Archivi giornalieri: 18 ottobre 2011

Corso di Letteratura e poesia sarda all’Università della Terza Età di Quartu

 

 di Francesco Casula

 

Quartu Università Terza Età.jpeg

L’Università della Terza Età di Quartu, per l’anno accademico 2011-2012 ha organizzato un Corso di Letteratura e poesia sarda di 16 ore.

Inizierà il 19 Ottobre prossimo alle ore 18 e proseguirà ogni Mercoledì alla stessa ora. Si terrà nei locali di Viale Colombo 169/b e sarà tenuto dal Prof. Francesco Casula di cui sta per uscire (per la Casa Editrice Grafica del Parteolla di Dolianova una “Letteratura e civiltà della Sardegna” in due volumi).
 
 

 Ecco il Programma

 
PREMESSA
L’umore esistenzialedel proprio essere sardo, –di cui parla Lilliu-come individui e come gruppo che, in ogni momento, nella felicità e nel dolore delle epoche vissute, ha reso i Sardi costantemente resistenti, antagonisti e ribelli, non nel senso di voler fermare, con l’attaccamento spasmodico alla tradizione, il movimento della vita e della loro storia, ma di sprigionarlo il movimento, attivandolo dinamicamente dalle catene imposte dal dominio esterno” pur in presenza di forti elementi di integrazione e di assimilazione, nella società, nell’economia e nella cultura continua a segnare profondamente, sia pure con gradazioni diverse, oggi come ieri, l’intera letteratura sarda che risulta così, autonoma, distinta e diversa dalle altre letterature. E dunque non una sezione o, peggio, un’appendice di quella italiana: magari gerarchicamente inferiore e comunque da confinare nella letteratura “dialettale”. Il sistema linguistico e letterario sardo infatti, come sistema altro rispetto a quello italiano, è sempre stato, come tale, indipendente e contiguo ai vari sistemi linguistici e letterari che storicamente si sono avvicendati nell’Isola, da quello latino a quello catalano e castigliano, e, per ultimo, a quello italiano, con tutte le interferenze e le complicazioni e le contaminazioni che una simile condizione storica comporta. Una situazione ricca e complessa, propria di una regione-nazione dell’Europa e del mediterraneo.
Nasce anche da qui l’esigenza di un’autonoma trattazione delle vicende letterarie sarde: ad iniziare da quelle scritte in Lingua sarda. Da considerare non “dialettali” ma autonome, nazionali sarde, vale a dire.
A questa stessa conclusione arriva, del resto, un valente critico letterario (e cinematografico) italiano come Goffredo Fofi, che nell’Introduzione a Bellas Mariposas di Sergio Atzeni (edito dalla Biblioteca dell’Identità-Unione sarda, pag.18-19) scrive:”Sardegna, Sicilia. Vengono spontanei paragoni che indicano la diversità che è poi quella dell’insularità e delle caratteristiche che, almeno fino a ieri, ne sono derivate, di isolamento e di orgoglio. E’ possibile fare una storia della letteratura siciliana o una storia della letteratura sarda, mentre, per restare in area centro-meridionale- non ha senso pensare a una storia della letteratura campana, o pugliese, o calabrese, o marchigiana, o laziale…
Il mare divide e costringe: La letteratura siciliana e la letteratura sarda possono essere studiate –nonostante la comunanza della lingua, con quella di altre regioni, almeno dopo l’Unità- come “Letterature nazionali”. Con un loro percorso, una loro ragione, loro caratteri e segni”.
Più o meno sulla stessa linea si muove Franco Brevini, considerato il maggior competente di poesia dialettale contemporanea, secondo il quale occorre riconoscere al sistema letterario sardo uno statuto particolare almeno per due motivi fondamentali:
1.Il sardo non può essere considerato un dialetto;
2. Difficilmente la Sardegna a causa della sua posizione decentrata e della sua peculiarissima storia, specifica e dissonante rispetto alla coeva storia  europea, segnata com’è dall’incontro con diverse culture, può essere integrata in un discorso di storia italiana.
 Da una analisi attenta della letteratura sarda potremmo vedere che dalle origini del volgare sardo fino ad oggi, non vi è stato periodo nel quale la lingua sarda non abbia avuto una produzione letteraria.
Del resto a riconoscere una Letteratura sarda è persino  un viaggiatore francese dell’800, il barone e deputato Eugene Roissard De Bellet che dopo un viaggio nell’Isola, in La Sardaigne à vol d’oiseau nel 1882 scriverà :”Si è diffusa una letteratura sarda, esattamente  come è avvenuto in Francia del provenzale, che si è conservato con una propria tradizione linguistica”
Certo, qualcuno potrebbe obiettare, che essa, rispetto ad altre lingue romanze, ha prodotto pochi frutti. E’ questa  -per esempio- la posizione dello stesso Gramsci, che dopo aver detto una sacrosanta verità “il sardo non è un dialetto, ma una lingua a sé”, afferma che esso non ha prodotto “ una grande letteratura”.
In realtà Gramsci non conosce la letteratura sarda: e per molti versi, non poteva neppure conoscerla, dati i tempi e le condizioni storiche –e personali- in cui viveva e operava. E non la conosciamo appieno neppure oggi tanto che è urgente una grande operazione di scavo e di recupero del nostro patrimonio letterario, molto del quale è ancora inedito, numerosissimi testi sono ancora ignorati dagli stessi  critici o sepolti in biblioteche e in archivi privati e pubblici. E occorre tener conto non solo dei testi scritti ma anche di quelli orali –abbondantissimi- quando ne siano recuperate le testimonianze.
Faccio solo un’esempio: abbiamo potuto conoscere Giovanni Matteo Garipa, -non lo conosceva neppure Wagner- solo recentemente, grazie alla ripubblicazione della sua opera su Legendariu de Santas Virgines et Martires de Jesu Cristu (1627) da parte dalla casa editrice Papiros di Nuoro nel 1998 con l’introduzione di Diego Corraine e la presentazione di Heinz Jürgen Wolf  e Pasquale Zucca. Eppure si tratta del più grande scrittore in lingua sarda del secolo XVII  (1575/1585-1640). Eppure molti motivi avrebbero dovuto spingere gli studiosi a conoscere e valorizzare il Garipa, ma soprattutto due:
1.la tesi del sacerdote orgolese, oggi quanto mai attuale, della necessità dell’insegnamento della lingua sarda –definita “limba latina sarda”– come prerequisito per il corretto apprendimento, da parte degli studenti, anche delle altre lingue;
2.la sua convinzione che fosse urgente dotare la Sardegna di una tradizione letteraria «nazionale» sarda, ossia, come si direbbe oggi, di una lingua letteraria uniformemente usata in tutto il territorio dell’Isola e sorretta da un repertorio di testi in grado di competere con quelli delle altre lingue europee.
E’ stato anche obiettato che la lingua sarda ha prodotto “cultura bassa”. Rispetto a questa accusa occorrerebbe finalmente iniziare a liquidare certi equivoci gerarchici sulla cultura e sulle sue forme, per cui ci si attarda ancora a parlare di cultura “alta” e cultura “bassa”, di cultura “materiale” (miniere, artigianato, agricoltura, pastorizia, turismo) inferiore e subordinata alla cultura “immateriale” (lingua, letteratura, arte, musica, diritto ecc. ecc) o di cultura orale inferiore alla cultura “scritta” e dunque meno degna di essere conosciuta e studiata. La cultura, senza gerarchie, deve essere intesa in senso antropologico, ovvero nei valori sottostanti alle scelte collettive e individuali e quindi agli ideali che orientano i comportamenti, con particolare riferimento a quelli sociali.
Anche il termine “letteratura”, secondo il dettato dei più moderni e aggiornati orientamenti di studi, va inteso nel senso di scrittura o produzione di opere di cultura che occupano spazi non tradizionali quali gli atti giuridici, le costituzioni politiche, la poesia e la tradizione orale e finanche le opere di carattere didascalico o divulgativo per le quali veniva usata la lingua sarda al fine comunicare meglio con il popolo.
Ma anche dato e non concesso che la lingua sarda abbia prodotto poco, si poteva pensare che un cavallo per troppo tempo tenuto a freno, legato  imbrigliato e impastoiato potesse correre e correre velocemente? La lingua sarda, certo, deve crescere, e sta crescendo: ha soltanto bisogno che le vengano riconosciuti i suoi diritti, che le venga proprio riconosciuto il suo “status” di lingua, e dunque le opportunità per potersi esprimere, oralmente e per iscritto, come avviene per la lingua italiana.
La Lingua sarda, dopo essere stata infatti lingua curiale e cancelleresca nei secoli XI e XII, lingua dei Condaghi e della Carta De Logu, con la perdita dell’indipendenza giudicale, viene infatti ridotta al rango di dialetto paesano, frammentata ed emarginata, cui si sovrapporranno prima i linguaggi italiani di Pisa e Genova e poi il catalano e il castigliano e infine di nuovo l’italiano.
Contrariamente a ciò che comunemente si dice e si pensa da parte degli stessi sardi, la letteratura in Sardo che l’isola ha espresso nei secoli, oltreché variegata nei diversi generi, è ricca di opere e di autori anche quando superata la fase esaltante del medioevo, all’indomani della sconfitta del regno di Arborea, mancando un centro politico indipendente, le lingue dominanti (catalano, castigliano e infine italiano) assunsero via via il ruolo di lingue ufficiali accolte in toto dal ceto dirigente isolano. La lingua sarda restò praticata dai cantori che diedero vita a una lunga tradizione poetica orale, ma anche da scrittori con riflessi di tipo colto.
Nei secoli si succedettero tentativi, da parte degli intellettuali sardi più vicini al popolo (in particolare uomini di Chiesa), di normalizzare l’uso scritto della lingua. Uno sforzo ancora oggi attuale, nel momento in cui, per effetto di una nuova coscienza linguistica, si è assistito alla nascita della prosa narrativa in lingua sarda.

