Previdenza complementare

Previdenza complementare: resistenze culturali e scarsa consapevolezza …

Nel 2012, i lavoratori italiani che avevano scelto di iscriversi a forme pensionistiche complementari hanno superato quota 5 milioni e 800 mila, in aumento del 5,3% in un anno e pari al 25,5% del totale degli occupati. I dati forniti pochi giorni fa dalla Covip (la Commissione di vigilanza sui Fondi pensione) nell’ultima Relazione annuale evidenziano, a 6 anni dalla riforma della previdenza complementare (anche se per alcuni settori pubblici i Fondi negoziali hanno appena un anno di vita), che in Italia solo un dipendente su 4 ha scelto di costruirsi una pensione integrativa.

“A sei anni dall’avvio della riforma -si legge proprio nella Relazione Covip- l’incremento della partecipazione al sistema della previdenza complementare, sebbene significativo, risulta ancora inferiore alle aspettative”.

Eppure, le pensioni pubbliche sono sempre più basse e anche per questo dovrebbe essere avvertita maggiormente la necessità di cominciare a pensare presto al futuro. Non solo. Sempre la Covip evidenzia un dato estremamente positivo che dovrebbe rassicurare chi sceglie di destinare l”1% o più al ”secondo pilastro” della previdenza: nel 2012, tutte le tipologie di forme pensionistiche complementari hanno registrato in media rendimenti compresi fra l’8 e il 9%, beneficiando dell”andamento positivo dei mercati finanziari.

Per i fondi negoziali, in particolare, il risultato è stato dell’8,2%.  Con la previdenza complementare, ci sono anche vantaggi fiscali: non si pagano le tasse sui contributi, che saranno dovute solo al momento della prestazione e c’è una tassazione agevolata sui rendimenti, sulle prestazioni in capitale e in forma di rendita. Alla base di questa ”resistenza” verso le adesioni alla previdenza complementare c’è “un mix di ragioni, e anche un problema culturale”, dice a Labitalia Bruno Bugli, presidente di Perseo, uno degli ultimi nati nella casa del welfare complementare: ha poco più di un anno di vita ed è un fondo pensione negoziale rivolto ad alcuni comparti del pubblico impiego, in particolare ai dipendenti di Regioni, Autonomie locali e Sanità. E con oltre “1,3 milioni di potenziali aderenti, considerando solo i lavoratori pubblici -dice Bugli- cifra che arriva a 1,5 milioni con gli addetti che fanno capo a un contratto privato (che possono comunque aderire)”.

“Accusiamo dei ritardi -spiega Bugli- anche perché è il primo pilastro, quello della previdenza pubblica, fino a 20 anni fa aveva un rendimento importante. Ma poi ci sono stati una serie di interventi negli ultimi 20 anni per cui il rendimento ora è molto inferiore. E adesso la necessità, la giustezza, di intervenire con la previdenza integrativa è un fatto vero reale, obiettivo”.

Nel settore pubblico, aggiunge Bugli, che è stato anche vicepresidente dell’Inps, “ancora non c’è una grande partecipazione, forse anche per un discorso culturale di conoscenza dei problemi”.

“Stiamo cercando di recuperare questo ritardo anche perché la previdenza integrativa è conveniente per i lavoratori”, ci tiene a sottolineare Bugli. La scarsa sensibilità verso l’adesione ai fondi negoziali si nota anche da parte dei datori di lavoro, anche pubblici. “Sì -conferma Bugli- c’è una sensibilità ”attutita” e forse c’è una preoccupazione sugli esborsi che dovrebbero eventualmente sostenere. Ma posso assicurare che si tratterebbe di una spesa assolutamente sostenibile anche da parte di quei datori di lavoro come Regioni, Province, Comuni e Asl”.

La platea della totalità dei dipendenti del pubblico impiego “è di poco superiore a 3 mln ma bisogna considerare che in questa cifra rientra il comparto sicurezza che per il momento è escluso dalla previdenza complementare”, precisa Bugli. I Fondi delle pensioni complementari per il pubblico impiego sono 3: Espero (per i lavoratori della scuola), Sirio (per i dipendenti di ministeri, Agenzie, Università, Coni) e Perseo.

Labitalia

Previdenza complementareultima modifica: 2013-06-21T19:24:04+02:00da vitegabry
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