Archivi giornalieri: 10 giugno 2013

Invalidi civili

Invalidi civili, autodenuncia entro giugno

Entro il prossimo 30 giugno i pensionati invalidi civili e chi ha la pensione o l’assegno sociale devono dichiarare all’Inps una loro particolare situazione. Agli interessati l’Istituto previdenziale ha inviato apposite comunicazioni che vanno rinviate esclusivamente a mezzo telematico.

Chi sono gli interessati:

le persone che hanno l’assegno mensile per invalidità parziale devono dichiarare se lavorano o no:

le persone totalmente inabili che hanno l’indennità di accompagnamento devono d dichiarare se sono o non ricoverate gratis;

gli invalidi minorenni con indennità di frequenza devono dichiarare se sono residenti in Itali in modo stabile e continuativo;

i pensionati sociali devono dichiarare se sono residenti in Italia in modo stabile e continuativo;

i titolari di assegno sociale devono presentare la medesima dichiarazione di residenza e, in aggiunta, se sono ricoverati gratis presso qualche istituto;

se si tratta di disabili intellettivi o minorati psichici chi ne cura gli interessi deve inviare al posto di queste dichiarazioni un certificato medico che attesti la condizione patologica dell’interessato.

Pe presentare queste dichiarazioni ci si può rivolgere o ad un Caf, o ad un patronato.

E’ necessario che le dichiarazioni vengano consegnate pena il blocco del pagamento delle pensioni.

Morti sul lavoro

Morti sul lavoro: maggio il mese più luttuoso del 2013

“E’ stato il mese più drammatico del 2013, uno dei peggiori degli ultimi tre anni”. Questo il commento d’esordio degli esperti dell’Osservatorio Sicurezza Vega Engineering ai dati relativi all’ultima indagine effettuata sulle morti sul lavoronei primi cinque mesi dell’anno. In maggio, in effetti, sono state registrate 60 vittime. Un tragico bilancio in cui pesa moltissimo la tragedia al porto di Genova nella quale il 7 maggio sono morti nove lavoratori. Ma non solo. Sempre in maggio in un solo giorno hanno perso la vita sei lavoratori da Nord a Sud del Paese.  
E i primi cinque mesi si chiudono con 186 vite spezzate nei luoghi di lavoro. Ancora nel settore agricolo si rileva oltre il 40 per cento degli infortuni mortali, al settore delle Costruzioni, invece, si fa ricondurre il 20,4 per cento degli infortuni mortali.
Mentre nella graduatoria delle regioni in cui è stato registrato il maggior numero di decessi da gennaio a maggio, al primo posto troviamo la Lombardia con 24 vittime (10 in più rispetto ad aprile), seguita dall’Emilia Romagna (19), dalla Sicilia (17), da Piemonte e Liguria (15), dalla Campania (13) e dalla Puglia con il Veneto (12).
Dopo agricoltura e costruzioni il terzo settore coinvolto nel dramma è quello dei Trasporti, magazzinaggi e comunicazioni (8,6 per cento).

La causa principale di morte è quella dovuta al ribaltamento di un veicolo/mezzo in movimento (25,3 per cento dei casi), mentre lo schiacciamento dovuto alla caduta di oggetti pesanti è stata la causa di morte nel 24,7 per cento dei casi. La caduta dall’alto nel 22 per cento.
Cambiando approccio nell’analisi e spostandoci dai numeri assoluti all’indicatore del rischio di mortalità per regione – ovvero l’incidenza della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa – la maglia nera in questi primi cinque mesi spetta alla Liguria (con un indice di incidenza pari a 23,7 contro una media nazionale di 8,1); il secondo posto alla Calabria (15,9) e il terzo ad Umbria e Abruzzo (13,8). Sotto la media nazionale solo gli indici di Lazio, Veneto, Lombardia, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Valle D’Aosta. (Tutti i dati sono disponibili sul sito www.vegaengineering.com).