Occorre comunque sottolineare che è soprattutto a partire dall’ultima metà del Novecento che i poeti e gli scrittori in lingua sarda hanno offerto risultati non solo quantitativamente ma anche qualitativamente risultati di grande rilievo. E nelle loro opere “la Sardegna, finalmente, -come scrive Nicola Tanda- da «nonluogo», diventa «luogo», non di un esclusivo recupero memoriale, ma luogo dell’immaginario che produce il progetto di una identità dinamica, dal quale deriva l’energia vitale e morale di un nuovo modello di sviluppo economico e civile”.
E gli autori trovano una condizione specifica nello «stare» per ottica e palpitazioni, per weltanschaung, per il modo con cui intendono e contemplano la vita e per tante altre cose, razionali e irrazionali, che derivano dai misteri e dalle iniziazioni dell’arte, compresa la nostalgia, che, a dispetto dei politici«realisti», come dice Borges, è la relazione migliore che un uomo possa avere con il suo paese.
L’importante è che la produzione letteraria esprima una specifica e particolare sensibilità locale, ovvero “una appartenenza totale alla cultura sarda, separata e distinta da quella italiana” diversa dunque e “irrimediabilmente altra”, come scrive il critico sardo Giuseppe Marci.
L’importante è soprattutto –come scrive Antonello Satta- “che gli autori sappiano andare per il mondo con pistoccu in bertula, perché proprio in questo andare per il mondo, mostrano le stimmate dei sardi e, quale che sia lo scenario delle loro opere, vedono la vita alla sarda”.
L’importante infine è che la letteratura sarda abbia, come ogni letteratura, tratti universali della qualità estetica e se, in più è  «specifica», soprattutto per una questione di Identità. E’ proprio l’Identità sarda infatti il tratto che a mio parere accomuna gli Autori che scrivono in sardo.Ad iniziare dai poeti del Premio Ozieri in cui la peculiare identità della Sardegna non poteva essere garantita né da alcuna facile coloritura “dialettale” né dalla lingua presa in prestito –l’italiano- ma semplicemente dalla lingua sarda.

