Archivi giornalieri: 16 marzo 2024

NEWSLETTER LAVORO n. 1124 – 14 marzo 2024 (notizie dal 7 al 13 marzo 2024)

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Normativa

Governo: disposizioni in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 73 dell’11 marzo 2024, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che introduce disposizioni in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione.Inserisci una descrizione

Ministeri

Min.Lavoro: Comunicazioni Obbligatorie – pubblicata la Nota relativa al IV trimestre 2023

Il Ministero del Lavoro ha pubblicato, in data 11 marzo 2024, la Nota trimestrale relativa al IV trimestre 2023, tratta dal Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Enti

INPS: dichiarazione di responsabilità – la nuova data di scadenza

L’INPS informa che i titolari di prestazioni assistenziali, per continuare a fruire della prestazione, sono tenuti a trasmettere annualmente all’INPS una dichiarazione riguardante alcune circostanze rilevanti per la conservazione del diritto.

INPS: pensione di vecchiaia e pensione anticipata – chiarimenti

L’INPS, con la circolare n. 46 del 13 marzo 2024, fornisce le istruzioni in merito alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 125, lettere a), b) n. 1, 2 e 3 e c), della legge n. 213 del 2023, alle disposizioni dell’art. 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, in materia di pensione di vecchiaia e pensione anticipata nel sistema contributivo.

INPS: Pensione anticipata ordinaria – semplificazione delle domande telematiche

L’INPS, con il messaggio n. 1041 dell’11 marzo 2024, comunica che il sistema di gestione delle domande di pensione anticipata ordinaria è stato implementato al fine di reingegnerizzare e semplificare la presentazione dell’istanza.

Formazione

Webinar: Gestione degli Appalti – novità e controlli per limitare i costi indiretti

Lo Studio Ziveri srl, al fine di fornire i chiarimenti in materia di Appalti dopo le novità previste nel Decreto Legge n. 19/2024, organizza un webinar gratuito dal titolo: “Gestione degli Appalti – novità e controlli per limitare i costi indiretti”.

L’evento si svolgerà online, tramite la piattaforma Zoom, il 19 marzo pv, dalle 10.00 alle 12.00.

Programma
– L’analisi preventiva per la verifica dell’appalto genuino
– I controlli per limitare la responsabilità solidale del committente
– Decreto-legge 19/2024 – Le principali novità normative in materia di appalti
– Aumento delle sanzioni Lista di conformità INL
– Appalti per lavori edili – congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera
– Patente a punti
– Novità per la fruizione dei Benefici normativi e contributivi

Per registrarsi clicca qui

INPS: Pensioni – ricostituzione per variazione dati supplemento

L’INPS, con il messaggio n. 1027 dell’11 marzo 2024, comunica che è stata creata una nuova tipologia di ricostituzione per motivi contributivi “per variazione dati supplemento”, per le pensioni dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e dei Fondi speciali.

INPS: Artigiani e commercianti – avvisi bonari per la rata di novembre 2023

L’INPS, con il messaggio n. 1026 dell’11 marzo 2024, informa che sono in elaborazione gli avvisi bonari riguardanti la contribuzione fissa, con scadenza a novembre 2023, dei lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni di artigiani e commercianti.

INPS: recupero dei contributi sospesi per calamità naturali – indicazioni

L’INPS, con la circolare n. 43 del 6 marzo 2024, fornisce le istruzioni per la ripresa dei versamenti contributivi, a seguito della sospensione dei termini per il pagamento dovuta a calamità naturali. Le indicazioni riguardano, in particolare, gli effetti del mancato o parziale pagamento dell’importo oggetto di rateizzazione.

Agenzia Entrate: Certificazioni Uniche lavoro autonomo

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 13/E del 4 marzo 2024, ha fornito i chiarimenti sul termine di presentazione, da parte dei sostituti d’imposta, delle Certificazioni Uniche (CU) di redditi di lavoro autonomo (“professionale”).

