Archivi giornalieri: 5 settembre 2022

Il Pnrr e il tema dei decreti attuativi mancanti #OpenPNRR

Il Pnrr e il tema dei decreti attuativi mancanti #OpenPNRR

Come buona parte delle misure legislative, anche quelle legate al Pnrr richiedono una quota di atti di secondo livello per essere implementate. Le dimissioni del governo però potrebbero comportare rallentamenti anche da questo punto di vista.

 

Lo scorso 21 luglio il presidente del consiglio Mario Draghi ha deciso di rassegnare le sue dimissioni definitive dopo che una parte delle forze politiche che lo sostenevano ha deciso di non rinnovargli la fiducia. Questo passaggio, unito allo stop ai lavori per la pausa estiva, ha comportato inevitabilmente un rallentamento nell’attività dell’esecutivo.

Nonostante il governo sia rimasto in carica per il disbrigo degli affari correnti infatti, il suo margine di intervento risulta limitato non avendo più una piena legittimazione politica. Ad esempio, palazzo Chigi ha escluso la possibilità di varare interventi contro l’aumento del costo dell’energia che comportino uno scostamento di bilancio. Lasciando quindi la responsabilità di questa decisione sulle spalle del prossimo governo.

Molte questioni rimaste insolute quindi dovranno essere affrontate dalla maggioranza che uscirà dalle urne il prossimo 25 settembre. Inclusa quella dell’attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Da questo punto di vista, un elemento passato un po’ in sordina sui media ma da non sottovalutare riguarda la pubblicazione dei decreti attuativi. Quelle norme di secondo livello cioè che contengono le indicazioni operative di dettaglio indispensabili per dare concreta applicazione alle riforme previste dal piano.

54 su 153 i decreti attuativi legati alle misure legislative del Pnrr che ancora non sono stati pubblicati.

Alla data del 26 agosto, erano circa un terzo le attuazioni che ancora mancavano all’appello. In un momento di transizione come questo, è di fondamentale importanza tenere sotto controllo anche questo aspetto. Come abbiamo raccontato infatti, in passato i soggetti coinvolti in questa attività (principalmente i ministeri) non sono stati particolarmente solerti nella pubblicazione delle attuazioni. Il Pnrr però prevede delle scadenze molto stringenti che non possono essere mancate se non si vuole rischiare di perdere le risorse assegnate al nostro paese.

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Il Pnrr e le riforme normative

Come noto, al nostro paese sono stati assegnati oltre 190 miliardi. Questi investimenti devono essere portati a compimento rispettando un rigido cronoprogramma che prevede una serie di traguardi intermedi da raggiungere e la conclusione di tutti gli interventi entro il 2026. Accanto agli investimenti però, l’Italia è chiamata a portare a conclusione anche una serie di riforme normative (63 in totale) pensate per modernizzare e rendere più equo ed efficiente il sistema-paese. Alcune di queste misure sono già state portate a compimento, alcune sono in via di completamento, altre invece devono ancora essere avviate.

Le riforme del Pnrr sono propedeutiche al completamento degli investimenti.

Le riforme che ancora devono vedere la luce saranno oggetto di un futuro approfondimento. In questo caso invece ci concentriamo sull’analisi di quegli atti legislativi che sono già stati pubblicati per dare attuazione al Pnrr. Nell’analizzare questo dato è importante tenere presente che una serie di norme si sono rese necessarie per creare un’organizzazione ad hoc per la gestione del piano. Va in questa direzione ad esempio il Decreto legge 77/2021 che introduce una serie di semplificazioni volte a velocizzare le procedure oltre che delineare la governance. A questo tipo di atti si aggiungono poi le riforme vere e proprie previste nel piano, come la riforma dei processi civile e penale e quella del pubblico impiego. In questo quadro poi si sono inseriti anche degli ulteriori decreti legge, inizialmente non previsti ma resisi necessari per velocizzare le procedure e rispettare il cronoprogramma. È il caso dei Dl 152/2021 e 36/2022.

