Archivi giornalieri: 6 marzo 2012

Ernia discale e lavoro: quale rapporto?

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Con l’avvento del nuovo elenco di malattie professionali  per le quali vige l’obbligo di denuncia (2004) e con la pubblicazione della nuova Tabella delle Malattie Professionali
Assicurate (2008), si è assistito in questi ultimi anni ad un notevole incremento delle denunce di M.P. che sono passate da circa 26000 a oltre 42000. Di queste ormai più del 60% è rappresentato da patologie muscoloscheletriche.

La comunità scientifica non ha ancora espresso, in modo convincente, un metodo per indagare quale rapporto esista fra la movimentazione manuale dei carichi e l’insorgenza dell’ernia discale lombare. Senza dubbio molti tipologie di lavoro sono più esposte al rischio di movimentazione manuale carichi e presentano prevalenze elevate di ernia discale.

Il seminario, a cui partecipa anche la consulenza medico legale dell’Inca Cgil nazionale, che si tiene oggi, presso l’Aula magna dell’Università di Milano,
si propone diversi obiettivi:

fare il punto delle conoscenze scientifiche su questo argomento; dare un preciso inquadramento nosologico all’ernia discale ed infine proporre all’attenzione del mondo scientifico una metodologia per stimare il nesso causale fra ernia discale e lavoro.

Nanomateriali: gli effetti sulla salute

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Ad oggi non è ancora possibile conoscere i rischi determinati dall’esposizione ai tanti nanomateriali sul mercato e questa carenza riguarda in particolare gli effetti a lungo termine e i possibili rischi nei luoghi di lavoro.

Il NIOSH (National Institute for Occuational Safety and Health) non ritiene facile pervenire ad una valutazione dei singoli nanomateriali mentre più  utile potrà essere la caratterizzazione dei parametri che determinano la loro tossicità e le loro modalità di azione in modo da poter prevedere gli effetti sulla salute.

La valutazione dei rischi si basa sia sui risultati degli studi tossicologici sia sui dati espositivi. Gli studi hanno dimostrato  che una esposizione dei lavoratori è possibile, ma i dati sono ancora carenti e necessitano di ulteriori approfondimenti.

Progressi importanti sono stati, invece, ottenuti, in tema di strumenti e di strategie di misura.
Gli strumenti di prevenzione tradizionale (confinamento, ventilazione con aspirazione localizzata, filtrazione) possono avere una efficacia  nella protezione dei lavoratori ma sono necessari ulteriori approfondimenti per definire i fattori di protezione dei mezzi di protezione collettivi ed individuali.

8° 2012 numero newsletter-2.doc

Giornata parità retributiva

Giornata parità retributiva- In Europa donne guadagnano il 16,4% in

 

Tra qualche giorno si festeggia l’8 marzo, la Giornata mondiale della donna. Ma in Europa le donne continuano a guadagnare in media il 16,4% in meno degli uomini, nonostante da oltre 50 anni sia stato introdotto il principio di parità di retribuzione per uno stesso lavoro.

E oggi, infatti, si celebra la Giornata europea per la parità retributiva, istituita l’anno scorso dalla Commissione Europea. Questa seconda edizione della manifestazione punta i riflettori in particolare sui datori di lavoro.
 
“La giornata europea per la parità retributiva ci ricorda il numero di giorni e di ore di lavoro femminile non remunerato trascorsi dal 1° gennaio. Il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro esiste nei trattati dell’Unione fin dal 1957 e sarebbe ora di farlo valere ovunque” ha affermato Viviane Reding, Commissaria europea per la Giustizia e vicepresidente della Commissione.
 
Nell’Unione Europea il divario retributivo tra i sessi, definito come la differenza media nella retribuzione oraria lorda fra donne e uomini sull’insieme dell’economia, è ancora molto elevato, con notevoli disparità fra paesi e settori d’attività. Si va dal 2% della Polonia a oltre il 27% dell’Estonia. Il divario tende ad allargarsi in alcuni Stati membri come Bulgaria, Francia, Lettonia, Ungheria, Portogallo e Romania.
 
La Commissione propone nuovi strumenti per informare i datori di lavoro, i dipendenti e le parti interessate sul perché sussiste un divario salariale tra donne e uomini e su come sia possibile ridurlo, come la nuova sezione del sito web http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/11/255&format=HTML&aged=1&language=IT&guiLanguage=fraggiornato della campagna che sottolinea l’importanza dei contratti collettivi tra le parti sociali per colmare il divario retributivo. Inoltre verranno organizzati una serie di eventi nazionali in 17 Stati membri UE per diffondere informazioni sulle discriminazioni salariali.
 
