Sentenza 08 aprile 2014, n. 8211

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 aprile 2014, n. 8211

Previdenza – Dipendenti da aziende esercenti pubblici servizi – Esenzioni dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione volontaria – Presupposti – Stabilità di impiego – Accertamento del requisito

 

Svolgimento del processo

 

La A. Service srl (oggi incorporata dalla A.A. Energia spa) propose opposizione avverso una cartella esattoriale emessa dalla Esatri spa e relativa a contribuzioni e sanzioni pretese dall’lnps, per periodi dal febbraio 2002 al settembre 2005, e relativi a disoccupazione, malattia, assegni familiari (CUAF) e maternità.

Il Giudice adito respinse il ricorso.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 6.7-15.9.2011, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, che confermò nel resto, dichiarò non dovute le contribuzioni per malattia e maternità.

A sostegno del decisum, per ciò che ancora qui rileva, la Corte territoriale ritenne quanto segue:

– quanto alla contribuzione per disoccupazione involontaria, dovendo escludersi il carattere di azienda pubblica o di esercente un servizio pubblico della Società, quest’ultima avrebbe dovuto richiedere un provvedimento ministeriale di accertamento delle condizioni di stabilità d’impiego, in difetto del quale non poteva dunque operare l’esclusione dalla contribuzione; ad analoghe conclusioni conduceva peraltro anche l’analisi delle disposizioni contrattuali collettive regolanti il rapporto di lavoro dei dipendenti; l’obbligo contributivo in parola era già stato oggetto di interventi chiarificatori dell’lnps fin dalla circolare n. 96/2002, con soluzioni interpretative semplicemente confermate nella circolare n. 63/2005 invocata dalla Società;

– quanto alla contribuzione per assegni familiari (CUAF), non poteva ritenersi che la Società potesse avvalersi, per i suoi dipendenti iscritti all’lnpdap, del pagamento in misura ridotta, spettando tale riduzione, giusta la previsione di cui all’art. 3, comma 23, legge n. 335/95, soltanto in relazione ai soggetti iscritti al Fondo lavoratori dipendenti dell’lnps; né a tale conclusione poteva condurre la previsione di cui all’art. 41 legge n. 488/99, relativo alla soppressione del Fondo di previdenza per i dipendenti dell’Enel e delle aziende elettriche private, con conseguente trasferimento delle posizioni assicurative degli iscritti al fondo speciale elettrici al Fondo lavoratori dipendenti dell’lnps; poiché la fissazione delle aliquote contributive costituiva materia rimessa alla discrezionalità del legislatore, non era ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 della Costituzione;

– non era invece dovuto quanto preteso per differenza sui contributi di maternità corrisposti, dovendo riconoscersi che la disposizione di cui all’art. 79 dl.vo n. 151/01 contempla la prevista riduzione contributiva per tutti i datori di lavoro;

– il contributo per malattia non era dovuto in applicazione dello ius superveniens di cui all’art. 20, comma 1, di n. 112/08, convertito in legge n. 133/08;

– non ricorrevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 116, comma 15, legge n. 388/00.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la A.A. Energia spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su otto motivi e illustrato con memoria.

L’Inps, in proprio e quale procuratore speciale della S. spa, ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale fondato su un motivo.

La ricorrente principale ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.

L’intimata Equitalia Esatri spa non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

1. I ricorsi vanno riuniti siccome proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 cpc).

2. Con il primo motivo la ricorrente principale, denunciando violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, si duole che la Corte territoriale non le abbia riconosciuto la natura di esercente di pubblici servizi, svolgendo essa ricorrente un’attività collaterale e strumentale a quella, pacificamente di pubblico servizio, espletata dalla A. spa; con la conseguenza della non necessità di accertamento in via amministrativa del requisito della stabilità d’impiego.