20. LA LETTERATURA IN SARDO NEGLI ULTIMI 30 ANNI (1980-2010)

  1. Negli ultimi trent’anni c’è stata una vera e propria esplosione della letteratura in Lingua sarda; poesia ma anche  prosa, con Contus e-fenomeno nuovo- romanzi. Antoni Arca (in Benidores, Literatura, limba e mercadu culturale in Sardigna, Condaghes editore, Cagliari 2008) ha censito i libri di narrativa in lingua sarda pubblicati in meno di 30 anni.Nei primi dieci anni (1980-1989) le pubblicazioni sono state 22, fra cui 11 romanzi. Il primo a rompere il ghiaccio della incomunicabilità fra la lingua sarda e il romanzo (quella con il racconto, soprattutto orale non c’è mai stata) è Larentu Pusceddu con S’àrvore de sos tzinesos. Il libro scatenò, quando uscì nel 1982, una lunga querelle letteraria che ebbe per alcuni il merito e per altri la colpa di portare alla ribalta la questione della lingua sarda.
  2. Tra i romanzi pubblicati nel decennio 1980-1989, oltre a Sos Sinnos di Michelangelo Pira;Mànnigos de memoria di Antonio Cossu; Po cantu Biddanoa  di Benvenuto Lobina; S’Istoria, Condaghe in limba sarda di Frantziscu Masala e su Zogu di Zuanne Frantziscu Pintore, da menzionare sono Su traballu est balore (1984) di Francesca Cambosu; Alivertu (1986) di Mario Puddu e Sas gamas de istelai (1988) di Albino Pau (ripubblicati ambedue nel 2004 da Condaghes editore).
  3.  
  4. Nei secondi dieci anni (1990-1999) le pubblicazioni sono più che raddoppiate: dalle 22 del primo decennio passano a 57. Da ricordare –fra gli altri- i seguenti romanzi: Su contu de Piricu di Mario Sanna (1990); Mastru Taras (1991) diLarentu Pusceddu; Su Zuighe in cambales ((1992) di Gigi Sanna;  i romanzi in gallurese: Di stenciu a manu mancina (1993) di Giancarlo Tusceri e Lu bastimentu di li sogni di sciumma (1997) di Giuseppe Tirotto e Sciuliai Umbras (1999) di Ignazio Lecca, in campidanese.
  5.  
  6. Fra i “Contos-racconti”, di particolare interesse Nadale (1990) di Diego Corraine; Sa memoria e i sos contos (1991) di Giulio Albergoni; Contos de s’antigu casteddu (1994) di Salvatore Patatu; Contos de bidda mia (1995 di Salvator Angelo Spanu; Contus (1998) di Franca Marcialis; Is contus de nonna Severina-contus de forredda (1999) di Maria Assunta Cappai.
  7.  
  8. Nei terzi dieci anni (2000-2007) le opere narrative in sardo sono ben 107. “Si casi otanta titulos in binti annos, nos sunt partos cosa manna –scrive Antoni Arca– prus de chentu in nemmancu in sete annos, ite sunt? Fatzile: sa proa de l’acabbare de nàrrere chi sa narrativa in sardu galu no esistit. Una narrativa in sardu b’est, e como toccat a l’istudiare, sena pensare de àere giai in butzaca su modellu pro l’ispertare, ca, comente amus cunsideradu dae su 1980 a su 1999, in sardu sunt istados iscritos contos e romanzos chi tocant onni genere e onni edade, cun resurtados de onni manera, dae òperas feas  a òperas bellas, passende pro unu livellu medianu de bona legibilidade”(Se quasi 80 titoli in 20 anni ci sono sembrati una gran cosa –scrive Antonio Arca- più di 100 in meno di sette anni, che cosa sono? Chiaro: la dimostrazione che occorre smetterla di dire che una narrativa in Lingua sarda non esiste ancora. Una narrativa in sardo c’è e ora occorre studiarla, senza pensare di avere in tasca un modello da interpretare, perché, come abbiamo analizzato per il periodo 1980-1999, in sardo sono stati scritti racconti e romanzi che attengono a ogni genere e a ogni età, con risultati diversi: con opere mediocri ma anche belle, e dunque complessivamente con un livello medio di buona qualità).
  9.  
  10.  
  11. MOVIMENTI E AUTORI
  12. 1. LA NASCITA DELLA LINGUA SARDA E I PRIMI DOCUMENTI.
  13. -Apparizione di un volgare “nazionale”.
  14. -I primi documenti in lingua sarda sono la Carta del giudice Torchitorio -1070-1080 e  il così detto Privilegio logudorese detto anche Carta consolare pisana, -1080-85.
  15. 2. I CONDAGHI
  16. I CondaghiDei quattro Condaghi più importanti, che ci sono pervenuti integralmente, due  risalenti ai secoli XI-XII (Condaghe di San Nicola di Trullas e di San Pietro di Silki) sono scrittti in sardo-logudorese e uno (Condaghe di Santa Maria di Bonarcado), che contiene documenti compilati in tempi diversi tra i primi decenni del secolo XII e la metà del secolo XIII, è scritto in sardo-arborense. Mentre il quarto, il Condaghe di San Michele di Salvennor, originariamente scritto in Sardo, è andato perduto, e di esso possediamo solo una copia tradotta in lingua castigliana mista a sardo, nel secolo XVI.
  17. 3. LA CARTA DE LOGU DI ELEONORA D’ARBOREA,promulgata da Eleonora nel 1392 raccoglie leggi consuetudinarie di diritto civile, penale e rurale. Contiene un proemio e 198 capitoli: i primi 132 formano il Codice civile e penale gli altri 66 il Codice rurale, emanato dal padre Mariano IV, il padre di Eleonora..
  18. 4.  ANTONIO CANO, Il primo scrittore di un poema in lingua sarda(1400-1476/78)
  19. 5. SIGISMONDO ARQUER, Lo scrittore plurilingue di statura europea, vittima  dell’Inquisizione  e condannato al rogo in Spagna (1530-1571).
  20. 6. GIROLAMO ARAOLLA, il poeta sardo trilingue che vuole “ripulire” la lingua sarda (1510 circa-fine secolo XVI).
  21. 7. GIOVANNI MATTEO GARIPA , il più grande scrittore in lingua sarda del secolo XVII  (1575/1585-1640).
  22. 8. FRA ANTONIO MARIA DA ESTERZILI, il fondatore della sacra rappresentazione in Sardegna (1664-1727)
  23. 9.LA POESIA IN LINGUA SARDA NEL 700/800 FRA UMORISMO, SATIRA E IMPEGNO :
  24. 9.1. SA SCOMUNIGA DE PREDI ANTIOGU: DI AUTORE SCONOSCIUTO , il capolavoro, anonimo, della poesia comico-satirica sarda dell’800
  25. 9.2. LUIGI PINTOR SIRIGU, Il più grande poeta satirico dell’ottocento in lingua sardo-campidanese (1765-1814).
  26. 9.3.FRANCESCO IGNAZIO MANNU, il magistrato e il poeta cantore delle rivolte antifeudali in Sardegna alla fine del ‘700(1758-1839).
  27. 9.4. DIEGO MELE, Il principe dei satirici sardi in lingua sardo-logudorese(1797-1861)
  28. 9.5 PEPPINO MEREU,  Il poeta “maledetto”, il poeta socialista (1872-1901).
  29.  
  30. 10.ANTIOCO CASULA (Noto MONTANARU), il più noto poeta in lingua sarda(1878-1957)
  31.  
  32. 11.BENVENUTO LOBINA, Il poeta e il romanziere  bilingue che ha nobilitato la lingua sarda(1914-1993).
  33. 12. FAUSTINO ONNIS, il poeta e artista autodidatta che ha dedicato la vita alla Lingua sarda (1925-2001)
  34. 13.ANTONIO COSSU, lo scrittore e poeta bilingue, il giornalista, l’editore e l’operatore culturale impegnato  (1927-2002).
  35. 14. AQUILINO CANNAS, Il cantore di Cagliari e dei diseredati (1914-2005)
  36. 15.FRANCESCO MASALA, Il poeta e il romanziere bilingue dei Sardi “vinti ma non convinti”(1916-2007).
  37. 16. FRANCO CARLINI, Lo scrittore e il poeta bilingue. Il “Rodari sardo” con il gusto dell’ironico e del fiabesco.(1936-)
  38. 17.GIANFRANCO PINTORE, il giornalista, saggista e scrittore bilingue e identitario(1939-).
  39. 18. PAOLA ALCIONI, la scrittrice e poetessa cagliaritana bilingue, che canta sogni e radici antiche(1955-)
  40.  
  41. 19. MARIA CRISTINA SERRA, La valente poetessa in lingua sarda-campidanese  che canta  i valori dell’Identità (1960-)
  42. 20. LA LETTERATURA IN SARDO NEGLI ULTIMI 30 ANNI (1980-2010)
  43. Negli ultimi trent’anni c’è stata una vera e propria esplosione della letteratura in Lingua sarda; poesia ma anche  prosa, con Contus e-fenomeno nuovo- romanzi. Antoni Arca (in Benidores, Literatura, limba e mercadu culturale in Sardigna, Condaghes editore, Cagliari 2008) ha censito i libri di narrativa in lingua sarda pubblicati in meno di 30 anni.Nei primi dieci anni (1980-1989) le pubblicazioni sono state 22, fra cui 11 romanzi. Il primo a rompere il ghiaccio della incomunicabilità fra la lingua sarda e il romanzo (quella con il racconto, soprattutto orale non c’è mai stata) è Larentu Pusceddu con S’àrvore de sos tzinesos. Il libro scatenò, quando uscì nel 1982, una lunga querelle letteraria che ebbe per alcuni il merito e per altri la colpa di portare alla ribalta la questione della lingua sarda.
  44. Tra i romanzi pubblicati nel decennio 1980-1989, oltre a Sos Sinnos di Michelangelo Pira;Mànnigos de memoria di Antonio Cossu; Po cantu Biddanoa  di Benvenuto Lobina; S’Istoria, Condaghe in limba sarda di Frantziscu Masala e su Zogu di Zuanne Frantziscu Pintore, da menzionare sono Su traballu est balore (1984) di Francesca Cambosu; Alivertu (1986) di Mario Puddu e Sas gamas de istelai (1988) di Albino Pau (ripubblicati ambedue nel 2004 da Condaghes editore).
  45.  
  46. Nei secondi dieci anni (1990-1999) le pubblicazioni sono più che raddoppiate: dalle 22 del primo decennio passano a 57. Da ricordare –fra gli altri- i seguenti romanzi: Su contu de Piricu di Mario Sanna (1990); Mastru Taras (1991) diLarentu Pusceddu; Su Zuighe in cambales ((1992) di Gigi Sanna;  i romanzi in gallurese: Di stenciu a manu mancina (1993) di Giancarlo Tusceri e Lu bastimentu di li sogni di sciumma (1997) di Giuseppe Tirotto e Sciuliai Umbras (1999) di Ignazio Lecca, in campidanese.
  47.  
  48. Fra i “Contos-racconti”, di particolare interesse Nadale (1990) di Diego Corraine; Sa memoria e i sos contos (1991) di Giulio Albergoni; Contos de s’antigu casteddu (1994) di Salvatore Patatu; Contos de bidda mia (1995 di Salvator Angelo Spanu; Contus (1998) di Franca Marcialis; Is contus de nonna Severina-contus de forredda (1999) di Maria Assunta Cappai.
  49.  
  50. Nei terzi dieci anni (2000-2007) le opere narrative in sardo sono ben 107. “Si casi otanta titulos in binti annos, nos sunt partos cosa manna –scrive Antoni Arca– prus de chentu in nemmancu in sete annos, ite sunt? Fatzile: sa proa de l’acabbare de nàrrere chi sa narrativa in sardu galu no esistit. Una narrativa in sardu b’est, e como toccat a l’istudiare, sena pensare de àere giai in butzaca su modellu pro l’ispertare, ca, comente amus cunsideradu dae su 1980 a su 1999, in sardu sunt istados iscritos contos e romanzos chi tocant onni genere e onni edade, cun resurtados de onni manera, dae òperas feas  a òperas bellas, passende pro unu livellu medianu de bona legibilidade”(Se quasi 80 titoli in 20 anni ci sono sembrati una gran cosa –scrive Antonio Arca- più di 100 in meno di sette anni, che cosa sono? Chiaro: la dimostrazione che occorre smetterla di dire che una narrativa in Lingua sarda non esiste ancora. Una narrativa in sardo c’è e ora occorre studiarla, senza pensare di avere in tasca un modello da interpretare, perché, come abbiamo analizzato per il periodo 1980-1999, in sardo sono stati scritti racconti e romanzi che attengono a ogni genere e a ogni età, con risultati diversi: con opere mediocri ma anche belle, e dunque complessivamente con un livello medio di buona qualità).
  51.  
  52. Tra i 107 titoli,a parte quelli di Benvenuto Lobina, Francesco Masala, Franciscu Carlini, Zuanne Frantziscu Pintore, Michelangelo Pira, Paola Alcioni e Antonimaria Pala, sono molti quelli degni di menzione (e solo lo spazio limitato impedisce di ricordarli tutti) fra gli altri, i romanzi:
  53. -Carrela ‘e puttu,  Presones de lussu (2000), S’Iscola de Mara (2002), Pissighende su tempus benidore. S’istoria fantastica de sa Sardigna in su XXI seculu -2001-2100 (2003) e Chenabraghetta (2005) di Nino Fadda;
  54. -S’Isula de is canis. De s’arreumi a sa democrazia intre sa beccia e sa noa economia(2000), Contus de fundamentu. De candu sa luxi fudi scura, a candu su scuriu es luxenti(2003), Arega-pon-pon. Tempus de pintadera (2007) di Francu Pilloni;
  55. Una frabigga di sogni (2001) di Gian Paolo Bazzoni; Corte soliana (2001) di Marina Danese; Su belu de sa bonaura (2001) e Dona Mallena (2007) di Larentu Puxeddu;  L’umbra de lu soli (2001) e Comenti óru di nèuli…(2002) di Giuseppe Tirotto; Su deus isculzu (2002) di Pitzente Mura; Is cundannaus de su sàrtidu (2003) di Sandro Chiappori; Su cuadorzu (2003) e Sa gianna tancada (2005) di Nanni Falconi; S’arte e sos laribiancos.Lìttera a Tziu Frantziscu (2003) di Bustianu Murgia; Sa sedda de sa passalitorta (2004) di Gonario Carta Brocca; Nania. Sa pitzinna chi benit dae su nuraghe (2004) di Maria Lucia Fancello; Meledda (2005) di Mariangela Dui; S’àrvule de sos sardos (2005) di Micheli Ladu; Antonandria (2006) di Paulu Pillonca; Sos de Parte “Tzier” (2007) di Costantina Frau.
  56. Fra gli autori di “Contos e faulas-racconti e favole” di rilievo sono: S’arrisu de s’Arenada (2000) di Matteo Porru; Deu sciu unu contu (2000) di Ettore Sanna e Maria Bonaria Lai; A bassi veri (2001) e Raighinas (2003) di Nino Fois; Contus e contixeddus (2002) di Ugo Dessy; Contos e cantilenas (2002) di. Maria Teresa Pinna Catte, Maria Lucia Fancello, Silavana Comez; Contos de Foghile (2003) di Francesco Enna; Contixeddus Cuatesus (2003) e S’anima de Cuattu. Is arregodus e sa lingua (2006) di Giusi Ghironi e Mariano Staffa;Contos e faulas (2003) di Mario Puddu, Matteo  Porru, Teresa Scintu, Giovanna  Elies, Pinuccio Canu; Sos contos de Torpenet.Cuncursu de literadura sarda in su Web  (2004) di AA. VV.; Apedala dimòniu! (2004) di Amos Cardia; Memorias de Marianu (2004) di Giuseppe Puxeddu; Contus antigos (2005) di Josto Murgia; Ite timende chi so (2005) di Antonietta Zoroddu; Conti pa Pitzinni(2006) di Fabritziu Dettori; Sa paristòria de Bachis (2006),di Francesco Cheratzu.