Rispetto ai primi cinque mesi del 2012 nel 2013 si rileva un decremento della mortalità pari all’11,4 per cento. Ma la situazione appare peggiorata ad esempio rispetto al 2010 quando da gennaio a maggio si contavano 172 vittime del lavoro.
Guardando alle classifiche provinciali per la prima volta emerge il record negativo di Genova (12 vittime); seguita da Foggia (7), da Chieti (6), Cosenza e Brescia (5), Trapani, Ferrara, Frosinone, Reggio Emilia, Cuneo, Perugia, Salerno, Napoli e Roma (4).
Ma il rischio di mortalità più elevato appartiene ad Oristano (indice pari a 54,1), seguito da Chieti (42,5), da Foggia (40,1) e Genova (34,5).

L’Osservatorio Vega Engineering tiene poi ancora a precisare come nei primi 5 mesi del 2013 siano già 10 le donne che hanno perso la vita al lavoro. “Dato allarmante – precisano – dal momento che in tutto il 2012 erano decedute 9 lavoratrici”.
La fascia d’età più coinvolta nell’emergenza morti bianche continua ad essere quella che va dai 55 ai 64 anni e nella quale si registra il maggior numero di vittime (50 su 186), seguita da quelle degli ultrasessantacinquenni (45 casi). Sempre gli ‘over 65’ quella a maggior rischio di mortalità considerando la popolazione lavorativa.

Camusso

Camusso, povertà insostenibile

”La verità è che c’è ancora molta, troppa sottovalutazione della drammaticità della situazione. C’è soprattutto al Sud una diffusa convinzione dell’assenza di speranza e di futuro”. Lo afferma Susanna Camusso, segretario generale della Cgil.  

”Siamo stati epigoni di un thatcherismo che ha prodotto risultati nefasti – spiega la sindacalista. – Abbiamo passato troppi anni a discutere di “piccolo è bello”, di un Paese che doveva proiettarsi sul terziario, che l’industria doveva arretrare. Abbiamo inseguito modelli senza prevedere le conseguenze di certe scelte e lasciato agli stranieri settori come quello delle trasformazioni agricole che proprio al Sud avevano invece sicure garanzie di redditività”.

”In realtà il liberismo in Italia non ha prodotto alcuna novità: ci si è illusi che il mercato potesse fare da solo. Non si è mai disegnato un nuovo tipo di società alla quale tendere: e si è visto che disastro ha combinato il mercato”.  

Camusso si dice ”stupita” della ”continua discussione sulla crisi” fra i partiti: ”era del tutto prevedibile – precisa – che il 2013 avrebbe segnato un ulteriore disastro occupazionale” e ”invece si continua a discutere di cose certo importanti come l’Imu o l’Iva, ma che non ci permettono di cogliere l’esigenza primaria di questo Paese: ridurre le diseguaglianze”.

”Bisogna alzare i redditi – suggerisce – perché così aumentano i consumi e il Paese torna a crescere”. Segnale prioritario sarebbe anche fare riforme istituzionali ”che ridiano certezze ai cittadini verso le istituzioni” ma senza ”stravolgere il nostro assetto costituzionale”. ”Troppe commissioni sono un segnale di debolezza della politica”. Un giudizio sul governo? ”E’ ancora ai test d’ingresso”.

Fondi pensioni

Covip: 1,2 mln ha sospeso i versamenti a Fondi pensione

Gli iscritti ai fondi di previdenza integrativa nel 2012 erano 5,8 milioni con un aumento del 5,3% rispetto al 2011. Lo rileva la Covip spiegando che quest’anno, a causa del protrarsi della crisi economica, ci sono stati 1,2 milioni di persone che hanno sospeso i versamenti ai fondi; 100.000 in più rispetto al già alto numero del 2011. “Preoccupa – sottolinea la Covip nella sua relazione annuale – l’elevato tasso di sospensione dei versamenti ai fondi pensione”.

