Agenzia Aran

MAGGIO 2014

  • FOCUS ( 1 Articolo )
    • “Investire nel futuro dei giovani. Il futuro del Paese”
      Email Stampa PDF

      Intervento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti.

    • “Investire nel futuro dei giovani. Il futuro del Paese”

       
      Email Stampa PDF

      Intervento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti. 

      Il 15 maggio, la Camera dei Deputati ha convertito in legge (la n. 78/2014, pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 19 maggio) il cosiddetto decreto lavoro. Il testo che esce dall’esame parlamentare conferma, sostanzialmente, i contenuti fondamentali e l’obiettivo del decreto: dare una risposta urgente alla necessità di rilanciare l’occupazione, semplificando il ricorso all’apprendistato ed al contratto a tempo determinato, per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro ed una permanenza più lunga dei lavoratori in azienda, premessa decisiva per la successiva stabilizzazione del rapporto di lavoro. Nella legge è inoltre contenuta una norma che prevede la decontribuzione del 35% dei contratti di solidarietà, uno strumento che consente la salvaguardia dell’occupazione in presenza di crisi aziendali.

      Ora, è indubbio che il lavoro lo creano le imprese che investono, dimostrando fiducia nel futuro. Voglio però sottolineare come, con le nuove norme, le imprese potranno assumere i lavoratori senza preoccupazioni legate al peso eccessivo di adempimenti burocratici o al rischio di incorrere in possibili contenziosi; non ci saranno più, pertanto, giustificazioni per il ricorso a tipologie come il contratto di collaborazione a progetto o la partita IVA, con il fine esclusivo di mascherare un rapporto di lavoro subordinato.

      Con la legge di conversione del decreto si compie il primo passo di un percorso di riforma del mercato del lavoro che sarà completato con gli interventi previsti nel disegno di legge delega, già all’esame del Senato, in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità ed alla conciliazione.

      Accanto all’attività sul piano normativo, voglio ricordare un altro importante fronte di impegno del Governo e del Ministero del lavoro.

      Il 1° maggio ha preso avvio, in tutta Italia, il Piano nazionale garanzia giovani. L’obiettivo, supportato da una dotazione di risorse di oltre 1,5 miliardi di euro, è garantire a tutti i giovani tra i 15 ed i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in attività di formazione, un’offerta qualitativamente valida di lavoro, apprendistato, tirocinio, autoimprenditorialità, inserimento nel servizio civile o formazione.

      Per la prima volta, nel nostro paese, si attiva un’azione sistematica per offrire, ad un’ampia platea di giovani, un ventaglio di opportunità per aiutarli ad entrare nel mondo del lavoro. Per la prima volta si sperimentano, su larga scala, quelle politiche attive per il lavoro che nel nostro paese sono finora state messe in secondo piano e sulle quali, invece, occorre puntare sempre più nell’immediato futuro.

      I primi dati sono positivi. A tre settimane dall’avvio del Piano, i giovani che si sono registrati, attraverso il portale nazionale www.garanziagiovani.gov.it o sui portali regionali, sono più di 57.000. Ma c’è, naturalmente, molto lavoro da fare. Si tratta, infatti, di una sfida complessa, che è indispensabile affrontare con il massimo dell’impegno di tutti i soggetti coinvolti a partire, naturalmente, dal Ministero del lavoro, cui spetta la “regia” del Piano; dalle Regioni, che dovranno assicurare l’attuazione degli interventi sul territorio; dai Centri per l’Impiego e dalle Agenzie private accreditate che dovranno concretamente “seguire” i giovani. Un ruolo decisivo spetta, però, al sistema imprenditoriale; alle imprese, che sono il vero motore dello sviluppo. Per questo sollecitiamo una loro assunzione di responsabilità verso una delle maggiori emergenze del momento, quella della disoccupazione giovanile, che rischia di mettere una pesante ipoteca sulla crescita futura del Paese. Per promuovere un coinvolgimento attivo delle imprese il Ministero del lavoro ha intrapreso una serie di iniziative specifiche, a partire dalla firma di protocolli di collaborazione con le loro associazioni di rappresentanza e dalla realizzazione, sul portale nazionale, di un’area dove le imprese possono “aderire” al Piano e “pubblicare” le opportunità che intendono offrire ai giovani. Insomma, il nostro invito alle imprese è a fare la loro parte. Ad investire nel futuro dei giovani. Il futuro del Paese.