.
L’elenco potrebbe continuare: per intanto con le opere narrative pubblicate dal 2007 fino ad oggi, che sono moltissime. Ricordo A ballu tango di Antoni Arca, Su calarighe di Stefania Saba, pubblicati da Condaghes che, insieme a Papirosdi Nuoro, Domus de janas di Cagliari, Grafica del Parteolla di Dolianova e Alfa di Quartu, è l’editore specializzato nelle pubblicazioni in sardo e in gallurese.
L’Alfa editrice –fra l’altro-  negli ultimi anni ha pubblicato nella variante campidanese e logudorese ma anche in Limba sarda comuna (LSC), due collane, rivolte in modo particolare al mondo della scuola: S’Iscola (15 volumi di Contos e paristorias) e Omines e feminas de gabbale (15 monografie su personaggi sardi illustri:  Gratzia Deledda(di Francesco Casula), Emiliu Lussu(di Matteo Porru), Leonora d’Arborea(di Francesco Casula), Antoni Gramsci (di Francesco Casula e Matteo Porru), Antoni Simon Mossa (di Francesco Casula), Frantziscu Masala (di Matteo Porru e Tonino Langiu), Zuanne Maria Angioy (di Francesco Casula), Amsicora (di Francesco Casula), Marianna Bussalai (diFrancesco Casula), Giuanni Battista Tuveri (di Gianfranco Contu e Ivo Murgia), Sigismondo Arquer (di Francesco Casula), Giuseppe Dessì (di Francesco Casula e Veronica Atzei), Montanaru (di Francesco Casula e Joyce Mattu), Egidio Pilia (di Marcello Tuveri e Ivo Murgia), Gratzia Dore (di Francesco Casula).
 

Francesco Casula

 

NPS: circolari e messaggi

 


Gentile Cliente,
Le inviamo gli ultimi Messaggi Hermes pubblicati sul sito www.INPS.it > Informazioni > INPS comunica > normativa INPS: circolari e messaggi

 

>>> Titolo:  Circolare numero numero 135 del 12-10-2011
  Contenuto:  Nuovo assetto organizzativo e funzionale del servizio di informazione e consulenza dell?Istituto.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 134 del 12-10-2011
  Contenuto:  Le azioni di surrogazione nelle prestazioni pensionistiche ex art. 14 della legge 12 giugno 1984, n. 222.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 133 del 11-10-2011
  Contenuto:  Convenzioni per la riscossione delle quote sindacali sulle prestazioni straordinarie previste dall?accordo programmatico del 15 maggio 2009 a carico del Fondo per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell?occupazione per il personale delle Società del Gruppo FS, sottoscritte tra l?INPS e le seguenti OO.SS.: Federazione Autonoma dei Sindacati dei Trasporti ? Ferro Vie (Fast Ferro Vie), Federazione Italiana Trasporti ? CISL (FIT CISL), Unione Generale del Lavoro Attività Ferroviarie (UGL Attività Ferroviarie). Istruzioni procedurali e contabili. Variazioni al piano dei conti.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 132 del 11-10-2011
  Contenuto:  Gestione del contenzioso amministrativo e giudiziario.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 131 del 10-10-2011
  Contenuto:  D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Determinazione presidenziale n. 75 del 30 luglio 2010 ?Estensione e potenziamento dei servizi telematici offerti dall?Inps ai cittadini? e n. 277 del 24 giugno 2011 ?Istanze e servizi ? Presentazione telematica in via esclusiva ? decorrenze?. Nuove modalità di presentazione telematica in via esclusiva delle domande di prestazioni previdenziali ed assistenziali.
Tipologia:  CIRCOLARE

>>> Titolo:  Circolare numero numero 130 del 10-10-2011
  Contenuto:  D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Determinazione presidenziale n. 75 del 30 luglio 2010 ?Estensione e potenziamento dei servizi telematici offerti dall?Inps ai cittadini? e n. 277 del 24 giugno 2011 ?Istanze e servizi ? Presentazione telematica in via esclusiva ? decorrenze?. Nuove modalità di presentazione telematica all?INPS della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) ai fini del rilascio delle certificazioni ISE/ ISEE.
Tipologia:  CIRCOLARE

La poesia sarda satirica e giocosa. Ieri e oggi.