Alla luce di questa considerazione, anche in base alle informazioni fornite dal centro servizi della camera, possiamo osservare che sono 17 gli atti aventi forza di legge emanati finora. Il decreto legge è stato lo strumento normativo utilizzato di più (9). Seguono le leggi delega (4) e quelle ordinarie (3, di cui due sono le leggi di bilancio per il 2021 e il 2022).

Non sempre però l’approvazione di una norma significa necessariamente il completamento di una riforma. Spesso infatti si rendono necessari anche atti ulteriori.

Dopo il lavoro del parlamento, l’implementazione di una legge passa nelle mani di ministeri e agenzie pubbliche. Un secondo tempo delle leggi spesso ignorato, ma che lascia molte norme incomplete. Vai a “Che cosa sono i decreti attuativi”

Si tratta di un passaggio tutt’altro che banale, dato che questi atti contengono indicazioni pratiche e di dettaglio sull’applicazione delle norme. Senza queste indicazioni le riforme rischiano di rimanere solo sulla carta.

Decreti attuativi, lo stato dell’arte

Incrociando le informazioni messe a disposizione dal centro servizi della camera con quelle dell’ufficio per il programma di governo possiamo valutare quanti sono i decreti attuativi richiesti per implementare il Pnrr e le riforme in esso contenute. Al 26 agosto, le attuazioni richieste erano 153 di cui 54 ancora da emanare.

La misura che richiede il maggior numero di atti di secondo livello è il Dl Pnrr bis (32/2022). Questo decreto, pensato principalmente per velocizzare il raggiungimento delle scadenze previste per il secondo trimestre del 2022, richiede infatti 38 decreti attuativi, di cui solo 10 sono già stati pubblicati. Al secondo posto, sia per numero di decreti attuativi totali richiesti che mancanti, troviamo invece il Dl 152/2021, misura introdotta per rispettare le scadenze previste per il quarto trimestre del 2021. In questo caso le attuazioni richieste sono 35, di cui 10 ancora mancanti. Al terzo posto troviamo infine il già citato Dl 77/2021 con 27 attuazioni richieste di cui 9 ancora da pubblicare.

GRAFICO
DA SAPERE

Il grafico mostra tutti gli atti aventi forza di legge (leggi, decreti legge, decreti legislativi) che sono stati finora emanati per dare attuazione al Pnrr e alle misure in esso previste. Gli atti sono stati individuati sulla base delle informazioni messe a disposizione del centro servizi della camera. Nel grafico sono stati inseriti sono gli atti che richiedevano decreti attuativi. Dato che molti sono atti “omnibus” (non trattano un solo argomento ma molteplici) si è cercato di limitare il conteggio ai decreti attuativi che trattano specificamente il Pnrr. Non sempre però è disponibile un’informazione così dettagliata.

FONTE: elaborazione openpolis su dati camera e ufficio per il programma di governo
(ultimo aggiornamento: venerdì 26 Agosto 2022)

 
Alcuni decreti attuativi ancora mancano ma non tutti sono in ritardo rispetto alle scadenze previste.

Nell’analizzare questi dati è opportuno tenere presente che in alcuni casi, ma non sempre, le riforme contenute nel Pnrr prevedono una specifica scadenza per la pubblicazione dei decreti attuativi. È il caso ad esempio delle attuazioni richieste per la riforma del mercato del lavoro della Pa (introdotta con gli articoli da 1 a 6 del Dl 36/2022). Queste, in base al cronoprogramma, devono essere pubblicate entro il secondo trimestre del 2023. Un caso simile è quello legato alla riforma del sistema di reclutamento degli insegnanti (prevista dall’articolo 44 del Dl 36/2022) per cui i decreti attuativi sono attesi entro la fine del prossimo anno. In altri casi invece non è indicata una scadenza specifica per la pubblicazione delle attuazioni. Può verificarsi il caso però, come vedremo, che una data entro cui emanare l’atto sia già prevista all’interno della misura legislativa di riferimento.