Editoria

WKI: Novità! Manuale CONTENZIOSO LAVORO

di Enrico Barraco e Andrea Sitzia

Una guida alle regole da seguire per affrontare una causa contro un lavoratore, un’azienda, l’INPS o altri Enti. Il testo offre indicazioni pratiche, seguendo le parti coinvolte e i Professionisti che le assistono, dall’avvio del contenzioso, nel corso del processo, fino alla composizione della vicenda. Aggiornato con la recente Riforma Cartabia, si compone di 5 capitoli nei quali si descrivono gli istituti attraverso norme, nozioni di dottrina e giurisprudenza, nonché casi praticimodelli, ricorsi, istanzememorie difensive nei vari gradi di giudizio e verbali di conciliazione.

Riforma Cartabia e processo del lavoro
– Rito di primo grado
– Procedimenti speciali
– Contenzioso previdenziale
– Impugnazione delle sentenze
– Conciliazione

Acquista il volume con extra-Sconto 10% riservato agli iscritti (codice sconto DPL10)

Agenzia Entrate: fringe benefit e trattamento integrativo speciale

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5/E del 7 marzo 2024, fornisce le istruzioni operative agli Uffici, per garantirne l’uniformità di azione, sulle novità fiscali riguardanti il welfare aziendale, il trattamento integrativo speciale per il lavoro notturno e festivo per i dipendenti degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e per quelli di strutture turistiche, ricettive e termali e il riscatto dei periodi non coperti da retribuzione, contenute nelle disposizioni di cui all’articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213.

Agenzia Entrate: docente che svolge con lezioni private – trattamento fiscale

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 63/E dell’8 marzo 2024, risponde ad un quesito in merito al trattamento fiscale applicabile al docente part–time che svolge con abitualità lezioni private o ripetizioni.

Giurisprudenza

Cassazione: responsabilità del datore nella redazione del DUVRI

sentenza n. 3405 del 29 gennaio 2024

Cassazione: retribuzione quale indice di sfruttamento del lavoratore

sentenza n. 2573 del 22 gennaio 2024

Approfondimenti

Ipsoa Quotidiano: Assunzioni agevolate: come cambia l’accesso agli sgravi contributivi

approfondimento di Eufranio Massi

Articolo: Garante della privacy ed email: chiarimenti a riguardo

approfondimento di Eufranio Massi

Formazione

IPSOA: Master Rapporti di lavoro: contratti, mobilità, disciplina e risoluzione

Online dal 25 marzo al 16 maggio 2024 (6 incontri live)

Accreditato per CDL e iscritti ODCEC (20 cfp)

Il Master ha l’obiettivo di fornire competenze e strumenti operativi utili alla corretta gestione del rapporto di lavoro, alla deflazione del contenzioso e alla composizione dei contrasti che possono insorgere tra azienda e datore di lavoro. Saranno esaminati casi pratici e fattispecie concrete mutuate dalla realtà professionale quotidiana.

ULTIMI GIORNI per iscriversi: sconto 25% per iscrizioni di 2 o più partecipanti € 600 + IVA

Vai alla scheda prodotto e ricordati di usare il codice DPL5 per ottenere un ulteriore sconto del 5%!

Ipsoa Quotidiano: Appalti e somministrazione illecita di manodopera: ritornano le sanzioni penali

approfondimento di Vitantonio Lippolis

Podcast: Pensione anticipata lavori usuranti: come fare domanda entro il 1° maggio

approfondimento di Roberto Camera

Articolo: Obbligo di certificazione dei contratti di lavoro: luoghi confinati e ambienti sospetti di inquinamento

approfondimento di Vitantonio Lippolis

Online sui canali INPS la Certificazione Unica 2024

Online sui canali INPS la Certificazione Unica 2024

È disponibile la Certificazione Unica 2024, relativa ai redditi percepiti nel 2023: come visualizzare o richiedere il documento.

Pubblicazione: 15 marzo 2024

È disponibile la Certificazione Unica (CU) 2024, relativa ai redditi percepiti nel 2023, documento indispensabile per la presentazione della dichiarazione dei redditi, e accessibile per tutti i cittadini attraverso le diverse modalità digitali e tradizionali, riflettendo l’impegno dell’Istituto verso l’innovazione e la semplificazione dei servizi. Le CU pubblicate all’apertura del servizio hanno raggiunto la cifra record di 27.258.499 (lo scorso anno erano 26.164.401).

