Giovedì Santo

 

Giovedì Santo


Giovedì Santo

autore: Daniele Crespi anno: 1625 titolo: L’Ultima Cena luogo: Pinacoteca di Brera, Milano
Nome: Giovedì Santo
Titolo: L’ultima cena
Ricorrenza: 28 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Solennità
Il Giovedì Santo si celebra il rito della benedizione degli olii santi durante la Messa del Crisma al mattino e nel pomeriggio si ricorda l’ultima Cena del Signore nella messa serale dando così inizio al Triduo Santo.

Nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto». La sorgente di questo dono per la Chiesa e per ogni singolo credente è la Mensa Eucaristica nella quale la comunità radunata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito, ripetere il gesto compiuto da Gesù con l’istituzione del Sacramento dell’Altare.

Il comando di Gesù rivolto ai suoi discepoli chiamati a perpetuare quanto da lui stesso compiuto nel cenacolo si prolunga poi nel segno della lavanda dei piedi, tanto che lo stesso Maestro e Signore dice ai suoi commensali: «Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi». Così facendo pone una relazione profonda e indisgiungibile tra l’Eucaristia, sacramento della sua offerta sacrificale al Padre per la salvezza del mondo, e il comandamento dell’amore che si traduce nel servizio incondizionato, sino al dono della vita, ai fratelli.

Dall’Eucaristia la Chiesa trae la sua origine permanente e all’Eucaristia essa deve fare ritorno in ogni istante della sua esistenza e della sua missione perché possa essere e crescere secondo il pensiero e il disegno di Dio. Del resto «la Chiesa è stata fondata, come comunità nuova del Popolo di Dio, nella comunità apostolica di quei dodici che, durante l’ultima cena, sono divenuti partecipi del corpo e del sangue del Signore sotto le specie del pane e del vino. Cristo aveva detto loro: “Prendete e mangiate…”, “prendete e bevete”. Ed essi, adempiendo questo suo comando, sono entrati, per la prima volta, in comunione sacramentale col Figlio di Dio, comunione che è pegno di vita eterna.

Da quel momento sino alla fine dei secoli, la Chiesa si costruisce mediante la stessa comunione col Figlio di Dio, che è pegno di pasqua eterna». La ricchezza di questo mistero di salvezza è sapientemente raccolta in un’opera in avorio che fa parte di una collezione più vasta di tavolette eburnee istoriate, molte delle quali illustrano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, probabilmente costituenti nel loro insieme un paliotto d’altare. Oggi sono conservate al Museo S. Matteo di Salerno.

Ultima Cena Avori Salernitani

La “tavola” qui illustrata è divisa in verticale in due scene distinte e complementari. La parte superiore è occupata dall’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, chiaro rimando al mistero eucaristico. Gesù è intento a consegnare il pane moltiplicato ai suoi discepoli che a loro volta lo distribuiscono alla folla. La parte inferiore è invece costituita a sua volta da due scene. Innanzitutto l’ultima cena, in cui possiamo vedere Gesù seduto assieme ai suoi discepoli a una tavola imbandita con al centro un grande pesce, simbolo cristologico ed eucaristico, poco prima di annunciare il tradimento di Giuda. Poi ecco la lavanda dei piedi, lì dove Gesù, dopo aver deposto la veste su uno sgabello posto alle sue spalle ed essersi cinto di un asciugatoio, lava i piedi a Pietro e agli altri discepoli. Il suo gesto ha una forte connotazione liturgica e richiama immediatamente ciò che durante la celebrazione della Cena Domini compie il sacerdote quando ripete l’azione compiuta da Gesù nel cenacolo.

Le due scene sono strettamente relazionate e celebrano un solo mistero: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Verso Cristo, il quale «ci nutrisce con tutto il sangue del suo corpo e del suo cuore, sotto il peso di inauditi dolori, pressato come in un torchio, solo per la forza del suo amore infinito» (M. S. Scheeben), si muove il cuore della Chiesa alla quale il Maestro «prima di consegnarsi alla morte, affidò il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore» (Preghiera Colletta).

