Archivi giornalieri: 19 settembre 2022

San Gennaro

 

San Gennaro


San Gennaro

autore: Andrea Vaccaro anno: 1635 titolo: L’ascensione di San Gennaro luogo: Museo del Prado, Madrid
Nome: San Gennaro
Titolo: Vescovo e martire
Nascita: 21 aprile 272, Benevento
Morte: 19 settembre 305, Pozzuoli
Ricorrenza: 19 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
S. Gennaro nacque nella seconda metà del secolo III molto probabilmente a Benevento anche se alcune fonti dicono che sia venuto alla luce a Napoli. Di famiglia nobile e molto cristiano, predilesse fin dalla sua giovinezza la vita ecclesiastica. A trent’anni era sacerdote e vescovo di Benevento, quando scoppiò la persecuzione di Diocleziano. Grande era la sua amicizia col diacono Sosio, che consultava sovente circa gli affari della diocesi, trovando in lui molto sapere e conforto spirituale.

Un giorno, mentre Sosio leggeva il Vangelo nella chiesa, il Vescovo vide scintillare sopra il suo capo una fiamma che conobbe essere preannunzio del martirio. Pieno di giubilo per tanta grazia, baciò il capo di colui che doveva patire per amore di Gesù Cristo e ne rese grazie al Signore, rimanendo in attesa che si compisse la volontà di Dio. Difatti. poco dopo, per ordine del giudice Draconzio, il santo diacono fu chiuso in prigione. Ciò saputo Gennaro andò a visitarlo, ed entrato nel carcere: « Perché, esclamò, quest’uomo di Dio è tenuto prigioniero senza alcun motivo? ». Riferite queste parole a Timoteo, prefetto della Campania, questi fece arrestare anche Gennaro.

Il nostro Santo, gettato in una fornace ardente, ne uscì illeso. Pertanto il prefetto preso da sdegno, ordinò di stirare il corpo del Martire, fino a rompergli le articolazioni. Frattanto un altro diacono, Sisto, ed il lettore Desiderio, presi e incantenati furono trascinati, insieme col Vescovo, davanti al carro del prefetto, fino a Pozzuoli e gettati nella medesima prigione ove erano detenuti Sosio e Proculo ed i cristiani Eutiche e Ponzio già condannati alle belve.

Il giorno dopo furono tutti esposti alle fiere nell’anfiteatro; ma queste, dimentiche della loro naturale ferocia, si accovacciarono ai piedi di Gennaro. Intanto il prefetto, attribuendo ciò a incantesimi, pronunciò contro i martiri di Cristo la sentenza capitale, e divenuto cieco sull’istante, non ricuperò la vista che per le preghiere del Santo. A questo miracolo quasi cinquemila uomini abbracciarono la fede di Cristo. Tuttavia l’ingrato giudice non convertito dal beneficio, anzi sdegnato per la moltitudine delle conversioni e fanatico osservatore dei decreti imperiali, ordinò che il santo Vescovo coi compagni fossero uccisi di spada il 19 settembre.

Martirio di San Gennaro

I Napoletàni, dietro avviso celeste, accorsero a raccogliere in ampolle parte del sangue del martire San Gennaro e trasportarono il corpo prima a Benevento, poi a Montevergine e infine nella cattedrale di Napoli, ove fu eletto a patrono principale della città. Napoli attribuì alla sua protezione la grazia di essere stata liberata da molteplici e violenti eruzioni del Vesuvio, e dalle armi di molti nemici che avevano giurato la sua rovina.

Sangue di San Gennaro

Nella cappella del Tesoro della cattedrale si conserva il capo e due ampolle di sangue del santo Vescovo: quivi da sedici secoli si ripete il miracolo detto di S. Gennaro. Tale portento venne studiato da dotti di ogni secolo e d’ogni fede e tutti furono d’accordo nell’attribuirlo ad un intervento soprannaturale. Infatti, allorché nella ricorrenza del suo martirio e della sua consacrazione episcopale si pone il capo del Santo martire, racchiuso in una preziosa custodia, alla presenza del suo sangue raggrumato e contenuto in due ampolle di cristallo, senza l’intervento di alcun agente esterno, la massa del sangue del martire passa dallo stato solido allo stato liquido e lo si vede bollire.

PRATICA: Facciamo oggi un piccolo sacrificio per la nostra fede.

PREGHIERA. O Dio, che ci rallegri coll’annua solennità dei tuoi santi martiri Gennaro e compagni, concedi che come siamo rallegrati dai loro meriti, così siamo infiammati dai loro esempi.

MARTIROLOGIO ROMANO. San Gennaro, vescovo di Benevento e martire, che in tempo di persecuzione contro la fede, a Pozzuoli vicino a Napoli subì il martirio per Cristo.

Dipendenti aziende credito: assegno straordinario fino a sette anni

Dipendenti aziende credito: assegno straordinario fino a sette anni

Con il messaggio 16 settembre 2022, n. 3401 l’Istituto comunica che, anche per il 2022, è estesa da cinque a sette anni la durata massima dell’assegno straordinario erogato dal Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale, per il sostegno dell’occupazione e del reddito del personale del credito.