Per visualizzare, scaricare e stampare il modello CU 2024 è necessario accedere con le proprie credenziali (SPID, CIE, CNS, PIN, eIDAS) all’area personale MyINPS: “I tuoi servizi e strumenti”, “Servizi fiscali e pagamenti ricevuti da INPS”, “Certificazione Unica 2024 (Cittadino)”.

Per i pensionati sarà possibile scaricare il documento anche tramite il servizio online “Cedolino della pensione”.

La CU 2024 è disponibile anche sull’app INPS Mobile per dispositivi Android e Apple iOS, utilizzando le credenziali personali e il servizio “Certificazione Unica”.

In alternativa, la Certificazione Unica potrà essere richiesta tramite:

  • patronati, CAF e professionisti abilitati;
  • posta elettronica certificata (PEC) all’indirizzo richiestacertificazioneunica@postacert.inps.gov.it, allegando una copia del documento di identità del richiedente. In questo caso, la Certificazione Unica sarà inviata dall’INPS direttamente alla casella di posta elettronica utilizzata per la richiesta;
  • numero verde dedicato 800 434320;
  • Contact center multicanale al numero 803 164 oppure al numero 06 164164.

Aldo Moro, protagonista indiscusso e martire dell’Italia repubblicana

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Aldo Moro, protagonista indiscusso e martire dell’Italia repubblicana

 

Aldo Moro – Foto © Avvenire

Ho frequentato Scienze Politiche presso l’Università La Sapienza di Roma ed ho avuto Aldo Moro come professore di diritto e procedura penale. Ho scelto appositamente quel corso per frequentare le sue lezioni anche se, nel mio percorso di laurea, era un esame opzionale. La mattina del 16 marzo 1978, un giorno infausto, mi trovavo al consiglio di Facoltà di Magistero, sempre della Sapienza, in quanto rappresentante dei cosiddetti “contrattisti”, il nome che avevano a quel tempo coloro che iniziavano il percorso accademico. La facoltà era presieduta dal professor Giorgio Petrocchi, un grande italianista. Mi trovavo seduto vicino al professor Pietro Scoppola e del professore e senatore Adriano Ossicini, entrambi amici ed estimatori di Aldo Moro. A metà mattinata, un altro giovane contrattista arrivò trafelato dicendo che, alla radio, in macchina, aveva sentito del rapimento di Aldo Moro e dell’uccisione degli uomini della scorta da parte delle Brigate Rosse. È stato un momento sconvolgente per tutti. Ciò che, a posteriori, mi ha sempre colpito è stato il fatto che, da rappresentante dei contrattisti, proposi una mozione sul rapimento per invitare tutti alla vigilanza democratica ma, invece, il consiglio di facoltà, non è stato interrotto e la mozione non è stata nemmeno messa ai voti. Oggi mi chiedo se questo fosse dovuto allo sconvolgimento generale oppure per la mancata prontezza nel rispondere subito. Quest’ultima, è bene ricordarlo, ci fu in altri ambiti: in molte fabbriche era stato interrotto il lavoro ed erano state convocate immediatamente delle assemblee per ragionare su quanto era avvenuto. Probabilmente, i docenti universitari, non ebbero la stessa prontezza e lo stesso coraggio. Ciò detto, la notizia del rapimento di Aldo Moro, si diffuse nel Paese provocando enorme sgomento. Ci si rese progressivamente conto che si trattava non solamente di uno dei non pochi episodi delittuosi del terrorismo di quegli anni, ma di un evento chiamato, dagli ambienti vicino alle BR, di “geometrica potenza”, dato il suo svolgimento, destinato a segnare in profondità la storia d’Italia. In particolare, per ciò che riguarda gli studi e le ricerche in quest’ambito, c’è stato un lungo periodo in cui ci si è concentrati su quello che venne poi chiamato il “Caso Moro”, ovvero la sua morte violenta, avvenuta al culmine della stagione del terrorismo. Il focalizzarsi su questi aspetti, in un primo momento, ha messo in ombra la figura, il ruolo e la testimonianza di Aldo Moro. Recentemente invece, gli studi e le ricerche, hanno riguardato la sua persona complessiva, al fine di mettere in evidenza le connessioni tra la sua biografia politica e morale alle vicende dell’Italia repubblicana. Nella storia di quest’ultima, la tragica vicenda del sequestro, della prigionia e della morte di Moro, hanno rappresentato una vera e propria cesura, con un prima e un dopo.

