Archivio mensile:ottobre 2011

COMUNICATO USB regione lazio del 24.10.2011

IN RISPOSTA ALLA RICHIESTA DI NUMEROSI LAVORATORI

 DIVULGHIAMO LA CORRETTA INFORMAZIONE

 SULL’ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI LIVORNO DEL 5 AGOSTO 2011

 

Il giudice del lavoro di Livorno ha sollevato la questione di incostituzionalità dell’art. 71 della legge 133/2008 che prevede la decurtazione ai dipendenti pubblici di una parte dello stipendio in caso di assenza per malattia.

 

SI TRATTA DELLA VERGOGNOSA “TASSA” SULLA MALATTIA DEI DIPENDENTI PUBBLICI CHE ABBIAMO CONTESTATO PER PRIMI DA SOLI IN OGNI MODO SIN DALLA SUA PRIMA APPARIZIONE DANDO VOCE AL MALCONTENTO DI TUTTI I LAVORATORI DEL PUBBLICO IMPIEGO.

 

L’ordinanza di Livorno mostra come i provvedimenti di attacco messi in atto contro i lavoratori della pubblica amministrazione siano di discutibile legittimità rispetto ai principi stessi della nostra Costituzione. Preferiamo non commentare il testo ma lasciamo la parola direttamente al giudice: il corsivo virgolettato infatti non riporta stralci di qualche nostro comunicato ma le testuali parole riportate nell’ordinanza! 

 

Con riferimento all’art. 3 della Costituzione- che tutela la persona e la sua dignità e stabilisce il principio generale di eguaglianza dei cittadini:” l’art. 71 del decreto…determina un’illegittima disparità di trattamento nel rapporto di lavoro dei lavoratori del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato…..L’appartenere i lavoratori al settore pubblico o privato non giustifica la disparità di trattamento in quanto entrambi i rapporti di lavoro sono caratterizzati dagli stessi elementi di subordinazione ed in quanto la malattia è un evento rispetto al quale non ha alcuna rilevanza la natura pubblica o privata del datore di lavoro”.

 

Con riferimento all’art. 36 – che prevede che sia garantita una retribuzione proporzionata ed in ogni caso sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa: “…il lavoratore legittimamente ammalato, si trova privato di voci retributive che normalmente gli spetterebbero in funzione del suo lavoro, subendo pertanto una riduzione dello stipendio in busta paga. Riduzione che, dati gli stipendi che percepiscono oggi i lavoratori  del comparto pubblico, diventa tale da non garantire al lavoratore una vita dignitosa. Di fatto la malattia diventa un lusso che il lavoratore non potrà più permettersi…”.

 

 

 

Con riferimento all’art. 32 che garantisce la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività: “…la norma in questione, incidendo pesantemente sulla retribuzione del lavoratore malato, crea difatto un abbassamento della

 

tutela della salute del lavoratore che, spinto dalle necessità economiche, viene di fatto indotto a lavorare aggravando il proprio stato di malattia…”.

Con riferimento all’art. 38 che prevede che i lavoratori hanno diritto a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di malattia: “privare, durante la malattia, un lavoratore, di parte dello stipendio, della retribuzione globale di fatto, integri esattamente quel far venire meno i mezzi di mantenimento e assistenza al cittadino in quel momento inabile al lavoro”Le motivazioni del giudice vanno quindi ben al di là della sola disparità di trattamento tra lavoratori pubblici/privati, tanto da  arrivare ad esprimere un giudizio negativo anche sul trattamento retributivo dei lavoratori del pubblico impiego. Una sentenza importante, che delinea  con chiarezza la tendenza del quadro normativo attuale a ridurre sempre di più il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, denunciata quotidianamente dal nostro sindacato USB.

 

LA DECISIONE  SPETTA ORA ALLA CONSULTA, CHE DOVRÀ PRONUNCIARSI SULLA LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DI QUESTA NORMA DI LEGGE.

 

IN ATTESA DELLA SUA PRONUNCIA, CHI LO DESIDERA PUO’ COMPILARE LO SCHEMA DI DOMANDA (allegato al presente comunicato) DA INVIARE ALLA PROPRIA AMMINISTRAZIONE:

                             PER INTERROMPERE I TEMPI DI PRESCRIZIONE, QUALORA VENGA SANCITA L’ILLEGITTIMITA’ DI QUESTA NORMA DI LEGGE;

                             PER DARE UN CHIARO SEGNALE DI PROTESTA A QUESTO GOVERNO ED A QUESTA AMMINISTRAZIONE CHE  CONTINUANO A VESSARE I LAVORATORI NEL TENTATIVO DI COPRIRE IL LORO MALGOVERNO.

 

IL NOSTRO SINDACATO SI PONE A SERVIZIO DEI LAVORATORI PER RACCOGLIERE LE DOMANDE DI RESTITUZIONE DELLE EVENTUALI INDEBITE TRATTENUTE E PRESENTARLE ALL’AMMINISTRAZIONE PER SEGUIRNE DIRETTAMENTE  TUTTI GLI SVILUPPI SIA A LIVELLO SINDACALE CHE LEGALE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                     Regione Lazio

                                                                                      Area Trattamento Economico e

                                                                                          di Quiescenza

                                                                                            S E D E

 

 

 

 

Oggetto: Richiesta di restituzione delle somme non percepite (salario accessorio) durante l’assenza per malattia.

 

        

Il/La sottoscritto/a……………………………………………………….., dipendente da questa Amministrazione, matricola n. …………….., chiede che gli vengano corrisposte mediante pagamento le somme relative a emolumenti avente carattere fisso e continuativo ed ogni altro trattamento accessorio, non percepiti durante i periodi di malattia successivi alla data di entrata in vigore del Dl 112/2008, convertito nella L. 133/2008.