 

di Francesco Casula

In Sardegna è esistita anche una poesia satirica con un forte timbro sociale, con il gusto del motteggio e della battuta scherzosa, dello sberleffo, della canzonatura e dell’ironia. Una poesia satirica e, persino ridanciana, in chiave sentenziosa e più ancora di costume che affiora, per esempio, nelle gare poetiche degli improvvisatori ma che ha avuto in particolare quattro grandi poeti sardi: il cagliaritano Efisio Pintor Sirigu, che può essere considerato il primo poeta satirico isolano; l’olzaese Diego Mele, il più celebrato dei poeti satirici sardi, il macomerese Melchiorre Murenu e il gallurese don Gavino Pes.

Tale poesia continua: con i necessari aggiornamenti e attualizzazioni, ma conservando il tono di celia, il sapore di parodia, il gusto del paradosso, del giocoso e della caricatura. E’ il caso di Tramas de seda, (Casa editrice La Riflessione di Davide Zedda), la nuova deliziosa e spassosa silloge poetica di Maddalena Frau, che sarà presentata sabato 29 Ottobre a Sanluri (Sala dell’ex Montegranatico) e con cui, orazianamente, “ridendo castigat mores”. 

Esemplare, per quanto attiene all’ironia e alla satira, è nella Raccolta la poesia S’Aipoddu, (l’I-Pod) dedicata all’ultimo ritrovato tecnologico che sta spopolando soprattutto fra i giovani. Poesia che ha vinto il Primo Premio nel Concorso di Poesia satirica “Larentu Ilieschi” di Ploaghe il 26 Giugno scorso.

La poesia -il cui sardo dimostra ancora una volta la capacità di esprimere tutta la modernità, anche quella  legata alla tecnologia più spinta- con garbo, quasi amabilmente, con il gusto della caricatura e della parodia, mette in luce gli aspetti paradossali, ridicoli e comici di Efisineddu, ormai “schiavo” del nuovo dio giovanile oltre che di tutto il ciarpame modaiolo distribuito a piene mani dalla TV e dalla Pubblicità. Ecco alcuni versi:”Efisineddu andat in sa strada/cun s’origa attaccada a s’Aipoddu/e a cropus de gambas e de coddu/fueddat cun sa musica Repada/In sa busciacca de su cratzoneddu/ci ficchit su lettori musicanti;/de musica moderna delliranti/si ndi prenat su coru e su xrobeddu./A cratzoni calau a mesugonna,/a cufiedda cun su lecca-lecca/ndi bogat su macchini ‘e discoteca/cun Paf Daddi, Beionse, Madonna…/Baddendu Roch En Rollu iscadenau,/e Tecno e Fanchi sbanda-sbanda/si callincunu ddi fait domanda/non bidi e no intendit: stontonau!”

Infine l’ultimo ritrovato tecnologico: l’I-Pod, un lettore di musica digitale basato su hard disk e memoria flash, che sta spopolando soprattutto fra i giovani e a cui l’Autrice dedica una fulminante poesia, S’Aipoddu, che ha vinto, meritatamente, il Primo Premio nel Concorso di Poesia satirica “Larentu Ilieschi” di Ploaghe il 26 Giugno scorso. La poesia -il cui sardo dimostra ancora una volta la capacità di esprimere tutta la modernità, anche quella  legata alla tecnologia più spinta- con garbo, quasi amabilmente, con il gusto della caricatura e della parodia, mette  in luce gli aspetti paradossali, ridicoli e comici di Efisineddu, ormai “schiavo” del nuovo dio giovanile oltre che di tutto il ciarpame modaiolo distribuito a piene mani dalla TV e dalla Pubblicità:”Efisineddu andat in sa strada/cun s’origa attaccada a s’Aipoddu/e a cropus de gambas e de coddu/fueddat cun sa musica Repada/In sa busciacca de su cratzoneddu/ci ficchit su lettori musicanti;/de musica moderna delliranti/si ndi prenat su coru e su xrobeddu./A cratzoni calau a mesugonna,/a cufiedda cun su lecca-lecca/ndi bogat su macchini ‘e discoteca/cun Paf Daddi, Beionse, Madonna…/Baddendu Roch En Rollu iscadenau,/e Tecno e Fanchi sbanda-sbanda/si callincunu ddi fait domanda/non bidi e no intendit: stontonau!”

Dalle recenti elezioni emergono con nettezza alcuni dati incontrovertibili: il primo attiene al bipolarismo. Lungi dall’essere ormai assodato e metabolizzato -come certa pubblicistica cerca di propagandare- è stato preso a roncolate dagli elettori. Per non parlare del bipartitismo, che è stato addirittura interrato, forse definitivamente: almeno in Sardegna. Ne è testimonianza impietosa il risultato elettorale: PDL e PD insieme ottengono poco più di un terzo dei voti complessivi (36%). Eppure questi partiti vorrebbero dominare -e con quale spocchia- l’intero panorama politico. Gli è che quando dalla loro parte non vi è la legge (liberticida) con sbarramenti e premi di maggioranza, il loro consenso è ultraminoritario. Non di molto superiore a quello ottenuto dal variegato mondo sardista, indipendentista, autonomista o comunque regionalista (Psd’az, Irs, Rosso Mori, Fortza Paris, Uds, Mpa, Riformatori); o a quello dei Partiti italiani che sono loro alleati (Idv, UDC, Sinistra, Verdi, Socialisti e altri). Ma il dato più eclatante -inutile negarlo- è l’astensionismo di massa: alle Provinciali ha votato un elettore su due. L’affluenza si è infatti fermata al 56,75% con un meno 11% rispetto alle precedenti elezioni. E sarebbe stato ancora più massiccio senza il colossale effetto trascinatore delle elezioni comunali, con un intero esercito di candidati. Tanto che dove queste non si svolgevano, i seggi sono andati pressoché deserti: a Cagliari ha votato il 34,2%; ad Alghero il 36,1; a Olbia il 40%. E’ stato detto che si è trattato di un astensionismo anti province. Certo: ma non solo questo. Al fondo vi è soprattutto una crescente disaffezione del cittadino nei confronti dei Partiti, spesso anche una reazione di rifiuto della politica tout court, vista “affare per mestieranti”, da cui dunque stare alla larga. La responsabilità maggiore è da ricondurre ai partiti, la cui politica svuotandosi sempre più di contenuti e di programmi, diventa pura gestione del potere a vantaggio di pochi. Partiti che sono interessati a perpetuare un ceto politico mastodontico e sempre più autoreferenziale, ben remunerato e con immani privilegi. E non penso soltanto a quelli che “occupano” le Assemblee elettive  ma a quella pletora di “trombati” alle elezioni che vengono “sistemati” in Enti, di qualsivoglia genere: da quelli culturali e quelli bancari.

Sbaglia, a mio parere, Giacomo Sanna quando liquida, quasi con sprezzo e con sufficienza, la proposta di Maninchedda di costruire “un grande polo autonomista che abbia dimensioni tali da rompere l’attuale situazione politica e possa rappresentare una scelta elettorale diversa credibile e forte”.

Sia ben chiaro il segretario nazionale del PSD’AZ ha tutto il diritto di rivendicare con orgoglio la scelta indipendentista del suo Partito fin dal lontano 1981: scelta tendente a conquistare vieppiù quote di sovranità e che difficilmente può dunque convergere con l’Autonomia, storicamente fallita e che ha significato per la Sardegna succursalismo, subalternità e, di fatto, eteronomia.

