Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 2084/2024
Impiego pubblico – Funzioni Locali – art. 2087 cod. civ. nozione mobbing e straining
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La nozione di mobbing (come quella di straining) è una nozione di tipo medico-legale, che non ha autonoma rilevanza ai fini giuridici e serve soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l’art. 2087 cod. civ. e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro. Vale la pena, sul punto, richiamare una recente pronuncia della Corte (Cass. 19 ottobre 2023, n. 29101), secondo cui, in relazione alla tutela della personalità morale del lavoratore, al di là della tassonomia e della qualificazione come mobbing e straining, quello che conta è che il fatto commesso, anche isolatamente, sia un fatto illecito ex art. 2087 cod. civ. da cui sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore al più elevato livello dell’ordinamento, ovvero la sua integrità psicofisica, la dignità, l’identità personale, la partecipazione alla vita sociale e politica. La reiterazione, l’intensità del dolo, o altre qualificazioni della condotta sono elementi che possono incidere eventualmente sul quantum del risarcimento ma nessuna offesa ad interessi protetti al massimo livello costituzionale come quelli in discorso può restare senza la minima reazione e protezione rappresentata dal risarcimento del danno, a prescindere dal dolo o dalla colpa datoriale, come è proprio della responsabilità contrattuale.Vai al documento
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 4458/2024
Principio Generale – condotte costituenti reato e giusta causa di licenziamento
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Condotte costituenti reato possono – anche a prescindere da apposita previsione contrattuale in tal senso – integrare giusta causa di licenziamento sebbene realizzate prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro, purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino – attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto – incompatibili con il permanere di quel vincolo fiduciario che lo caratterizza.Vai al documento
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 5048/2024
Impiego Pubblico – Sanità – Collocamento obbligatorio – Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto. art. 63-del Dlgs 165/2001, Legge 68/1999, 2932 c.c., direttiva 2000/78/CE “Parità di trattamento dei soggetti portatori di handicap”, art. 5 del CCNL Comparto Sanità
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
In materia di rapporto di pubblico impiego privatizzato, dove la legge e la contrattazione collettiva predeterminano tutti gli elementi essenziali del contratto, come la qualifica, le mansioni, il trattamento economico e normativo e il periodo di prova, non sono ravvisabili ostacoli alla tutela costitutiva ex art. 63 D.Lgs. n. 165 del 2001 invocata dal lavoratore, iscritto nelle liste di avviamento obbligatorio e risultato idoneo al collocamento, dovendosi solo valutare, con accertamento di fatto riservato al giudice del merito, se siano o meno praticabili “ragionevoli accomodamenti”, nel rispetto dei principi stabiliti dalla direttiva 2000/78/CE, per rendere concretamente compatibile l’ambiente lavorativo con le limitazioni funzionali del lavoratore disabile.Vai al documento
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Corte di Cassazione
Sezione II
Ordinanza 2307/2024
Pubblico Impiego – art. 53 del D.Lgs. n. 165 del 2001 – autorizzazioni attività extraistituzionale
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il Collegio osserva che nel pubblico impiego contrattualizzato l’art. 53 consente l’espletamento di incarichi extraistituzionali retribuiti solo ove gli stessi siano “conferiti” dall’Amministrazione di provenienza, ovvero da questa preventivamente autorizzati, rimettendo al datore di lavoro pubblico la valutazione della legittimità dell’incarico e della sua compatibilità, soggettiva ed oggettiva, con i compiti propri dell’ufficio. All’applicazione di tale disciplina concorre il comma 9 dell’art. 53, che fa carico agli enti pubblici economici e ai datori di lavoro privati di chiedere la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza del lavoratore. Quanto richiesto al datore di lavoro dal citato comma 9 non può essere trasferito a carico del lavoratore. Infatti, anche il lavoratore concorre all’attuazione della disciplina sulla incompatibilità (cumulo di impieghi e incarichi), ma la norma di riferimento per quest’ultimo va individuata nell’art. 53, comma 7, che prende in esame le conseguenze per il lavoratore della mancanza di autorizzazione a svolgere l’incarico extraistituzionale.Vai al documento