In relazione a tali disposizioni, è stata infatti sollevata dal Tribunale di Livorno, in funzione di Giudice del lavoro, questione di legittimità innanzi alla Corte Costituzionale.

La presente ha valore ad ogni effetto di legge, compresa l’interruzione della prescrizione.

Roma, ……………………

 

 

Firma

 

ULTIME SENTENZE DI CASSAZIONE INSERITE

ULTIME SENTENZE DI CASSAZIONE INSERITE

se non dovesse riuscire a visualizzare le notizie, provi a cliccare sull’icona “Aggiorna” della barra degli strumenti

 

Rispetto delle regole di correttezza e buona fede in caso di licenziamento

     sentenza n. 21485 del 18 ottobre 2011

L’insulto sul luogo di lavoro è reato

     sentenza n. 37380 del 17 ottobre 2011

 

Dolo generico per il reato di omesso o intempestivo versamento delle ritenute

     sentenza n. 35895 del 4 ottobre 2011

Truffa aggravata per il dirigente che protegge l’assenteista

     sentenza n. 35344 del 29 settembre 2011

Azione esecutiva sulla cifra lorda in caso di stipendi non pagati

     sentenza n. 19790/2011

E’ truffa la falsa comunicazione all’Inps di versamenti per maternità

     sentenza n. 33330 del 8 settembre 2011

Responsabilità del datore di lavoro nella verifica del permesso di soggiorno

     sentenza n. 32934 del 31 agosto 2011

Matrimonio e divieto di licenziamento

     sentenza n. 17845 del 31 agosto 2011

Piccolo furto e licenziamento per giusta causa

     sentenza n. 17739 del 29 agosto 2011

Periodo di comporto e lavoratore invalido

     sentenza n. 17720 del 29 agosto 2011

 

Permessi studio anche per i lavoratori a tempo determinato 

     sentenza n. 17401 del 19 agosto 2011

 

 

Cass. Pen. Sez. V Sent. 37380 del 17.10.2011

E-mail Stampa PDF

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE

 

Composta da:

Dott. RENATO LUIGI CALABRESE                                                      – Presidente –

Dott. ALFONSO AMATO                                                                   – Consigliere –

Dott. GIAN GIACOMO SANDRELLI                                           – Consigliere –

Dott. MARIA VESSICHELLI                                                                 – Consigliere –

Dott. CARLO ZAZA                                                                       – Consigliere rel. –      

ha pronunciato la seguente

 SENTENZA

 sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Caltanissetta avverso la sentenza di quest’ultima Corte in data 3.2.2011 nei confronti di Xxxx, nato a Regalbuto il —-

 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;

udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; uditi i difensori della parte civile Avv.—— che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, e dell’imputato Avv. ———

che ha concluso per il rigetto del ricorso;

 RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza del Tribunale di Enna in data 21.6.2007, veniva assolto per insussistenza del fatto dall’imputazione del reato di cui all’art.594 cod. pen., contestato come commesso l’11.6.2002 nel corso di una riunione del consiglio di istituto della scuola professionale di Piazza —— della quale l’imputato era preside, rivolgendo al docente Speciale Yyyy la frase <lei dice solo stronzate > >.

Le conclusione assolutoria era assunta osservando che l’avverbio «solo» anteposto alla parola volgare non compariva nel verbale nella riunione e dello stesso racconto della persona offesa, e che di conseguenza la frase ne risultava indirizzata non al modo di essere di quest’ultima ma a quanto la stessa aveva argomentato nella specifica circostanza.

Il ricorrente deduce violazione di legge e contraddittorietà o illogicità della motivazione osservando che il termine stronzate, pur se privo dell’avverbio peraltro non escluso dallo stesso imputato, mantiene un significato offensivo soprattutto in quanto pronunciato in un consesso di educatori, e in quanto rivolto in presenza dei colleghi si riverbera necessariamente sul pensiero e quindi sul modo di essere della parte offesa, rivelando l’intenzione di umiliarla.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Pur non considerando l’avverbio la cui formulazione veniva ritenuta non provata dalla Corte territoriale, non è invero possibile valutare la portata offensiva del termine oggetto dell’imputazione, sotto il profilo della sua incidenza sulla persona del soggetto passivo piuttosto che sulla sola validità dell’opinione dallo stesso manifestata, in una prospettiva avulsa dal contesto nel quale l’espressione è pronunciata. 

Dei beni che costituiscono l’oggetto giuridico del reato in discussione, l’onore attiene alle qualità che concorrono a determinare il valore di un individuo, mentre il decoro concerne il rispetto o il riguardo di cui ciascun essere umano è comunque degno (Sez. 5, n.34599 del 4.7.2008, imp. Camozzi, Rv.241346); il giudizio sulla lesione effettiva di detti beni non può pertanto prescindere dal considerare se, rispetto all’ambiente nel quale una determinata espressione è profferita, la stessa si limiti alla pur aspra critica di un’opinione non condivisa ovvero trasmodi nello squalificare la persona destinataria rispetto ai profili appena indicati. 

Nel caso in esame, la collocazione dell’episodio in una riunione di docenti di un istituto scolastico, lo svolgimento dello stesso in presenza di colleghi quotidianamente impegnati in un’attività professionale comune a quella del soggetto passivo e la provenienza dell’espressione contestata da un immediato superiore di quest’ultimo sono elementi sicuramente rilevanti nel definire l’incidenza lesiva della condotta, e la cui portata doveva pertanto essere esaminata ai fini di un compiuto giudizio sull’esistenza o meno di un pregiudizio per l’onore e il decoro della parte offesa nel proprio ambiente lavorativo ed umano. 

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta per un nuovo esame che tenga conto degli aspetti motivazionali appena indicati.

 P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta.