Certo Sanna ha ragione nel rimproverare a Maninchedda l’abbandono dell’Assemblea Costituente -la madre di tutte le riforme- per sposare una stitica, burocratica e inutile “Consulta”. Ha altrettanta ragione quando ricorda ai Partiti del centro sinistra l’aver messo nel cassetto il progetto di “Sardegna libera” del 18 Luglio 2003 che si proponeva di ”dare forma e sostanza a un nuovo soggetto della politica sarda che assumesse l’Identità come valore preminente, interrompendo le trasposizioni degli schemi della politica italiana su quella sarda”; o, per usare le parole allora pronunciate, a nome dei DS, dall’attuale Assessore all’Ambiente Tonino Dessì, di “costruire un soggetto politico nuovo, riformista, federalista, sardista, una nuova espressione autonoma della soggettività di un popolo irriducibilmente peculiare ”.

Tutto ciò premesso, come non avvedersi però che oggi è più che mai urgente la costruzione di un polo nazionalitario, che abbia dimensioni tali da competere, anche a livello elettorale, con i poli italianisti? Non si tratta a mio parere di “sciogliere” il Partito sardo in una generica “area autonomista”; né -come paventa Giorgio Melis in questo Quotidiano- di fondare un ennesimo partitino sardo, bensì di dar vita -magari attraverso una federazione- a una vasta coalizione che metta insieme partiti e movimenti sardi, sardisti e indipendentisti, in grado di costruire un progetto, una via “locale” di prosperità, di benessere e di libertà, di autogoverno e di autodeterminazione per la Sardegna e i Sardi.

Una vera e propria “casa comune” dei Sardi: nell’immediato in grado di allearsi -per condizionarli da una posizione di forza e senza alcuna subalternità- con i Partiti italiani di centro-sinistra; in prospettiva per porsi in alternativa e governare la nostra Isola, per portarla alla rottura della dipendenza.

   “O Sardi o servi, o liberi nella nostra terra o schiavi, un altro mondo è possibile a casa nostra”: così Giacomo Sanna concluse la sua relazione di presentazione del progetto “Sardegna libera” il 18 Luglio del 2003. Bene: occorrerà dotarsi, per “essere liberi in casa nostra”, certo di un Partito sardo più forte e robusto, ma nel contempo di un’area politica più vasta e unitaria. Se il progetto di Maninchedda è questo, occorrerà non solo condividerlo ma sostenerlo e incoraggiarlo da parte di tutti i sardi e non solo dei sardisti.

PREFAZIONE

di Francesco Casula

Maddalena Frau dopo le sillogi poetiche di Lugore de luna (2002) e Sas meravillas de don Bosco (2006) ci delizia con una nuova prova di sardo

e di sardità letteraria, poetica e linguistica: Tramas de seda (Filaterias/Filastrocche- Anninnias/Ninnenanna- Duru-Duru/Canti-Isorvelimbas/Scioglilingua). Si tratta di 91 poesie in lingua sardo- logudorese (66) e sardo-campidanese (25), rivolte soprattutto ai bambini, agli scolari. Sulla scia della tradizione popolare sarda.

Infatti “la società agropastorale dava ai bambini affetti, attenzioni e cure che oggi la società industriale più non dà”, ha scritto il nostro più grande poeta etnico, Cicitu Masala. Pensiamo a tutti gli antichi giocattoli della tradizione popolare sarda (Alberi di cuccagna, buoi di granoturco, lacciuoli di fieno, sa bardufula, sa boccia, sa pippia de zappu, is fosileddus, is cuaddeddus, is carrettonis) o ai giochi (su pimpiriponi, su seddatzeddu, su binghiri-binghiri, su babballotti, su barraliccu, Zacca e poni, Su pistirincu, su pincareddu, su foghilloni, Cruxis e grastus, Cavallieri in porta, Pitzu,cu o atza?).

Oppure pensiamo alla vasta produzione di letteratura infantile in lingua sarda: Anninnias (ninne-nanne); Duru-duru; Contos de foghile o de forredda (fiabe) che ad Alghero, chiamano Cantzonetas de minjonetts; Isorvelimbas o strobeddalinguas (scioglilingua);Berbos chenza cabu né coa (“non sense”); Filaterias o cantones a istroccu (filastrocche); Istivinzos (indovinelli); proverbi; Berbos contro la malattia e contro la malasorte; scongiuri apotropaici da allegare a scapolari e amuleti; Pungas e Mazinas. Tutto un incredibile materiale predisposto per la mimesi e per l’iniziazione alla vita dei grandi.

I componimenti di Tramas de seda sono modellate in strutture giocose, scherzose, musicali, onomatopeiche, iterative e hanno proprio le movenze del tipo della filastrocca, della ninna-nanna, della canzone, dell’indovinello, del nonsense di matrice popolare ma che Maddalena Frau sottopone a un trattamento e a una rielaborazione personale e originale.

Quella costruita dalla poetessa Ollolaese -ma da decenni oramai trapiantata a Sanluri, di qui le due varianti, logudorese e campidanese, utilizzate nelle sue poesie- è però anche una “commedia umana”, un caleidoscopio di personaggi ora patetici ora drammatici, ora ridicoli e comici. Essi talvolta sono certamente surreali ma più spesso sono attinti dalla vita quotidiana e si confrontano con la realtà di oggi. Ed essi sono -come l’Autrice scrive nella Presentazione-:innamorati e infedeli, belli e brutti, maldestri, furbi, sciocchi, allegri e capricciosi”.

Anche in questa silloge Maddalena Frau conferma una grande cifra espressiva e poetica, grazie al suo linguaggio spassoso e carico di deflagrazioni umoristiche e dalle grandi capacità allusive, impregnate di immagini ardite, di metafore, di parabole, di simboli e di proverbi, quella scrittura e quel linguaggio che ha saputo mutuare – sia pure con grande originalità  – dalla cultura tradizionale sarda e dalla oralità: da nonna Maddalena e dai nonni materni di Mamoiada, babbai Mele e mammai Deiana, come precisa nella Presentazione.

Ma c’è di più: l’Autrice -in questa silloge più che nelle altre due che l’hanno preceduta- disegna e rappresenta i suoi personaggi, con un gusto tra l’ironico e il fiabesco, a cui bisogna aggiungere una fortissima componente ludica e spassosa, che si manifesta in parecchi testi: pensoa Baby Sitter, un personaggio paradigmatico e sempre più attuale anche nella nostra Sardegna, come la romena Fransiska, che così recita, con il suo linguaggio ibridato ma particolarmente incisivo e divertente, ovvero con quell’italiano contaminato dal vocabolario popolare e dalla lingua sarda; “ci ho dato solamente/la pappa con amore/a pitzinnu minore:/un pentolino a raso/di minestra con caso,/e frutta con nutella/e pane e mortadella/e omogeneizzato/a foco callentato/con latte e biberone,/Pitzinnu…è satzagone!..

Il gusto per il gioco, il senso ludico della scrittura e della poesia: una poesia che si fa rima, canto e canzone e si scioglie nei numeri della musica, preludendo alla danza e al ballo, guidati da “Su sonette e su pipiolu” attraversa moltissimi componimenti.

Penso -ma sono solo degli esempi- a Durulìa: “Duru-duru-duru-lìa/Chie b’at in domo mia?/B’est una cria minore/chi faghet su sonadore/cantande:-Uè! Uè!-/cun sa crapa e sa memèè./Mè! Mè! Mè! Bè-bè-bè! Bèè!”; o a Beni mannoi! Beni Mannai!: “A duru-duru, a duru-dai!/ Beni mannoi! Beni Mannai/Ben’ a cantare a su pitzinneddu/a lughe ‘e sole, a lughe ‘e isteddu./Canta a iscuru e a lugore,/A duru-duru, Ninnu minore./A duru-duru a duru-dai./Beni mannoi, beni mannai.”; o ancora a Ballalloi: “Righe, righe Ballalloi!/Cun sos corros de Bobboi/cun sos corros de Nannai/canta-ti su duru-dai,/Canta e balla in camminu/ma non rigas a caddinu/e nemancu a macconatza/Mamma tua porconatza/sorre tua manna becca./Zoga, zoga a pudda zecca./Zoga, zoga, belleddeddu,/ma ti tzumiat su cherveddu,/e ti tzumiat “Oi! Oi!”/Righe, righe, ballalloi!”