       

      Giuliano Poletti
      Ministro del lavoro e delle politiche sociali

  • ATTUALITÀ ( 3 articoli )
    • La ripartizione dei distacchi e permessi sindacali nelle aree della dirigenza
      Email Stampa PDF

      Il 5 maggio 2014 è stato sottoscritto, in via definitiva, il CCNQ tra le organizzazioni sindacali rappresentative nelle aree della dirigenza, per il triennio 2013-2015.

    • La ripartizione dei distacchi e permessi sindacali nelle aree della dirigenza

      Email Stampa PDF

      Il 5 maggio 2014 è stato sottoscritto, in via definitiva, il CCNQ tra le organizzazioni sindacali rappresentative nelle aree della dirigenza, per il triennio 2013-2015.

      Si tratta di un accordo particolarmente importante che, superata la lunga fase di stasi relativa ai bienni 2006-2007 e 2008-2009, riallinea la disciplina contrattuale con il disposto dell’art. 43 del d.lgs. n. 165 del 2001 e consente il rispetto del principio, sancito dalla Corte costituzionale e ribadito dal Consiglio di Stato nel parere n. 5211/2010, circa il divieto di “cristallizzazione” della rappresentatività e degli effetti dalla stessa conseguenti.

      Il testo firmato applica – per la prima volta in via contrattuale – le decurtazioni definite dal D.M. 23 febbraio 2009 con il quale, per ciò che in questa sede interessa, si è proceduto ad una riduzione del 15% dei contingenti dei distacchi sindacali e dei permessi retribuiti attribuiti al personale delle aree dirigenziali, ad eccezione di quelli afferenti alle Aree II, III e IV, demandando alla contrattazione collettiva la ripartizione delle prerogative sindacali e la definizione delle modalità per il loro utilizzo.

      Nel dettaglio, il testo contrattuale si suddivide in tre capi.

      Il capo I definisce le regole di ripartizione di distacchi, permessi di posto di lavoro e permessi per la partecipazione alle riunioni di organismi direttivi statutari per le aree II, III e IV.

      In particolare, sono confermati i distacchi sindacali, nonché il contingente complessivo dei permessi di posto di lavoro, che continua ad essere pari a n. 90 minuti per dirigente in servizio, dei quali 30 minuti di competenza delle RSU e 60 minuti da ripartire tra le organizzazioni sindacali rappresentative.

      Con riguardo a questi ultimi, va rilevato che la particolare fase storica in cui ci troviamo, caratterizzata dal protrarsi del blocco della contrattazione nazionale, ha portato le parti ad introdurre, anche per le aree dirigenziali, gli strumenti di flessibilità già previsti per il comparto, che consentono ai singoli sindacati, in ragione della propria organizzazione interna, di scegliere se e in che misura utilizzare i permessi per l’espletamento del mandato in sede aziendale o cumularli a livello nazionale.

      In particolare, le organizzazioni sidnacali possono usufruire dei permessi in forma cumulata a livello nazionale, nella misura massima del 38% della quota a disposizione in ciascun posto di lavoro.  

      Pertanto, le amministrazioni continuano a calcolare il monte ore annuo di permessi di posto di lavoro utilizzando il precedente sistema, ovvero quantità di minuti per unità di dirigenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il contingente così ottenuto viene ripartito tra le organizzazioni sindacali sulla base del grado di rappresentatività di posto di lavoro. Tuttavia, prima di assegnarlo al sindacato, l’ente dovrà sottrarre un numero di ore corrispondente alla percentuale di utilizzo, in forma cumulata, operata dal sindacato stesso, quale risultante dal sito dell’Agenzia.

      Il capo II è interamente riservato alla rideterminazione e ripartizione delle prerogative sindacali nelle aree I, V, VI, VII e VIII.