Così deciso in Roma il 13.7.2011

 

Il Presidente

Il Consigliere estensore

 

Depositato in cancelleria il 17/10/201

Permessi studio – Fruibili anche dal dipendente con rapporto di lavoro a tempo determinato

Corte di Cassazione Sez. Lavoro – Sent. del 19.08.2011, n. 17401

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 2911.2005 emessa ex art. 700 c.p.c il Tribunale del lavoro di Trento su ricorso di (…) ordinava al Ministero della giustizia di dare disposizioni affinché (…) fosse riammesso nella graduatoria predisposta dalla Procura generale presso la Corte di appello di Trento in modo da poter usufruire entro il 31.12.2005 dei permessi retribuiti per motivi di studio nella misura di 150 ore individuali.
Il (…) con ricorso deI 6.12.2005 adiva il Tribunale del lavoro di Trento chiedendo la conferma del provvedimento emesso in via di urgenza. Si costituiva il Ministero chiedendo la revoca del provvedimento. Il Tribunale con sentenza del 16.6.2006 confermava l’ordinanza impugnata condannando il convenuto a riammettere il (…) nella graduatoria prima citata, con condanna alla rifusione delle spese del giudizio. Avverso tale sentenza interponeva appello il Ministero della Giustizia chiedendo la sospensione del giudizio con la rimessione degli atti all’Aran ex art. 64 decreto_legislativo_165_2001 e nel merito la riforma dell’impugnata sentenza. La Corte di appello, circa la richiesta di rimessione degli atti all’Aran, rilevava che la richiesta era stata tardivamente proposta e che non poteva essere avanzata in relazione a contratti integrativi collettivi. Inoltre doveva, nel merito, applicarsi il principio di cui all’art. 6 D. Lgs. 165/2001 che aveva trasfuso nella nuova normativa quanto già stabilito dalI’art. 5 della legge_230_1962 che vietava ogni trattamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori a termine da intendersi non limitato agli aspetti retributivi. La revoca dell’accesso ai permessi dal 2005, sempre concessi a lavoratori a termine di cui all’accordo sindacale del 28.72003 e già riconosciuto nell’accordo del 28.11.2002, è in contraddizione con il principio di non discriminazione posto nel D.lgs del 2001 e in forma più generale nella direttiva_70_1999. Il parere dell’Aran del 2005 circa l’impossibilità di estendere ai lavoratori a termine il beneficio previsto all’art. 13 CCNL 16.5.2001, vista la delimitazione in favore dei soli lavoratori a tempo indeterminato, non solo non considerava che sino al 2005 tale beneficio era stato nei fatti attribuito, ma che tale limitazione era contraria al divieto di discriminazione di cui all’art. 6 decreto_legislativo_368_2001che espressamente riguarda anche un diritto come quello alle ferie pacificamente non a carattere retributivo.
Ricorre con quattro motivi il Ministero della giustizia.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 64 D. lgvo 165/2001: la disposizione controversa non è contenuta, come affermato dalla Corte territoriale in un contratto integrativo ex art. 40 terzo comma D. lgs 165/2001, ma in un contratto collettivo nazionale stipulato con la partecipazione dell’Aran. Il motivo è inammissibile, avendo la Corte territoriale respinto, in primo luogo, la richiesta di rimessione degli atti all’Aran, per essere la stessa stata avanzata tardivamente : sul punto non vi è alcuna impugnazione.
Con il secondo motivo (nel quale si sono accorpate tre doglianze concernenti pretese violazioni o di legge o di contratti) si allega la violazione dell’art. 13 CCNL 16.5.2001, che esclude esplicitamente i lavoratori a tempo determinato dall’accesso ai permessi di cui è causa; tale disposizione non viola l’art. 6 del D. Lgs. 368/2001, perché la norma si riferisce agli istituti di ordine retributivo, non sussistendo l’interesse del datore di lavoro a consentire un miglioramento culturale in favore di un lavoratore non dipendente in via definitiva, miglioramento del quale il datore di lavoro non potrebbe in concreto beneficiare. Il riconoscimento successivo dei permessi anche ai lavoratori a termine è stato apportato dalla contrattazione collettiva decentrata in violazione del contratto nazionale in quanto la materia non è devoluta alla contrattazione integrativa, con violazione dell’art. 40 D.lvo 165/2001 e dell’art. 6 del D. Lgs. 368/2001.
Il complesso motivo non appare fondato.
La Corte territoriale ha ritenuto che l’intervenuta revoca del beneficio di accesso ai permessi- studio concessi anche ai lavoratori a termine di cui all’accordo del 28.7.2003 sia contrario al principio di parità di trattamento ed abbia, comunque, carattere discriminatorio, in violazione dell’art. 6 D.lgs 368/2001 (art. 6) e della clausola della direttiva Ce/70/1999.
Il Ministero ricorrente richiama sul punto l’art. 13 del CCCNL del 16.5.2001(integrativo di quello di comparto Ministeri del 16.2.1999) che stabilisce che “ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato sono concessi speciali permessi retributivi”. Pertanto, osserva parte ricorrente, la norma “a monte” della contrattazione collettiva escludeva i lavoratori a termine e la disposizione non violava le norme di legge sulla parità di trattamento che si riferiscono ai soli aspetti retributivi. La contrattazione integrativa non poteva intervenire, come detto, nella materia in quanto non autorizzata dal primo livello di contrattazione. Il quesito di diritto ( cfr. pag. 13 del ricorso) sintetizza il punto chiedendo se l’art. 13 CCNL prima citato sia applicabile anche i lavoratori a termine. Ora sul punto va richiamato l’orientamento già espresso da questa Corte che si ritiene del tutto condivisibile : in base a un’interpretazione coerente con il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato, sancito dall’art. 6 del d. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, in attuazione della direttiva comunitaria 70/1999 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES deve ritenersi che l’art. 13 deI c.c.n.l. del 16 maggio 2001, relativo al comparto ministeri e integrativo del precedente ccnl del 16 febbraio 1999, nel prevedere la fruibilità di permessi retribuiti per motivi di studio, nella misura di 150 ore, da parte dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non esclude che i medesimi permessi debbano essere concessi a dipendenti assunti a tempo determinato, sempre che non vi sia un’obiettiva incompatibilità in relazione alla natura del singolo contratto a termine; né l’esclusione del beneficio potrebbe giustificarsi, in ragione della mera apposizione del termine di durata contrattuale, per l’assenza di uno specifico interesse della P.A. alla elevazione culturale dei dipendenti, giacché la fruizione dei permessi di studio prescinde dalla sussistenza di un tale interesse in capo al datore di lavoro, pubblico o privato, essendo riconducibile a diritti fondamentali della persona, garantiti dalla Costituzione (art. 2 e 34 Cost.) e dalla Convenzione dei diritti dell’uomo (art. 2 Protocollo addizionale CEDU), e tutelati dalla legge in relazione ai diritti dei lavoratori studenti (art. 10 della legge n. 300 del 1970)”( Cass. n. 3871/2011). Ora la Corte ha espressamente esaminato la ratio ed il contenuto dell’art. 6 del D. lgs n. 368/2001. La premessa dell’intero decreto è, infatti, l’approvazione della direttiva 1999/70 Ce del Consiglio del 28.6.1999 che ha recepito, dandovi attuazione, l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18.3.1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (Unione delle confederazioni della Comunità europea-Unice, Centro europeo dell’impresa a partecipazione pubblica- Ceep Confederazione europea dei sindacati Ces).