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 3990/2024
Impiego Pubblico – Sanità – Omessa istituzione e attivazione del fondo da destinare alla retribuzione di risultato – CCNL per Area della dirigenza medica e veterinaria del 5.12.1996
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La contrattazione collettiva, pur includendo la retribuzione di risultato nel trattamento accessorio e non in quello fondamentale, pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di istituire ed utilizzare il relativo fondo e di porre in essere tutti gli adempimenti necessari per consentire al dirigente sanitario di percepire la retribuzione in parola. E’ escluso che l’attivazione della retribuzione di risultato sia rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro, infatti in caso di inadempimento contrattuale, grava su quest’ultimo l’onere di dimostrare l’esatto adempimento o l’impossibilità derivata da causa a lui non imputabile. La mancata attivazione delle procedure prodromiche al riconoscimento della retribuzione di risultato giustifica l’azione di risarcimento del danno da perdita di chances (prescrizione decennale) diversamente qualora dette procedure siano state attivate ed il fondo sia stato costituito, la non corretta quantificazione incide sulla pretesa retributiva, e come tale deve essere fatta valere (prescrizione quinquennale).Vai al documento
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 5168/2024
Impiego Pubblico – Enti Locali – art. 71 del DPR 445/2000 – dichiarazione mendace – incarico dirigenziale
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il punto della causa in argomento riguarda una vicenda in cui, l’originario contratto di un incarico dirigenziale nell’ambito di un ente regionale fu stipulato sulla base di una dichiarazione sostitutiva di certificazione con la quale l’incaricato dichiarò di avere conseguito la laurea in scienze politiche presso l’Università di OMISSIS, circostanza poi rivelatasi non vera. Per la Corte è indubbio che la P. A., a fronte di un’autocertificazione, possa in qualsiasi momento attivarsi per controllare la conformità al vero di essa, provvedendo ad adottare, in caso di accertata non veridicità, le conseguenti misure nei riguardi dell’interessato (art. 71 d.p.r. 445/2020). Tuttavia, è altrettanto indubbio che l’intero sistema delle autocertificazioni si basa su una presunzione di veridicità di esse che non consente di affermare che la già menzionata possibilità di controllo in capo alla P.A. sia equiparabile alla concreta conoscenza ab initio delle non veridicità successivamente emerse. Anzi, è del tutto corretto che, prima di affermare tale non veridicità, la P.A. abbia proceduto non solo alle verifiche in proprio presso l’Università di riferimento, ma anche, ad una previa richiesta all’interessato di chiarimenti, al fine evidentemente di appurare se vi fossero errori in ipotesi emendabili o quant’altro necessario, prima di dare per certo il ricorrere di una dichiarazione non veritiera e degli effetti invalidanti ad essa in ipotesi conseguenti. E’ evidente che la rilevanza della questione nel caso di specie, in quanto la salvaguardia rispetto alla eventuale nullità del contratto, ai sensi dell’art. 2126 cod. civ., non è assoluta, ma riguarda solo i periodi in cui il rapporto ha avuto materiale esecuzione e concerne gli effetti retributivi o comunque strettamente consequenziali alla prestazione del lavoro (v. per l’indennità sostitutiva delle ferie Cass. n. 15880/2002 ed invece, v., per le prestazioni previdenziali, quanto ritenuto da Cass. n. 10192/1996).Vai al documento
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Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 2282/2024
Impiego Pubblico – Enti Locali – Segretario comunale – Segreteria convenzionata – retribuzione – artt. 37 e 45 CCNL del 16.5.2001 – art. 10 del DPR 465/1977
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
L’art.10 del D.P.R. 465 del 1977, ha previsto la possibilità per “comuni, le cui sedi sono ricomprese nell’ambito territoriale della stessa sezione regionale dell’Agenzia” di “stipulare tra loro convenzioni per l’ufficio di segreteria” le quali stabiliscono le modalità di espletamento del servizio, individuano il sindaco competente alla nomina e alla revoca del segretario, determinano la ripartizione degli oneri finanziari per la retribuzione del segretario, la durata della convenzione, la possibilità di recesso da parte di uno o più comuni ed i reciproci obblighi e garanzie. L’unico testo non negoziale ancora non formalmente abrogato prevedeva che “ai segretari che ricoprono sedi di segreteria