“L’incremento delle iscrizioni del 5,3% si concentra soprattutto nei Piani Individuali Pensionistici (PIP)”. Il tasso di adesione complessivo dei lavoratori dipendenti pubblici e privati e di quelli autonomi è del 25,5%, un quarto del totale degli occupati.

A fronte di 442.000 nuove adesioni sono usciti dal sistema circa 150.000 iscritti prevalentemente per riscatti e prestazioni pensionistiche in conto capitale. Le anticipazioni – scrive la Covip – hanno interessato oltre 90.000 aderenti, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente. 

Resta prevalente il ricorso alle anticipazioni per esigenze diverse da quelle per spese sanitarie e acquisto o ristrutturazione della casa”.

A sei anni dall’avvio della riforma, sottolinea la Covip, l’incremento della partecipazione al sistema della previdenza complementare, “sebbene significativo, risulta ancora inferiore alle aspettative”. 

Dal 2007 le adesioni sono aumentate di 2,7 milioni, oltre la metà  (circa 1,4 milioni) si è concentrata alla scadenza del primo semestre del 2007, termine entro il quale doveva essere esercitata l’opzione sul conferimento del Trattamento di fine rapporto (Tfr). 

Dall’avvio della riforma sono state circa 219.000 le adesioni tacite alle forme di previdenza complementare; di queste, 167.000 sono confluite nei fondi pensione negoziali, 11.000 nei fondi pensione preesistenti, poco meno di 5.000 nei fondi pensione aperti e 36.000 in FONDINPS.

Gli iscritti ai fondi pensione integrativi aumentano nel 2012 solo grazie ai PIP, i Piani Pensionistici Individuali che segnano un +22,4% mentre gli iscritti ai fondi negoziali diminuiscono dell’1,2%. 

Le risorse accumulate nel complesso dai fondi di previdenza a fine 2012 erano 104 miliardi di euro. Tra il 2007 e il 2012 la raccolta netta delle forme pensionistiche complementari è stata di circa 35 miliardi di euro, oscillando tra i 6,5 e i 7,5 miliardi l’anno (intorno allo 0,5% del Pil).

La Covip segnala che gli iscritti ai fondi negoziali (quelli contrattuali) erano, a fine 2012, 1.969.771 (-1,2%) mentre quelli dei fondi pensione PIP “nuovi” hanno superato quota 1.777.000 persone (+22,4%). 

Ai fondi aperti sono iscritte 913.913 persone (+3,7%), mentre ai fondi pensione preesistenti sono iscritte 659.000 persone (-0,7%). Ai PIP istituiti precedentemente alla riforma del 2005 sono iscritte 534.816 persone.

Per quanto riguarda il rendimento dei fondi pensione integrativi, nel 2012 è stato largamente superiore a quello del Tfr, con tassi compresi tra l’8% e il 9%. 

La Covip nella sua relazione annuale spiega che il rendimento è stato in media dell’8,2% per i fondi negoziali, dell’8,9% per i prodotti PIP (i piani individuali) e del 9,1% per i fondi aperti. Meglio di tutti sono andati i comparti azionari nei fondi negoziali (hanno avuto l’ll,4% mentre i bilanciati hanno avuto il 9,2%).

Crisi

Crisi: Cgil, allarme ammortizzatori per 60.000 lavoratori

Mancano le risorse per coprire gli ammortizzatori sociali in deroga in Lombardia nel primo semestre dell’anno, con 60.000 lavoratori che rischiano di rimanere senza Cig. E’ la denuncia della Cgil regionale che, per bocca di Fulvia Colombini spiega che ”dal 1 gennaio al 31 maggio sono pervenute 12.504 domande di cassa in deroga per 67.633 lavoratrici e lavoratori, per un totale di risorse da impegnare corrispondente a circa 266 milioni di euro”.