Al considerando n. 14 della Direttiva (che ripropone poi direttamente il contenuto dell’accordo sottoscritto dalle tra le parti sociali ) si legge che “le parti contraenti hanno voluto concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato : hanno espresso l’intenzione di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro per prevenzione degli abusi; nel Preambolo del vero e proprio accordo quadro (terzo capoverso) si legge “il presente accordo stabilisce i principi generali ed i requisiti minimi relativi al Iavoro a tempo determinato. Esso indica Ia volontà delle parti sociali di ristabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni “. Ciò premesso nella clausola ad hoc, la n. 4, sul principio di non discriminazione per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto a tempo determinato”. Ora l’art. 6 D. Lgs. n. 368/2001 è contenuto in un provvedimento che si autodefinisce come di “attuazione della direttiva 1999/70″ e pertanto, ai di là di quanto sia riproduttivo o meno di precedenti disposizioni antidiscriminatorie contenute nella normativa del 1962, si tratta di una norma che recepisce la clausola n. 4 della direttiva, punto centrale e determinante dell’intervento regolativo sovra-nazionale come emerge da quanto concordemente asserito dalla istituzioni dell’Unione e dalle parti sociali. L’art 6, ha già osservato la Suprema Corte nella sentenza sovracitata, si affianca ad altre disposizioni come l’art. 7 e l’art. 10 che a loro volta recepiscono altri punti specifici della direttiva.
Resta così da esaminare l’esatto contenuto della norma che recita” al prestatore di lavoro con contratto a tempo indeterminato spettano le ferie e la gratifica natalizia e la 13° mensilità, il TFR ed ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili”. Questa Corte ha già osservato “che il principio è esteso ad ogni trattamento sia economico che normativo, come indica il chiaro riferimento ad “ogni altro trattamento in atto nell’impresa”, oltre che la espressa menzione, fra i diritti oggetto di applicazione della norma dettata dall’art. 6 dell’istituto delle ferie, che solo indirettamente è legato alla retribuzione ed è connesso, in via diretta, al diritto al riposo del prestatore di lavoro. In secondo luogo la previsione di eccezioni al principio di non discriminazione si riferisce ad oggettive incompatibilità di determinati trattamenti previsti per gli altri lavoratori con la natura del singolo contratto a termine: la incompatibilità, quindi, deve essere obiettiva e, in particolare, deve riguardare non già la mera esistenza del termine di durata del rapporto, bensì la natura dello specifico rapporto, con la conseguenza che l’ostacolo che impedisce il riconoscimento di un determinato diritto, non solo deve rivelarsi non eliminabile con frazionamenti temporali del trattamento mediante il criterio del pro rata temporis ma deve, altresì, essere valutato in concreto, in relazione alle specifiche modalità di svolgimento del rapporto e alle obiettive esigenze e finalità su cui si fonda la legittima apposizione del termine di durata del contratto”( Cass. n. 3871/2001 pag7).
Si impone peraltro una “interpretazione conforme” della norma di cui all’art. 6 posto che si tratta di una disposizione contenuta, come detto, nell’atto legislativo interno di ricezione della direttiva del 99, essendo del tutto evidente la volontà del legislatore sovranazionale di evitare ogni forma di discriminazione nelle” condizioni di impiego” ai danni dei lavoratori a termine che non sia sorretta da “ragioni oggettive”, e quindi non riferibile ai soli aspetti retributivi.
La dottrina ha da tempo osservato che quanto alla non discriminazione, rispetto ai lavoratori pieno iure comparabili, costituisce un” principio generale” della disciplina sopranazionale in materia di contratti ” atipici”, posto che anche la direttiva 97/81 sul part-time (anch’essa frutto del dialogo sociale) prevede una clausola antidiscriminatoria molto simile a quella prima esaminata, così come una norma sulla parità di trattamento ( art. 5) figura nella direttiva sui lavoratori dipendenti delle agenzie di lavoro interinale (2008/104). lI principio del divieto di “qualsiasi forma di discriminazione” è oggi scolpito dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (più nota come Carta di Nizza) ed affermato tendenzialmente in chiave generale, in quanto la norma del Bili of rights europeo, dopo aver posto il divieto in astratto, specifica alcune particolari forme di discriminazione (sulle quali in genere l’Unione ha dettato e varato regolamentazioni ad hoc) che però non esauriscono l’intera sfera di applicazione, certamente a livello orientativo ed interpretativo, della norma che, nel campo della disciplina del lavoro “atipico”, ha comunque già da tempo trovato una sua razionale ed efficace regolamentazione. Pertanto le ipotesi di deroga alla
clausola n. 4 della direttiva del 99 vanno ricostruite in modo rigoroso e non estensivo. Deve, alla luce di questi criteri ermeneutici escludersi che l’art. 13 del CCNL abbia a fondamento un’oggettiva
incompatibilità riferita alla natura del rapporto a termine intercorso tra le parti per la concessione dei permessi studio. Come già osservato da questa Corte tale incompatibilità non può essere
ravvisata, come sostiene l’ammininistrazione ricorrente, nella limitata durata del rapporto che impedirebbe alla stessa di avvalersi della elevazione conseguente alla fruizione dei permessi di studio: “ed infatti il riconoscimento di determinati benefici, quali quelli in esame prescinde da un siffatto interesse del datore di lavoro, pubblico o privato, essendo diretto alla concreta attuazione di fondamentali garanzie costituzionale, riconosciute nell’ordinamento internazionale e recepite altresì dal legislatore nella definizione dei diritti spettanti ai lavoratori studenti (art. 2 e 3 cost. art. 2 Protocollo Cedu, art. 10 L.n. 300/70) le quali devono trovare una concreta ed effettiva attuazione nell’ambito di un equo bilanciamento con gli interessi, pure essi tutelati, alla libera organizzazione dell’impresa e all’efficienza della pubblica amministrazione ( art. 41 e 97 Cost.)” ( Cass. n. 03871/2011 pag. 7). Peraltro va sottolineato come quello all’istruzione sia oggi sancito come un diritto fondamentale di matrice europea anche dall’art. 14 della Carta dì Nizza che, accanto alle norme costituzionali interne ed a quelle internazionali (Cedu), non può che orientare la scelta legislativa e contrattuale di facilitare il lavoratore nell’accesso alla cultura, nel prioritario interesse del soggetto-lavoratore. In punto di fatto peraltro emerge ex actis che in ogni caso il contratto del resistente è stato prorogato più volte, sicché l’amministrazione non può in concreto neppure ragionevolmente dolersi di non potere utilizzare gli studi condotti dal (…) che è stato più volte riconfermato nel suo “precario” posto di lavoro.
Da ultimo va osservato che l’argomento proposto da parte ricorrente per cui i permessi di studio non potrebbero essere facilmente frazionati appare generico ed inconferente. La ratio dei permessi in parola è, come detto, quella di consentire l’effettività del diritto allo studio nonostante sia in atto un rapporto di lavoro e tale difficoltà di conciliazione tra tempi di lavoro e studio non si pone ovviamente nei periodi in cui il soggetto non è occupato. Pertanto i permessi appaiono facilmente frazionabili in relazione alla durata in cui il rapporto ha avuto concretamente corso e non appare sussistere alcuna difficoltà logica o anche pragmatica per questa semplice operazione di frazionamento del monte ore a disposizione, fermo restando che questo non è il caso del ricorrente in primo grado che ha richiesto i permessi in relazione e per anni in cui il lavoro non ha subito interruzioni di sorta.
In conclusione come già ritenuto da questa Corte in fattispecie identica l’art. 13 del CCNL va interpretato nel senso che pur, prevedendo esplicitamente la fruibilità dei permessi per motivi di studio solo per il personale assunti a tempo indeterminato, non esclude il personale a tempo determinato, come ritenuto dalla sentenza impugnata. Sarebbe indubbiamente paradossale e contrario all’attuale sistema di integrazione tra fonti a livello europeo se fosse consentito ad una contrattazione collettiva di un comparto pubblico (in cui certamente il datore di lavoro è destinatario diretto dei precetti della normativa dell’Unione) porre nel nulla i “principi cardine” di una disciplina come quella in esame definiti proprio dalle parti sociali in sede sovra-nazionale e recepiti dal legislatore europeo in una direttiva.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso; nulla per le spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Nulla per le spese