Aldo Moro è stato una figura centrale della storia repubblicana. Egli è stato un intellettuale, un giurista, un dirigente dell’associazionismo cattolico nella FUCI e tra i laureati cattolici. È stato uno dei padri della nostra Repubblica: nel 1946, giovanissimo, è stato eletto deputato nell’Assemblea Costituente. Nel 1955 è già ministro degli Esteri e, in seguito, ministro degli Esteri e, più volte presidente del Consiglio alla guida di un esecutivo detto anche di “centro sinistra organico”. È quindi l’uomo politico che realizza la transizione piena dal centrismo di De Gasperi all’apertura a sinistra, in quel caso rappresentata dal partito socialista nel governo, ma anche il tentativo di passare a una terza fase, attraverso il coinvolgimento nel governo del Paese, del partito comunista italiano che, a metà degli anni ’70, ha operato definitivamente la separazione da Mosca ed aveva un grandissimo seguito in Italia. Aldo Moro aveva un interlocutore attento nel segretario del PCI Enrico Berlinguer.

Oggi, nel senso comune diffuso, soprattutto tra i giovani, viene percepito come anziano ma, in realtà, non è così. Viene eletto molto giovane in seno all’Assemblea Costituente, la quale ebbe al suo interno giovani e giovanissimi e, tra questi, Aldo Moro, ha fatto parte della “Commissione dei 75”, ovvero coloro che materialmente, dopo lunghi dibattiti, hanno scritto il testo costituzionale. Egli, in particolare, all’interno della prima sottocommissione, è stato relatore per la parte della Costituzione che riguarda i diritti dell’uomo e del cittadino. Un aspetto ulteriore della sua personalità che ha avuto un forte riverbero in ogni fase della sua vita riguarda il fatto che, è stato sempre un docente brillante e disponibile. Da giovanissimo è diventato professore di ruolo ed ha sempre avuto un profondo amore per l’insegnamento. Faceva lezione all’università, sempre puntualissimo e senza mai affidarla a un suo collaboratore. Tutto ciò aveva un imprinting familiare perché, il padre Renato Moro, era un ispettore scolastico e la madre un insegnante elementare. In questa nuova stagione di studi, focalizzati sulla grandezza della sua figura complessiva, voglio consigliare almeno tre libri da leggere: “Aldo Moro. Lo statista e il suo dramma” di Guido Formigoni, “Aldo Moro, la storia e le memorie pubbliche”, curato da Maurizio Ridolfi e “Una vita, un paese. Aldo Moro e l’Italia del Novecento”, curato da Renato Moro, uno storico di grande rilievo e nipote di Aldo Moro. Quest’ultimo testo è il frutto di un convegno che è stato fatto per i 25 anni dalla morte dello statista, il quale aveva un titolo emblematico, ovvero “Studiare Aldo Moro per capire l’Italia”. Aldo Moro, quindi, è stato testimone e protagonista della storia del nostro Paese. L’Italia ha avuto sviluppi differenti rispetto a quelli che lui pensava e sognava, con forti contrasti interni e tra l’establishment statunitense, com’è emerso da numerosi documenti resi pubblici. Con la Santa Sede invece, non ci sono stati particolari contrasti. Tra Moro e Papa Paolo VI c’era un forte legame e, quest’ultimo, al suo funerale, ha pronunciato una bellissima omelia per l’amico scomparso. Paolo VI, per tentare di salvare Aldo Moro, si era rivolto agli “uomini delle Brigate Rosse”, puntando su un residuo di umanità al loro interno, ma ciò non c’è stato, dato la lunga prigionia e la morte atroce di Aldo Moro, protagonista indiscusso e martire dell’Italia repubblicana.