convenzionate spetta una retribuzione mensile aggiuntiva ed il rimborso delle spese di viaggio regolarmente documentate per recarsi da uno ad altro dei comuni riuniti in convenzione per l’esercizio delle relative funzioni” e che ” il contratto collettivo di lavoro di cui all’art. 17, comma 74, della legge – ovverosia, trattandosi della L. n. 127 del 1997, i contratti collettivi di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993, determina l’entità della retribuzione aggiuntiva in base al numero dei comuni convenzionati e alla complessità organizzativa degli stessi” (art. 10, co. 3, D.P.R. n. 465 del 1997). Nel caso di specie, rientrando la posizione del Segretario Comunale nel contesto dell’impiego pubblico privatizzato, deve farsi riferimento alla contrattazione collettiva, ai sensi dell’art. 45, co. 1, D.Lgs. 165 del 2001. In particolare la contrattazione collettiva (art. 41 CCNL 16.5.2001 – quadriennio normativo 1998-2001, biennio economico 1998-1999) ha in effetti sostanzialmente ricalcato, nel regolare la retribuzione di posizione, i criteri di classificazione delle Segreterie di cui alla risalente Tabella A annessa al D.P.R. n. 749 del 1972 e poi salvaguardata dal D.P.R. 465 del 1997e tuttavia sia tale Tabella, sia l’ultima versione del CCNL (art. 3, co. 6, CCNL 1.3.2011) contemplano solo la popolazione di Comuni “singoli”. Il CCNL poi (art. 37 CCNL 16.5.2001 cit.) oltre a richiamare, alla lettera d), tra le componenti del trattamento, la “retribuzione di posizione”, riprende, alla lett. h), la previsione dell’art. 10, co. 3, D.P.R. cit., di una “retribuzione aggiuntiva per sedi convenzionate”. Tale retribuzione aggiuntiva, a propria volta, è stata declinata dall’art. 45 CCNL 16.5.2001 – quadriennio normativo 1998-2001, biennio economico 1998-1999 nel senso che: “al segretario che ricopre sedi di segreteria convenzionate compete una retribuzione mensile aggiuntiva di importo pari alla maggiorazione del 25% della retribuzione complessiva di cui all’art.37, comma 1, da a) ad e) in godimento (comma 1); che “al segretario titolare di segreterie convenzionate, per l’accesso alle diverse sedi, spetta il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute e documentabili” (comma 2); e che “gli oneri conseguenti all’applicazione dei commi 1 e 2 si ripartiscono tra i diversi enti interessati secondo le modalità stabilite nella convenzione” (comma 3). L’ipotesi di un calcolo della retribuzione sulla base della sommatoria delle popolazioni di Comuni convenzionati non trova dunque rispondenza nella contrattazione ed è corretta l’osservazione secondo cui, se si applicasse un tale criterio, si determinerebbe il cumulo di una retribuzione calcolata con modalità più favorevoli di sommatoria della popolazione e di una ulteriore retribuzione “aggiuntiva” per il caso di esercizio in “convenzione”, quale regolata dal CCNL, il che creerebbe una duplicazione non giustificabile. Quanto previsto dall’art. 45 del CCNL costituisce dunque l’unico differenziale, oltre al rimborso spese parimenti previsto, conseguente ai maggior oneri propri del lavoro su più sedi. Si osserva inoltre che nel caso di specie non viene in gioco la diversa questione che in ipotesi potrebbe porsi in merito al doversi considerare la popolazione del Comune capofila o quella del Comune più popoloso, in quanto non risulta che i Comuni convenzionati non siano tutti entro la medesima fascia, né il profilo è evidenziato tra l’oggetto del contendere.Vai al documento
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Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza n. 2000/2024
Pubblico Impiego – Funzioni Locali – dimissioni avvocato dipendete enti locale effetti sulle cause e processi in corso
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 1 marzo 2024, spiega le conseguenze delle dimissioni dell’avvocato dipendente dell’ente locale e incardinato nell’avvocatura interna sulle cause e i processi in corso. In particolare il giudice amministrativo evidenzia come detta ipotesi presenta elementi di similitudine con la cancellazione volontaria dall’albo dell’avvocato libero professionista: origina infatti da un atto di volontà del difensore e comporta conseguenze sulla possibilità del difensore di continuare a esercitare la professione nell’interesse dell’Ente dal quale si è dimesso. Ciò che rileva, nella prospettiva sopra delineata del diritto di difesa, è quest’ultimo aspetto, che si connota in un duplice versante, quello dell’ordinamento pubblicistico dell’Ente di appartenenza e del relativo personale e quello della professione forense, nei termini peculiari che caratterizzano l’iscrizione all’elenco speciale annesso all’albo. Quanto