 

Depositata in Cancelleria il 19.08.2011

1

INPS: circolari e messaggi

Gentile Cliente,
Le inviamo gli ultimi Messaggi Hermes pubblicati sul sito www.INPS.it > Informazioni > INPS comunica > normativa INPS: circolari e messaggi

>>> Titolo:  Messaggio numero numero 20062 del 21-10-2011
  Contenuto:  Verifica del diritto a pensione ai fini della salvaguardia del nuovo regime delle decorrenze (c.d diecimila) (articolo 12, commi 5 e 5bis, della legge 30 luglio 2010, n. 122).
Tipologia:  MESSAGGIO

Lo staff di NewsLetter Hermes

IL NUOVO STATUTO UNA COSTITUENTE PER LA CARTA DELLA SARDEGNA

 

 3297695551.jpg

 

 

 

di FRANCESCO CASULA

772533361.2.jpg

Se non si muove la politica

scende in campo la

società. Per riscrivere il

Nuovo Statuto attraverso

un’Assemblea costituente.

È questa la proposta presentata

nei giorni scorsi a Cagliari

da un “Comitato per la Costituente

” formato da 11 personalità (ci

sono fra gli altri i segretari di Cgil-

Cisl-Uil-Css oltre a intellettuali ed

esponenti della Chiesa).

Il Comitato, se il Consiglio regionale

non si assumerà il compito di

dare il via alla Costituente, organizzerà

i seggi in tutti i Comuni

della Sardegna, con il sostegno

dell’Anci, per arrivare entro la

prossima primavera, alla elezione

di una Assemblea Costituente

aperta a tutti i cittadini e composta

di 70 rappresentanti.

Per riscrivere lo Statuto che, nato

già depotenziato, debole e limitato

– più simile a un gatto che a un

leone, secondo la colorita espressione

di Lussu – nell’ormai lontano

1948, in questi sessant’anni e

più ha subito un processo di progressivo

svuotamento sia da parte

dello Stato centrale che da parte

delle forze politiche dirigenti sarde.