9 marzo 1991: inizia la disgregazione della Jugoslavia

9 marzo 1991: inizia la disgregazione della Jugoslavia

 

Foto © Vatican News

Dal 9 al 14 marzo 1991 ebbero luogo a Belgrado proteste e manifestazioni di massa contro il governo di Slobodan Milosevic. Esse furono il segno evidente, politico e anche mediatico, per il grande rilievo che ebbero anche a livello internazionale, dei forti contrasti politici e personali della nuova leadership emersa dopo la morte del Maresciallo Tito, al cui interno Slobodan Milošević, presidente della Serbia, s’illude che la sua superiorità militare e il ricorso alle armi permetta non tanto di prolungare la vita della Repubblica socialista federale di Jugoslavia, quanto di regolare i rapporti con le altre repubbliche, segnatamente la Croazia e la Bosnia-Erzegovina, percorse tutte da forti venti nazionalistici e secessionistici.

L’evento storico dal quale partire, a mio parere, è tuttavia il funerale di Josip Broz Tito, celebrato a Belgrado l’8 maggio del 1980, cui partecipano centinaia di migliaia di iugoslavi e Capi di Stato e di governo di ben 128 Stati, compresa la Santa Sede, che con la Iugoslavia aveva ristabilito piene relazioni diplomatiche. Una fotografia mostra Monsignor Achille Silvestrini, neosegretario del Consiglio degli Affari Pubblici della Chiesa a fianco di Enrico Berlinguer.

Fu un omaggio internazionale al defunto leader che aveva guidato l’epica resistenza contro l’occupazione tedesca e italiana, riuscendo – unico paese in Europa – a conseguire la liberazione senza l’intervento né dell’Unione Sovietica, né degli Alleati Angloamericani. Che era riuscito anche a resistere a Stalin, collocando la Jugoslavia comunista non nel blocco sovietico ma nel Movimento dei paesi non allineati, sperimentando anche all’interno dell’economia socialista, esperienze di autogestione e, soprattutto, per diversi decenni, conservando le turbolente regioni degli Slavi del Sud fuori da conflitti esterni e interni.

Si trattò, con il senno di poi, anche del funerale anticipato della Repubblica socialista federale di Jugoslavia perché nel decennio successivo alla morte di Tito, viene via via superato, fino al suo capovolgimento, del principio strategico che aveva regolato i delicati equilibri dello Stato iugoslavo: un potere federale forte, garantito dall’Armata popolare jugoslava e una Serbia debole, per evitare la sua supremazia sulle altre repubbliche. La Repubblica socialista federale di Iugoslavia era composta da sei repubbliche: la Bosnia-Erzogovina, la Croazia, la Macedonia, il Montenegro, la Slovenia e la Serbia che comprendeva due regioni autonome, il Kosovo e la Vojvodina.

Occorre premettere che i serbi e i croati rappresentavano il 66% della popolazione della Jugoslavia, nella quale, tuttavia era quasi bandito il termine minoranza e, ufficialmente si riconoscevano sei nazionalità, nell’ordine: serba, croata, slovena, macedone, montenegrina, musulmana. Le lingue riconosciute erano il serbo-croato, lo sloveno, il macedone, ma era usato anche dalle stesse autorità, l’ungherese nella Vojvodina e l’albanese nel Kosovo. Occorre premettere anche che forti insediamenti serbi erano presenti da secoli nella Croazia, nella Bosnia-Erzegovina e nel Kosovo, mentre la Macedonia comprendeva una forte minoranza albanese. Per di più nei quattro decenni della repubblica federale i matrimoni misti fra le sei nazionalità e anche fra le diverse confessioni religiose, cattolica, ortodossa, musulmana, erano frequentissimi. Di qui le tante tragedie familiari e personali generate dal conflitto sanguinoso inter-iugoslavo degli anni Novanta.

La Croazia proclamò l’indipendenza lo stesso giorno della Slovenia, il 25 giugno del 1991. La separazione della Slovenia dalla Federazione Jugoslava avvenne quasi senza spargimento di sangue. Non solo geograficamente, ma anche storicamente e culturalmente, essa era legata alla Mitteleuropa. In Croazia, invece, la corposa minoranza serba non riconosce il nuovo Stato e, con il sostegno dell’Armata popolare jugoslava, tenta la secessione di un terzo del suo territorio, estromettendo la popolazione non serba.  Conseguono aspri combattimenti per tutto l’anno. Persino la città costiera di Dubrovnik è bombardata.

