Le frane, un rischio concreto per l’Italia Ambiente
L’Italia è uno degli stati europei caratterizzati da maggiori aree a rischio franoso. Questi eventi incidono sull’ambiente e sull’uomo.
La frana è uno spostamento di materiale che deriva da un distacco da versanti montuosi o terreni in pendio. Rappresenta assieme alle alluvioni uno degli eventi più frequenti di dissesto idrogeologico. Le cause di questi fenomeni possono essere molteplici. Si va dalle piogge e le fratture nel terreno fino al disboscamento e alla costruzione di edifici, che minano la stabilità del terreno data dalle radici delle piante.
Secondo Ispra infatti, il forte aumento delle aree urbanizzate che si è verificato a partire dal secondo dopoguerra ha portato a un aumento degli elementi esposti al rischio delle frane. La superficie coperta da edifici passa infatti dal 2,7% degli anni cinquanta al 7,65% del 2017. Questo scenario è spesso aggravato dalla mancanza di una corretta pianificazione territoriale e dal progressivo abbandono delle aree rurali montuose e collinari.
Il territorio italiano è naturalmente predisposto a eventi franosi data l’incidenza di pendii montuosi e collinari. L’Italia è uno degli stati europei caratterizzati dal maggior numero di aree a rischio franoso. Questi eventi incidono sull’ambiente e sulla sicurezza delle comunità.
Per Ispra, gli eventi principali ogni anno sono circa un centinaio (nel 2017, ad esempio, ce ne sono stati 172) e causano vittime, feriti e danni agli edifici, alle infrastrutture adibite al trasporto, alle industrie e ai beni culturali.
La mosaicatura della pericolosità da frana
Per poter avere una mappatura di questi eventi, Ispra ha definito dei livelli di rischio in cinque classi: pericolosità molto elevata (P4), elevata (P3), media (P2), moderata (P1) e aree di attenzione (AA). Sono calcolate sulla probabilità e la severità dell’evento. Sfruttando questa classificazione, viene redatto dalle regioni un piano di assetto idrogeologico (Pai) che ha lo scopo di rendere noti gli eventi franosi e idrici e definire le attività connesse di tutela del territorio e di intervento. Ad aree caratterizzate da maggiore rischio sono connesse leggi più severe sull’utilizzo delle superfici.
Secondo la mosaicatura 2020-2021, la superficie complessiva italiana delle aree a pericolosità da frana PAI e delle aree di attenzione è pari a 60.481 kmq, circa il 20% del territorio nazionale. L’8,7% delle superfici italiane è appartenente alle classi di rischio più elevate (P3 e P4).
In queste aree così complesse vivono 1,3 milioni di abitanti. Rapportando la popolazione a rischio con la popolazione residente, la regione con la maggior percentuale di abitanti in zone di questo tipo è la Valle d’Aosta (12,09%) seguita da Basilicata (7,02%) e Molise (6,08%). I valori più bassi si registrano in Lombardia (0,47%), Friuli-Venezia Giulia (0,37%) e Veneto (0,14%).
Tendenzialmente, i comuni in cui la maggior parte dei loro abitanti abita in zone con elevate probabilità sono piccoli e vicini ad aree montuose. È questo il caso dei due comuni in cui il 100% dei loro abitanti vive in questo tipo di zone: Sauze d’Oulx (Torino) e Panni (Foggia). Sono 97 su 7.904 i comuni in cui la percentuale di abitanti di aree caratterizzate da pericolosità di frana supera il 50%.
Gli effetti sugli edifici, le industrie e i beni culturali
Una frana è un pericolo concreto per gli abitanti delle aree colpite, per l’ambiente ma anche per le economie locali. Possono infatti esserci danni alle infrastrutture di collegamento ma anche agli edifici abitati e alle strutture industriali. Si parla di 1,8 milioni di edifici di cui 565mila in aree P3 e P4. La provincia caratterizzata dal maggior numero di edifici in zone a elevato rischio frane è Salerno (31.379) a cui seguono Genova (20.672), Torino (19.526) e Lucca (18.846).
Al contrario, i valori più bassi si registrano a Gorizia (16), Monza e Brianza (4) e Milano (3). Le province in cui non ci sono imprese in tali zone sono Cremona, Mantova, Venezia, Rovigo, Ferrara e Lodi, tutti territori che si trovano nella pianura padana.
Per quel che riguarda invece le strutture industriali, sono in tutto 405.000 quelle presenti su territorio nazionale. Le unità locali di imprese in aree a probabilità maggiore sono 84.000 con oltre 220.000 addetti a rischio. Considerando queste zone particolari, Napoli è il territorio che riporta più strutture presenti (6.344). Seguono Salerno (6.332), Genova (3.434) e Firenze (2.568). Sono riportati valori minimi per Gorizia (2), Monza e Brianza (2) e Milano (1).
La frana è uno degli eventi che più modifica il paesaggio. Oltre ad avere delle ripercussioni concrete sull’ambiente, ha anche degli importanti effetti sui beni culturali, che spesso presentano delle particolari necessità di tutela. In Italia, gli elementi del patrimonio artistico e culturale in zone a rischio franoso sono oltre 38.000 e compongono il 17,9% del totale. Di questi, 12.533 si trovano in aree P3 e P4 e sono pari al 5,9% sul totale italiano.
Per mitigare questo tipo di fenomeni, secondo Ispra è necessario effettuare opere infrastrutturali per consolidare i pendii instabili e il potenziamento della rete di monitoraggio. Per le nuove costruzioni è importante selezionare territori caratterizzati da rischio minore, con particolare attenzione a edifici strategici quali scuole, ospedali e uffici pubblici. Una corretta pianificazione territoriale e un’attività conoscitiva su scala nazionale hanno un ruolo strategico nel contenimento degli effetti di questi eventi sulla vita umana.
Foto: Ricardo Gomez Angel – licenza