Tanto che oggi di fatto rappresenta

un ostacolo alla realizzazione

di una vera Autonomia, o peggio:

serve solo come copertura alla

gestione centralistica della Regione

da parte dello Stato, di cui non

ha scalfito per niente il centralismo.

Paradossalmente lo ha perfino

favorito, consentendo ai Sardi

solo il succursalismo e l’a m m i n istrazione

della propria dipendenza.

L’Assemblea Costituente per il Comitato

– ed è difficile non convenire

– non è solo il modo più democratico

per riscrivere la Nuova Carta

Costituzionale della Sardegna,

per regolare con un nuovo patto fra

i Sardi, i rapporti fra la Sardegna,

l’Italia e l’Europa e insieme per definire

e sancire le prerogative e i poteri

di una Comunità moderna, orgogliosa

e sovrana.

Essa può anche rappresentare

un’occasione formidabile per mettere

in campo il protagonismo e la

partecipazione diretta dei Sardi,

per realizzare un grande e profondo

movimento di popolo, finalmente

coeso, che creda in se stesso

e che prenda coscienza della sua

Identità, dispiegando tutta intera la

propria energia per potersi così

aprire, senza subalternità e complessi

di inferiorità, alle culture

d’Europa e del mondo, pronta a

competere con le sue produzioni

materiali e immateriali, finalmente

decisa a costruire un futuro di prosperità,

lasciandosi alle spalle lamentazioni

e piagnistei.

truncare. myblog. it

n. 487 del 20 ottobre 2011

 

DPL Modena

                                                                                                                                                                                            

NEWSLETTER LAVORO

n. 487 del 20 ottobre 2011

 

 newsletter settimanale per gli operatori del mercato del lavoro

 

 

   Comunicazioni                                                                    

 >    Siamo in 40 mila

Abbiamo raggiunto la cifra di 40.000 iscritti alla Newsletter Lavoro. Un traguardo che solo qualche anno fa era utopistico. Da questi numeri riusciamo a comprendere l’importanza del nostro lavoro e la voglia che avete di essere informati e di capire. Una informazione, la nostra, assolutamente imparziale ed attinente ai fatti ed alle norme che quotidianamente ci troviamo ad affrontare. Finché ce ne sarà data la possibilità, continueremo con quest’opera informativa e di approfondimento affinché i soggetti attivi del mercato del lavoro possano operare sempre nel rispetto della normativa in materia lavoristica e previdenziale.

per accedere alle notizie  _             

   Le Novità in materia di Lavoro                                           

 >    INPDAP: riposi giornalieri del padre – art. 40 d.l.vo 151/2001

L’INPDAP si adegua alla sentenza n. 4293/2008 del Consiglio di Stato che ha dedotto, in via estensiva, che per quanto attiene ai riposi giornalieri previsti dall’art.39 del D.L.vo n.151/01, questi possono essere fruiti anche dai lavoratori padri (art. 40) anche nel caso di madre casalinga.

per accedere alle notizie  _             

 >    INPS: congedo parentale e permessi calcolati a ore

L’INPS ha chiarito che i giorni festivi, le domeniche e i sabati (in caso di settimana corta) che ricadono all’interno del periodo di ferie, malattia o assenze ad altro titolo, non sono in alcun caso indennizzabili per il computo dei giorni di congedo parentale.

per accedere alle notizie  _             

 >    INAIL: prestazioni economiche per infortunio e malattia professionale – rivalutazione dal 01/07/11

L’INAIL informa che è stata approvata la rivalutazione delle prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale nel settore industriale, agricolo, medici radiologi e tecnici sanitari di radiologia autonomi a decorrere dal 1° luglio 2011.

per accedere alle notizie  _             

 >    Min.Lavoro: istituita la Commissione interpelli per i quesiti in materia di sicurezza

Il Ministero del Lavoro ha istituito la Commissione per gli interpelli prevista dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro, al fine di rispondere ai quesiti in materia di sicurezza sul lavoro.

per accedere alle notizie  _             

 >    TFR: aggiornato il coefficiente di rivalutazione per il mese di settembre 2011

Il coefficiente di rivalutazione del trattamento di fine rapporto accantonato al 31 dicembre 2010, relativo ai rapporti cessati nel periodo compreso tra il 15 settembre ed il 14 ottobre 2011, è pari al 2,909827%.

per accedere alle notizie  _             

 >    Min.Lavoro: indirizzi interpretativi in materia di autotrasporto

Il Ministero del Lavoro ha emanato la nota del 13 ottobre 2011 con la quale ha fornito alcuni indirizzi interpretativi in materia di autotrasporto.

per accedere alle notizie  _             

 >    INPS: possibilità di un ulteriore periodo di CIG ordinaria dopo la CIGO e la CIGS

L’INPS ha stabilito che è ammissibile che una azienda dopo un periodo di CIG ordinaria, ed un periodo successivo di CIG straordinaria, possa chiedere un ulteriore periodo di CIGO, senza soluzione di continuità, qualora sussistano tutti i presupposti previsti dalla legge e nel rispetto dei limiti temporali previsti dalla legge.

per accedere alle notizie  _            

   Le Sentenze della Corte di Cassazione in materia di lavoro 

 >    Rispetto delle regole di correttezza e buona fede in caso di licenziamento

per accedere alle notizie _             

   Gli Approfondimenti Editoriali                                             

 >    Testo Unico per l’APPRENDISTATO

Il 25 ottobre entrerà in vigore il Decreto Legislativo 14 settembre 2011, n. 167 che reca il “Testo Unico dell’apprendistato”. A pochi giorni dalla pubblicazione in gazzetta, nasce la guida operativa sul nuovo assetto normativo che, anche con l’ausilio di apposite tabelle di sintesi, individua gli elementi caratterizzanti delle singole tipologie di apprendistato e puntualizza le disposizioni generali e le norme sanzionatorie.

