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Addio alle monete da 1 e 2 centesimi

 

La notizia passa come se fosse una di gossip, invece essa costituisce un segnale economico e politico da non trascurare: alla camera è passata la mozione secondo la quale l’Italia deve sospendere la coniazione delle monetine da 1 e 2 centesimi di euro, a causa della loro maggiore onerosità di realizzazione rispetto al valore che esse rappresentano (per coniare 174 milioni di euro in monetine da 1 e 2 centesimi bisogna spenderne 362 milioni). Facciamo alcune considerazioni.

Se coniare le due frazioni più piccole di euro è diventato più oneroso del valore da esse rappresentate, significa che dal 2002 (anno di messa in circolazione dell’euro) ad oggi il potere d’acquisto dell’euro è diminuito, ossia, ciò che dieci anni fa si poteva acquistare con 10.000 euro, oggi questi non bastano più per poterlo acquistare. Per questo motivo il costo di produzione delle monetine ha superato il loro valore nominale che esse rappresentano. Infatti, guardate come si è ridotto mediamente il valore dell’euro in 11 anni, rispetto ai prezzi dei beni di consumo: In pratica, ciò che prima si poteva acquistare con 10.000 euro, oggi, quella stessa cosa, la si deve pagare 2.500 euro in più. Ciò perché in 11 anni di euro, il sistema bancario europeo, anche se molto lentamente rispetto ad altre economie del mondo, ha emesso unità di euro sempre maggiori rispetto al reale incremento della ricchezza degli europei, determinando così la svalutazione dell’euro su rappresentata e la conseguente inflazione dei prezzi dei beni di consumo. Non confondetevi: la deflazione europea di cui si parla in questi mesi si riferisce al fatto che negli ultimi anni, come non mai, la BCE (Toronto:BCE-PA.TO – notizie) , tenendo a freno la stampante monetaria e sostenendo così il valore dell’euro, sta determinando un aumento dei prezzi di mercato di una intensità minore rispetto agli anni prima; ma ciò non significa che durante gli anni di vita dell’euro, il denaro circolante non sia stato aumentato e che, di conseguenza, i prezzi non siano aumentati affatto; inoltre, se l’euro vale sempre di più rispetto al dollaro, ciò avviene semplicemente perché sono gli americani a svalutare il loro dollaro e non è che sia la valuta europea ad apprezzarsi sul dollaro. In Italia, la diminuzione del potere di acquisto dell’euro è accentuata anche dal progressivo incremento della pressione fiscale, che distorce i costi della linea di produzione delle imprese, i quali sono notevolmente aumentati negli anni dell’euro.

Quando esisteva la Lira, il processo di svalutazione (ossia la massiccia stampa di denaro attuata dalla Banca d’Italia) rese necessario l’annullamento della coniazione, non solo delle frazioni di lire, ma anche di quella di ben 49 unità di lire: tant’è vero che si arrivò a poter tenere in tasca lire a partire da 50 unità in su (le famose 50 lire di metallo), mentre unità di lire e frazioni di essa inferiori a 50 lire non circolavano più, perché ormai erano considerate senza valore.

Con l’euro, si sta iniziando con 1 e 2 centesimi. Sta accadendo in Italia ed è già accaduto in Finlandia e nei Paesi Bassi, dove ne hanno bloccato il conio e addirittura l’utilizzo. Nel resto d’Europa invece, per ora essi continueranno ad essere coniati ed utilizzati, ma la BCE starebbe valutando la soppressione delle due frazioni di euro in tutta l’euro zona.

Ritengo che la loro soppressione in tutta eurolandia contribuirà minimamente ad un ulteriore aumento del costo della vita, perché queste monetine, dagli europei, sono già considerate quasi senza valore. L’inflazione monetaria che ha determinato questa svalutazione si è già verificata (vedi il grafico di sopra), determinando un costo della vita che è già aumentato, con prezzi di mercato i quali si sono già inflazionati e che si sono regolati al rialzo, ovvero partendo dal valore della prima frazione di euro in circolazione, considerata ancora con un minimo di valore, ovvero a quello dei 5 centesimi di euro.

Un eventuale ritiro generalizzato delle monetine da 1 e 2 centesimi, probabilmente, non farebbe altro che confermare i segni di cedimento di quell’ultima caratteristica che dà ancora credibilità a questa controversa valuta, ossia la migliore capacità di mantenere stabile il suo valore nel tempo.

Autore: Pasquale Marinelli Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online

Newsultima modifica: 2014-05-12T18:18:29+02:00da vitegabry
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