Con il secondo motivo la ricorrente principale, denunciando vizio di motivazione e violazione di norme di diritto, si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto della circostanza che la sussistenza della stabilità d’impiego era stata riconosciuta dal Ministero del Lavoro, con lettera del 10.7.1956, in favore della A., azienda municipalizzata poi trasformata in una società per azioni (la A. spa), dalla quale era stata scorporata l’originaria ricorrente A. Service srl; deduce quindi che, così come riconosciuto in relazione alle società derivate dall’Enel, essa ricorrente doveva ritenersi subentrata, in quanto società derivata, nell’esonero contributivo a suo tempo accordato all’A..

Con il terzo motivo, denunciando violazione di plurime norme di legge e di CCNL, nonché vizio di motivazione, la ricorrente principale deduce che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, dalla disamina della disciplina collettiva (CCNL 17.11.1995 dipendenti di imprese del gas e dell’acqua; CCNL 9.7.1996 dipendenti di imprese elettriche), e tenuto anche conto di quanto affermato nel Protocollo Federgasacqua dell’11.3.2003, avrebbe dovuto riconoscersi la sussistenza di una stabilità d’impiego rafforzata.

Con il quarto motivo, denunciando violazione di norma di diritto, nonché vizio di motivazione, la ricorrente principale si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che il Consiglio di Stato, con parere dell’8.2.2006, aveva concluso che la circolare Inps n. 63/2005 non poteva produrre effetti retroattivi, in relazione al disposto dell’art. 3, comma 8, legge n. 335/95.

Con il quinto motivo la ricorrente principale, denunciando violazione di plurime norme di diritto, deduce che, ai sensi dell’art. 3, comma 23, legge n. 335/85 e del dm 21.2.1996, attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata, avrebbe dovuto riconoscersi che la riduzione delle aliquote CUAF e maternità spettava, a decorrere dal 1° gennaio 1996, anche per quei lavoratori delle aziende municipalizzate privatizzate del settore elettrico, che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. a) e b), legge n. 274/91, avevano optato per mantenere l’iscrizione all’lnpdap, dovendosi altrimenti ritenere il contrasto della normativa di riferimento con gli artt. 81 e ss del Trattato CE e con gli artt. 3 e 41 della Costituzione, con conseguente disapplicazione del ridetto dm 21.2.1996.

Con il sesto motivo, svolto in via subordinata, la ricorrente principale, denunciando violazione di plurime norme di diritto, deduce che ai sensi dell’art. 41 legge n. 488/99, come interpretato autenticamente dall’art. 68 legge n. 388/00, attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata, avrebbe dovuto riconoscersi che la riduzione delle aliquote CUAF spettava a decorrere dal 1° gennaio 2000 anche per quei lavoratori delle aziende municipalizzate privatizzate del settore elettrico, che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. a) e b), legge n. 274/91, avevano optato per mantenere l’iscrizione all’lnpdap, dovendosi altrimenti ritenere il contrasto con le sopra indicate norme comunitarie e costituzionali.

Con il settimo motivo, denunciando violazione di plurime norme di diritto, nonché vizio di motivazione, la ricorrente principale si duole del mancato riconoscimento della riduzione delle sanzioni a termini del disposto dell’art. 116, comma 15, lett. a), legge n. 388/00.

Con l’ottavo motivo la ricorrente principale ribadisce le censure di incostituzionalità e di contrarietà alla normativa comunitaria già dedotte, in relazione all’art. 1, comma 238, legge n. 662/96, con il quinto motivo.

Con l’unico motivo il ricorrente incidentale, denunciando violazione degli artt. 78 e 79 dl.vo n. 151/01, deduce che le norme rubricate non possono ritenersi applicabili in relazione ai lavoratori che hanno conservato l’iscrizione all’lnpdap.