      In particolare, ai sensi dell’art. 1 del D.M. 23 febbraio 2009, il contingente dei distacchi viene ridotto del 15%. Analogamente, con riguardo al contingente complessivo dei permessi sindacali, precedentemente pari a 90 minuti per dirigente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato in servizio presso l’amministrazione, il contratto procede ad operare la riduzione del 15%, rideterminandolo nella misura di 76 minuti e 30 secondi per dirigente, ripartito tra la RSU – cui spettano 25 minuti e 30 secondi – e le organizzazioni sindacali – per la restante quota di 51 minuti.

      Per quanto attiene alle modalità di utilizzo, anche in questo caso si è optato per un sistema più flessibile che lasci, nella disponibilità delle associazioni sindacali, la valutazione in merito alla quota di permessi di propria competenza da cumulare a livello nazionale, entro un limite massimo del 45%. Conseguentemente, per il calcolo del monte ore di competenza di ogni organizzazione sindacale occorrerà tener conto della eventuale percentuale usufruita in forma cumulata.

      Da ultimo il capo III che racchiude disposizioni particolari e finali. In particolare occorre evidenziare l’art. 7, il quale ripropone per le aree una serie di clausole già previste per i comparti con il CCNQ 9 ottobre 2009, volte soprattutto a potenziare la funzione di controllo delle prerogative utilizzate.

      Sotto tale profilo particolare importanza riveste il fatto che le amministrazioni ottemperino all’obbligo di inviare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, immediatamente e, comunque, non oltre due giornate lavorative, le comunicazioni riguardanti la fruizione dei permessi sindacali da parte dei propri dirigenti.

      Infatti, poiché il sistema definito contrattualmente si fonda sull’assunto che gli enti rispettino le tempistiche concordate, sono state introdotte alcune sanzioni per le amministrazioni che non rispettino gli adempimenti fissati dal contratto. A tal fine ogni amministrazione è tenuta ad individuare e rendere noto il responsabile del procedimento dell’invio dei dati e del rispetto dei termini legislativi e contrattuali previsti. In ogni caso, la mancata trasmissione dei dati entro i termini stabiliti costituisce, fatte salve le eventuali responsabilità di natura contabile e patrimoniale, infrazione disciplinare per lo stesso responsabile del procedimento.

      Non va trascurato, infine, che l’articolo in parola sancisce che le amministrazioni che concedano ulteriori permessi, dopo aver accertato il completo utilizzo del monte-ore a disposizione delle singole associazioni sindacali, saranno direttamente responsabili del danno eventualmente conseguente all’impossibilità di ottenere il rimborso delle ore fruite e non spettanti.

      marongiu@aranagenzia.it

       

    • Le norme del “Salva Roma” sulla contrattazione integrativa nelle autonomie locali
      Email Stampa PDF

      La circolare interministeriale del 12 maggio si spende sia per una temporanea “applicabilità”, sia per un intervento macro, sia per una revisione in “casa” dei singoli enti in sofferenza.

    •  

       

      Le norme del “Salva Roma” sulla contrattazione integrativa nelle autonomie locali

      Email Stampa PDF

      La circolare interministeriale del 12 maggio si spende sia per una temporanea “applicabilità”, sia per un intervento macro, sia per una revisione in “casa” dei singoli enti in sofferenza.

      L’articolo 4 del decreto legge n. 16 del 6 marzo 2014 (convertito con modificazioni dalla legge n. 68/2014) contiene alcune complesse disposizioni in merito al mancato rispetto, da parte della contrattazione integrativa delle regioni e degli enti locali, dei vincoli finanziari via via intervenuti.

      Una questione cosi “calda“ e così diffusa e ampia da non trovare completa definizione nel citato articolo 4 ma, almeno per il caso del Comune di Roma (e non solo), ci si è trovati di fronte ad un intervento di carattere eccezionale come la circolare interministeriale del 12 maggio 2014, che prevede un percorso, in parte diverso, proprio sull’applicazione del d.l. 16/2014.

