia, se non quando seppe essere quella la volontà di Dio.

Nell’anno 913 ella giurava fedeltà di sposa al principe Arrigo, figlio di Enrico duca di Sassonia. Questo matrimonio fu di grande vantaggio per Matilde. Infatti il suo pio sposo, dopo la morte di Corrado re di Germania, nel 919, divenne imperatore. La modestia, l’umiltà, l’innocenza e tutte le egregie doti del suo nobile animo colpivano chiunque la mirasse, molto più di quanto l’abbagliasse la magnificenza delle vesti regali. Sovente la Santa si portava a visitare gli ammalati e i poveri. Le occupazioni del suo stato non permettevano d’occupare nelle pratiche di pietà tutto quel tempo che avrebbe desiderato e perciò nel cuore della notte, mentre nella reggia tutto taceva, essa si portava in chiesa e passava ore ed ore in unione con Dio nella preghiera e nella contemplazione. Il marito era pure profondamente cattolico e assecondava la pietà e le opere della consorte.

La Divina Provvidenza quando chiama un’anima ad un grado sublime di santità, la fa passare per il crogiuolo del dolore. E Matilde che era un’anima tutta di Dio, fu visitata con il flagello della desolazione. Ecco infatti che, per una paralisi cardiaca, venne improvvisamente a mancarle lo sposo Arrigo. Fu questo per la Santa un colpo assai doloroso, sia per l’amore che portava all’amato consorte, sia per le tristi conseguenze che sarebbero seguite a questo decesso. Matilde aveva avuto tre figli: Ottone, Enrico e Brunone. Il primo era stato designato dal padre come suo successore. Ma siccome l’impero di Germania era elettivo, Enrico insorse a contrastare il potere del fratello. La Santa, che prediligeva il secondo, si dichiarò per lui, il che fu causa che fra i due prìncipi fratelli scoppiasse la guerra. Il Signore punì la predilezione della Santa per il secondogenito e permise che i suoi figli si alleassero contro di lei, la spogliassero di ogni potere. e la costringessero a ritirarsi presso un monastero. Grandi sofferenze, dispiaceri e umiliazioni dovette sopportare la regina in questi avvenimenti, tanto più che le erano causati da persone da lei tenerissimamente amate: ma tutto sopportò in ispirito di penitenza. Questa umiliazione fu lunga, ma la virtù della santa regina trionfò e i suoi figli si riconciliarono con lei e tra loro e rimisero la madre nel primitivo stato. S. Matilde spese il restante della vita specialmente nella preghiera e nelle opere di carità. Piena di meriti e di opere sante volò al premio il 14 marzo dell’anno 968.

PRATICA. L’inizio della santità sta nel desiderarla, nel domandarla a Dio, e nello sforzarsi per averla.

PREGHIERA. Dio, che con l’umiltà e costanza della tua serva Matilde ci hai insegnato come si giunga al possesso delle vere grandezze, fa’, ti preghiamo, che anche noi ne imitiamo l’esempio e che le cose non ci siano che stimolo per il tuo santo servizio.