Servizi sociali

Proposta di legge: voucher universale per i servizi sociali

Riorganizzare il sistema dei servizi alla persona e alla famiglia, introducendo il meccanismo del “voucher universale”: è questo l’obiettivo della proposta di legge “Istituzione del Voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia”, presentata ieri  contemporaneamente alla Camera e al Senato. Frutto di oltre un anno di lavoro dell’istituto Luigi Sturzo e firmata da un folto gruppo di parlamentari appartenenti a diversi schieramenti, la proposta s’ispira al modello francese dei chéque emploi service universel (Cesu). Primi firmatari della proposta sono i senatori Giorgio Santini, Federica Chiavaroli, Valeria Fedeli e i deputati Carlo dell’Aringa, Edoardo Patriarca e Flavia Piccoli Nardelli.

Finalità fondamentale dell’iniziativa è massimizzare l’efficacia della spesa, già oggi a carico delle famiglie, con un provvedimento di equità fiscale che renda possibile una parziale ma significativa detrazione degli oneri sostenuti. Secondo obiettivo, collegato al primo, è l’emersione del lavoro nero e, quindi, la creazione di posti di lavoro nel settore dei servizi di assistenza e cura. All’emersione dall’irregolarità è legata la valorizzazione e la professionalizzazione di questo settore occupazionale: “è necessario implementare politiche per qualificare il lavoro di cura – si legge infatti nella proposta – introducendo degli standard omogenei e dando pieno riconoscimento professionale alla figura dell’assistente familiare”.

Sono tre i possibili destinatari dei voucher: le famiglie, i dipendenti delle imprese e i destinatari di servizi di protezione sociale. Questi potranno acquistare, oppure ricevere dall’azienda o dall’ente, i voucher emessi dalle società concessionarie, che serviranno per acquistare servizi di cura per bambini, anziani non autosufficienti  o persone disabili, come pure per retribuire i collaboratori domestici. I voucher potranno essere utilizzati anche dalle piccole e medie imprese, divenendo così strumenti di “welfare aziendale” per prestazioni sociali. Infine, lo stesso meccanismo potrà essere utilizzato dalle amministrazioni pubbliche, per semplificare e velocizzare l’intervento sociale. Il voucher sarà nominativo e non potrà essere ceduto o utilizzato per l’acquisto di servizi diversi da quelli elencati nell’allegato alla proposta di legge. Il governo è delegato a definire, in accordo con le regioni, i requisiti comuni per l’iscrizione agli albi e ai registri regionali dei collaboratori domestici e degli assistenti personali. Oggi, solo un assistente su quatto è iscritto in un registro: il voucher potrà essere speso solo per lavoratori inseriti in questi elenchi. La legge istituirebbe inoltre un albo nazionale delle imprese, delle organizzazioni e delle associazioni abilitate a offrire i servizi che potranno essere pagati con il voucher universale. “La finalità principale dell’albo – si legge nel testo – è selezionare i soggetti che garantiscano un’alta qualità dei servizi per la persona e per la famiglia”. Viene così “identificato un unico regime di accreditamento per i soggetti che operano a livello nazionale, abilitati a erogare i servizi pagati con i voucher, mentre sono attribuite alle regioni le competenze per l’accredito dei soggetti che operano in una sola regione”.

L’articolo 11 della proposta di legge delega il governo all’istituzione della Direzione generale per i servizi alla persona e alla famiglia, presso il ministero del Lavoro, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Essa avrà principalmente il compito di sviluppare gli standard minimi relativi ai diversi profili professionali e di definire la durata e i contenuti formativi per ogni profilo, prevedendo anche un sistema di certificazione delle competenze. Presso l’Inps, sarà invece costituito il sistema telematico per la gestione dei voucher. Sarà infine istituito il Fondo per il finanziamento e il cofinanziamento delle misure previste.

Secondo un’indagine svolta dal Censis, il costo per lo Stato ammonterebbe a circa 1,3 miliari di euro per il primo anno, che però si ridurrebbero a circa 640 milioni grazie ai benefici diretti (maggior gettito fiscale legato all’emersione del lavoro irregolare, pari a circa 305 milioni di euro). La spesa dello Stato si riduce ulteriormente fino a 273 milioni di euro, in considerazione dei benefici indiretti (gettito fiscale derivante dall’occupazione attivata nel settore, Iva sui consumi aggiuntivi di famiglie e lavoratori ecc.). A copertura delle spese, si indica poi la disponibilità di fondi strutturali europei, per un importo di circa 470 milioni di euro nell’ambito di “promozione dell’occupazione femminile” e “servizi di cura per l’infanzia e la non autosufficienza”. A regime, cioè nell’arco di 5 anni, il sistema avrebbe un costo di circa 3,6 miliardi di euro, che si ridurrebbero a 700 milioni di euro, se si considerano benefici diretti e indiretti. Secondo il Censis, dopo 5 anni la platea di famiglie in grado di accedere ai servizi socio-assistenziali crescerà di 482 mila unità, mentre i lavoratori beneficiari del welfare aziendale passeranno dagli attuali 127 mila a 858 mila. Al tempo stesso, l’emersione dal lavoro irregolare raggiungerà le 326 mila unità, a cui si aggiungeranno circa 325 mila nuovi occupati.

da Redattore sociale

Servizi socialiultima modifica: 2014-06-12T17:07:20+02:00da vitegabry
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