Nonostante un accordo, sotto l’egida dell’ONU, raggiunto all’inizio del 1992, permangono tensioni e conflitti che riesplodono nel 1995, quando l’esercito della Croazia, modernamente equipaggiato e armato, sferra una nuova sanguinosa offensiva per recuperare tutto il territorio, provocando l’esodo massiccio dei serbi verso la Bosnia-Erzegovina e, soprattutto, verso la Serbia, dove per anni vivranno penosamente in campi profughi. Solo nel 1998 il conflitto può essere considerato concluso.

Molti storici e studiosi delle relazioni internazionali concordano sulla valutazione negativa dell’appoggio dato dalla Germania, pacificamente giunta alla riunificazione, dopo il crollo del Muro di Berlino, alla proclamazione unilaterale dell’indipendenza croata in una situazione di tensione e conflitto. Influiscono indubbiamente i forti interessi economici tedeschi, essendo, ormai, il marco quasi la moneta circolante nell’area. Non aiuta certamente ad allentare la tensione neppure il riconoscimento dell’indipendenza croata da parte della Santa Sede, che secondo la consolidata tradizione della diplomazia vaticana, non era mai concesso in situazioni di tensioni e di conflitto. In questo senso pesò, nonostante le perplessità della Segreteria di Stato, il personale forte desiderio del pontefice polacco di porre fine immediatamente ai regimi comunisti, percepiti tutti senza interne differenze.

Prendendo, ora, in esame le altre repubbliche, nel caso del Montenegro, la dissoluzione della Jugoslavia fu pacifica e anche rinviata nel tempo. Il Montenegro, negli anni Novanta, resta unito alla Serbia di Slobodan Milosevic nella Repubblica federale di Iugoslavia. Dal febbraio del 2003 permane questo legame, sia pure in una forma meno subalterna, come denota la nuova denominazione dello Stato: Comunità degli Stati della Serbia e del Montenegro. Un referendum sull’indipendenza, nel maggio del 2006, pone fine pacificamente a quest’unione. Anche la Macedonia consegue pacificamente l’indipendenza nell’autunno del 1991. Perché possa essere ammessa all’ONU, la Grecia impone che la sua denominazione ufficiale sia Former Yugoslav Republic of Macedonia, ritenendosi depositaria ed erede legittima della Macedonia di Alessandro Magno.

Nel primo decennio dell’indipendenza la periferica Repubblica macedone non è coinvolta nelle guerre dell’ex Jugoslavia ma, nel febbraio del 2001, è sconvolta da un sanguinoso conflitto interno. Mentre la piccola minoranza turca non crea alcun problema, la corposa minoranza albanese, presente soprattutto nelle regioni settentrionali confinanti con il Kosovo e in quelle orientali, al confine dell’Albania, scatenano conflitti armati, costituendo l’Esercito di liberazione nazionale albanese, al fine di ottenere l’autonomia o l’indipendenza delle regioni popolate da albanesi. Fortunatamente dopo diversi mesi di scontri armati si perviene a un accordo che prevede il disarmo della milizia albanese e la dislocazione di reparti della Nato. Il Kosovo negli anni Novanta continua a far parte della Repubblica federale di Iugoslavia, come provincia della Serbia, senza più neppure lo status di regione autonoma che aveva avuto nella Iugoslavia di Tito.

Nel 1998-99 esplode il malessere della popolazione albanese, maggioritaria per circa il 90% e si rivendica l’indipendenza. Si costituisce, con forti sostegni esteri, segnatamente statunitensi, l’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK) che inizia una sollevazione armata, contrastata con duramente dall’esercito serbo. I massicci bombardamenti costringono 750.000 albanesi abbandonare il paese. Dopo il fallimento dei colloqui di pace di Rambouillet, interviene la Nato con incursioni aeree sia nel Kosovo sia in Serbia, per ben 78 giorni. A farne le spese, come in tutti i conflitti di fine Novecento è la popolazione civile. Vittime privilegiate nel Kosovo, come in Bosnia-Erzegovina, sono anche le misconosciute e discriminate minoranze Rom e Sinti.

