Archivi giornalieri: 20 ottobre 2011

COSE SARDE INDIPENDENZA: IPOTESI FOLLE O VINCENTE?

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di FRANCESCO CASULA

 

 

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Da un sondaggio di un
quotidiano isolano
emerge che la
stragrande maggioranza
dei Sardi (più dell’80%)
guarda con simpatia
all’indipendenza considerata una
scommessa su cui investire per il
futuro della Sardegna. E non,
un’ipotesi fantasiosa e folle, come
ritiene una infima minoranza (meno
del 20%). Si dirà che si tratta di un
sondaggio senza i crismi della
scientificità e, dunque
sostanzialmente senza valore e
credibilità. Può darsi. È certo però
che esprime una tendenza in atto
nella società sarda. L’ipotesi
indipendentista, fino a qualche
decennio fa demonizzata e
criminalizzata, oggi è entrata
prepotentemente nel dibattito
politico e nelle più alte sedi
istituzionali, Consiglio regionale
compreso. E certo si può convenire e
dissentire. Una cosa però occorre
affermare con nettezza: il diritto alla
Autodeterminazione dei popoli – e
dunque alla Indipendenza e persino
alla secessione-separazione – è
garantito dal Diritto e da tutte le
Convenzioni internazionali. Con
buona pace di Napolitano e della
stessa Costituzione italiana che
prevede la Repubblica “una e
indivisibile”. E anche con buona
pace dell’ordinamento giuridico
italiano liberticida secondo cui la
“secessione ” è addirittura un reato
(art. 241, Attentati contro la integrità,
l’indipendenza o l’unita’ dello Stato)
da punire con la reclusione non
inferiore a dodici anni. Del resto, il
diritto alla “secessione ” è stato
praticato negli ultimi decenni –per
limitarci solo al Vecchio Continente
– da decine di popoli europei, dando
vita a nuovi stati con la
disgregazione dell’Urss e della
Iugoslavia; con la “separazione ” della
Slovacchia dalla repubblica Ceca ecc.
Il diritto all’autodeterminazione e
dunque all’indipendenza del popolo
sardo si fonda sul suo essere
“nazione”; ovvero sulla sua storia,
diversa e dissonante rispetto alla
storia italiana. Storia che incardina
la sua specifica identità culturale e
linguistica che non può essere
sciolta e dispersa – come fino ad
oggi è successo – nel calderone della
“italianità”. La Sardegna è entrata
nell’orbita italiana nel 1720 , quando
per un “baratto di guerra”, l’Isola
passa dalla Spagna al Piemonte.
Ritrovandosi una provincia di uno
staterello ottuso e famelico, specie
dopo la rinuncia all’Autonomia
stamentaria nel 1847. Forse è arrivato
il momento storico di riprendersi la
sua indipendenza nazionale persa.
truncare. myblog

Il presidente dell’Inca all’Assemblea delle donne Spi Cgil

NEWS

 

Nell’intervenire all’ottava Assemblea delle donne Spi Cgil, Morena Piccinini, presidente del patronato Inca ha sottolineato che “Le pensioni sono usate come lo scalpo del risanamento del bilancio del paese”. E sulla “troppa spesa nelle pensioni”  ha osservato:  “Il sistema previdenziale con le riforme che si sono avvicendate negli ultimi anni è oggi perfettamente in equilibrio: esiste un equilibrio fra entrate contributive e uscite previdenziali, soprattutto nel lavoro dipendente”.

Il vero problema, per Piccinini è un altro: “la battaglia del nostro sindacato per avere un sistema in equilibrio è stata snaturata dal precedente governo Tremonti-Berlusconi che sul piatto del bilancio dello Stato ha messo il risparmio futuro delle pensioni, rendendo quindi il bilancio pensionistico strutturale rispetto al bilancio dello Stato”. “Il governo italiano – ha proseguito – va dunque a prendere i soldi nel capitolo pensioni, il capitolo più certo, perchè il resto degli introiti è inventato”.

 “Anzi- ha aggiunto – tutto quello che è stato messo veramente in campo è stato il taglio allo Stato Sociale, ai Comuni e al sistema pensionistico”.  “Con troppa faciloneria e superficialità è stato affrontato il tema delle pensioni – ha sottolineato – un tema da maneggiare, invece, con estrema cura perché si tratta di un percorso che coinvolge intere generazioni”.

L’intervento completo su http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=30837

Giovani, una generazione senza occupazione

NEWS

 

Tutta una generazione di giovani è profondamente segnata dalla crisi dell’occupazione. E’ la denuncia che arriva dal rapporto pubblicato dall’Ilo, intitolato “Global Employment Trends for Youth: 2011 Update”. In particolare, spiega l’Organizzazione internazionale del lavoro, attualmente i giovani subiscono “una pericolosa combinazione di disoccupazione elevata, crescente inattività e lavoro precario nei paesi industrializzati e dal persistere di una elevata povertà da lavoro nei paesi in via di sviluppo”.

Tra il 2008 e il 2009, spiega il rapporto, il numero di disoccupati nel mondo ha registrato un incremento senza precedenti di 4,5 milioni. “Questo aumento straordinario – secondo l’Ilo – appare più evidente quando si confronta con la crescita media del periodo pre-crisi (1997-2007), stimata al di sotto delle 100 000 persone all’anno”.

Nel corso della crisi, la crescita della manodopera giovanile è stata di molto inferiore a quella prevista: nel 2010, nei 56 paesi in cui sono disponibili i dati, sono entrati nel mercato del lavoro 2,6 milioni di giovani in meno di quelli previsti dalle tendenze a lungo termine prima della crisi. Molti di questi 2,6 milioni sono probabilmente giovani scoraggiati in attesa che la situazione migliori ed è probabile che rientreranno nel mondo del lavoro come disoccupati.

Questo, continua l’indagine, “significa che gli attuali tassi ufficiali di disoccupazione giovanile potrebbero sottostimare la gravità del problema nelle economie industrializzate”. I disoccupati che cercano lavoro dopo 12 mesi sono più giovani che adulti. In Grecia, Italia, Slovacchia e nel Regno Unito, i giovani hanno il doppio o il triplo delle probabilità degli adulti di essere disoccupati di lunga durata.

Inoltre, il tasso di occupazione part-time fra i giovani nel periodo 2007-2010 è cresciuto in tutte le economie industrializzate, ad eccezione della Germania. Il forte aumento in alcuni paesi – 17,0 punti percentuali in Irlanda e 8,8 punti percentuali in Spagna, ad esempio – indica che il lavoro part-time sembra essere l’unica opzione possibile per i giovani in cerca di un impiego. Alla fine del 2010, un giovane su due aveva un lavoro part-time in Canada, Danimarca, Olanda e Norvegia.

L’Ilo sottolinea “la sfortuna” dei giovani che entrano nel mercato del lavoro oggi, negli anni della crisi. Una sfortuna, spiega, che “non si traduce soltanto in un sentimento di disagio provocato dalla disoccupazione, dalla sotto-occupazione e dal timore di rischi sociali legati alla carenza di lavoro e all’inattività prolungata, ma potrebbe anche avere conseguenze nel lungo periodo in termini di livelli salariali più bassi e sfiducia nei confronti del sistema politico ed economico”.

Tra i giovani si diffonde dunque “una frustrazione collettiva”. Questo, conclude l’organizzazione, “è stato uno dei fattori che ha contribuito ad alimentare i recenti movimenti di protesta in tutto il mondo. Diventa infatti sempre più difficile per un giovane trovare un impiego che vada oltre un lavoro part-time o a tempo determinato”.

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