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Istat-Cnel: rapporto Bes

“E’ ancora molto critica la situazione dei siti contaminati”. Lo affermano  l’Istat e il  Cnel  nel rapporto ”Il benessere equo e sostenibile in Italia” riferito al 2013 nella parte dedicata all’ambiente a proposito dei Siti di interesse nazionale (Sin).
Il rapporto fa presente, tra l’altro, che in alcuni casi l’illegalità ha “impedito” l’avvio delle bonifiche e che “lo stanziamento di fondi specifici è spesso non sufficiente a garantire un celere avvio dei processi di bonifica e messa in sicurezza”. Mentre inquinamento e deterioramento ambientale dei siti contaminati hanno prodotto “conseguenze drammatiche per la salute pubblica” come nei “casi emblematici dell’Ilva di Taranto, della Terra dei fuochi, di Gela o Priolo”. I benefici derivanti dalla messa in sicurezza e dalla bonifica sia sulla salute e che per il recupero dei territori supererebbero “i costi monetari e sociali sostenuti per il mantenimento dello status quo”. In Italia nel 2013 sono stati definiti 39 Sin per un totale di 161 mila ettari inquinati (escluse le aree marine), dislocati in tutte le regioni italiane, tranne Lazio, Molise e Bolzano. Prima regione è il Piemonte con 96 mila ettari.

La povertà aumenta in Italia.

L’allarmante situazione emerge dal rapporto Bes 2014, che segnala come nel 2012 le difficoltà economiche delle famiglie si siano accentuate. Dalla diminuzione del reddito reale disponibile e della ricchezza reale netta complessiva è derivato un calo della spesa per consumi e un aumento degli indicatori di povertà, soprattutto assoluta, e di deprivazione.

L’indicatore di povertà assoluta, basato sulla spesa per consumi nel 2012, mostra un aumento di ben 2,3 punti percentuali: la quota di persone che vivono in famiglie assolutamente povere passa dal 5,7% all’8% e aumenta in tutte le ripartizioni territoriali, dal 4% al 6,4% nel Nord, dal 4,1% al 5,7% nel Centro, dall’8,8% all’11,3% nel Mezzogiorno.

L’aumento, alquanto generalizzato, coinvolge in particolare le famiglie più ampie, quelle composte da coppie con tre o più figli, soprattutto se minori, le famiglie di monogenitori o con componenti aggregati. L’indicatore di grave deprivazione raggiunge il 14,5% nel 2012 ma registra un miglioramento nel 2013 scendendo al 12,5% per la diminuzione della quota di persone in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste, di non potersi permettere un pasto proteico adeguato ogni due giorni o di riscaldare adeguatamente l’abitazione. Nel 2013 inoltre, sembra leggermente diminuito il ricorso all’indebitamento, da cui si deduce che le famiglie hanno contratto i propri consumi per poter risparmiare o indebitarsi di meno.

Formazione migliora poco, cresce generazione Neet

Tra il 2011 e il 2013 sono migliorati quasi tutti gli indicatori su istruzione e formazione in Italia, ma la crescita è “lenta e troppo esigua per riuscire a colmare l’importante divario che separa l’Italia dal resto d’Europa”. 

I livelli di competenza, sia alfabetica sia numerica, continuano a collocare il nostro Paese lontano dalla media dei Paesi Ocse. Ma l’aspetto più preoccupante riguarda l’incremento della generazione “neet”: “come durante tutto il periodo di crisi, continua ad aumentare in misura preoccupante la quota di ragazzi che non studiano e non lavorano, soprattutto nel Sud, dove in molte regioni oltre un terzo dei giovani si trova in questa situazione”. La quota di neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano) nel 2013 ha avuto un aumento ancora più consistente del recente passato raggiungendo il 26%, più di 6 punti percentuali al di sopra del periodo pre-crisi. E tra i neet aumentano i disoccupati: erano 34,1% nel 2011, diventano  il 42,2% nel 2013 (+8%).

L’acuirsi della crisi economica ha determinato una grave contrazione dell’impiego di risorse umane in Italia e un aumento delle disuguaglianze territoriali e generazionali. La distanza che separa i tassi di occupazione e di mancata partecipazione italiani da quelli europei (Ue27), tradizionalmente già molto elevata, si amplia ulteriormente negli ultimi due anni. Nel 2013 il tasso di occupazione si attesta al 59,8%, mentre nella Ue27 è pari al 68,5%. Inoltre, un preoccupante peggioramento si segnala nella qualità della condizione dei lavoratori. L’instabilità dell’occupazione rimane diffusa e l’incidenza di lavoratori a termine di lungo periodo si associa ad una propensione sempre minore alla stabilizzazione dei contratti di lavoro temporanei, soprattutto per i giovani.

Inoltre, aumenta la presenza di lavoratori con un titolo di studio superiore a quello richiesto dall’attività svolta (22,1% degli occupati nel 2013), mentre resta pressoché invariata la quota di occupati con bassa retribuzione o irregolari.

Istatultima modifica: 2014-06-27T18:55:34+02:00da vitegabry
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