3. I primi quattro motivi del ricorso principale, fra loro connessi, vanno esaminati congiuntamente.

3.1 Giova ricordare la seguente normativa di riferimento, nel testo vigente all’epoca dei fatti per cui è causa:

– art. 40 RDL n. 1827/35, secondo cui “Non sono soggetti all’assicurazione obbligatoria perla disoccupazione involontaria: (…); 2) gli impiegati, agenti e operai stabili di aziende pubbliche, nonché gli impiegati, agenti e operai delle aziende esercenti pubblici servizi e di quelle private, quando ad essi sia garantita la stabilità d’impiego;

– art. 36 dpr n. 818/57, secondo cui “Ai fini dell’applicazione dell’art. 40, n. 2, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e dell’articolo 32, lett. b), della L. 29 aprile 1949, n. 264, la sussistenza della stabilità d’impiego, quando non risulti da norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni, dalle aziende pubbliche e dalle aziende esercenti pubblici servizi, è accertata in sede amministrativa su domanda del datore di lavoro, con provvedimento del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale decorrente a tutti gli effetti dalla data della domanda medesima”.

Dalla coordinata lettura di tali norme si evince che:

– anche in relazione al personale dipendente delle aziende esercenti pubblici servizi l’esenzione dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione volontaria opera soltanto ove ai medesimi sia garantita la stabilità d’impiego;

– anche in relazione al personale dipendente delle aziende esercenti pubblici servizi detta stabilità d’impiego, ove non risultante da norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico, deve essere accertata dal Ministero competente su domanda del datore di lavoro, con decorrenza dalla data di tale domanda.

3.2 In difetto di disposizioni di legge o regolamentari specificamente riguardanti il tipo d’impresa cui appartiene la ricorrente principale, diviene quindi sostanzialmente irrilevante, ai fini de quibus, accertare se alla stessa debba o meno essere riconosciuta la qualifica di azienda esercente un pubblico servizio, posto che, anche in ipotesi affermativa, da ciò non potrebbe farsene derivare, de plano, l’invocata esenzione contributiva; donde l’inammissibilità, per carenza di interesse, del primo motivo.

3.3 Del pari, non essendo ricomprese le clausole pattizie di cui alla contrattazione collettiva di diritto comune fra le “norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico”, l’eventuale stabilità d’impiego garantita da detta contrattazione collettiva non potrebbe di per sé condurre all’esenzione contributiva in difetto di domanda di accertamento al riguardo da parte del datore di lavoro e di conseguente riconoscimento di detta stabilità da parte dell’Autorità amministrativa competente.

3.4 Nel caso di specie la ricorrente principale non deduce di avere inoltrato la domanda, né tanto meno, che sia stata riconosciuta nei suoi confronti la stabilità d’impiego dei dipendenti.

Sostiene invece, con il secondo motivo, di essere “subentrata”, in quanto società derivata, nell’esonero contributivo a suo tempo accordato all’azienda municipalizzata A..

L’assunto non può essere condiviso, sia perché l’azienda municipalizzata A., oggi non più esistente, era un soggetto giuridico diverso dalla società per azioni in cui venne trasformata e, a fortiori, dalle altre società che da quest’ultima sono state scorporate; sia perché, essendo stata la valutazione della sussistenza della stabilità d’impiego per i dipendenti dell’azienda municipalizzata A. necessariamente resa in relazione alle disposizioni vigenti all’epoca (si parla del lontano 1956), il riconoscimento invocato non è parametrabile alla diversa disciplina vigente all’epoca dei fatti per cui è causa, atteso che i contratti collettivi di lavoro che, secondo l’assunto della ricorrente principale, regolano il rapporto d’impiego dei suoi dipendenti, sono stati conclusi a distanza di molti anni (cfr, altresì, sul punto, ex plurimis, Cass., n. 28022/2013; 24524/2013; 20818/2013).

Del tutto inconferente, siccome riferentesi a diverse compagini sociali, risulta poi il riferimento al riconoscimento operato in relazione alle società del gruppo Enel.

3.5 La mancanza del prescritto riconoscimento amministrativo della stabilità d’impiego conduce di per sé ad escludere la sussistenza dell’invocata esenzione, assorbendo le censure svolte con il terzo e il quarto motivo.