ICONOGRAFIA

“Una casa. Al suo interno c’è una tavola con focacce e piatti colmi di cibo; c’è una coppa e un grande recipiente per il vino. Cristo è seduto a tavola con gli apostoli. Sul lato sinistro, Giovanni è disteso sul suo grembo; a destra Giuda allunga la mano nel piatto e guarda Cristo.” Così recita il manoscritto d’iconografia bizantina redatto tra il X e l’XI secolo d. C. che detta le regole per rappresentare l’ormai tradizionale culto eucaristico con la figura di Cristo tra i discepoli.

Fractio Panis delle Catacombe di Priscilla

titolo Fractio Panis delle Catacombe di Priscilla

In epoca paleocristiana il rito del banchetto sacro, l’agape, veniva rappresentato nel contesto di un’abitazione, come nella Fractio Panis delle Catacombe di Priscilla risalenti al III sec sicuramente una delle più antiche raffigurazione della Cena Eucaristica. Col passare dei secoli troviamo un Cristo-Filosofo tra i discepoli, disposti a semicerchio coi pesci al centro come nel mosaico di Sant’Apollinare Nuovo (inizio del VI sec.) che non si discosta troppo dalla Codex Purpureus Rossanensis già ispirata a modelli orientali.

Codex Purpureus Rossanensis

titolo Codex Purpureus Rossanensis

Se con Giotto e Duccio possiamo ammirare i commensali sui due lati del tavolo con Cristo al centro, con Andrea del Castagno, il Ghirlandaio e Luca Signorelli vediamo gli apostoli allineati lungo un tavolo con Cristo al centro e Giuda da solo di fronte agli altri.

Ultima Cena

titolo Ultima Cena
autore Giotto anno 1303-1305

Ma la rappresentazione più celebre di sempre è quella vinciana, che ne rivoluziona i dettami con i 13 commensali tutti dallo stesso lato, le profonde fughe prospettiche e soprattutto la scelta del momento da rappresentare, ovvero l’annuncio dell’imminente tradimento e la conseguente reazione degli apostoli.

Ultima Cena

titolo Ultima Cena
autore Leonardo Da Vinci anno 1494-1498

Da lì a poco le varianti del Cenacolo saranno sempre più importanti. Perde di linearità e sintesi per arricchirsi di personaggi, animali e nuovi elementi con il capolavoro del Tintoretto.

Ultima Cena

titolo Ultima Cena
autore Tintoretto anno 1592-1594

O come la magnifica rappresentazione del pittore spagnolo Juan Vicente Macip realizzato tra il 1555-1562 e conservato nel Museo del Prado a Madrid.

Ultima Cena

titolo Ultima Cena
autore Juan Vicente Macip anno 1555 – 1562

Oltre alla raffigurazione dell’ultima cena nel Giovedì Santo viene rappresentata la lavanda dei piedi che è il gesto che Gesù fece durante l’Ultima Cena narrato nel Vangelo secondo Giovanni, atto che simbolizza l’amore di Cristo per gli umili. Uno dei dipinti più rappresentativi della scena è sicuramente quello di Giotto conservato nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

Lavanda dei piedi

titolo Lavanda dei piedi
autore Giotto anno 1303-1305 circa

Ma anche il capolavoro del Caracciolo mostra come umilmente Gesù si inginocchia al cospetto di Pietro. Questi, che non può comprendere il gesto del Signore, tenta umilmente di sottrarvisi non ritenendosene degno. Gli altri apostoli si interrogano stupefatti con sguardi e gesti d’incredulità. Sul tavolo alle spalle di Gesù, ben illuminato, vi è un pane, ovvia allusione al pane eucaristico.

Lavanda dei piedi

titolo Lavanda dei piedi
autore Battistello Caracciolo anno 1622

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Giovedì Santoultima modifica: 2024-03-28T08:12:42+01:00da vitegabry
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