per accedere alla notizia _             

   Gli Approfondimenti della DPL Modena                                

 >    Il nuovo apprendistato – quesiti e casi pratici (Millo)

per accedere alle notizie _             

   Gli Eventi                                                                            

 >    Provincia di Piacenza: seminario – la riforma del tirocinio formativo e di orientamento

per accedere alle notizie _  

COSE SARDE INDIPENDENZA: IPOTESI FOLLE O VINCENTE?

index.jpg


di FRANCESCO CASULA

 

 

images.jpg
Da un sondaggio di un
quotidiano isolano
emerge che la
stragrande maggioranza
dei Sardi (più dell’80%)
guarda con simpatia
all’indipendenza considerata una
scommessa su cui investire per il
futuro della Sardegna. E non,
un’ipotesi fantasiosa e folle, come
ritiene una infima minoranza (meno
del 20%). Si dirà che si tratta di un
sondaggio senza i crismi della
scientificità e, dunque
sostanzialmente senza valore e
credibilità. Può darsi. È certo però
che esprime una tendenza in atto
nella società sarda. L’ipotesi
indipendentista, fino a qualche
decennio fa demonizzata e
criminalizzata, oggi è entrata
prepotentemente nel dibattito
politico e nelle più alte sedi
istituzionali, Consiglio regionale
compreso. E certo si può convenire e
dissentire. Una cosa però occorre
affermare con nettezza: il diritto alla
Autodeterminazione dei popoli – e
dunque alla Indipendenza e persino
alla secessione-separazione – è
garantito dal Diritto e da tutte le
Convenzioni internazionali. Con
buona pace di Napolitano e della
stessa Costituzione italiana che
prevede la Repubblica “una e
indivisibile”. E anche con buona
pace dell’ordinamento giuridico
italiano liberticida secondo cui la
“secessione ” è addirittura un reato
(art. 241, Attentati contro la integrità,
l’indipendenza o l’unita’ dello Stato)
da punire con la reclusione non
inferiore a dodici anni. Del resto, il
diritto alla “secessione ” è stato
praticato negli ultimi decenni –per
limitarci solo al Vecchio Continente
– da decine di popoli europei, dando
vita a nuovi stati con la
disgregazione dell’Urss e della
Iugoslavia; con la “separazione ” della
Slovacchia dalla repubblica Ceca ecc.
Il diritto all’autodeterminazione e
dunque all’indipendenza del popolo
sardo si fonda sul suo essere
“nazione”; ovvero sulla sua storia,
diversa e dissonante rispetto alla
storia italiana. Storia che incardina
la sua specifica identità culturale e
linguistica che non può essere
sciolta e dispersa – come fino ad
oggi è successo – nel calderone della
“italianità”. La Sardegna è entrata
nell’orbita italiana nel 1720 , quando
per un “baratto di guerra”, l’Isola
passa dalla Spagna al Piemonte.
Ritrovandosi una provincia di uno
staterello ottuso e famelico, specie
dopo la rinuncia all’Autonomia
stamentaria nel 1847. Forse è arrivato
il momento storico di riprendersi la
sua indipendenza nazionale persa.
truncare. myblog

Il presidente dell’Inca all’Assemblea delle donne Spi Cgil

NEWS

 

Nell’intervenire all’ottava Assemblea delle donne Spi Cgil, Morena Piccinini, presidente del patronato Inca ha sottolineato che “Le pensioni sono usate come lo scalpo del risanamento del bilancio del paese”. E sulla “troppa spesa nelle pensioni”  ha osservato:  “Il sistema previdenziale con le riforme che si sono avvicendate negli ultimi anni è oggi perfettamente in equilibrio: esiste un equilibrio fra entrate contributive e uscite previdenziali, soprattutto nel lavoro dipendente”.

Il vero problema, per Piccinini è un altro: “la battaglia del nostro sindacato per avere un sistema in equilibrio è stata snaturata dal precedente governo Tremonti-Berlusconi che sul piatto del bilancio dello Stato ha messo il risparmio futuro delle pensioni, rendendo quindi il bilancio pensionistico strutturale rispetto al bilancio dello Stato”. “Il governo italiano – ha proseguito – va dunque a prendere i soldi nel capitolo pensioni, il capitolo più certo, perchè il resto degli introiti è inventato”.

 “Anzi- ha aggiunto – tutto quello che è stato messo veramente in campo è stato il taglio allo Stato Sociale, ai Comuni e al sistema pensionistico”.  “Con troppa faciloneria e superficialità è stato affrontato il tema delle pensioni – ha sottolineato – un tema da maneggiare, invece, con estrema cura perché si tratta di un percorso che coinvolge intere generazioni”.

L’intervento completo su http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=30837

Giovani, una generazione senza occupazione

NEWS

 

Tutta una generazione di giovani è profondamente segnata dalla crisi dell’occupazione. E’ la denuncia che arriva dal rapporto pubblicato dall’Ilo, intitolato “Global Employment Trends for Youth: 2011 Update”. In particolare, spiega l’Organizzazione internazionale del lavoro, attualmente i giovani subiscono “una pericolosa combinazione di disoccupazione elevata, crescente inattività e lavoro precario nei paesi industrializzati e dal persistere di una elevata povertà da lavoro nei paesi in via di sviluppo”.

Tra il 2008 e il 2009, spiega il rapporto, il numero di disoccupati nel mondo ha registrato un incremento senza precedenti di 4,5 milioni. “Questo aumento straordinario – secondo l’Ilo – appare più evidente quando si confronta con la crescita media del periodo pre-crisi (1997-2007), stimata al di sotto delle 100 000 persone all’anno”.