Altro elemento da tenere in considerazione riguarda il fatto che finora sono state pubblicate 4 leggi delega: per la riforma dei processi penale e civile, per la disabilità e per la riforma dei contratti pubblici. Questo tipo di norme generalmente non prevede il rinvio a decreti attuativi (fa eccezione la delega sulla riforma del processo penale che ne prevede uno) che però potrebbero essere richiesti dai relativi decreti legislativi. Per avere un quadro completo delle attuazioni richieste per queste riforme quindi sarà necessario attendere la pubblicazione di questi atti. Scadenza che per 3 casi su 4 è prevista per il secondo trimestre del 2023 (fa eccezione il decreto legislativo legato alla legge quadro sulla disabilità, previsto per metà 2024).

I ministeri più coinvolti

Sono i ministeri i soggetti a cui spetta la pubblicazione della stragrande maggioranza dei decreti attuativi. Una dinamica che non fa eccezione nel caso delle norme legate all’attuazione del Pnrr. In questo caso infatti i dicasteri sono individuati come “organizzazioni titolari” delle diverse misure.

Da questo punto di vista il soggetto maggiormente coinvolto finora è il ministero dell’istruzione a cui sono richiesti in totale 23 decreti attuativi. Seguono la presidenza del consiglio dei ministri (Pdc) con 21 e i ministeri delle infrastrutture (Mims), della transizione ecologica (Mite) e della pubblica amministrazione con 16 ciascuno. Considerando le attuazioni che ancora mancano all’appello, vediamo che è proprio il dicastero guidato da Patrizio Bianchi a essere più indietro con 10 atti ancora da emanare. Pdc e Mite seguono con 7 attuazioni mancanti mentre al Mims ne mancano 6.

Da notare che in 3 casi è richiesta la compartecipazione di più ministeri. Questi decreti attuativi non sono ancora stati pubblicati.

Le attuazioni mancanti nel dettaglio

Finora abbiamo visto il quadro generale sullo stato dell’arte per quanto riguarda i decreti attuativi richiesti dalle norme associate in qualche modo al Pnrr. Vediamo adesso più nel dettaglio alcuni degli atti di secondo livello più rilevanti tra quelli che ancora mancano all’appello.

Un primo elemento da evidenziare riguarda il fatto che in alcuni casi le norme possono prevedere una precisa data entro cui le attuazioni devono essere emanate. Non sempre però tali scadenze vengono rispettate. Sono molti infatti i decreti attuativi che avrebbero dovuto già essere pubblicati ma di cui ancora non si ha notizia.

17 i decreti attuativi legati al Pnrr non ancora emanati nonostante sia già stata superata la data ultima prevista per la pubblicazione.

Solo per citare alcuni esempi, rientra in questa categoria il decreto ministeriale che dovrebbe indicare termini e modalità per la redazione e l’aggiornamento del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico. Di competenza del Mims, questo atto avrebbe dovuto essere pubblicato entro il 28 febbraio scorso. Manca all’appello poi un decreto del ministero della pubblica amministrazione che avrebbe dovuto prevedere la ripartizione di un fondo a favore dei comuni con meno di 5mila abitanti per l’assunzione di personale per l’attuazione dei progetti legati al Pnrr. L’atto in questo caso era atteso entro il 30 luglio.

Da questo secondo caso emerge peraltro un elemento rilevante. E cioè il fatto che spesso la mancanza dei decreti attuativi blocca l’erogazione di risorse cospicue nonostante queste siano già state stanziate. Un elemento che, in questo caso specifico, assume ancora più rilevanza dato che molti osservatori hanno evidenziato proprio le difficoltà dei piccoli centri nel portare a conclusione procedure così complesse come quelle del Pnrr. Un altro caso di questo tipo riguarda il decreto del ministero dello sviluppo economico relativo alla definizione di termini e modalità di accesso alle agevolazioni per le imprese previste dal fondo per il sostegno alla transizione industriale. In questo caso il decreto attuativo avrebbe dovuto essere pubblicato entro il 31 gennaio.