      Non è, quindi, semplice analizzare le nuove norme. E’ comunque necessario premettere cha la questione non nasce adesso, ma è spesso il frutto di un accumularsi di vari fattori: contrattazione integrativa “allegra” e stratificata spesso in più anni, norme di legge intervenute (“Brunetta“, d.l. 78/2010, varie finanziarie, ecc.) che hanno portato controlli e riduzioni spesso ad impatto immediato, mancato adeguamento delle norme contrattuali entro il 2012 (art. 65 d.lgs. 150/2009). Insomma un coacervo di condizioni a cui si sono aggiunti interventi (o probabili interventi) della Corte dei conti, nonché ispezioni del Mef.

      A fronte di questa situazione il d.l. 16/2014 cerca di prendere atto e di prevedere un percorso che permetta, a molte amministrazioni, di rientrare nei limiti di legge anche con tempistiche di medio se non lungo periodo.

      Il comma 1 dell’articolo 4 è la norma base dell’impianto. In primo luogo la questione interpretativa riguarda l’ambito di applicazione. Si parla di regioni ed enti locali ma non dell’attuale comparto di contrattazione. Ciò significa che camere di commercio o ex Ipab (attualmente sottoposti alle norme del contratto di comparto Regioni e autonomie locali) sono escluse dalle norme del decreto legge. Più dubitabile la questione relativa agli enti regionali. Analoghe considerazioni si possono porre per il CCNL della relativa Area dirigenziale.

      La norma impone alle amministrazioni che non hanno rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa il recupero delle somme erogate indebitamente con un graduale riassorbimento a carico dei fondi per il trattamento accessorio per un numero massimo di annualità legato agli anni in cui vi è stato il superamento dei vincoli. Già questa previsione pone qualche problema interpretativo perché, a parità di somme indebitamente erogate, se l’esborso indebito si è verificato in pochi anni il recupero dovrebbe essere più pesantemente concentrato in un periodo ristretto.

      Le regioni adottano una riorganizzazione strutturale che può portare alla riduzione degli organici dirigenziali per almeno il 20% e per il restante personale del 10%. Gli enti locali devono garantire la riduzione delle dotazioni organiche entro i parametri di cui al decreto ex articolo 263, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Il personale in soprannumero sarà oggetto delle misure di cui all’articolo 2 del d.l. 95/2012 (prepensionamento, mobilità, part time, procedure di esubero). Nello stesso tempo le cessazioni dal servizio, per le finalità di recupero, non potranno essere utilizzate per la determinazione delle quote di turn over.

      Il comma 2 consente agli enti, in regola con il patto di stabilità interno, di poter utilizzare per il recupero anche le economie derivanti dai piani di razionalizzazione di cui al d.l. 98/2011, stornandole così dalla loro destinazione originaria.

      Il comma 3 dell’art. 4 è la norma più complessa e di difficile interpretazione. L’ambito applicativo non è facilmente individuabile: senz’altro si applica agli enti in linea sia con il patto di stabilità interno, sia con le norme in materia di spese e assunzione del personale e con le disposizioni di cui all’art. 9 commi 1, 2 bis, 21 e 28 del d.l. 78/2010 e che non abbiano già avuto riconoscimento giudiziale di responsabilità erariale in materia. Più problematico interpretare la norma: Fermo restando l’obbligo di recupero previsto dai commi 1 e 2, non si applicano le disposizioni di cui al quinto periodo del comma 3-quinquies dell’articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agli atti di costituzione e di utilizzo dei fondi, comunque costituiti, per la contrattazione decentrata adottati anteriormente ai termini di adeguamento previsti dall’articolo 65 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Si dovrebbe ritenere che mentre i commi 1 e 2 si riferiscono a fondi esorbitanti, il comma 3 si riferisce ad amministrazioni che possono avere fondi esorbitanti ma che, comunque, hanno distribuito le risorse contrattuali in modo contrario sia alla legge (in particolare la 150/2009) sia ai CCNL. In questo caso, quindi, l’oggetto della norma sarebbe direttamente la contrattazione integrativa: infatti il quinto periodo del comma 3 quinquies dell’art. 40 d.lgs. 165/2001 (che secondo il comma 3 verrebbe, nei casi ivi previsti, reso non applicabile) prevede proprio la nullità delle clausole contrattuali, la loro non applicabilità e sostituzione ai sensi del codice civile. In questo modo le clausole contrattuali, ancorché illegittime, non essendo state colpite da nullità avrebbero, all’epoca, comunque prodotto i loro effetti e quindi non si dovrebbe procedere a recupero sui lavoratori e non vi sarebbe responsabilità erariale da parte dei soggetti responsabili (anche se può, forse, permanere qualche dubbio su quest’ultimo punto).