Secondo la sindacalista, ”a marzo sono state autorizzate 2.102 domande, la prima tranche del Governo Monti, per 10.486 lavoratori, per un totale di 56 milioni di euro circa, pari a più o meno il 17% del fabbisogno”. Ora invece  ”giacciono in attesa di autorizzazione regionale 10.402 domande, che interessano 57.231 lavoratori e prevedono una  spesa pari a circa 210 milioni di euro”. Di queste domande, 7.740, per 40.416 lavoratori, sono ”pronte da decretare”, mentre ”quelle in istruttoria” sono 2.662  e riguardano 16.815 lavoratori.

Secondo Fulvia Colombini ”a giugno avremo a disposizione 42 milioni di euro, la seconda tranche Governo Monti, con i quali sarà possibile decretare 1.500 domande per 7.000 lavoratori stimati”. Dunque, ”risultano completamente scoperte le domande fino al 31 maggio”, che sono circa 9.000 per 50.000 lavoratori e per 160 milioni di euro. ”Per queste – spiega la sindacalista – non sappiamo quando e se sarà possibile far partire la decretazione”.

Ci sono poi da aggiungere le altre domande che ”presumibilmente arriveranno ancora entro il 30 giugno, che possiamo stimare in un numero di 1.000 per 10.000 lavoratori” e quindi il calcolo della Cgil è che ”per il primo semestre potrebbero rimanere scoperti oltre 60.000 lavoratori”.
Quanto alle risorse decretate dal governo Letta, ”non si sa ancora nulla tranne che sono insufficienti, sia in termini quantitativi, sia per i nuovi meccanismi di decretazione e rendicontazione introdotti dal ministero del lavoro nei confronti delle Regione e di Inps”.

”E’ chiaro – conclude Colombini – che la situazione non può essere risolta solo al tavolo lombardo, anche se la Regione dovrebbe farsi valere di più al tavolo nazionale, e mettere a disposizione quei meccanismi di anticipazione sociale generalizzata che ci hanno promesso dal mese di marzo e che fino ad oggi sono rimasti inattuati”. Il problema è che ”alla
Lombardia vengono riconosciute solo il 17% delle risorse nazionali, mentre il sistema produttivo lombardo vale un quarto del sistema produttivo nazionale”.

Ministero

Ministero: più di 23mila le conversione in rapporto a tempo indeterminato

Sono 24.581 i contratti di lavoro attivati grazie ai 232 milioni di euro stanziati dal Fondo straordinario previsto dalla legge 92/2012 a favore di giovani under 29 e delle donne. Lo comunica il ministero del Lavoro, in una nota in cui si evidenzia come “coerentemente con lo spirito della norma, che intendeva incentivare il superamento della precarietà dei rapporti di lavoro per queste categorie di persone, oltre 23mila casi riguardano conversioni di contratti a termine in rapporti a tempo indeterminato”.

Il decreto di costituzione del Fondo, ricorda il ministero, prevedeva un incentivo pari a 12 mila euro per le aziende che avessero “stabilizzato” entro il 31 marzo 2013 rapporti di lavoro a termine (collaborazione coordinata, a progetto, ecc.), incentivi da 3 a 6 mila euro per l’avvio nuove assunzioni a tempo determinato della durata minima di 12 mesi, mentre per i rapporti di lavoro part time a tempo indeterminato l’importo dell’incentivo previsto è proporzionale all’orario di lavoro (per un part time al 50% l’incentivo è stato pari a 6 mila0 euro, per uno al 70% di 8.400 euro). Complessivamente sono state presentate 44.054 domande di incentivi, per un totale di 409,2 milioni di euro. Verificati i requisiti, le richieste sono state accolte in base all’ordine di presentazione. Nei limiti dello stanziamento, ne sono state accettate 24.581, per un totale di 232,1 milioni di euro.