Tra gli altri decreti attuativi che ancora mancano all’appello sono 37 quelli per cui non è indicata una specifica data entro cui debbano essere pubblicati oppure questa scadenza non sia ancora stata superata. Tra questi citiamo, a titolo di esempio, un decreto di competenza del Mims relativo all’aggiornamento del contratto di programma per gli investimenti ferroviari con un importo pari o inferiore a 5 miliardi di euro. E un altro di competenza del ministero della giustizia relativo alla costituzione di un comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia civile, sulla ragionevole durata del processo e sulla statistica giudiziaria.

I decreti attuativi mancanti bloccano l’erogazione di risorse già stanziate.

Così come per gli atti aventi forza di legge, anche i decreti attuativi possono essere considerati come entrati in vigore a tutti gli effetti solo dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale. Il fatto quindi che il governo abbia annunciato la firma del ministro su un atto e magari ne abbia anche diffuso il testo, non significa necessariamente che quell’atto sia già entrato in vigore. Questo perché in genere, prima della pubblicazione in gazzetta, il decreto deve essere vagliato della corte dei conti o da altri organi di controllo.

Un passaggio amministrativo che generalmente non comporta grandi sorprese ma che però può richiedere anche diversi mesi (come abbiamo raccontato ad esempio qui). Si tratta di un dato non di poco conto. Soprattutto in questa fase, considerando come il rispetto delle scadenze legate all’attuazione del Pnrr sia un elemento imprescindibile per non rischiare di perdere i fondi assegnati al nostro paese.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

INPS Servizi SpA: procedura di selezione per l’assunzione di 69 unità

INPS Servizi SpA: procedura di selezione per l’assunzione di 69 unità

INPS Servizi SpA, società per azioni in house providing con sede in Roma, interamente partecipata dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, alla quale sono affidate le attività di Contact center multicanale verso l’utenza dell’INPS, indice una procedura di selezione per l’assunzione, con contratto di lavoro a tempo indeterminato full-time, di 69 unità.

Le candidature dovranno pervenire entro le 20 del 18 settembre 2022.

Il bando, con tutte le informazioni necessarie, è consultabile sul sito di INPS Servizi SpA.

Santa Teresa di Calcutta

 

Santa Teresa di Calcutta


Nome: Santa Teresa di Calcutta
Titolo: Fondatrice
Nascita: 26 agosto 1910, Skopje, Macedonia del Nord
Morte: 5 settembre 1997, Calcutta, India
Ricorrenza: 5 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrona di:Colli al Metauro
Madre Teresa resterà come l’incarnazione più convincente, nella nostra epoca, del genio della carità evangelica; tutti l’hanno capita, i cristiani delle varie confessioni, i laici di ogni paese, gli indù come i musulmani. Quando, a metà degli anni Settanta, apriva a San Gregorio al Celio la prima casa romana delle sue suore, scelse per loro il pollaio dei monaci camaldolesi, una costruzione bassa, in mattoni bucati e lamiere, con il pavimento in cemento. «Le mie sorelle sono povere e abituate a tutto, vengono dall’India. Il pollaio sarà più che sufficiente», tagliava corto con chi trovava la cosa un po’ scomoda. Povere. Come era povera lei, che aveva scelto di condividere in tutto e per tutto la condizione dei più poveri, dei diseredati, di chi dalla vita non aveva avuto altro che miseria, smacchi e sofferenza.