A dicembre 2011, nell’ambito di uno scambio di buone pratiche organizzato dalla Commissione per colmare il divario retributivo, il governo tedesco ha presentato un software, il Logib-D, introdotto nel 2009 per permettere alle aziende di analizzare gli scarti salariali uomo-donna al loro interno, mentre l’Austria ha illustrato nuove misure legislative per promuovere la trasparenza delle retribuzioni in ambito aziendale, che prevedono tra l’altro l’obbligo per le imprese di presentare relazioni annue sulle disparità salariali.
 
Del tema si sta occupando anche il Parlamento Europeo. “Come è possibile che dopo aver legiferato per 50 anni sulla parità salariale, ci sia ancora un 16-17% di differenza tra generi?” si chiede la deputata slovacca di centro destra Edit Bauer, e relatrice della giornata della parità retributiva tra uomini e donne.

Secondo la deputata le conseguenze di un divario salariale vanno oltre la rischio di maggiore povertà: si tratta di una vera e propria discriminazione che aumenta anche con l’età. Ci sono, infatti, differenze anche per quanto riguarda le pensioni. E questo incide sul tasso di natalità: nei paesi in cui il divario è minore, c’è un tasso di natalità più elevato. Anche in settori in cui le donne lavorano maggiormente, gli uomini hanno salari più elevati. Questo dipende soprattutto da fattori culturali. Bisogna cambiare atteggiamento rispetto alla maternità

Lavoro. Secondo l’Oil il tasso di disoccupazione al 50% per le italiane under 30

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Banca Etica riflette oggi su donne e finanza

Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), i licenziamenti e l’aumento della precarietà lavorativa dal 2007 ad oggi toccano soprattutto le donne. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile sfiora ormai il 30% per i ragazzi sotto i 30 anni, ma sale al 50% per le ragazze.

Eppure, secondo Banca Etica, se l’occupazione femminile in Italia raggiungesse il 60%, il Pil italiano crescerebbe del 7%, ma sono ancora molti gli ostacoli culturali, organizzativi ed economici che rallentano il percorso verso il raggiungimento di una piena parità tra uomini e donne sul mercato del lavoro e nella ripartizione delle responsabilità familiari.

La Commissione delle Nazioni Unite sullo stato delle donne (Csw), riunita fino al 9 marzo al Palazzo di Vetro, esprime grave preoccupazione per il peggioramento della condizione femminile, provocato oltre che dalla perdita del reddito da lavoro, dai forti tagli alla spesa sociale praticati dagli Stati per contenere il disavanzo pubblico.

La povertà di massa è soprattutto povertà femminile, il 70% dei poveri assoluti nel mondo sono donne.

Le donne sono le principali generatrici di reddito familiare, ma rimangono escluse dall’accesso a risorse fondamentali per lo sviluppo economico, come il credito, la proprietà della terra e di altri strumenti di produzione, la formazione e la tecnologia.

Nelle società industriali subiscono una forte disparità nelle retribuzioni e nella carriera professionale, nell’Unione Europea il divario medio dei guadagni tra uomini e donne è del 17,4%.

Nonostante questa situazione e il clima che gli economisti definiscono “sfavorevole”, le donne sono protagoniste di iniziative finanziarie solide: basta pensare al microcredito, nell’ambito del quale le donne sono artefici di progetti e attività economiche di grande successo, basate sull’innovazione, la promozione della comunità, la partecipazione.

In vista dell’8 marzo, Banca Etica propone una riflessione sui collegamenti tra donne e finanza etica, a partire dalla constazione che i finanziamenti erogati da Banca Etica per il 30% sono destinati a imprese cooperative attive nei servizi di cura alle persone più fragili: servizi che, quando sono accessibili e di qualità, alleviano parte dei carichi di lavoro delle donne permettendo loro una più piena realizzazione sul mercato del lavoro.

Banca Etica festeggia anche il suo 13° compleanno riflettendo su un’economia e una finanza più eque anche dal punto di vista delle disparita’ di genere, nell’incontro di oggi “Donne, Etica e Finanza” alla Casa internazionale delle Donne.

 

 

 

      (Adnkronos)