Per quanto riguarda la tipologia dei rapporti di lavoro attivati, quasi il 50% è costituito da trasformazioni e stabilizzazioni con contratti a tempo indeterminato full time, per complessivi 146,3 milioni di euro, mentre circa il 40% è rappresentato da conversioni in contratti a tempo indeterminato part time, per un importo complessivo di 75,2 milioni (corrispondente in media a 7.684 euro a istanza). Limitato è stato, invece, l’uso dell’incentivo per la stipula di nuovi contratti a tempo determinato.

Disabili

Disabili: in Italia solo il 16% ha un lavoro

Il tema al centro di un convegno organizzato da Reatech Italia. Molte aziende tendono a considerare il loro inserimento come un onere da assolvere e non come un’opportunità.

In Italia, solo il 16% (circa 300mila individui) delle persone con disabilità tra 15 i 74 anni ha un’occupazione lavorativa, contro il 49% del totale della popolazione. In Zambia, secondo ‘Il World report on disability’, sono il 45,5%, in Malawi il 42,3%. “Si tratta di una situazione ormai insostenibile – spiega Francesco Conci, direttore esecutivo di Fiera Milano congressi, organizzatore di Reatech Italia – e da un certo punto di vista paradossale. Da una parte, infatti, in questo periodo di crisi, i disabili e loro famiglie si vedono costantemente tagliare servizi e sussidi e si ritrovano allo stremo. Non avendo un lavoro, peraltro, i disabili, restano a carico delle famiglie o dello Stato, e fanno aumentare i costi dell’assistenza”.

“Sul fronte opposto – fa notare Conci – le aziende, che potrebbero beneficiare degli sgravi fiscali e avere manodopera a costi più vantaggiosi, spesso non sanno o non riescono ad assumere questo tipo di lavoratori. E, così, ciò che a volte la patologia non ha tolto ai disabili, ovvero la possibilità di rendersi utili, di produrre, di guadagnarsi uno stipendio e di progettare una vita, viene loro sottratto da un sistema arretrato, da una burocrazia strangolante e dalla mancanza di cultura nelle imprese”.

“I candidati potenziali in Italia – continua Conci – non sono pochi. Le ultime stime parlano di oltre 750.000 persone. Molte aziende, però, tendono a considerare il loro inserimento come un onere da assolvere e non come un’opportunità, come invece potrebbe essere se correttamente gestito. L’Organizzazione internazionale per il lavoro sostiene che, a livello globale, se si riuscisse a inserire pienamente queste risorse si potrebbe recuperare dall’1% al 7% di Pil. Siamo certi in Italia di poterne fare a meno?”.

Esodati

Damiano, intervenire su pensioni e esodati

”Finora abbiamo parlato dell’emergenza, cioè di domattina. Il rifinanziamento della Cig in deroga è un primo segnale, ma bisogna parlare di dopodomani. Serve intervenire sugli ammortizzatori sociali, sulle pensioni e sugli esodati, che sono senza reddito e si aggiungono ai disoccupati. Dobbiamo essere capaci di ridare sviluppo.  L’occupazione non si crea con le regole o con le tutele”.

Così, in un’intervista al presidente della commissione lavoro della Camera Cesare Damiano, secondo cui occorre allentare le maglie della riforma Fornero sulle pensioni per dare risposte ai giovani in cerca di un lavoro.

Per Damiano ”bisogna permettere ai lavoratori con 35 anni di contributi di andare in pensione a 62 anni. Nel contempo si dovrebbe consentire loro di optare per mantenere metà lavoro ottenendo metà pensione. In cambio – spiega – si può assumere un giovane a tempo pieno con un contratto di apprendistato”.

”Il passaggio dal full time al part time a cui sta pensando il governo – prosegue l’ex ministro del Welfare – comporta una diminuzione di reddito, visto che il lavoratore avrebbe solo metà stipendio. Con la nostra proposta si supererebbe lo scalone della Fornero, si risolverebbe il problema degli esodati
e della retribuzione del lavoratore anziano. Inoltre ci sarebbe l’assunzione di giovani”.