4. Il quinto, il sesto e l’ottavo motivo del ricorso principale, fra loro connessi, vanno esaminati congiuntamente.

4.1 Deve rilevarsi che la ricorrente principale propone un’interpretazione “costituzionalmente orientata” delle norme su cui fonda le proprie doglianze; al riguardo va tuttavia osservato che l’obiettivo di armonizzazione degli ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi, fatto proprio dalla riforma previdenziale di cui alla legge n. 335/95, non implica che sia sottratta alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione della disciplina contributiva in relazione alle peculiari necessità dei diversi enti previdenziali, sicché non può ritenersi che le norme che implichino al riguardo una diversificazione contributiva costituiscano violazione del principio di uguaglianza; tanto meno potrebbe quindi legittimarsi una loro interpretazione che, nella suddetta ottica, si discosti dal contenuto testuale delle disposizioni scrutinate.

La manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalità sollevati sussiste anche con riferimento al parametro di cui all’art. 41 della Costituzione, la cui asserita violazione è del resto espressa in termini generici, non potendo ravvisarsi nelle specifiche disposizioni regolanti gli oneri contributivi a carico delle aziende in misura diversificata a seconda dell’ente previdenziale di iscrizione dei dipendenti una limitazione della libertà di iniziativa economica.

Non consta, né è stato dedotto, che la Commissione UE abbia ravvisato nella riduzione contributiva di che trattasi un aiuto di stato incompatibile; il che, del resto, avrebbe semmai condotto alla soppressione della disposta riduzione, non certo ad una sua estensione nel senso propugnato dalla ricorrente principale.

4.2 Ciò premesso, deve rilevarsi che l’art. 3, comma 23, legge n. 335/95, laddove prevede che “Con effetto dal 1° gennaio 1996, l’aliquota contributiva di finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è elevata al 32 per cento con contestuale riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee a carico della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, (…)” è assolutamente inequivoco nel ricollegare la “contestuale” riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee all’elevazione dell’aliquota contributiva dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, onde non vi è spazio per poter ritenere che la prevista riduzione operi anche a favore dei soggetti che non versano i contributi a tale Fondo; e il successivo comma 24, nel prevedere invece un aumento delle aliquote contributive dovute “all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza esclusive, sostitutive ed esonerative della medesima” suona a conferma che la ricordata previsione di cui al precedente comma deve ritenersi sancita con riferimento alle sole contribuzioni relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

4.3 Anche per ciò che riguarda le disposizioni di cui all’art. 41 legge n. 488/99 deve riconoscersi che la riduzione delle percentuali contributive introdotte dal quarto periodo del primo comma è direttamente collegata alle previsioni di cui ai precedenti periodi dello stesso comma (soppressione del Fondo di previdenza per i dipendenti dell’Ente nazionale per l’energia elettrica e delle aziende elettriche private e del Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia; iscrizione all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti dei titolari di posizioni assicurative e dei titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti presso i predetti fondi soppressi) e si applica quindi in relazione alle posizioni dei soggetti che venivano ad essere iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, non certo ai dipendenti delle imprese del settore elettrico che avevano mantenuto l’iscrizione all’lnpdap.

Parimenti il contributo straordinario di cui ai commi 2 e 3 del medesimo art. 41 legge n. 488/99 è testualmente ricollegato alla soppressione degli anzidetto fondi e risulta pertanto privo di consequenzialità voler desumere dalla norma di interpretazione autentica del terzo comma (art. 68, comma 7, legge n. 388/00) l’estensione alle posizioni dei dipendenti iscritti all’lnpdap della riduzione contributiva di cui al primo comma.