      I commi 3 bis, ter e quater sono relativi ai lavoratori socialmente utili prevedendo che, per il periodo 2010-2013, le amministrazioni che hanno superato i vincoli di spesa del personale possano pagare le competenze dovute senza incorrere in sanzioni ma anche senza consentire il consolidamento delle posizioni lavorative, ossia la “stabilizzazione”. L’eventuale, legittimo percorso di assunzione rimane legato a quanto previsto dal d.l. 101/2013 e dalla legge 147/2013.

      Tutto risolto? Evidentemente no, se è stato necessario l’intervento (peraltro atipico) di una circolare che si potrebbe definire “interpretativo/normativa”.

      Uno dei problemi ancora sul tappeto (almeno da quanto si evince dalla situazione romana) sta nel fatto che la logica, comunque sottesa a tutto l’art. 4 del d.l. 16/2014, risiede in un elemento: le erogazioni sull’accessorio, sia dovute a esorbitanza sia illegittime, intanto cessano e, da ora in poi, si provvede a recupero sui fondi ai sensi dei commi 1 e 2 del citato art. 4.

      Ma in questo modo, in alcune situazioni, l’effetto sulle retribuzioni è immediato e pesante (non vi è recupero sui singoli lavoratori ma certo c’è decurtazione rispetto a prima). La situazione (che doveva essere affrontata prima: nel periodo di adeguamento e anche dopo!!!) rischia di essere fuori controllo e il rischio pesante di responsabilità erariale si pone. Infatti è vero che le norme contrattuali non sono colpite da nullità ma ciò dovrebbe valere solo per il pregresso e, dato che comunque si deve procedere a recupero, erogare ancora (e quindi incrementare il recupero) è un nonsenso sia giuridico sia economico. Nello stesso tempo, nel decreto legge (ora convertito) si fa riferimento, non applicandole, alle sanzioni dell’art. 40 del 165/2001 ma non alla sanzione di non-applicabilità di cui all’art. 65 comma 4 del d.lgs. 150/2009.

      Da qui, sembra, l’esigenza della circolare che si spende sia per una temporanea “applicabilità”, sia per un intervento macro (legislativo o contrattuale – quadro o nazionale), sia per una revisione in “casa” dei singoli enti in sofferenza.

      La situazione permane “calda” e complessa. L’unico auspicio è che, a differenza del passato, tutti i soggetti coinvolti, a tutti i livelli, locali e nazionali, si diano da fare evitando di aspettare l’uno le mosse dell’altro.

      circolare_decreto_legge_n_16_2014

      matteini@arangenzia

    • Orientamenti applicativi delle Regioni-Autonomie locali e dei segretari comunali e provinciali
      Email Stampa PDF

      Permesso retribuito, calcolo delle ferie.

  • FLASH NOTIZIE ( 2 articoli )
  • OSSERVATORIO ( 2 articoli )
    • Giurisprudenza del lavoro pubblico
      Email Stampa PDF

      Sentenze della Corte costituzionale, della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato, del Tar Sardegna e della Corte dei conti.

    • Economia e statistica
      Email Stampa PDF

      Ocse, Banca centrale europea, Commissone europea, Banca d’Italia, Ragioneria generale dello Stato, Istat.

  • ARAN IN EUROPA ( 1 Articolo )
Agenzia Aranultima modifica: 2014-06-17T11:23:00+02:00da vitegabry
Reposta per primo quest’articolo