Immigrati

Immigrazione: Cgil, campi Nardò impreparati per braccianti

Il territorio di Nardò, che dal 15 giugno sarà interessato alla raccolta delle angurie alla quale partecipano centinaia di immigrati, è impreparato ad
accogliere i lavoratori stagionali stranieri. E’ quanto emerge dal sopralluogo compiuto da Emergency e da Cgil e Flai Cgil di Lecce. Emergency, viste le gravi carenze rilevate e l’assenza di un presidio di pronto soccorso (il più vicino è a Copertino, a circa 11 chilometri da Nardò) sta valutando di essere presente con il Polibus, un ambulatorio mobile gratuito per periodi definiti.

La Cgil invece manifesta ”forte preoccupazione sulla tempestività ed efficacia degli interventi che le istituzioni interessate avrebbero dovuto già mettere in atto per garantire condizioni di accoglienza quanto meno dignitose per i lavoratori che stanno per arrivare, anche quest’anno, al di là delle previsioni che sottostimano il fenomeno”.

“Abbiamo incontrato – riferisce la Cgil in una nota – almeno 30 lavoratori nella cosiddetta falegnameria, struttura che è attualmente in uno stato di estremo degrado a nostro avviso peggiore dell’anno scorso, in cui manca ogni tipo di servizio, in primis acqua e luce e risulta circondata da alte mura che impediscono di vedere, a chiunque passi, le condizioni di chi vi si rifugia”.

Nell’estate 2011 circa 400 braccianti agricoli di origine africana, ospitati nella Masseria Boncuri di Nardò, scioperarono per quasi due settimane, dando vita in Italia al primo sciopero auto-organizzato di lavoratori stranieri contro un sistema di sfruttamento basato sul caporalato, per il rispetto del contratto provinciale (previsto per legge) e per essere assunti direttamente dalle aziende. Per questi episodi di riduzione in schiavitù sono imputati, dinanzi alla Corte
d’assise di Lecce, 16 persone, tra imprenditori e caporali.

Sanità

Sanità: dal 2016 un milione di italiani senza medico di famiglia

Fra tre anni ci saranno 600 medici di medicina generale in meno. Considerando che ogni medico  di famiglia  può  avere  fino  a  1.500  pazienti,  questo significa  che  circa  900mila italiani potrebbero rimanere senza curante. Un numero destinato a crescere ulteriormente per via dei pensionamenti futuri.

A rivelare questi dati è la Fondazione Enpam,  l’ente previdenziale dei medici e dei dentisti. Nel 2016, infatti, 1.499 iscritti al fondo di previdenza della medicina generale compiranno l’età  del  pensionamento  (68 anni).  Nello  stesso  anno, dalle  scuole  di  formazione  in medicina generale è prevista l’uscita di meno di 900 nuovi medici di famiglia.

”Nei  prossimi anni potremmo essere costretti a  chiamare specialisti e medici di  famiglia dall’estero  –  ha  dichiarato il  presidente  della  Fondazione  Enpam – e allo stesso  tempo  in  Italia migliaia di  laureati  in
medicina  rischiano di non  avere  accesso ai percorsi di post  lauream perché, a causa dei tagli alle borse di studio, non viene messo a bando un numero sufficiente di posti nelle scuole di specializzazione e di formazione”.

Lavoro

Lavoro: lotta al nero non sfonda

Gli occupati irregolari nel 2012 erano2.583.000 con un aumento di 20.000 persone rispetto al 2011. La stima è contenuta nelle tabelle dell’appendice alla Relazione annuale di Bankitalia secondo le quali gli irregolari sono il 10,5% dell’occupazione complessiva.

Se si guarda alle unità di lavoro gli irregolari sono 2.862.000, pari al 12,1% del totale.
Se si guarda alle persone si vede che l’occupazione irregolare si concentra nell’agricoltura (il 36,3%) e nei servizi (il 12,5%) mentre nell’industria in senso stretto è appena il 4,3%.