4.4 I motivi all’esame non possono pertanto trovare accoglimento.

5. L’art. 116, comma 15, legge n. 388/00, sulla cui dedotta violazione la ricorrente principale fonda il settimo motivo, per quanto qui rileva prevede che “Fermo restando l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, i consigli di amministrazione degli enti impositori, sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica fissano criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8 fino alla misura degli interessi legali, nei seguenti casi:

a) nei casi di mancato e ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza e nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, derivanti da fatto doloso del terzo denunciato, entro il termine di cui all’articolo 124, primo comma, del codice penale, all’autorità giudiziaria;

Risulta dunque di piana evidenza che la riduzione in parola presuppone la fissazione dei relativi criteri e modalità da parte di un provvedimento del consiglio di amministrazione dell’lnps, con la premessa, tuttavia, per “la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8″ in presenza delle suddette incertezze, del”l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenzialì, ossia di una condizione che, come accertato in fatto nella sentenza impugnata, non ricorre nel caso di specie; donde l’inaccoglibilità del motivo all’esame.

6. Con l’unico motivo il ricorrente incidentale deduce a censura della sentenza impugnata che le disposizioni di cui agli artt. 78 e 79 dl.vo n. 151/01 non hanno innovato riguardo alla disciplina di cui alla legge n. 335/95, il cui art. 23, comma 3, resta sempre la disciplina di riferimento; richiama inoltre alcune decisioni di giudici di merito ove è stato osservato che, in base a quanto previsto dal ridetto art. 79, doveva reputarsi che l’ambito applicativo di tale disposizione doveva ritenersi limitato ai soli fondi pensionistici dell’lnps, escludendo i regimi pensionistici del settore pubblico, a cui erano riconducibili, limitatamente alla loro posizione previdenziale, i dipendenti della Società che avevano mantenuto l’iscrizione all’lnpdap, e che non risultavano essere stati emessi i provvedimenti a cui l’art. 78 aveva subordinato la riduzione contributiva.

6.1 Quanto a quest’ultimo rilievo, deve rilevarsi che la subordinazione della riduzione contributiva, per gli anni successivi al 2001, all’adozione dei decreti di cui all’art. 49, comma 2, legge n. 488/99, non è stata più confermata dalla successiva produzione legislativa, avendo l’art. 43, comma 1, legge n. 448/01 statuito, senza fare riferimento alla successiva adozione dei ridetti decreti, che “A decorrere dall’anno 2002 restano confermate: a) la riduzione del contributo per la tutela di maternità, di cui all’articolo 78, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e il livello dei contributi di cui agli articoli 82 e 83 del predetto decreto legislativo;

6.2 L’art. 78 dl.vo n. 151/01, in cui è stato trasfuso l’art. 49, commi 1, 4 e 11, legge n. 488/99), introduce la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza (“Conseguentemente”) della prevista messa a carico del bilancio statale (nei limiti indicati) degli importi delle prestazioni relative ai parti, alle adozioni e agli affidamenti intervenuti successivamente al luglio 2001 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza far quindi alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 3, comma 23, legge n. 335/95; non può quindi condividersi l’assunto del ricorrente incidentale secondo cui la suddetta disposizione costituirebbe la disciplina di riferimento.

6.3 Sotto il profilo testuale, inoltre, l’art. 79 dl.vo n. 151/01 stabilisce espressamente che il contributo “in attuazione della riduzione degli oneri di cui all’art. 78” è “dovuto dai datori di lavoro (…) sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendente, l’inequivoca dizione legislativa “tutti i lavoratori dipendentr impedisce pertanto di accogliere l’opzione ermeneutica secondo cui la riduzione in parola non dovrebbe applicarsi per i lavoratori (dipendenti da datori di lavoro privati) che, per effetto di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il mantenimento della propria posizione assicurativa presso l’Inpdap.

6.4 II motivo all’esame non può pertanto trovare accoglimento.

7. In definitiva entrambi i ricorsi vanno rigettati; la reciproca soccombenza consiglia la compensazione delle spese fra le parti costituite; non è luogo a provvedere al riguardo quanto alla parte rimasta intimata.

 

P.Q.M.

 

Riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese fra le parti costituite; nulla sulle spese quanto alla parte rimasta intimata.

Sentenza 08 aprile 2014, n. 8211ultima modifica: 2014-05-13T22:15:23+02:00da vitegabry
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