Il personale dipendente delle aziende di credito coinvolto in processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale, compreso quello con qualifica di dirigente, può essere ammesso a fruire dell’assegno straordinario per maturare i requisiti minimi per l’accesso al trattamento pensionistico a carico della gestione previdenziale obbligatoria di appartenenza entro un periodo massimo di cinque anni dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro.

Il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, ha esteso la durata massima dell’assegno straordinario, da cinque a sette anni, anche per il 2022.

Pertanto, per le nuove decorrenze di assegno straordinario comprese nel 2022 (ultima decorrenza ammessa 1° dicembre 2022, con risoluzione del rapporto di lavoro il 30 novembre 2022), il periodo massimo individuale di permanenza nel Fondo è pari a 84 mesi (sette anni).

I numerosi problemi che comporterebbe un ritorno al decreto sicurezza Migranti

I numerosi problemi che comporterebbe un ritorno al decreto sicurezza Migranti

La reintroduzione del decreto sicurezza è uno dei punti cardine della campagna elettorale della Lega. Tuttavia nei due anni in cui è stato vigente ha causato conseguenze negative sia per i richiedenti asilo che per le comunità ospitanti.

 

In questa inedita campagna elettorale estiva è emersa più volte nel dibattito pubblico la questione migratoria. Ciò nonostante i numeri degli sbarchi sulle coste italiane non rappresentano un’emergenza, come abbiamo più volte raccontato.

Il leader della Lega Matteo Salvini in particolare ha fatto della questione migratoria un punto cardine della sua campagna elettorale, e ha preannunciato, come presunta strategia per “fermare gli sbarchi”, la reintroduzione del decreto sicurezza. Una legge in vigore dal 2018 al 2020, nel periodo in cui Salvini era ministero dell’interno, e che è stato successivamente modificato.

Si tratta di una soluzione che già in passato si è dimostrata inefficace per le sue stesse finalità. Essa infatti crea le condizioni per una maggiore irregolarità, che è poi il problema che afferma di voler risolvere. Un fenomeno che si ripercuote sia sui richiedenti asilo stessi, che vedono violati i propri diritti fondamentali, che sulla collettività nel suo complesso, che non trae beneficio dalla presenza di persone marginalizzate, impossibilitate a ricoprire un ruolo attivo nella società.

Cosa prevedeva il decreto sicurezza

Il dl 113/2018, anche noto con il nome di “decreto sicurezza”, rappresenta la politica migratoria interna elaborata da Salvini quando era ministro dell’interno – insieme al “decreto sicurezza bis” (dl 53/2019) che si occupava invece del fronte esterno, promuovendo una politica di chiusura delle frontiere.

Lo scopo dichiarato del decreto era appunto quello di garantire una maggiore “sicurezza”, contenendo gli sbarchi di migranti sulle coste italiane, garantendo minori diritti e favorendo espulsioni e rimpatri.

Il decreto ha abolito la protezione umanitaria.

Sono state due le novità principali introdotte. In primo luogo, l’abolizione della protezione umanitaria, una forma di protezione residuale che poteva essere offerta a chi non riceveva lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria ma che al contempo non poteva essere allontanato dall’Italia per ragioni oggettive.

Questo dispositivo è stato sostituito con la cosiddetta protezione “speciale”, che consisteva nella concessione di un permesso di soggiorno per casi considerati speciali, di grave stato di malattia, di contingenze di eccezionale calamità o per atti di particolare valore civile.

Il decreto sicurezza abolisce la protezione umanitaria, una forma di protezione nazionale che era stata istituita dal testo unico sull’immigrazione nel 1998, introducendo la possibilità di concedere una forma di “protezione speciale”. Vai a “Quali sono le forme di protezione per gli stranieri in Italia”

Un’altra novità importante è stata lo smantellamento del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). Lo Sprar era il luogo della seconda accoglienza ed era maggiormente orientato verso l’inclusione rispetto alla prima accoglienza, per lo più assistenziale.

Lo Sprar è stato sostituito dal Siproimi.

Con il decreto sicurezza lo Sprar diventa il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (Siproimi). La principale differenza è che in questo secondo schema i richiedenti asilo erano costretti ad aspettare nei Cas l’esito della loro domanda. Ragione per cui i Cas erano diventati una tappa obbligata. Oltre a essere centri di accoglienza straordinaria e quindi in teoria non pensati per un fenomeno strutturale e organico come i flussi migratori normali, i Cas sono anche strutture meno orientate all’inclusione. Con il passaggio da Sprar a Siproimi, la seconda accoglienza è divenuta prerogativa esclusiva di chi era già titolare dell’asilo. In altre parole il sistema ha escluso dai centri i richiedenti asilo.

Il Siproimi è stato istituito nel 2018 e sostituiva il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), in vigore dal 2002 al 2018. Vai a “Come funziona l’accoglienza dei migranti in Italia”

Da una parte quindi l’eliminazione di una delle principali forme di protezione per i richiedenti asilo e dall’altra lo smantellamento di una parte del sistema di accoglienza il cui scopo era maggiormente volto all’inclusione dei migranti ospitati. Con conseguenze molto negative.