Pier Paolo Pasolini, dopo averla incontrata a Calcutta nel 1961, scrisse: «Dove guarda, vede». All’origine della sua genialità nell’amore c’era il vedere, prima di altri, il fratello che era nel bisogno e di soccorrerlo subito, senza giudicare, senza lasciarsi bloccare dalle frontiere. O anche dalla mancanza di mezzi.

È stata a volte criticata perché nei suoi ospizi non c’erano abbastanza medici e medicine. Ma nelle situazioni disperate nelle quali si è avventurata, non avrebbe concluso granché se avesse dovuto aspettare di avere l’attrezzatura giusta per soccorrere qualcuno.

Madre Teresa, al secolo Agnes Gonxha Bojaxhiu, era nata il 26 agosto 1910 a Skopje nella Macedonia del Nord. Quando il papà, Nikola, morì improvvisamente, la famiglia visse momenti digrandi difficoltà economiche. Fu brava la mamma, Drane, ad allevare Agnes e i suoi quattro fratelli con fermezza e amore, orientando la loro formazione religiosa. Agnes trovò sostegno anche nella vivacità della parrocchia del Sacro Cuore, gestita dai gesuiti, nella quale era attivamente impegnata.

A diciott’anni, desiderosa di fare la missionaria, lasciava la casa e il paese, diretta in Irlanda, dove veniva accolta, con il nome di suor Mary Teresa, nell’istituto delle «Suore di Loreto». Qualche mese dopo venne mandata in India, a Calcutta, dove completò la sua formazione alla vita religiosa, facendo prima i voti temporanei, seguiti da quelli perpetui, e inserendosi nelle attività dell’istituto fino a diventare, nel 1944, direttrice di una scuola per ragazze, il St. Mary.

I primi vent’anni della sua vita religiosa li trascorse così, senza scossoni, insegnando alle ragazze, maturando anche una sua spiritualità forte, che aveva nella preghiera e nell’amore per le consorelle e per le allieve i suoi punti di forza. Ma aveva anche l’occhio attento a ciò che succedeva intorno. E non era granché bello, anzi inquietava non poco.

Intanto il Signore, con illuminazioni interiori, la andava preparando a quella che sarà la sua straordinaria avventura. Al centro delle rivelazioni proprio quello che inquietava madre Teresa: l’indifferenza assoluta della gente verso i poveri, che in gran numero languivano nelle baraccopoli e lungo le vie della città.

Durante un viaggio in treno, nel 1946, le parve di sentire più chiara la voce di Gesù che la invitava ad abbandonare tutto per porsi al servizio di quei poveri. Madre Teresa accolse l’invito e segnò quell’episodio che avrebbe cambiato la sua vita, come «il giorno della decisione».

Le ci volle del tempo per ottenere il permesso di lasciare le Suore di Loreto, ma alla fine, era il 1948, fu libera di seguire la propria vocazione e di entrare nel mondo dei poveri. Indossò il sari, la tunica bianca delle donne indiane, con in più le strisce blu che orlavano il velo, e la croce appuntata sulla spalla. Con il nuovo abito, che segnava anche il cambiamento della sua vita, si recò a Patna dalle Suore mediche missionarie per seguire un breve corso di infermeria. Rientrata a Calcutta, si sistemò provvisoriamente presso le Piccole sorelle dei poveri.

Il 21 dicembre 1948 andò per la prima volta nei sobborghi: visitò famiglie, lavò le ferite di bambini, si prese cura di un anziano malato che giaceva sulla strada. Si imbatté anche in una donna agonizzante, distesa su un marciapiede: era così debole che topi e formiche le stavano rosicchiando il corpo. Da giorni era lì, in attesa della morte, ma nessuno l’aveva soccorsa. Madre Teresa la raccolse e la portò al vicino ospedale, dove le dissero che era troppo malata e troppo povera per essere curata.