Nel corso della crisi, la crescita della manodopera giovanile è stata di molto inferiore a quella prevista: nel 2010, nei 56 paesi in cui sono disponibili i dati, sono entrati nel mercato del lavoro 2,6 milioni di giovani in meno di quelli previsti dalle tendenze a lungo termine prima della crisi. Molti di questi 2,6 milioni sono probabilmente giovani scoraggiati in attesa che la situazione migliori ed è probabile che rientreranno nel mondo del lavoro come disoccupati.

Questo, continua l’indagine, “significa che gli attuali tassi ufficiali di disoccupazione giovanile potrebbero sottostimare la gravità del problema nelle economie industrializzate”. I disoccupati che cercano lavoro dopo 12 mesi sono più giovani che adulti. In Grecia, Italia, Slovacchia e nel Regno Unito, i giovani hanno il doppio o il triplo delle probabilità degli adulti di essere disoccupati di lunga durata.

Inoltre, il tasso di occupazione part-time fra i giovani nel periodo 2007-2010 è cresciuto in tutte le economie industrializzate, ad eccezione della Germania. Il forte aumento in alcuni paesi – 17,0 punti percentuali in Irlanda e 8,8 punti percentuali in Spagna, ad esempio – indica che il lavoro part-time sembra essere l’unica opzione possibile per i giovani in cerca di un impiego. Alla fine del 2010, un giovane su due aveva un lavoro part-time in Canada, Danimarca, Olanda e Norvegia.

L’Ilo sottolinea “la sfortuna” dei giovani che entrano nel mercato del lavoro oggi, negli anni della crisi. Una sfortuna, spiega, che “non si traduce soltanto in un sentimento di disagio provocato dalla disoccupazione, dalla sotto-occupazione e dal timore di rischi sociali legati alla carenza di lavoro e all’inattività prolungata, ma potrebbe anche avere conseguenze nel lungo periodo in termini di livelli salariali più bassi e sfiducia nei confronti del sistema politico ed economico”.

Tra i giovani si diffonde dunque “una frustrazione collettiva”. Questo, conclude l’organizzazione, “è stato uno dei fattori che ha contribuito ad alimentare i recenti movimenti di protesta in tutto il mondo. Diventa infatti sempre più difficile per un giovane trovare un impiego che vada oltre un lavoro part-time o a tempo determinato”.

rassegna.it

Disabilità – Difendiamo i nostri diritti

NEWS

 

Si terrà dal 24 al 25 ottobre prossimi, presso l’Hotel Villa Cesi all’Impruneta, il coordinamento nazionale politiche per le disabilità della Cgil.

Ai lavori parteciperanno anche esponenti del Coordinamento delle insegnanti di sostegno, del Parlamento, degli Enti locali.

Le relazioni svilupperanno gli argomenti riguardanti l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, il recente deferimento alla Corte di Giustizia europea dell’Italia, le convenzioni per l’impiego delle persone disabili e, a cura dell’ufficio legislativo della Cgil, un aggiornamento giurisprudenziale sui diritti delle persone socialmente svantaggiate.

Programma Impruneta 24_25 ottobre 2011.pdf

Divario uomo-donna: l’Italia è al 74mo posto

NEWS

 

L’Italia sconta ancora una forte arretratezza nel ruolo riservato alle donne in economia. Lo dimostrano i dati presentati alla Banca d’Italia dal direttore generale Fabrizio Saccomanni che, citando il rapporto della Banca Mondiale, rivela come l’Italia sia al 74/mo posto nelle classifiche internazionali: “Peggio di noi tra i paesi industrializzati è solo il Giappone e siamo indietro rispetto a tutti i paesi europei” in termini di divari di genere. Per quanto riguarda l’istruzione l’Italia al 49/mo posto, ma sulla partecipazione economica precipita al 97/mo posto su 134 paesi.

Quanto all’occupazione, nel 2010, era occupato “il 46,1% delle donne tra 15 e 64 anni, contro il 67,7% degli uomini. Il divario particolarmente pronunciato – ha aggiunto – nel Mezzogiorno, dove solo tre donne su 10 lavorano”.

Secondo Saccomanni “fattori economici, ma anche culturali contribuiscono a spiegare questa arretratezza italiana”, ma “gli effetti economici di una maggiore presenza” delle donne nella vita economica “possono essere rilevanti sul sistema nel complesso, per il tramite di una maggiore occupazione qualificata”. Ma ci sono anche effetti indiretti: “Le donne ai vertici sono portatrici di elementi di governance migliori e di comportamenti meno rischiosi; i vantaggi che le banche e le imprese ne trarrebbero sono evidenti”, ha concluso.

rassegna.it

Umbria Olii, chiesti 12 anni per l’ex amministratore delegato

NEWS

 

La procura di Spoleto (Perugia) ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione per l’ex amministratore delegato della Umbria Olii, accusato di omicidio colposo plurimo e altri reati, fra cui il procurato incendio. L’imprenditore deve rispondere dell’incidente avvenuto il 25 novembre del 2006 nel quale morirono quattro operai di una ditta esterna nello stabilimento di Campello sul Clitunno.

L’amministratore, che ha sempre rivendicato la correttezza del proprio comportamento, dopo l’incidente chiese un risarcimento milionario ai familiari delle vittime.

I magistrati hanno chiesto per lui anche un’ammenda di 600 euro per il mancato rispetto delle norme antinfortunistiche e il riversamento di rifiuti nell’ambiente circostante la fabbrica che raffinava olio di sansa.

La tragedia avvenne nel piazzale dello stabilimento. Durante la sistemazione di una passerella metallica alla sommità di uno dei silo ci fu un’esplosione, seguita da un violento incendio, che provocò la morte di Maurizio Manili, 43 anni, Giuseppe Coletti, 43, Tullio Mottini, 46, e Vladimir Todhe, 44, albanese. Unico sopravvissuto, l’operaio impegnato alla gru.