Gli effetti della politica di esclusione

Le modifiche apportate dal decreto sicurezza hanno generato una maggiore esclusione e, conseguentemente, la marginalizzazione di un’ampia parte dei richiedenti asilo.

L’eliminazione della protezione umanitaria, in particolare, ha portato a un considerevole aumento del numero degli irregolari, in quanto moltissimi richiedenti hanno visto la propria domanda di asilo respinta. Una quota che risultava già elevata in precedenza (nel 2018 si attestava al 67%), ma che ha registrato in quegli anni un incremento notevole. Nel 2019 era infatti salita all’81%.

+14 punti percentuali, i diniegati tra il 2018 e il 2019.

Negli anni in cui era ancora in vigore, la protezione umanitaria era accordata a una quota consistente di richiedenti asilo compresa tra il 21% e il 25%. Il ruolo della protezione speciale non ha avuto la stessa portata, arrivando a coprire un massimo pari a circa il 2% delle richieste nel 2020 (meno dell’1% nel 2019).

I numerosi richiedenti le cui domande di asilo erano rifiutate venivano poi mandati in Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), dove vengono detenuti in condizioni spesso degradanti fino al momento dell’espulsione.

Soprattutto però se consideriamo la scarsa efficacia della politica dei rimpatri (quelli effettivi ammontavano, nel 2020, al 13% degli ordini), è chiaro che si trattava di una soluzione miope, che finiva per creare una consistente fascia di popolazione che si trovava in un limbo: in Italia, ma senza la possibilità di vivere normalmente. La stragrande maggioranza di queste persone infatti si ritrovavano senza documenti, senza la possibilità di trovare una casa o un lavoro, esposte alla criminalità e alla marginalità.

A questo poi si aggiunge, come conseguenza delle modifiche apportate al sistema di seconda accoglienza, il significativo taglio dei costi di gestione dei centri. Si tratta di un altro argomento “forte” da parte della Lega e di Salvini, che hanno sempre affermato di voler combattere il cosiddetto “business dell’immigrazione”. Secondo gli annunci, il taglio dei costi per le strutture di accoglienza sarebbe servito a questo scopo. Nella realtà, però, ha ottenuto l’effetto di concentrare richiedenti asilo e rifugiati in centri di dimensioni maggiori. Il risultato è stato penalizzare i piccoli gestori, che non riescono a gestire un centro con prezzi più bassi, a vantaggio dei grandi, che al contrario operando economie di scala possono permettersi di aprire grandi centri collettivi.

Il decreto sicurezza ha quindi penalizzato il modello dell’accoglienza diffusa sul territorio, considerato più virtuoso e orientato all’inclusione sociale dei migranti nelle comunità ospitanti. Inoltre, il passaggio obbligato dei richiedenti asilo nei Cas ha limitato l’apprendimento linguistico e l’orientamento lavorativo, caratteristiche peculiari dello Sprar.

Di queste dinamiche abbiamo parlato nel dettaglio nel rapporto “Centri d’Italia, l’emergenza che non c’è“, pubblicato lo scorso febbraio insieme a ActionAid Italia.

Si sarebbe potuto approfittare del forte calo di ospiti nel sistema di accoglienza (-42% in 2 anni) per favorire l’accoglienza diffusa e ridurre le dimensioni dei centri. Invece, nel periodo in cui è stato in vigore il decreto sicurezza, il calo maggiore di posti si è registrato proprio nei centri di dimensioni più ridotte.

-21.983 i posti persi nei centri di accoglienza piccoli, tra 2018 e 2020.

Le modifiche del 2020 e l’ipotetico ritorno al decreto sicurezza

Con il dl 130/2020 sono state realizzate una serie di modifiche che hanno parzialmente riportato il sistema alla sua configurazione precedente.

In primis, il Siproimi è stato sostituito con il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), più vicino ai principi che avevano ispirato lo Sprar. Si tratta di un impianto pensato per l’integrazione e non soltanto per l’assistenza, e accessibile sia a chi ha già ottenuto l’asilo che a chi sta ancora presentando la domanda (anche se a condizioni diverse). In questo modo, i Cas smettono di costituire una tappa obbligata del percorso del richiedente e, conseguentemente, ritornano alla loro caratteristica transitorietà.

Inoltre, il decreto introduce una forma di “protezione speciale” più simile alla precedente protezione umanitaria. Che permette l’estensione dell’asilo a una platea più ampia di richiedenti.

Si tratta di cambiamenti che sicuramente hanno eliminato alcuni degli elementi più critici del decreto sicurezza. Presentano ancora notevoli limiti (in primis l’approccio emergenziale al fenomeno migratorio), ma costituiscono comunque un passo in avanti. Tornare al decreto sicurezza vorrebbe dire annullare questo avanzamento, restaurando una situazione che favorisce illegalità, emarginazione e esclusione. E quindi, paradossalmente, meno inclusione e maggiore insicurezza per tutti. La direzione opposta rispetto ai propositi annunciati con l’introduzione del decreto sicurezza.

 

Foto: Mattia Fonzi