Il presidente Milošević, dopo un anno di conflitti sanguinosi, accetta di ritirare l’esercito e la messa in campo d’una amministrazione internazionale del Kosovo: se i 750.000 mila albanesi possono rientrare nel proprio paese, circa 100.000 serbi, da secoli insediati nella regione, considerata anzi la culla dell’indipendenza serba dal dominio turco, sono costretti a lasciare il paese per paura di ritorsioni, andando incontro al triste destino dei profughi. Permangono non del tutto sopiti rancori e conflitti, anche a seguito della proclamazione unilaterale, nel febbraio del 2008, dell’indipendenza.

La Bosnia-Erzegovina, infine, è investita e travolta, dal 1992 al 1995, dal conflitto più lungo e sanguinoso e provoca circa 200 mila morti, un numero ancora più elevato di feriti, nel corpo e ancor più nell’anima e 2 milioni e 700 mila profughi e sfollati. La popolazione della Bosnia Erzegovina era costituita per il 43% da bosniaci musulmani, per il 33% di bosniaci servi e per il 17% di bosniaci croati e per il 7% di altre nazionalità. L’identità dei tre gruppi non si fonda tanto su presupposti etnici e linguistici, quanto religiosi: la religione musulmana per la maggioranza, quella cristiano ortodossa per i Serbi e quella cattolica romana. Questa realtà multireligiosa, prima della dissoluzione della Iugoslavia non aveva generato contrasti o divisioni, essendo molto avanzato il processo di secolarizzazione anche nella comunità musulmana. La capitale Sarajevo era, anzi, la città, nota e apprezzata, anche a livello internazionale, per la sua vivacità culturale e artistica (cinema, teatro, musica d’avanguardia) che attirava giovani da tutta l’Europa. Un’ulteriore riprova che la religione, specie nella sua versione fondamentalista, è non fede vissuta, ma pretesto e copertura, particolarmente nei conflitti militari, di dinamiche geopolitiche.

All’inizio di questa tragica vicenda, nel 1991, in un incontro segreto i dirigenti della Croazia e della Serbia trattano per il progetto, non riuscito, di spartirsi il territorio della Bosnia-Erzegovina, lasciando ai musulmani una piccola enclave. Nel 1992, nonostante il boicottaggio dei serbi, il referendum per l’indipendenza della Bosnia-Erzegovina è approvato dal 60% della popolazione. Per reazione Bosniaci-Croati e Bosniaci-Serbi, non riconoscendo l’autorità del governo di Sarajevo, creano delle proprie repubbliche separate con il sostegno rispettivamente della Croazia e della Serbia. I Serbi-Bosniaci, in particolare, con l’appoggio massiccio della Serbia, estendono il proprio controllo a quasi il 60% del territorio, anche perché erano, essendo prevalentemente contadini, distribuiti nelle campagne, mentre i Bosniaci Musulmani erano prevalentemente concentrati nei centri urbani. Ne consegue un conflitto sanguinoso, con tre soggetti coinvolti, di estrema violenza, nel quale i civili sono vittime di crimini atroci, fino alla diffusa pulizia etnica e a episodi di vero e proprio genocidio, nonostante la presenza di forze d’interposizione dell’ONU e il progressivo intervento della NATO.

Il culmine dell’orrore è raggiunto nell’estate del 1995 nella città bosniaca di Srebrenica, pur dichiarata dall’ONU “zona sicura”, quando durante un’operazione condotta dal comandante serbo-bosniaco, Ratko Mladić, nello spazio di alcuni giorni, le donne e i bambini sono costretti a lasciare la città e si procede all’esecuzione a freddo di ben 8.000 uomini e ragazzi. Gli accordi di Dayton, del 21 novembre del 1995, confermarono di fatto la situazione creata dalla guerra, prevendo la formazione di uno Stato bosniaco diviso in due entità, la Federazione di Bosnia-Erzegovina (croato-musulmana) e la Repubblica Serba. Per garantire le sospettose tre comunità si previde una presidenza collegiale, costituita da tre membri, uno musulmano, uno serbo e uno croato, che a rotazione ne sarebbero stati al vertice.