Calcutta era piena di gente che finiva così. Teresa capì che non poteva più restare a guardare, doveva fare qualcosa. Chiese, e le fu concesso, di occupare parte di un ex tempio indù diventato covo di mendicanti e criminali di ogni risma. Madre Teresa lo trasformerà nella prima «Casa dei moribondi».

Le baraccopoli — con i loro poveri ai quali dare speranza, con i bambini abbandonati da curare e amare, con i moribondi da accompagnare nel passo estremo… — divennero la terra di missione, sua e di altre donne che via via decideranno di condividere la sua vita e il suo impegno. Insieme diedero vita alla Congregazione delle Missionarie della Carità, che il 7 ottobre 1950 veniva riconosciuta ufficialmente nell’arcidiocesi di Calcutta, e nel febbraio del 1965 diventava di diritto pontificio.

Agli inizi del 1960 cominciò l’emigrazione delle Missionarie della Carità in altre regioni dell’India. Successivamente, incoraggiate in particolare da Paolo VI, aprivano una casa in Venezuela. Ad essa seguirono numerose altre fondazioni in ogni parte del mondo, ovunque ci fossero poveri abbandonati cui portare l’aiuto e il conforto della fraterna solidarietà e la certezza che Dio li amava. Negli anni Ottanta, dopo la caduta delle varie cortine, madre Teresa aprì case di missione anche nei paesi comunisti, inclusa l’ex Unione Sovietica, l’Albania e Cuba. È stata la prima a inserire delle suore negli ospedali sovietici, dopo l’esplosione di Cernobyl, e la prima a mettere piede in Albania, quando il paese era ancora sotto il regime comunista. Persino in Vaticano, nella casa del papa, aprì una mensa per i poveri.

Madre Teresa affiancò alla prima congregazione altre istituzioni, come i Fratelli Missionari della Carità, le Sorelle e i Fratelli contemplativi, i Padri Missionari della Carità e gruppi di collaboratori laici. 11 tutto per rispondere meglio alle esigenze dei poveri.

Tanto impegno e proliferare di iniziative non potevano passare inosservati. Le immagini di questa donna minuta e con il tempo sempre più curva, avvolta nel bianco sani, china a confortare un moribondo o a curare piaghe infette, ad accarezzare bambini lacerati dall’abbandono e dall’indifferenza… fecero il giro del mondo, sollevando l’ammirazione di tanta gente, che cominciò a interessarsi delle sue opere e della sua vita, ad ascoltare i suoi messaggi, resi con parole semplici che esaltavano la vita, che invitavano al suo rispetto in ogni momento, dal concepimento alla morte. Parole semplici e a volte anche forti che scuotevano e dividevano.

L’ammirazione si tradusse anche in riconoscimenti importanti come il Premio indiano Padmashri, assegnatole nel 1962, e il Premio Nobel per la Pace, conferitole nel 1979. Ricevette riconoscimenti e attenzioni «per la gloria di Dio e in nome dei poveri».

Negli ultimi anni, nonostante seri problemi di salute, continuò a guidare la sua congregazione e a rispondere alle necessità dei poveri e della chiesa. Morì a Calcutta il 5 settembre 1997. Il mondo intero, che aveva seguito il suo lento spegnersi, la pianse, mentre il governo indiano le rendeva onore con i funerali di Stato. Sepolta nella Casa Madre delle Missionarie della Carità, la sua tomba fu ben presto luogo di pellegrinaggi e di preghiera. «L’intera vita e l’opera di madre Teresa — ha detto Giovanni Paolo II nel proclamarla beata — offrirono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni essere umano, del valore delle piccole cose fatte fedelmente e con amore, e dell’incomparabile valore dell’amicizia con Dio». Questa è madre Teresa: il genio femminile sposato alla carità evangelica, che guida la chiesa verso i poveri.

Il 20 dicembre 2002 il papa Giovanni Paolo II approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui suoi miracoli, è stata beatificata il 19 ottobre 2003 e canonizzata da Papa Francesco il 4 settembre 2016