Il piacere per il gioco metrico e formale, per la rima e il vortice  linguistico, non è mai però fine a se stesso, puro “divertissement”. Pur mai urlato e insistito ma sotteso, sommesso e discreto, quasi subliminale, aleggia infatti in quasi tutti i componimenti della silloge, “l’engagement” del grande filosofo francese cristiano, Emmanuel Mounier, ovvero l’impegno sociale, etico, pedagogico, culturale e religioso dell’Autrice.

E non inganni l’apparente elementarità dei toni e della scrittura, la veste ludica del verso, a volte brevissimo, la sonorità delle rime, delle consonanze e delle assonanze, l’ilarità delle situazioni e anche certa irrazionalità e assurdità dell’immaginario: la destata impressione di uno spontaneo inserimento casuale delle parole, in un piacevole intrigante giuoco musicale, sono segni di un’incisiva introspezione nell’universo spirituale dell’uomo e non puro gioco.   

   Ma il significato recondito del mondo di Tramas de seda, le sue sostanziose midolla occorre coglierle sotto la crosta della finzione poetica, del procedimento allegorico e dell’invenzione verbale: al di là del tono di celia, del sapore di parodia e satira, del gusto del paradosso, della caricatura, della canzonatura e dello sberleffo.

E tale significato e ideale sta in un atteggiamento tollerante, equilibrato e disincantato verso la vita che non esclude però, che anzi richiede con forza, una critica, sotto forma di parodia e di satira  -mai però arcigna né insistita- nei confronti delle manie, dei limiti, dei vizi, degli errori, delle debolezze umane: così -per dirla con Orazio, “ridendo castigat mores”. E’ il caso di Tzia Brusiera, pettegola e maldicente che Ponet su fogu/in cada logu,/a cada manera/Zirat de palas/est brusiande…/E cosas malas est imbentande/Tzia Brusiera/no at setzidorzu/Zughet sa limba/ che unu puntorzu”; o di Nonna Catzedda, boriosa, saccente e sapientona che “Tott’ischit issa” a tal punto che “In sa cappella de su cumbentu/nde faghet lege de testamentu…Donat a totus amonitzione:/-Prega, cunfessa, comunione,/si no arribbat s’Apocalissa…”; o ancora di Donna Mafalda, così piena di sé e presuntuosa che, volendo come marito “Marchesos e contes/e cun terrinos e mares e montes/Cun dominarios e serbidores/e cun zardinos de milli colores” si ritrova con “Nudda”: “Solu s’amore de Bore Chibudda”!

Ma le roncolate e gli strali -sia pure giocosi- della parodia e della satira di Frau si scagliano soprattutto nei confronti della “modernizzazione” della società sarda, tutta giocata all’insegna del consumismo (in sos bancones de sennor Oscian ormai si può acquistare tutto!), l’urbanesimo, lo squasso e lo sconvolgimento antropologico ed etnico causato dall’acculturazione esterna e da modelli (di alimentazione, di vita, di sviluppo, di civiltà) “altri” ed estranei all’identità dei sardi. Modelli di vita e di sviluppo che alienano e deprimono l’individuo (In tottuve tottus tenent s’istresse!) e la comunità. E persino i “paesi” sardi, che vieppiù rischiano di essere invasi dalla colata lavica omologante delle metropoli, smarrendo così codici,valori e specificità.

Di qui le manie modaiole – spesso di cattivo gusto- nel modo di vestire e di abbigliarsi con calzoni che scoprono il sedere e la pancia, piercing nell’ombelico, cinte torchiate e scarpe a punta lunga: è il caso di Sa netta de comare Leonorache “Zai si la bragat ca tenet dinare,/fintzas su culu cheret ammostrare,/a camisedda curtza e brent’ in fora./Cun sabbatas a punta illonghiada/nde faghet tricchi-tracca in s’istradone/e si sonat sa tzinta bullonada/e s’imbilighe a pendulintzone”.

Ma anche di Sabbata punti longa: “Comare s’est irrutta a costalonga/andande tetteredda in s’imperdau:/ca su taccu a ispillu l’est bortau/pro curpa de sa sabbata puntilonga./Pro neghe de sa moda de ocannu/ca cheret sa femmina piperuda/comare s’est irrutta a culinuda/Tott’a cartzas a susu ite dannu/”.

Altro vezzo modaiolo -e spesso pericoloso- sbeffeggiato e messo alla berlina da Frau in Chicca Nieddu è quello -tipico di molte donne ma, sempre più, anche di uomini- di restaurarsi e ristrutturarsi attraverso il silicone, guance, labbra, seni e persino sedere, caviglie e talloni: “Chicca Nieddu/at silicone:/in su cherveddu/unu buruthone/e in sa fatzada/de sos tutturros/est uffreddada/puru in sos murros/E in sas tittas,/mannu disizzu,/tenet banittas/de batto’ pizu./Nde tenet peri/initzione/in su paneri/de chimmisone/In cambutzeddu/e in carrone/Chicca Nieddu/ at silicone”.

Infine la moda -e, talvolta, la schiavitù- delle nuove diavolerie elettroniche come Su gioghittu cellulari, su telefoninu, preteso anche dai bambini: “Duru-duru duru-dai/su pipiu de gomai/est prangendu notti e dì,/no arrennescit a dromì/ca no dd’ant arregalau/su gioghittu de mercau,/cussa bella scatuledda/chi scuillat e fueddat:/su gioghittu singulari/chi si tzerriat cellulari”, avente magari incorporato Su videogiocu che “Fadendi mistura/in sa tancadura…/sa musica macca/sonendi in busciacca/in su pantaloni/de Peppi Meloni,/Sonendu-sonendu,/sa genti arriendu./Su preide inchiettu…/Macchini cumpletu!”.

Infine l’ultimo ritrovato tecnologico: l’I-Pod, un lettore di musica digitale basato su hard disk e memoria flash, che sta spopolando soprattutto fra i giovani e a cui l’Autrice dedica una fulminante poesia, S’Aipoddu, che ha vinto, meritatamente, il Primo Premio nel Concorso di Poesia satirica “Larentu Ilieschi” di Ploaghe il 26 Giugno scorso. La poesia -il cui sardo dimostra ancora una volta la capacità di esprimere tutta la modernità, anche quella  legata alla tecnologia più spinta- con garbo, quasi amabilmente, con il gusto della caricatura e della parodia, mette  in luce gli aspetti paradossali, ridicoli e comici di Efisineddu, ormai “schiavo” del nuovo dio giovanile oltre che di tutto il ciarpame modaiolo distribuito a piene mani dalla TV e dalla Pubblicità:”Efisineddu andat in sa strada/cun s’origa attaccada a s’Aipoddu/e a cropus de gambas e de coddu/fueddat cun sa musica Repada/In sa busciacca de su cratzoneddu/ci ficchit su lettori musicanti;/de musica moderna delliranti/si ndi prenat su coru e su xrobeddu./A cratzoni calau a mesugonna,/a cufiedda cun su lecca-lecca/ndi bogat su macchini ‘e discoteca/cun Paf Daddi, Beionse, Madonna…/Baddendu Roch En Rollu iscadenau,/e Tecno e Fanchi sbanda-sbanda/si callincunu ddi fait domanda/non bidi e no intendit: stontonau!”

In questo componimento viene usata la lingua sarda nella variante campidanese: ebbene, a me pare che essa, per la poesia comica e giocosa, risulti più congeniale e più adatta delle altre varianti: forse perché lo stesso dizionario di immagini, lo stesso lessico dei modi di dire e di schemi figurativi possiede già al suo interno idee e impressioni atteggiate dall’anima popolare nella formadella satira, del paradosso e della parodia.