al primo profilo la cessazione del rapporto di impiego e l’instaurazione di altro rapporto, con diverso Ente pubblico, è incompatibile con il dovere di fedeltà che caratterizza il rapporto di pubblico impiego. Sicché l’avvocato che, preso servizio presso un Ente pubblico, continui a esercitare la professione a vantaggio della precedente Amministrazione viola i doveri di fedeltà del dipendente all’ente pubblico di appartenenza, essendo quindi passibile di conseguenze disciplinari, che possono essere fatte valere dall’Amministrazione ad quem. Il fatto che nell’ente pubblico dell’avvocato che ha presentato le dimissioni sussista un ufficio legale che è competente ad assicurare la difesa tecnica dell’Ente non costituisce un elemento di fatto meramente accidentale, assumendo piuttosto rilevanza giuridica esterna, quindi anche nell’ambito del processo. Ai sensi dell’art. 97 Cost. infatti l’organizzazione degli uffici pubblici, essendo presidiata dal principio di legalità, è disciplinata dalla legge e da atti normativi secondari che su di essa si basano, rilevando sul buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione: è la stessa Costituzione a presidiare il rapporto fra organizzazione delle competenze interne a funzioni (autoritative) svolte, in quanto queste ultime costituiscono espressione del ruolo che proprio l’ordinamento giuridico generale assegna all’Amministrazione. Il descritto ordinamento degli enti pubblici supporta anche un’ulteriore conclusione: l’Amministrazione ha infatti gli strumenti giuridici e la possibilità di evitare la vacatio, non solo perché può sempre rifiutare le dimissioni dell’avvocato o differirne l’accettazione, ma anche perché può, ex ante, farsi rappresentare da più di un difensore e può, ex post, provvedere immediatamente alla nomina di un nuovo difensore, non dovendo neppure provvedere a scegliere un professionista nel quale può riporre fiducia, avendolo a disposizione nell’ufficio legale di cui è munito o potendo conferire mandato ad altro avvocato, senza che l’avvicendamento fra legali costituisca causa di allungamento dei tempi del processo. Diversamente ragionando, sarebbe poco giustificabile l’impiego di risorse pubbliche per avere uno stabile ufficio legale, se lo stesso non è in grado di far fronte a fisiologiche vicende di avvicendamento dei dipendenti pubblici.Vai al documento
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Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza n. 1723/2024
Pubblico Impiego – Funzioni Locali – Annullamento in autotutela nomina di vincitore di concorso – art. 75 del DPR 445/2000
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
E’ legittimo il provvedimento che ha annullato in autotutela la nomina di un vincitore di concorso indetto per l’assunzione in qualità di Agente di Polizia Municipale, perché lo stesso, in violazione del bando di concorso, lex specialis, ha reso nel modulo di domanda di partecipazione al concorso dichiarazioni mendaci, precisamente consistite nell’avere omesso di dichiarare l’esistenza della condanna penale irrevocabile a suo carico per i reati di simulazione d’infermità e truffa di cui al codice penale militare, emersa a seguito dell’acquisizione d’ufficio del certificato del Casellario Giudiziale, (seppur riconosciuta la non menzione ex lege della sentenza in applicazione della pena), e per avere attestato mendacemente di non avere svolto il servizio militare. L’autoannullamento è, quindi, ex art. 75 del d.P.R. n. 445/2000 e in applicazione delle norme del bando di concorso, atto dovuto, anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990.Vai al documento
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Dipartimento della funzione pubblica
Regolamento relativo alle “Olimpiadi Syllabus”
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha pubblicato il Regolamento relativo alle “Olimpiadi Syllabus”, l’iniziativa che premia la formazione del personale delle Pubbliche amministrazioni. L’art. 1 di detto regolamento prevede: “Le Olimpiadi perseguono la finalità di promuovere e incentivare la più ampia diffusione e la virtuosa fruizione della formazione disponibile sulla piattaforma Syllabus, con l’obiettivo di accrescere il numero di dipendenti pubblici che partecipano a tale iniziativa, sviluppando e rafforzando le proprie competenze. In questa prospettiva, le Olimpiadi sono una iniziativa premiale, principalmente di natura reputazionale, rivolta sia ai dipendenti pubblici che svolgono la propria attività formativa attraverso la piattaforma Syllabus, sia delle rispettive amministrazioni di appartenenza.”Vai al documento
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