Ma nella poesia di Frau non ci sono solo uomini e donne, personaggi, abbiamo visto, ora comici e ora tragici: ci sono anche gli animali, che appartengono a un certo ambiente, ne costituiscono un tratto preciso: ma significano anche altro, essendo figure da apologo come: Su catheddu:“chisolu-solu poverittu/in s’affogu e in su frittu/S’intendet su appeddare/in su monte e in su mare”; Cane e gattu: “Sa Cane macca e sa Gattu morta/ischint a bendere e a comporare/però zogande a su batti-porta/nachi si sunt istumbadas a pare”; Sa gattulina de Tzifarosa: “Sa gattulina de Tzifarosa/s’atera die s’est fatta a isposa/cun su Pisitu de campidanu/in d’unu campu de taffaranu”; Su mulu e su mobenti:”Su mulu e su mobenti/corruxinant in pari/Si murigat sa brenti/bruxiat su vari-vari”; Su pisitu:”Su pisitu pei piattu/mi ndi furat fattu-fattu/petza e pisci de su prattu/Su pisitu pei piattu”.

La silloge è scritta in Lingua sarda e a fianco vi è sempre la traduzione in Italiano. Occorre riconoscere che la versione in limba risulta più efficace ed intensa: il linguaggio infatti, turgidamente espressivo, onomatopeico e musicale, irrompe sempre carico di deflagrazioni umoristiche, con grandi capacità allusive, allegoriche, ironiche ed inventive. Un linguaggio che, nei momenti più felici, risulta un impasto ardito di neologismi, immagini, proverbi, tratti dalla tradizione popolare, producendo un fragoroso gioco pirotecnico e un carnevale lessicale e musicale.

        Nella versione italiana si perdono molti ritmi, rime, suoni, assonanze e allitterazioni: a dimostrazione della “intraducibilità” della lingua, pena il dimezzamento delle capacità espressive e comunicative. Per non parlare delle frasi idiomatiche, di cui la lingua sarda è ricchissima, e che sono assolutamente intraducibili. La scelta della Lingua sarda dimostra, anche a chi non ci credesse, le possibilità artistiche e semantiche di una lingua tagliata che molti hanno ricucito e usano sempre più spesso, contrariamente a quanto dicono statistiche improponibili.

      Quando il sardo fra non molto -c’è da augurarsi- entrerà nelle scuole, libri come questo consentirebbero ai ragazzi di rivisitare un mondo e di apprezzare una lingua dal fascino innegabile. Dunque Tramas de seda è da leggere e da gustare soprattutto nella versione sarda, in cui l’immaginario popolare, ricchissimo e depositato nel bagaglio musicale di una lingua, il sardo, sia logudorese che campi- danese, si mostra in tutta la sua potenza poetica. Dove per potenza poetica s’intende la capacità della parola di innescare, mettere in moto, il processo poetico. Si percepisce, cioè, in questo libro, il potere autopoietico della lingua sarda, un potere che da una parte deriva dal suo carattere culturale squisitamente popolare (come inconscio collettivo), e dall’altra parte dal fatto che il sardo è una lingua minoritaria, disprezzata (molto spesso dagli stessi sardi) e dimenticata nel vorticoso guazzabuglio linguistico dei media.       

Maddalena Frau fa comunque bene a offrirci poesie bilingui. Ciò infatti può servire come strumento perché si avvicini al sardo anche chi nutre pregiudizi e ostilità. E soprattutto la versione bilingue può essere oggi più facilmente circuitata anche all’interno delle scuole, fondamentale se non si vuole confinare la lingua sarda nell’angusto recinto delle feste paesane o del folclore.

La poetessa ollolaese -come già aveva fatto nelle due precedenti sillogi Lugore de luna e Sas meravillas de don Bosco- riscrive all’infinito la poesia che gli proviene da quel mondo innocente della sua infanzia, fatto di immagini della memoria, di colori, di odori, di sapori e soprattutto di suoni. Certo essa scrive e canta per i bambini. Ma perché sa di scrivere e cantare per tutti gli uomini. Occorre infatti evitare di assegnare a Tramas de seda una semplice funzione di divertimento o la generica collocazione in una convenzionale “lettura per l’infanzia”.

   Per valorizzare in pieno la poesia di Maddalena Frau bisognerebbe restituirla all’oralità. L’intera tessitura sonora, le rime, le allitterazioni si potrebbero gustare meglio se “recitate” da un autore: o meglio ancora, se cantate.  Questa raccolta, in altri termini, si configura anche come uno spettacolo da proporre in piazza, nelle scuole, alla radio.

Tramas de seda infatti è come un manifesto politico-culturale: insegnate ai vostri bambini insieme alla lingua sarda, l’immaginario linguistico e culturale sardo. Per questo il libro di Frau ha anche un valore didascalico, oltre che estetico e di pretto piacere letterario.

Il testo si propone infatti per la particolare efficacia comunicativa, per la “presa diretta” con i bambini e i preadolescenti. Le diverse poesie infatti coinvolgono nell’ascolto la tensione comunicativa e cognitiva, l’immaginazione e il gusto della scoperta lessicale e semantica e, cosa tutt’altro che secondaria, evocano e attivano una serie di contesti extralinguistici, di caratterizzazione ambientale, psicosociali, etnoantropologica, adeguata a percorsi di ricerca per la formazione storica e lo sviluppo della personalità di base. Sono dunque tante le ragioni per dire che Tramas de seda non è un libro da leggere e conservare, ma un libro per apprendere, ricordare, comunicare.

MONTANARU NON VALE MENO DI CARDUCCI

 

STORIE DI LIMBA

SardegnaQuotidiano_20111017.pdf a pagina 4

di FRANCESCO CASULA

L’Università della Terza

Età di Quartu, ha

organizzato un corso

di Letteratura sarda.

Inizierà il 19 ottobre

prossimo alle ore 18 e proseguirà

ogni mercoledì alla stessa ora e si

terrà nei locali di viale Colombo

169/b. Una iniziativa quanto mai

opportuna anche per liquidare il

luogo comune secondo cui la

Sardegna non avrebbe avuto una

Letteratura in limba. Certo,

qualcuno potrebbe obiettare, che

essa, rispetto ad altre lingue

romanze, ha prodotto pochi frutti. È

questa – per esempio – la posizione

dello stesso Gramsci, che dopo aver

detto una sacrosanta verità “il sardo

non è un dialetto, ma una lingua a

sé”, afferma che esso non ha

prodotto “una grande letteratura”.

In realtà Gramsci non conosce la

letteratura sarda: e per molti versi,

non poteva neppure conoscerla,

date le condizioni storiche – e

personali – in cui viveva e operava.

E non la conosciamo appieno

neppure oggi tanto che è urgente

una grande operazione di scavo e di

recupero del nostro patrimonio

letterario, molto del quale è ancora

inedito, numerosissimi testi sono

ancora ignorati dagli stessi critici o

sepolti in biblioteche e in archivi

privati e pubblici. E occorre tener

conto non solo dei testi scritti ma

anche di quelli orali –

abbondantissimi – quando ne siano

recuperate le testimonianze.

Ma anche dato e non concesso che

la lingua sarda abbia prodotto poco,

si poteva pensare che un cavallo per

troppo tempo legato, imbrigliato e

impastoiato potesse correre e

correre velocemente? La lingua

sarda, certo, deve crescere, e sta

crescendo: ha soltanto bisogno che

le vengano riconosciuti i suoi diritti,

che le venga riconosciuto proprio il

suo “status ” di lingua, e dunque le

opportunità per potersi esprimere,

oralmente e per iscritto, come

avviene per la lingua italiana.

Negli ultimi trent’anni c’è stata una

vera e propria esplosione della

letteratura in Lingua sarda; poesia

ma anche prosa, con Contus e –

fenomeno nuovo – romanzi. Di

questi ultimi ne sono stati censiti

più di 100. Attengono a ogni genere

e a ogni età, con risultati diversi:

con opere mediocri ma anche belle,

e dunque complessivamente con un

livello medio di buona qualità. Si

tratta di conoscerli. E di inserirli nei

curricula scolastici, insieme a tanta

poesia sarda di qualità, superando

una buona volta i pregiudizi italo

centristi. Perché Montanaru non ha

niente da invidiare a Carducci.

truncare. myblog. it